ANEWRAGE

Il lyric video di Outside, tratto dall’album Life-Related Symptoms, in uscita ad aprile (Scarlet Records)

Il lyric video di Outside, tratto dall’album Life-Related Symptoms, in uscita ad aprile (Scarlet Records)

“Outside” è la nona traccia di “Life-Related Symptoms” e descrive un lato della band che desideravamo esprimere da molto tempo. Il nostro obbiettivo era tradurre in musica un’immagine ben precisa che accompagnasse perfettamente la storia narrata nel testo. La scelta di dedicare a questa canzone un lyric video ci sembrava il modo più efficace di far coesistere il tutto in modo organico. Il testo racconta di un mondo in cui le persone non riescono a trovare la propria via e lottano per dare un senso alla loro esistenza.

Il nuovo lavoro “Life-Related Symptoms” uscirà il prossimo il 7 aprile per Scarlet Records. Già più volte descritto come un album stilisticamente variegato, complesso, come il più emozionale, oscuro e misterioso di sempre, con alcune tra le più belle canzoni mai scritte da parte della band. Tredici brani, canzoni catchy e capaci di offrire molteplici chiavi di lettura.

La band presenterà il nuovo disco il prossimo 8 aprile al Legend Club di Milano con un imperdibile live show, che vanterà special guests e interessanti sorprese e sarà poi on the road per tutta la prossima stagione. Torino, Frosinone, Roma, Modena, Cremona, Bari, Brescia e Vercelli sono le prime città ad oggi annunciate, ma in arrivo c’è tanto tanto altro > http://bit.ly/2kMXigv

BIO
Formati nel 2009 nel Nord Italia, Anewrage propongono un potente mix di alternative metal e post-grunge, con una micidiale ed esplosiva attitudine live.
Dopo la release dell’album di debutto “ANR” nel 2014, la band ha raggiunto diversi traguardi importanti, condividendo palchi con artisti internazionali del calibro di Gamma Ray, Freak Kitchen, UFO, Dreamshade e Destrage, tra gli altri.
Il teaser del disco è stato uno dei finalisti al SXSW Design Award in Austin (Texas), in mezzo ad importanti nomi e pezzi grossi quali Pacific Rim, The Lego Movie, The Last of Us e altri grandi progetti. Il singolo “ Ape’s Legacy” è stato in heavy rotation su Rock TV Italy e A One (Ucraina).
Nel 2016 Anewrage firma con Scarlet Records e rilascia “Nina”, traccia inedita contenuta nella ristampa “ANR – Deluxe Edition” che conquista da subito alta rotazione all’interno dei canali appena citati.
‘Life-Related Symptoms’, il nuovo album, uscirà il prossimo 7 aprile per Scarlet Records.

Selfmachine – Societal Arcade

Societal Arcade è un album interessante, sempre in bilico tra l’irruenza del metal moderno ed il post grunge, a mio parere ancora più accentuato che sul primo album e con qualche ideuccia niente male per attirare sempre più fans.

Tempo di ritorni discografici in casa Wormholedeath, con Societal Arcade, secondo lavoro del quintetto olandese dei Selfmachine,  seguito del debutto Broadcast Your Identity uscito tre anni fa.

