Evil Priest – Evil Priest

Le atmosfere catacombali che aleggiano su tutto l’ep, il growl che spunta da un buco collegato al centro degli inferi ed il senso di morbosa devastazione, lo rendono un nero gioiellino, da ascoltare se si è amanti del metal estremo dalle venature più malvagie.

MetalEyes vola virtualmente in Sudamerica, precisamente in Perù, per incontrare gli Evil Priest, trio estremo nato nei meandri nascosti e diabolici di Lima.

L’ep omonimo, primo parto malefico del gruppo è disponibile in musicassetta, altra prova dell’approccio assolutamente underground dei tre musicisti peruviani, che hanno consegnato la loro musica nelle mani della Caligari Records.
Death/black feroce e senza compromessi, aperto da una lunga nenia liturgica (Ikarus) e seguita da tre brani che risultano un compromesso tra i primi lavori dei Morbid Angel e il death/black suonato dai gruppi dell’est europeo (soprattutto polacchi).
Ne esce un lavoro macabro, dove il caos demoniaco regna sovrano, con tre tracce assolutamente maligne, una voce proveniente dall’inferno, ferri del mestiere soffocati da una produzione old school, così come la musica suonata.
Ma attenzione perché il tutto funziona ed Evil Priest non è un’ opera da sottovalutare, la sua natura estrema convince dando la sensazione di essere al cospetto di un gruppo vero.
Le atmosfere catacombali che aleggiano su tutto l’ep, il growl che spunta da un buco collegato al centro degli inferi ed il senso di morbosa devastazione, lo rendono un nero gioiellino, da ascoltare se si è amanti del metal estremo dalle venature più malvagie.

TRACKLIST
1.Ikarus
2.Great Snake
3.Gates of Beyond
4.Evil Priest

LINE-UP
E.P. – Supreme Invocations from the Depths
M.C – Density of the Dark Matter
R.P. – Obscure Resonance

EVIL PRIEST – Facebook

Wiegedood – De Doden Hebben het Goed II

De Doden Hebben het Goed II è il disco black metal che non si sentiva da tempo, laddove furia, morbosa potenza e, perché no, una buona dose di melodia, vanno a scontarsi frontalmente con l’inevitabile tendenza, derivante dal background dei musicisti, a lambire i confini del genere.

Secondo album per questi notevoli Wiegedood, band fiamminga che annovera tra le sue fila musicisti in forza a nomi di spicco delle scena belga come AmenRa ed Oathbreaker.

De Doden Hebben het Goed II è il seguito della prima parte, uscita nel 2015, e mette a fuoco ancor meglio l’idea di black metal perseguita dal trio, che solo a tratti fa emergere le pulsioni postmetal/posthardcore che fanno parte delle band madri.
Infatti, il genere gode di un’interpretazione a tratti furiosa e sorprendentemente fedele ai dettami della tradizione (Ontizlling), mentre in altri frangenti ad emergere sono passaggi intrisi di malsana oscurità (la title track); di certo c’è che la qualità si mantiene sempre ai massimi livelli, perché questa è tutt’altro che un’interpretazione calligrafica di uno stile che molti ritengono, a torto, morto e sepolto se non sulla via dell’estinzione.
De Doden Hebben het Goed II è il disco black metal che non si sentiva da tempo, laddove furia, morbosa potenza e, perché no, una buona dose di melodia, vanno a scontarsi frontalmente con l’inevitabile tendenza, derivante dal background dei musicisti, a lambire i confini del genere, per poi rientrare in un alveo comunque sempre instabile e cangiante.
Un brano come Smeekbede è il migliore esempio di come la materia oscura, forgiata in Norvegia nei primi anni novanta, possa essere manipolata e trasformata senza che le sue coordinate di base vengano minimamente intaccate.
Difficile fare di meglio oggi, anche per chi il black metal lo ha inventato, perché quello che potrebbe apparire, viste le premesse, un semplice diversivo per musicisti orientati a sonorità sempre estreme ma dalla struttura più complessa, costituisce di fatto una maniera di liberare in maniera più esplicita quella rabbia che nel post hardcore viene quasi repressa dal suo incedere plumbeo.
Esattamente il disco di black metal che ogni appassionato vorrebbe ascoltare, detto questo c’è ben poco d’altro da aggiungere.

