THE CHASING MONSTER

L’ultimo album dei viterbesi The Chasing Monster ha rappresentato, personalmente, una sorta di folgorazione, soprattutto per la loro capacità di produrre un post rock coinvolgente ed emozionante in ogni suo singolo passaggio.
Abbiamo chiesto alla band di rivelarci qualche dettaglio in più sul magnifico Tales.

ME Come si è evoluta la vostra musica dagli esordi fino ad arrivare a questa altissima espressione rappresentata da Tales?

Grazie innanzitutto per l’”altissima”:)!
La musica si è evoluta naturalmente grazie a tutti noi, passo dopo passo cercando una forma comune a tutti i componenti cercando di mantenere sempre in rilievo le parole la dove ci sono.

ME Da dove è scaturita la scelta di non utilizzare un/una cantante, optando per parti recitate?

Non è stata una vera e propria scelta di non avvalerci di un cantante, ma bensì un voler raccontare storie invece che scrivere testi e cantarli… fin dal primo Ep dove la formazione non era quella attuale comunque i parlati e il voler raccontare storie era sempre il concetto alla base della nostra musica.

ME Come mai avete pubblicato una doppia versione di Tales? Sarà perché ho ascoltato prima quella “deluxe” (con Today, Our Last Day On Earth), ma mi sembra che senza questi ottimi spoken word rischia di venire meno un ideale collante tra le varie tracce strumentali.

Lo abbiamo fatto semplicemente per dare due versioni dell album, una classica fatta di canzoni singole ed un altra invece un po’ più narrativa in modo da creare un unica storia e legare i testi e le canzoni, sempre perché ci piace molto creare storie. All’inizio eravamo indecisi su quale versione pubblicare, poi con la nostra etichetta Antigony Records abbiamo deciso di farle uscire entrambi per dare l’opportunità all’ascoltatore di scegliere poi la preferita.

ME La storia che raccontate è completamente di vostra stesura e, se sì, a quale autore vi siete ispirati?

-Si la storia è esclusivamente di nostra invenzione. Non ci siamo ispirati a nessun autore, diciamo che le influenze sono tantissime: da film a libri ad anime a qualsiasi cosa. Nello specifico dei brani hanno riferimenti a storie o trattati filosofici come ad esempio The Porcupine Dilemma oppure Albatross, che sono ispirate rispettivamente a Schopenhauer e Coleridge.

ME A chi sono state affidate le voci recitanti ? Mi pare che abbiano fatto un ottimo lavoro.

Le voci sono di due nostri amici molto bravi, quella maschile è di Toby Dogana e quella femminile di Francesca Quatrini. Cogliamo l’occasione per ringraziarli ancora una volta:)

ME Rispetto alle varie realtà che operano nel vostro settore musicale, mi sembra che voi abbiate la capacità di sintesi che a molti manca. In Tales non c’è una sola nota sprecata o che non sia funzionale alla resa finale. Quanto tempo e quali sforzi sono stati necessari per raggiungere un simile risultato?

Non so… ci sono tantissime band che non sprecano note:)!
Per noi tutto quello che è uscito fuori in Tales è qualcosa di spontaneo, su cui abbiamo lavorato, ma in fondo tutto è venuto grazie al lavoro svolto insieme.

ME Giro a voi la considerazione che faccio ad un certo punto dell’articolo, ovvero se abbiate la percezione reale del valore del vostro disco e se non siate disposti ad accontentarvi solo di riscontri positivi che, spesso, restano solo sulla carta senza diventare qualcosa di tangibile.

– Sinceramente non sappiamo quale sarà il responso del pubblico, fino ad’ora tra amici, addetti ai lavori e tramite la nostra etichetta Antigony Records abbiamo notato che i pareri sono molto positivi e non possiamo che esserne contenti.

ME Come è nata la vostra collaborazione con Theodore Freidolph degli Acres ?

La collaborazione è avvenuta in primis perché siamo dei fan degli Acres ovviamente… poi grazie anche al canale Dreambound che ci ha dato l’opportunità di entrare a far parte di un grande canale Youtube di cui fanno parte anche loro. Inoltre gli siamo piaciuti ed è subito nata un rapporto di stima e amicizia reciproca, non potevamo non includerlo nel progetto.:)

ME Nella recensione uso proprio la band inglese come ideale termine di paragone a livello di popolarità: è vero che il loro sound è parzialmente più convenzionale e dotato della più tradizionale forma canzone, ma sembrerebbe che per loro trovare spazi importanti nella scena musicale albionica sia un qualcosa di naturale. Secondo voi perché in Italia, per raggiungere un tale obiettivo, le cose sono dannatamente più difficili?

