Moaning Silence – Fragrances from Yesterdays

Fragrances from Yesterdays è una breve quanto esaustiva dimostrazione di un’ulteriore crescita da parte dei Moaning Silence.

Dopo il buon esordio A World Afraid of Light, full length datato 2015, ritornano i greci Moaning Silence, gothic doom band guidata da Christos Dounis, con questo ep intitolato Fragrances from Yesterdays.

Rispetto all’uscita precedente va registrato un cambio di line up tutt’altro che marginale, visto che riguarda la voce femminile, oggi affidata ad Eleni Kapsimali che va a sostituire Emi Path; pur essendo quest’ultima dotata di un buon timbro, ritengo che la nuova entrata offra quel qualcosa in più per esaltare al meglio l’afflato melodico che il gothic metal dei Moaning Silence offre con sempre maggiore continuità.
Come detto per il suo predecessore, il sound del gruppo ellenico è assolutamente ancorato agli stilemi del genere, ma ciò avviene in maniera così competente e gradevole che non si può fare a meno di apprezzarne l’incedere malinconico asservito ad una forma canzone sempre ben delineata.
Ogni brano, così, gode di una sua precisa fisionomia, sia quando i ritmi si fanno più intesi e la voce di Christos diviene aspra nel duettare con Eleni (Before The Dawn e Just Another Day), sia nel momento in cui il sound si fa più cullante e la melodia prende decisamente il sopravvento (Flaming Fall e Summer Rain, tracce baciate da chorus davvero splendidi).
Qualche dubbio lo lascia solo la scelta di coverizzare Yesterday, eseguita comunque ottimamente e resa in maniera tutto sommato abbastanza fedele, soprattutto perché l’andare a confrontarsi con certi monumenti musicali ha sempre qualche controindicazione, non fosse altro per il fatto che, al limite, l’operazione può solo togliere e non aggiungere qualcosa a chi vi si cimenti.
Detto questo, Fragrances from Yesterdays è una breve quanto esaustiva dimostrazione di un’ulteriore crescita da parte della creatura di Christos Dounis, coadiuvato anche stavolta dal batterista Vaggelis X e, soprattutto, dal ben noto Bob Katsionis a sovrintendere la produzione e a fornire il suo contributo fattivo come bassista e tastierista.
Il segreto dei Moaning Silence, in fondo, risiede in una ricetta all’apparenza elementare, ovvero quella che prevede un approccio al genere lineare e volto ad andare dritto al cuore dell’ascoltatore, senza ricorrere ad artifici particolari ma badando solo a creare delle belle canzoni. Facile? Se così fosse ci riuscirebbero tutti …

Tracklist:
1.Entering The great Night
2.Before The Dawn
3.Just Another Day
4.Yesterday
5.Flaming Fall
6.Summer Rain

Line-up:
Eleni Kapsimali – Vocals
Christos Dounis – Guitars, Vocals
Vaggelis X – Drums
Bob Katsionis – Bass, Keyboards

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Alec Empire – Volt (Original Soundtrack)

L’operazione si rivela indubbiamente di notevole interesse, sia per i contenuti della pellicola, che racconta il dramma palestinese da un punto di vista particolare, sia per l’approccio di Alec Empire, che cerca di assecondarne le tematiche offrendo una ambient elettronica ora soffusa, ora nervosa.

Alec Empire non ha certo bisogno di presentazioni, basti solo ricordare ai più distratti che è stato uno dei principali agitatori della scena hardcore elettronica degli anni novanta con i suoi Atari Teenage Riot.