Tracklist:
1.Ontzielling
2.Cataract
3. De Doden Hebben het Goed II
4.Smeekbede

Line-up:
Wim Sreppoc – drums
Gilles Demolder – guitars
Levy Seynaeve – guitars, vocals

WIEGEDOOD – Facebook

Heaven’s Guardian – Signs

Signs non va oltre la sufficienza, rimanendo un album confinato nel limbo dei lavori piacevoli ma facilmente dimenticabili, poco per un gruppo nato nel secolo scorso.

La Pure Steel si prende carico della distribuzione del nuovo album dei brasiliani Heaven’s Guardian prodotto dalla Megahard Records.

Il gruppo sudamericano non è certo di primo pelo nella scena power metal, la sua attività iniziata nel 1999 l’ ha portato ad incidere due full length nei primi anni del nuovo millennio, per poi finire nel limbo e tornare dopo più di dieci anni con Signs, album che porta con se una novità importante, l’ affiancamento di una voce femminile (Olivia Bayer) al singer Flavio Mendez ed una sterzata verso i lidi sinfonici tanto cari alle band attuali.
Dunque gli Heaven’s Guardian, con una line-up attuale composta da ben sette musicisti, tornano con questo nuovo lavoro che, pur con tutti i migliori propositi, non riesce ad uscire dall’anonimato.
Anche Signs infatti rimane imprigionato nel novero degli album discreti ma nulla più, scontati nelle soluzioni orchestrali ormai abusate da centinaia di band , poco incisivo e ripetitivo nelle ritmica e con un songwriting che non decolla.
I duetti tra le due voci non alzano l’ appeal dei brani che non vanno più in la del compitino, anche se almeno il suono esce pulito e qualche assolo riesce a rompere un po’ la monotonia del disco.
Peccato, e anche l’appoggio della Pure Steel non so quanto giovamento porterà al gruppo brasiliano: a mio parere l’album a tratti non risulta né carne né pesce, troppo spostato sui mid tempo per piacere ai fans del power, ma anche eccessivamente metallico per chi assaporava qualche spunto symphonic gothic in più ed invece deve attendere invano fin quasi allo scoccare dell’ora di durata.
Signs non va oltre la sufficienza, rimanendo un album confinato nel limbo dei lavori piacevoli ma facilmente dimenticabili, poco per un gruppo nato nel secolo scorso.

TRACKLIST
1. Religion
2. Time
3. Strength
4. Journey
5. Fantasy
6. Dream
7. Change
8. Passage
9. War
10. Silence

LINE-UP
Olivia Bayer – vocals (female)
Flávio Mendez – vocals
Luiz Maurício – guitars
Ericsson Marin – guitars
Everton Marin – keyboards
Murilo Ramos – bass
Arthur Albuquerque – drums

HEAVEN’S GUARDIAN – Facebook

RHumornero – Eredi

Eredi è un disco potente e completo, che è ricco e ottimo in tutti i suoi aspetti, e mostra finalmente un gruppo italiano di rock libero e piacevole, fautore di un gran disco, prodotto e suonato molto bene. Sicuramente uno dei migliori dischi di rock italiano degli ultimi tempi.

I Rhumornero sono un interessantissimo gruppo italiano che fa una sintesi alquanto singolare del rock in italiano ed italiano tout court.

Attivi dal 2005, questi ragazzi hanno all’attivo tre album ed hanno partecipato a tre raccolte di Virgin Radio. I Rhumornero sono un gruppo che opera una sintesi molto valida del meglio del rock cantato in italiano, riuscendo a coniugare melodie, orecchiabilità e grande appeal radiofonico. Eredi è la loro ultima fatica, e direi che è il loro disco migliore. Pochi, anzi nessuno gruppo meno che mai italiano, hanno saputo coniugare, rock melodico e hard, liriche intelligenti e orecchiabilità, senza mai stonare. Il disco è davvero notevole, forte di una capacità di portare l’ascoltatore dove vogliono loro, rendendo il tutto avvincente e variegato, con dei testi finalmente interessanti e che si mettono davvero a nudo, pregando il vuoto di non invaderci troppo. Forte è l’impronta del grunge, ma chi ascolta rock da qualche tempo il grunge ce l’ha dentro, è un’impronta indelebile perché non si trattava solo di musica. Si potrebbero citare riferimenti, ma non sarebbe corretto, poiché i Rhumornero sono venuti dopo alcuni e ne hanno preso qualcosa, ma il novanta per cento è tutta opera loro, ed è una bella opera. Ci sono molti generi musicali qui dentro, e su tutti la personalità del gruppo vince nettamente. Eredi è un disco potente e completo, che è ricco e ottimo in tutti i suoi aspetti, e mostra finalmente un gruppo italiano di rock libero e piacevole, fautore di un lavoro prodotto e suonato molto bene. Sicuramente uno dei migliori dischi di rock italiano degli ultimi tempi.

