Zombieslut – Massive Lethal Flesh Recovery

Non male nel suo insieme, grazie a brani come Return Of The Zombie, Lycantrophic Funeral, bordate estreme di grande impatto, e ai rallentamenti ben inseriti nel vortice di suoni estremi, Massive Lethal Flesh Recovery mostra un sound vario quel tanto che basta per non risultare monotono

Death metal feroce violento e devastante come un’apocalisse zombie.

Parliamo del mini album dei tedeschi Zombieslut, band old school death metal con chiare ispirazioni brutal di matrice statunitense e concept che, dal primo full length Braineater, passando per il precedente Undead Commando, esplora il mondo macabro, cannibale e putrido dei non morti.
Il gruppo, in attesa di pubblicare il nuovo lavoro sulla lunga distanza, regala offre agli apapssionati questo ep di sei brani, di cui un paio inedite, mentre il resto sono tracce ri-registrate appartenenti all’album d’esordio.
Massive Lethal Flesh Recovery, come da tradizione del gruppo tedesco ci invita in un mondo dominato dagli zombie, quindi scene di cannibalismo, sventramenti ed efferata violenza sono supportate dal sound senza compromessi della band: blast beat e velocità al limite, mid tempo potentissimi ed un growl di stampo brutal, perfetto per raccontare la mattanza perpetuata dai famelici zombie.
Non male nel suo insieme, grazie a brani come Return Of The Zombie, Lycantrophic Funeral, bordate estreme di grande impatto, e ai rallentamenti ben inseriti nel vortice di suoni estremi, Massive Lethal Flesh Recovery mostra un sound vario quel tanto che basta per non risultare monotono, e l’ascolto se ne giova.
Se non conoscete i Zombieslut e amate il death metal old school più brutale, Massive Lethal Flesh Recovery potrebbe essere l’ascolto ideale per approcciarne le sonorità, in attesa di un prossimo full length.

TRACKLIST
1. Return of the Zombie
2. Lycantrophic Funeral
3. Lord of Eternal Pain
4. Braineater
5.Theater of Beautiful Deaths
6. Victims of the Lie

LINE-UP
Frank von Boldt – Guitar,Vocals
Joe Azazel – Guitar
Hamdi Avci – Drums
Mojo Kallus – Bass

ZOMBIESLUT – Facebook

Rance – Rance EP

La devozione alle sonorità lo fi tipiche degli anni novanta consente di omaggiare in maniera più fedele le radici del genere, ma d’altro canto fa smarrire quella porzione di fruibilità laddove acquisisce, per certi versi, in fascino.

Ep d’esordio, per i francesi Rance, esponenti di un black contiguo al depressive ed intriso di un potente carico di drammaticità.

Pochi fronzoli, produzione lo fi, voce che pare giungere da una stanza attigua, dove le urla strazianti sono quelle di una vittima sottoposta ad efferatezze fisiche e psichiche.
Per i Rance non c’è spazio per raffinatezze e ricami, il loro black metal è l’antitesi di tutto ciò che si possa fare per compiacere l’ascoltatore occasionale o della prima ora e, anche se collocare il lavoro nell’ambito DSBM potrebbe non essere del tutto appropriato, non c’è dubbio che possa trovare una sua appetibilità negli estimatori del sottogenere.
La devozione alle sonorità lo fi tipiche degli anni novanta consente di omaggiare in maniera più fedele le radici del genere, ma d’altro canto fa smarrire quella porzione di fruibilità laddove acquisisce, per certi versi, in fascino. A livello di consuntivo ritengo però che la scelta alla fine penalizzi i Rance, perché, ad esempio, in un brano notevole come Cathy, i suoni soffocati finiscono per annacquarne l’intenso e disperato incedere, a tratti anche melodico, e lo stesso vale anche per le altre tre tracce, tra le quali va citata la drammatica title track che, nel suo lungo sviluppo superiore ai dieci minuti, gode di passaggi più rallentati e rarefatti.
Considerando che l’ep è poi la riedizione del demo immesso in circolazione all’inizio della scorsa estate, non è da escludere che i nostri, compatibilmente con gli impegni comuni ai quattro con altre band della scena black transalpina, abbiano già altra nuova musica in cantiere: in tal caso c’è una certa curiosità per vedere come i Rance riusciranno ad evolversi, sia dal punto di vista stilistico, sia da quello della mera resa sonora