Come spesso succede, la fase di innovazione e l’impulso ribellistico impresso nei primi anni della propria attività ha progressivamente lasciato posto ad un ammorbidimento che, nel recente passato, ha prodotto lavori di buono spessore (sia solisti che con la sua ricostituita band) ma privi, appunto, di quella carica, cosa a mio avviso comprensibile, sebbene a molti degli estimatori degli Atari Teenage Riot la cosa non sIA andata giù.
Questo nuovo lavoro del musicista tedesco ce lo propone su un piano differente, trattandosi della soundtrack del film Volt, girato dal regista tedesco/palestinese Tarek Ehlail.
L’operazione si rivela indubbiamente di notevole interesse, sia per i contenuti della pellicola, che racconta il dramma palestinese da un punto di vista particolare, sia per l’approccio di Alec Empire, che cerca di assecondarne le tematiche offrendo una ambient elettronica ora soffusa, ora nervosa.
La storia raccontata da Ehlail vede quale suo fulcro la contrapposizione delle parti, in una rappresentazione allegorica nella quale, poi, la dualità diviene il concetto cardine del racconto cinematografico.
Empire sostiene d’aver composto la musica guardando il film e ciò spiega l’alternanza di umori e di ritmi: la base è sempre comunque costituita da un’elettronica asservita all’ambient (il musicista berlienese ha citato esplicitamente il Carpenter di Fuga da New York quale sua fonte di ispirazione), per un risultato finale decisamente valido, anche se, ancor più di altri casi, proprio per il suo particolare metodo compositivo, l’opera privata delle immagini perde sicuramente qualcosa a livello di impatto.
Indubbiamente questa prima esperienza di Alec Empire quale compositore di colonne sonore appare riuscita, e su questo non era lecito nutrire dubbi visto lo spessore dell’artista, ma l’ideale, ancor più dell’ascolto della soundtrack, sarebbe riuscire a vedere direttamente il film, anche se immagino che ciò ben difficilmente possa passare nelle sale cinematografiche italiane, sebbene si stia parlando di un’opera che in Germania ha ottenuto diversi riconoscimenti.
Chi ci riuscisse, ne trarrebbe probabilmente una duplice soddisfazione …

Tracklist:
1.”Now it’s between you and G-d” (Volt Theme Track)
2.Now It’s Between You And G-d
3.Victims Of Authority
4.Love While Death Is Watching
5.Shadow Boxing Pt.2
6.Meeting Her
7.Following Her, Torturing The Witness
8.The Confession
9.Changes Are Coming / The Raid
10.Getting Ready/ Wind/ Riotzone/ Out Of Control
11.Keep Quiet For Now
12.Shadow Boxing Pt.1
13.Shadow Boxing Pt.3
14.The Wall Screams Murder
15.Running Away/ Get It Right/ They Are Coming

Inire – Cauchemar

Un album che piace e che ha in un songwriting frizzante la sua maggiore virtù, mettendo da parte le ovvie similitudini con band già note, concentrato solo sull’impatto e l’ottima carica sprigionata dagli Inire.

Gli Inire sono una band proveniente dal Quebec e licenziano il secondo album, dopo aver dato alle stampe il debutto Born the Wicked, the Fallen, the Damned ormai sette anni.

Cauchemar risulta un buon lavoro, senza picchi elevatissimi ci viene proposto un hard rock moderno con le più svariate influenze che passano dal groove metal, al nu metal per passare ad atmosfere southern.
L’album così lascia che le varie tracce ci prendano per mano e ci accompagnino negli ultimi decenni in cui l’hard rock americano ha flirtato con il metal, dando alla luce suoni ibridi colmi sia di tradizione che sfumature alla moda, tenuti assieme da tonnellate di groove.
Quindi se apprezzate ritmiche pesanti e sincopate, chorus che flirtano con il nu metal, ripartenze in stile Pantera e pesantezza southern (dove i Black Label Society sono i maestri), gli Inire sono il gruppo che fa per voi, tra brani ispiratissimi come la devastante hard rock Crash, la nu metal Wide Awake, la panteriana Hell Is Us e la fiammeggiante (in tutti i sensi) Burn.
I primi Soil (quelli dell’irripetibile Scars) sono forse il termine di paragone più calzante e definitivo per il sound del gruppo di Dre Versailles, cantante che non si risparmia e fa correre la sua abrasiva ugola tra le strade impervie che l’album prende a sorpresa ad ogni incrocio, ora con lunghi rettilinei verso l’hard rock, ora con salite e discese ritmiche che portano al metal moderno di matrice, ovviamente, americana.
Un album che piace e che ha in un songwriting frizzante la sua maggiore virtù, mettendo da parte le ovvie similitudini con band già note, concentrato solo sull’impatto e l’ottima carica sprigionata dagli Inire.

TRACKLIST
1.Avidya
2.Wide Awake
3.Next of Kin
4.Endless
5.Crash
6.Hell Is Us
7.Far from Anything
8.Let It Die
9.Lord of the Flies
10.Burn
11.Into the Labyrinth
12.Cauchemar
13.Just a Halo Away

LINE-UP
Wrench – Bass
Memphis – Drums
Action – Guitars
Brody – Guitars, Vocals
Dre – Vocals

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

Sakem – New War Disorder

New War Disorder è un disco molto al di sopra della media, solidissimo, di metal moderno eppure con un gusto antico, di quando il metal era usato per dire qualcosa, non come ora che troppo spesso è vuoto.

I milanesi Sakem arrivano con un primo album fatto di un metal che gira benissimo, granitico, distorto e marcio, che descrive il nostro mondo, che è molto più marcio di questo suono.