TRACKLIST
o1.UN MILIARDO DI ANNI
02. METALLI PESANTI
03. L’EQUILIBRIO (versione 2015)
04. SPIRITI
05. NEL TUO SILENZIO
06. SCHIAVI MODERNI
07. MASCHERE
08. EREDI
09. QUANDO AVEVO PARANOIA
10. LIMPERATRICE
11. 1492
12. LAST CHRISTMAS (non si sentirà) (Bonus Track)
13. SOTTO LE STELLE (Bonus Track)

LINE-UP
Carlo De Toni – Voce – Chitarra
Ettore Carloni – Chitarra
Luca Guidi – Batteria
Lorenzo Carpita – Basso

RHUMORNERO – Facebook

Sinister – Syncretism

Syncretism ci consegna una band in forma, ancora in grado di aggredire con inumana cattiveria e di proporre almeno una manciata di brani mastodontici.

All’alba dei famigerati anni novanta le truppe infernali che invasero il mondo metallico sotto la bandiera del death metal non provenivano solo dalla Scandinavia o dagli Stati Uniti.

Come ben sapranno gli appassionati del genere, magari con qualche anno in più sulla carta d’identità, band poi divenute storiche fecero la loro comparsa in ogni parte del mondo. con l’Europa e veder brillare la scena olandese.
I Sinister non sono mai stati in assoluto tra le preferenze dei fans, diciamo che il gruppo di Aad Kloosterwaard è sempre stato considerato un ottimo outsider: gli anni passano, il 1990 è ormai il passato remoto e nel 2017 la band arriva al tredicesimo full length di una discografia infinita.
Prendendo in esame gli album ufficiali i Sinister hanno sempre mantenuto una buona qualità, il loro death metal senza compromessi ha attraversato quasi trent’anni di storia del metal estremo e Syncretism torna a ribadire l’assoluta bontà della proposta del gruppo, che oggi si rifà il trucco con accenni orchestrali, lasciando intravedere una mentalità più aperta di quello che si poteva credere ed un occhio vigile sugli sviluppi che hanno portato recentemente agli onori della cronaca gruppi come i Fleshgod Apocalypse.
Ovviamente il sound dei Sinister rimane un inalterato death metal oscuro, devastante e cattivissimo, strapazzato da iniezioni di thrash,  mentre nei mid tempo gli accenni orchestrali riempiono di solenne bestialità il vulcanico rifferama, ormai diventato storico.
Neanche troppo corto, ma senza dare la sensazione di prolissità, Syncretism ci consegna una band in forma, ancora in grado di aggredire con inumana cattiveria e di proporre almeno una manciata di brani mastodontici, tra cui Convulsion Of Christ, Dominance by Acquisition e Rite Of The Blood Eagle
Syncretism è un lavoro ben concepito, in cui l’anima old school del gruppo convive appunto con soluzioni epico orchestrali, violenza thrash tout court e una varietà di soluzioni e sfumature che, anche grazie all’esperienza dei musicisti, riesce sempre ad uscire vincente all’ascolto: un album che nella sua atroce e maligna predisposizione alla devastazione risulta onesto e foriero di malvagità appagante, per chi delle tematiche religiose e occulte ne fa il suo pane.
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TRACKLIST
01. Neurophobic
02. Convulsion of Christ
03. Blood Soaked Domain
04. Dominance by Acquisition
05. Syncretism
06. Black Slithering Mass
07. Rite of the Blood Eagle
08. The Canonical Rights
09. Confession Before Slaughter

LINE-UP
Adrie Kloosterwaard – Vocals
Ricardo Falcon – Guitars
Dennis Hartog – Guitars
Ghislain van der Stel – Bass
Toep Duin – Drums

SINISTER – Faceboook