E la band orange conferma i buoni riscontri del primo lavoro, aggiungendo quei tre anni in più di esperienza che male non fanno, specialmente se si ha avuto la possibilità di suonare in giro ed accompagnare band del calibro dei The Agonist.
E così, mentre il genere arranca inflazionato da centinaia di uscite, la band olandese raggiunge il nostro paese e con la benedizione della WormHoleDeath si chiude nei Realsound Studios per dare un seguito al proprio debutto, con un aiutino niente male in fatto di mix e mastering (Waldemar Sorychta e Dennis Koehne) e tanto entusiasmo.
Ne esce un album interessante, sempre in bilico tra l’irruenza del metal moderno ed il post grunge, a mio parere ancora più accentuato che sul primo album e con qualche ideuccia niente male per attirare sempre più fans.
Il quintetto quando spara non si fa problemi e mira ad altezza uomo, le violenti sfuriate tra nu metal e core sono presenti, così come il growl che accompagna le parti metalliche con autorevolezza, anche se il meglio i Selfmachine lo lasciano quando l’alternative rock ed il post grunge prendono il comando delle operazioni in un’orgia di note melodiche e di derivazione statunitense.
Against The Flow è la classica intro che funge da presentazione al disco e di ciò che l’ascoltatore troverà tra i solchi di Join The Hatetrain e Giddy Up!, alternative metal dall’appeal melodico migliorato esponenzialmente rispetto a qualche anno fa e perciò in grado di fare la differenza nel genere.
Due parole su No Cliché, ballad semiacustica che per molti sarà solo il solito brano post grunge ma che, al sottoscritto, ha fatto balenare in testa un nome storico e scomodo come quello dei Metallica.
Si torna a far male tra metal estremo e rock americano, l’oscura Superior, Avenge The Moment e la conclusiva varia e cangiante Luminous Beings accompagnano verso i titoli di coda questo ottimo Societal Arcade.

TRACKLIST
1.Against The Flow
2. Join The Hatetrain
3. Giddy-Up!
4.‘Normal’ People
5.Universe
6.No Cliché
7.Nothing’s Worth
8.Lifeblind
9.The Great Deception
10. The Valeyard
11. Superior
12. Avenge The Moment
13. Luminous Beings

LINE-UP
Steven Leijen – Lead Vocals
Mark Brekelmans – Bass, Vocals
Michael Hansen – Guitars, Vocals
John Brok – Lead Guitar, Vocals
Ben Schepers – Drums (On album)
Robin Boogaard – Drums

SELFMACHINE – Facebook

Carne – Modern Rituals

Le urla vibranti di Pierre Bozonet simboleggiano un’urgenza espressiva in grado di fare la differenza nei confronti di molte proposte, specialmente quelle in cui il fragore strumentale è volto esclusivamente a coprire un vuoto di ispirazione.

I francesi Carne sono l’emblema dell’essenzialità che non va a mai a discapito dell’intensità della musica proposta.

I due ragazzi di Lione propongono uno sludge/noise/post hardcore nel quale è presente una spiccata connotazione punk: non a caso la gran parte dei brani è intrisa di una furia che travalica ogni considerazione di carattere tecnico o stilistico, mentre gli accenni a rallentamenti più confacenti al doom vengono confinati alle due tracce (The End Of Us e Lord Less) nelle quali la voce viene affidata alla brava Marion Leclercq.
Per il resto, sono le urla vibranti di Pierre Bozonet a simboleggiare un’urgenza espressiva in grado di fare la differenza nei confronti di molte proposte, specialmente quelle in cui il fragore strumentale è volto esclusivamente a coprire un vuoto di ispirazione.
Se per mia indole ritengo comunque i brani più riflessivi i picchi di Modern Rituals (oltre ai due citati, anche Cloak) non posso fare a meno di godere dell’approccio ruvidamente diretto del resto del lavoro, con la convinzione che i due, specie dal vivo, riescano ad estrarre da sé stessi ogni residua stilla di energia da riversare sul pubblico.
E il segreto dei Carne, alla fine, sta proprio nella capacità di esibire uno stile che, nonostante appaia più che mai diretto e privo di mediazioni, in realtà sa scavare in profondità fino a fare breccia in maniera definitiva in chi abbia la pazienza e la voglia di farsi attraversare dalle note scagliate come dardi velenosi da Pierre Bozonet (voce e chitarra) e Thibaut Claisse (batteria).
Come sempre più spesso accade, l’album viene edito da un pool di etichette transnazionale, delle quali fanno parte anche le nostre Shove Records e Drown Within, con quest’ultima costantemente sul pezzo quando si tratta di diffondere suoni disturbanti che veleggiano tra sludge, postmetal, noise e doom.