Forse perché in Italia questi generi sono un po’ più marginali rispetto ad altri paesi… forse perché di gruppi Post-Rock non ce ne sono molti… ma comunque siamo qui e continuiamo a fare quello che ci piace fare, il resto non conta.

ME Mi citate alcune delle vostre band di riferimento, anche per fornire qualche buon consiglio a chi ci legge?

Le band di riferimento sono tantissime, per citare le più importanti sicuramente Mono, Explosions In The Sky, If These Trees Could Talk, Echoes, God is An Astronaut… ma la lista sarebbe infinita:)!

ME A questo punto non mi resta chiedervi quali programmi abbiate per quest’anno, in particolare per quanto riguarda l’attività live.

Abbiamo già delle date pronte ma aspettiamo i dovuti tempi per annunciarle, di sicuro già è nota la nostra partecipazione al Dunk Festival in Belgio a fine Maggio. Tutte le altre verranno pubblicate nei giusti tempi sia sulla nostra pagina Facebook sia sul nostro sito internet.
Ne approfitto per ringraziarvi di nuovo per questa opportunità

Cyclocosmia – Immured

Se già il precedente full length aveva mostrato le potenzialità enormi di questo progetto, l’ep in un questione ne rafforza lo status, facendo nascere spontaneo il desiderio di ascoltare al più presto nuova musica firmata Cyclocosmia.

Nati dalla fervida creatività di James Scott, personaggio che si muove in varie vesti nella scena metal underground londinese, i Cyclocosmia sono un duo che vede il musicista britannico affiancato anche da un’altra artista multiforme come Aliki Katriou (la quale si occupa per altro della regia del magnifico video di Immured Part II)

L’ep Immured, che segue l’album di debutto Deadwood, sul quale la voce era affidata invece a Lorena Franceschini, non poteva che essere, con tali premesse, un piccolo gioiello di musica dall’alto tasso evocativo, con una base doom sulla quale Scott va ad innestare una potente drammaticità di stampo sinfonico-orchestrale.
L’uso delle voci è una delle travi portanti del lavoro, in quanto la poliedricità della Katriou, capace di spaziare su diversi range, asseconda alla perfezione l’evolversi delle parti strumentali che spaziano tra momenti acustici ed altri più rabbiosi, ma sempre e comunque avvolti da un’aura sospesa tra solennità e drammaticità.
Immured si risolve in poco più di un quarto d’ora di spasmodica intensità, in ossequio ad un concept di grande impatto come può essere quello dedicato alla condizione di una vestale romana, murata viva per aver violato il voto di castità.
Se già il precedente full length aveva mostrato le potenzialità enormi di questo progetto, l’ep in un questione ne rafforza lo status, facendo nascere spontaneo il desiderio di ascoltare al più presto nuova musica firmata Cyclocosmia.

Tracklist:
1. Immured Part I
2. Immured Part II
3. Immured Part III
4. Immured Part IV

Line up:
James Scott – Production, guitar, male vocals.
Aliki Katriou – Female Vocals

CYCLOCOSMIA – Facebook

Demonic Resurrection – Dashavatar

I Demonic Resurrection non sono solo una delle migliori band provenienti dal continente asiatico, ma possono tranquillamente posizionarsi vicino alle più blasonate realtà occidentali.

In campo estremo, il nuovo lavoro della storica band indiana Demonic Resurrection rischia di diventare uno dei migliori album di questo 2017 appena iniziato.