Tracklist:
1.Denis
2.Cathy
3.Jeanine
4.Rance

Line up:
Anthony – vocals
Yann – guitar
Lila – bass
Gaetan – drums

RANCE – Facebook

Spreading Dread – Age Of Aquarius

Da Praga arrivano gli Spreading Dread, quartetto dedito ad un thrash metal a tratti progressivo, pur alternando ritmiche moderne colme di groove ed atmosfere tradizionali.

Nell’underground metallico le sorprese sono sempre dietro l’angolo, quindi mai sedersi sugli allori di un ottimo ascolto, quando dopo poco tempo arriva nelle orecchie un altro concentrato di adrenalina metallica.

Da Praga, splendida capitale della Repubblica Ceca, arrivano gli Spreading Dread, quartetto dedito ad un thrash metal a tratti progressivo, pur alternando ritmiche moderne colme di groove ed atmosfere tradizionali.
Il gruppo in attività da quasi dieci anni è al secondo lavoro sulla lunga distanza, Age of Aquarius segue di quattro anni Sanatorium, debutto uscito appunto nel 2012, mantenendo intatto l’approccio progressivo che ne caratterizza il sound, valorizzato da un buon songwriting non troppo cervellotico, con l’alternanza perfetta tra aggressività e melodie ed una spiccata vena sperimentale che rende la raccolta di brani un ascolto per niente scontato, pur mantenendo le linee guida del genere.
Devin Townsend, Mekong Delta e Strapping Young Lad, si scontrano con Exodus e Death e ne esce uno tsunami di note rabbiose, melodiche o progressive, a seconda dell’umore di ogni brano, in questo piccolo scrigno di musica metallica che esplode, appena viene girata la piccola chiave e come un miracolo la musica è libera di veleggiare a ritmo di brani splendidi come Oil-Stained, Karmic Wheels e State Of The Art.
Prodotto ed ovviamente suonato benissimo, Age Of Aquarius risulta un album imperdibile per i fans dei gruppi citati rendendo gli Spreading Dread un’autentica e gradita sorpresa.

TRACKLIST
1.Birth of Consciousness
2.Devolution
3.Oil-Stained
4.Conspiracy
5.Karmic Wheels
6.Prayer for the Living
7.State of the Art
8.Salvia Divinorum

LINE-UP
Miroslav “MIRAC” Korbel – bass, growl
Simon Kotrc – guitar, vocals
Lukas “FUGA” Fujan – guitar
Karel “SAFA” Safarik – drums

SPREADING DREAD – Facebook

Theosophy – Eastland Tales part II

Il disco è conciso e, quindi, ancor più efficace, e pazienza se tutto sa di già sentito; riascoltare certe sonorità con un livello d’espressione così buono non può che risultare gradito a chi ama il black metal.

Commentare dischi come questo si trasforma nella classica arma a doppio taglio.