Formati nel 2014, dopo l’uscita del vocalist Lexx dai death metallers Kenos, gli altri componenti vengono da gruppi con le più disparate influenze, e tutto ciò si sente nel suono dei Sakem. La forza di questo notevole disco è quella di declinare in molti modi una monoliticità del suono che li porta ad assomigliare, almeno in parte, a dei Pantera senza tregua, macinando metal ed ossa. Il disco analizza le macerie di quella che noi chiamiamo società, ma che in realtà è una guerra quotidiana. Il suono dei Sakem è anche una sana alternativa a tutte le schifezze che si sentono quotidianamente quando andiamo in giro. New War Disorder è un disco molto al di sopra della media, solidissimo, di metal moderno eppure con un gusto antico, di quando il metal era usato per dire qualcosa, non come ora che troppo spesso è vuoto. L’album cresce ad ogni ascolto e le canzoni sono sempre potenti, piene di belle melodie, composte e suonate da musicisti che sanno molto bene cosa sia e come vada suonato il metal. Dischi come questo riempono il vostro stereo e non c’è molto da dire, ma più da ascoltare. È incredibile anche come si vedano in giro band molto meno capaci dei Sakem ricevere lodi e magari anche vivere del proprio operato, cosa assai difficile al giorno d’oggi. Notevole anche la produzione e la copertina ed il libretto del disco, e il tutto arriva a comporre un ottimo disco di metal con un bel groove e brillanti idee.

TRACKLIST
01. Hangman
02. Red Spirit Dust
03. Tatanka
04. Revolver
05. New War Disorder
06. Mentality
07. Sakem
08. Fire Maker
09. Subliminal Wattage
10. Arising the Dawn
11. Golden Omega

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Immolation – Atonement

Sono tornati i re del death metal della East Coast, gli imprescindibili Immolation, creatura storica di un modo di concepire il metal estremo e, nella loro lunga storia, sinonimo di impatto, attitudine e coerenza.

Un suono mastodontico che fa da colonna sonora alla distruzione totale della Terra ed ovviamente dell’uomo, quale principale essere vivente di un pianeta estinto ancor prima che l’angelo dell’apocalisse sferri il suo attacco finale.

Sono tornati i re del death metal della East Coast, gli imprescindibili Immolation, creatura storica di un modo di concepire il metal estremo e, nella loro lunga storia, sinonimo di impatto, attitudine e coerenza.
Si è sempre spostato di poco il suono del gruppo statunitense, ora assolutamente distruttivo, ora leggermente più melodico, ma sempre attraversato da un’aura immortale, leggendaria se me lo si concede, visto i quasi trent’anni che separano Atonement da quel lontano 1988, inizio delle ostilità firmate dagli Immolation.
Alex Bouks (Incantation) sostituisce Bill Taylor alla sei corde e, in sostanza, è l’unica novità che il nuovo lavoro porta con sè, il resto è death metal magniloquente, concettualmente apocalittico, impressionante per pesantezza, un monolite estremo oscuro ed opprimente che avanza portando distruzione, fuoco e pestilenze in un’apoteosi di suoni estremi.
Atonement è un lavoro che, assolutamente ancorato ad un sound che non può che essere old school, lascia stupiti per la freschezza compositiva: la musica che si sviluppa tra parti composte in un trend abissale, i passaggi tra la furia cieca ed i mid tempo che sono dei moloch musicali , fanno da contorno ad intricate parti dove gli strumenti si aggrovigliano come mostruosi serpenti giganti, mentre l’apocalisse non lascia scampo ed il mondo si trasforma in un fiammeggiante tunnel che porta all’inferno.
Con la storica coppia Vigna/Dolan in stato di grazia nella scrittura di Atonement, e Steve Shalaty a formare con Dolan una sezione ritmica mostruosa, gli Immolation tornano a ribadire che nel death metal il talento conta eccome: un messaggio alle nuove leve che ogni giorno mettono fuori la testa da un underground culla delle orde fameliche che, sotto la bandiera del genere, infiammano la scena estrema e lo fanno con undici brani impressionanti, l’ideale raffigurazione di un cavaliere dell’apocalisse, distruttivo, malvagio, senza pietà … e bellissimo.

TRACKLIST
01. The Distorting Light
02. When The Jackals Come
03. Fostering The Divide
04. Rise The Heretics
05. Thrown To The Fire
06. Destructive Currents
07. Lower
08. Atonement
09. Above All
10. The Power Of Gods
11. Epiphany

LINE-UP
Ross Dolan – Vocals, Bass
Robert Vigna – Guitars
Alex Bouks – Guitars
Steve Shalaty – Drums

IMMOLATION