Il gruppo di Mumbai ha creato un’opera estrema completa ed ambiziosa, un concept sui dieci avatar di Vishnu, dio della conservazione secondo la mitologia Indù, raccontati in ognuna delle dieci tracce che compongono Dashavatar.
Che i Demonic Resurrection non fossero un gruppo come tanti lo si era già capito dopo il precedente lavoro, The Demon King, album che aveva letteralmente folgorato il sottoscritto, grazie al loro death metal sinfonico che sfociava nel mare in tempesta del black metal capitanato dai norvegesi Dimmu Borgir.
Un gruppo capace di cambiare pelle da un album all’altro, rimanendo nei confini della musica estrema già dai primi lavori (il primo lavoro Demonstealer è targato 2000, mentre il successore A Darkness Descends uscì cinque anni dopo).
Ancora The Return To Darkness del 2010 ed appunto The Demon King confermarono il valore di questa splendida e devastante realtà asiatica che, con questo nuovo album, va oltre le più rosee aspettative, non solo per l’ambizioso concept ma per un songwriting che aggiunge al death/black sinfonico spettacolari ed intuitive parti progressive, in un tempestoso sound valorizzato dal voci pulite, interventi di muse dalla voce ipnotica , l’uso di strumenti e sfumature tradizionali e, come gli uragani che nella stagione delle piogge si abbattono sul loro paese, sfuriate di metal estremo spettacolare.
Accompagnato da una bellissima copertina raffigurante la divinità e le sue dieci diversificazioni, Dashavatar esplode in tutta la sua magniloquenza già dall’opener Matsya-The Fish, per poi non scendere più sotto l’eccellenza con una serie di piccole opere dove atmosfere prog, sfumature folk e magnifiche orchestrazioni si fondono in un sound unico (Kurma-The Tortoise), con la sensazione da parte di chi ascolta di essere al cospetto non solo di una bellissima opera estrema ma soprattutto di pura arte pregna di magia.
Vamana-The Dwarf, Rama-The Prince, l’ipnotizzante Buddha-The Teacher sono i brani che hanno maggiormente colpito l’anima del sottoscritto, ma sono sicuro che al prossimo ascolto saranno altri quelli che illumineranno la stanza, mentre Vishnu ed i suoi avatar sono magnificati dalla musica di questo straordinario gruppo asiatico.
Lo avevamo scritto in precedenza e lo ribadiamo, i Demonic Resurrection non sono solo una delle migliori band provenienti dal continente asiatico, ma possono tranquillamente posizionarsi vicino alle più blasonate realtà occidentali.

TRACKLIST
1.Matsya – The Fish
2.Kurma – The Tortoise
3.Varaha – The Boar
4.Vamana – The Dwarf
5.Narasimha – The Man-Lion
6.Parashurama – The Axe Wielder
7.Rama – The Prince
8.Krishna – The Cowherd
9.Buddha – The Teacher
10.Kalki – The Destroyer of Filth

LINE-UP
Demonstealer – Vocals, Guitars & Keys
Nishith Hegde – Lead Guitars
Ashwin Shriyan – Bass
Virendra Kaith – Drums

DEMONIC RESURRECTION – Facebook

Ekpyrosis – Asphyxiating Devotion

Gli Ekpyrosis sono un gruppo incredibile, hanno un suono ed una sicurezza che li fa sembrare posseduti, ma fortunatamente no, sono solo dei ragazzi con voglia e gran cultura metal che hanno sfornato un capolavoro.

Ad un certo punto arrivano dei ragazzini e pubblicano uno dei migliori dischi di death metal degli ultimi cinque anni più o meno.

Questo debutto vi lascerà senza fiato, perché se chiudete gli occhi, magari non per sempre, vi troverete a cavalcare nel death americano anni novanta, ma anche meglio. Asphyxiating Devotion è un continuum di death metal marcio e cattivo, suonato con potenza e freschezza che non deriva solo dalla giovane età ma soprattutto dalla precisione della visione musicale degli Ekpyrosis. Provenienti dalla Brianza, questi ragazzi annullano con un disco solo molti nomi ben più celebri ed idolatrati: ascoltandolo si viene folgorati dal loro suono, ed è una scintilla come quando ascoltavate certi dischi death che ti scavavano dentro, perché il death migliore genera un sentire difficilmente descrivibile a chi non ami il genere. Gli Ekpyrosis sono un gruppo incredibile, hanno un suono ed una sicurezza che li fa sembrare posseduti, ma fortunatamente no, sono dei ragazzi con voglia e gran cultura metal che hanno sfornato un capolavoro. La particolarità del disco è quella di avere un groove notevole, e tutte le tracce filano perfettamente. Avrei voluto vedere le facce alla Memento Mori quando hanno ascoltato il demo degli Ekpyrosis, perché si sono ritrovati tra le mani un gruppo eccezionale. E’ una gioia immensa ascoltare dei giovani fare un death così bello e potente, perché ovviamente hanno un grandissimo futuro davanti. Personalmente il disco l’ho conosciuto attraverso dei blog metal in rete, dove aveva creato un certo fermento con commenti entusiastici. Me ne sono interessato, poiché nell’underground in rete, quando alcune persone davvero competenti ne parlano, difficilmente sbagliano ed infatti… Ossa che saltano, gente che vola all’inferno.