Non è possibile, infatti, far finta di nulla negando che le sonorità proposte dai russi Theosophy siano una riproposizione piuttosto fedele di quelle nate negli anni ’90 tra i fiordi norvegesi, ma neppure sarebbe onesto non ammettere che questo Eastland Tales part II sia un lavoro di qualità, capace di fondere magistralmente la melodia con la corrosività del black metal.
Proprio la fruibilità è l’elemento che rende l’operato dei Theosophy degno di nota, perché se proprio si deve essere derivativi, tanto vale farlo al meglio: ebbene, i nostri amici siberiani ci riescono in maniera apparentemente agevole, sciorinando una decina di brani di notevole impatto, debitori sicuramente degli Immortal, in primis, ma anche di Satyricon ed Emperor d’annata, con l’aggiunta di un maggiore abbrivio melodico/atmosferico conferito dall’uso delle tastiere.
Il disco è conciso e, quindi, ancor più efficace, e pazienza se tutto sa di già sentito; riascoltare certe sonorità con un livello d’espressione così buono non può che risultare gradito a chi ama il black metal e non si fa influenzare dai periodici attacchi di chi, invece, non ne sopporta più una sola nota.
At The End Of Life e Up To The Mountains sono i due brani a mio avviso più significativi, in una scaletta che comunque, al netto della mancanza di originalità, non mostra alcuna crepa: per quanto mi concerne Eastland Tales part II è un gran bel disco che prende un punto in meno di valutazione solo perché i Theosophy, se si fossero presentati all’ufficio brevetti, non sarebbero stati fatti nemmeno entrare …

Tracklist:
1.Slaves Of Destiny
2.Forces Of Death
3.At The End Of Life
4.My Hatred In My Hands
5.I Saw A Star
6.Buried In My Grave
7.Up To The Mountains
8.Rider Of The Hellstorm
9.Route To Light (321)
10.The End Of Tales

Line up:
Egiborg – guitars
XI – keyboards
Phantom – bass, vocals
Skinner – drums
Svaarth – guitars

THEOSOPHY – Facebook

Perfidious – Malevolent Martyrdom

Un lavoro imperdibile per gli amanti dei gruppi che fecero la storia del death aldilà dell’oceano negli anni novanta.

Attivi dal 2014 con questo monicker e divisi tra Novara e Milano arrivano al debutto sulla lunga distanza i nostrani Perfidious, creatura estrema che del death metal old school di matrice statunitense distilla perle di maligna distruzione.

Dal concept misantropo e fortemente anticristiano, il gruppo non lascia trasparire un raggio di luce dal suo sound;
accompagnato da una copertina grigia e che rappresenta molto bene il fallimento del cristianesimo, con il Golgotha, unica collina rimasta in piedi dopo la devastazione che l’uomo ha perpetrato per millenni sotto l’influsso del male, Malevolent Martyrdom risulta un’opera vecchia maniera, senza tanti indugi la band tira dritta al sodo, ed il sound esce urgente, estremo e devastante come deve essere un lavoro di death metal classico.
Negli anni novanta il re dei generi estremi era diviso tra i colpi inferti dai gruppi dell’epoca nella calda Bay Area e la furia dei più melodici colleghi scandinavi: i Perfidious seguono con cura maniacale i sentieri che portano al male tracciati dai gruppi statunitensi e l’ album convince non soffrendo assolutamente in personalità.
I Belong To Sickness esplode dopo l’intro e i Perfidious si dimostrano subito maestri nelle ritmiche serrate, mentre senza cedimenti il muro sonoro continua a sfondare teste in headbanging sfrenati, sotto le macerie che rimangono al passaggio delle distruttive e maligne Human Conceit e Preachers of Hypocrisy.
Il growl demoniaco e brutale non fa prigionieri e si arriva alla notevole Perfidious, traccia che mette in evidenza la bravura di una sezione ritmica pesante e distruttiva, ma che sa essere spettacolare nei cambi repentini di ritmo, tra ripartenze e cavalcate in blast beat.
Nell’underground più oscuro, dove le realtà estreme crescono nell’ombra, un altro gruppo si accinge a conquistare i deathsters dai gusti old school: un lavoro imperdibile per gli amanti dei gruppi che fecero la storia del death aldilà dell’oceano negli anni novanta.

TRACKLIST
1.Infected by Malignancy (Intro)
2.I Belong to Sickness
3.Human Conceit
4.Ancient Voices of the Past
5.Preachers of Hypocrisy
6.Breath of Beast
7.Realm of the Moribunds
8.Trapped by Insanity
9.Perfidious
10.I Kill You (Outro)

LINE-UP
Vanny Hate – Drums
Dydacus – Vocals
Michele – Bass
Andrea – Guitar

PERFIDIOUS – Facebook