TRACKLIST
1.Profound Death
2.Obsessive Christendom
3.God Grotesque
4.Immolate the Denied
5.Incarnation of Morbidity
6.Morticians of God
7.Depths of Tribulation
8.Blasphemous Doom
9.Unearthly Blindness

LINE-UP
Marco Teodoro – Vocals, Guitar
Nicolò Brambilla – Vocals, Guitar
Ilaria Casiraghi – Drums
Marco Cazzaniga – Bass

EKPYROSIS – Facebook

Mindful Of Pripyat/Stench Of Profit – New Doomsday Orchestration

Un ottimo split che ci presenta due valide realtà del panorama estremo nazionale

La Everlasting Spew Records ci presenta uno split album all’insegna del grindcore intitolato New Doomsday Orchestration con due ottime band italiane come i Mindful Of Pripyat e i Stench Of Profit.

I primi a scendere sul campo di battaglia sono i milanesi Mindful Of Pripyat, gruppo che vi avevamo presentato al tempo dell’uscita del primo lavoro … And Deeper, I Drown In Doom … risalente ad un paio di anni fa.
La band, composta da musicisti già da parecchi anni nella scena estrema nazionale (con ex membri di Corporal Raid e Antropofagus), conferma le ottime impressioni suscitate nella precedente occasione con un sound che, nel suo estremismo, è sempre animato da uno spirito death metal e valorizzato da una serie di brani che non superano mai o quasi i due minuti.
In pratica, in soli dieci minuti i Mindful Of Pripyat dimostrano il proprio talento nel suonare un genere per niente scontato, ma sempre in bilico tra musica estrema violentissima e caos.
La seconda band sono gli Stench Of Profit gruppo proveniente da una laguna veneziana bombardata dal grindcore del gruppo, attivo dal 2014 e con un demo rilasciato l’anno dopo; a livello di curiosità va segnalato che i due gruppi hanno in comune il batterista Giovanni, che negli Stench Of Profit è entrato solo lo scorso anno.
Anche per loro una decina di minuti all’insegna del grind, più feroce e brutale rispetto ai loro dirimpettai, ma anch’esso valorizzato da un ottimo songwriting.
I brani sono ancora più brevi e sono lacerati da una violenza efferata: il gruppo richiama non poco i primi passi discografici di Napalm Death e Terrorizer, così come i compagni d’avventura in questo lavoro ma, mentre i lombardi mostrano in qualche ritmica più pesante un accenno al death old school, i veneti sparano mitragliate grind veloci e brutali.
Nel complesso New Doomsday Orchestration è un ottimo split che ci presenta due valide realtà del panorama estremo nazionale: un prodotto ideale per i fans del grind.

TRACKLIST
Mindful Of Pripyat:
1. Resigned
2. Statement Of Dominion
3.Exposure
4. Shrapnel Rain
5. Behind The Judgement
6. Hostage
7. Specimen
8. Civilization Comes Civilization Goes
9. Mutant Genoma
Stench Of Profit:
1. Intro
2. Forced Control
3. Fuck You! You Are Nothing
4. Mental Depravation
5. Pathological Bastard
6. Daily Hatred
7 . Know your Shit Or Live In Ignorance
8. Calve Fast
9. Divine Education
10. The Small Minded
11. World’s Human Rudeness
12. No Sense
13. Torture Bliss
14. How Will You Talk After I Cut Your Tongue?
15. The dance Of Deceit
16. Regression Index
17. Passive State
18. Outro

LINE-UP
Mindful Of Pripyat:
Gio – Drums & Vocals
Tya – Lead Vocals & Noise
Gian – Bass & Vocals
Omar – Guitars

Stench Of Profit:
Maurizio – Vocals & Guttural Noises
Lory – Guitar & Vocals
Giovanni – Drums

MINDFUL OF PRIPYAT – Facebook

STENCH OF PROFIT – Facebook