Tracklist:
1. White Flag
2. Inked Mask
3. Bad Tooth
4. The End Of Us
5. Cloak
6. Collective Dictatorship
7. Northern Light
8. Lord Less

Line-up:
Thibaut Claisse – drums
Pierre Bozonet – guitars, vocals

Marion Leclercq – vocals on 4. And 8.

CARNE – Facebook

The Big South Market – Muzak

Sfuggendo ai facili stereotipi ai quali la lineup ridotta potrebbe portare, i TBSM propongono una miscela moderna di hard rock e post grunge con un buon tiro.

Il termine “Muzak” definisce quella musica piuttosto informe che viene diffusa in ambienti quali aeroporti, centri commerciali, sale d’attesa e simili.

Non è dispregiativo, ma sottolinea che è un tipo di musica a cui si può anche non prestare attenzione, perché è di puro sottofondo, riempitivo.
Questo non si può certo dire dell’EP che porta questo titolo, prima prova autoprodotta del nuovo combo a nome The Big South Market. I due, già musicisti con esperienze invidiabili, si lanciano qua in bordate chitarra e batteria di buon gusto e bel tiro. Sfuggendo ai facili stereotipi ai quali la line -up ridotta potrebbe portare, i due propongono una miscela moderna di hard rock e post grunge ben amalgamata, con ritmiche serrate e suoni moderni e accattivanti.
L’esordio fa ben sperare, e le prove dei live e soprattutto della maturità su disco lungo ci potranno confermare se saranno speranze ben riposte.

TRACKLIST
1 – Big Deal
2 – Before (You Make It Deeper)
3 – Moodrink
4 – Red Carpet
5 – Desert Motel

LINE-UP
Giuseppe Chiumeo – Chitarra, Voce
Ruggiero Ricco – Batteria

THE BIG SOUTH MARKET – Facebook

www.youtube.com/channel/UCuiu4-pLEzhY5TJvjY5p02w

Scuorn – Parthenope

Personalmente sono rimasto folgorato dalla potenza e dalla bellezza di un disco come questo, che aspettavo da una vita e che potrebbe diventare una pietra miliare del metal in Italia.

Personalmente ritengo Parthenope un disco epocale per molti motivi. Prima di tutto per la musica che, d’accordo non è nulla di nuovo, ma viene eseguita come nel marmo dell’inferno. Poi per ciò che esprime: è il primo disco in metal che, utilizzando il dialetto, tratta di Napoli e della partenopeità, un concetto davvero affascinante ed ampio.

Partiamo dall’inizio.
Scuorn nasce nel 2008 per opera di Giulian, che qui nel disco compone e suona tutto, con validi aiuti che vedremo di seguito. Questo è il suo debutto discografico, ed è qualcosa di strabiliante. Innanzitutto il nome: Scuorn letteralmente vuol dire vergogna, ma è un concetto diverso da quello italiano, anzi quando ascolterete questo disco dimenticatevi dell’italiano, è solo un intralcio, calatevi nella lingua napoletana, poiché ha maggiori livelli di pensiero dell’italiano.
Parthenope è un concept album sulle storie e soprattutto sulle leggende greco romane di Napoli e dintorni, ogni canzone una leggenda. Le origini sono interessantissime e ancora misteriose, perché Napoli non mostra mai il suo vero volto, nemmeno oggi. Di Napoli abbiamo un’immagine comune, dei pregiudizi, ma Napoli è altro. Ogni volta che ci vai vedi un lato diverso, perché era una città cara agli dei, e questo disco ce lo fa capire molto bene. Scuorn narra di epicità perduta con un suono incredibile, che parte dal black metal sinfonico per andare ben oltre. Come coordinate sonore prendete dei Fleshgod Apocalypse più black, con un incedere però diverso, ma ugualmente magnifico, e questa è una delle forze del disco. Con loro Scuorn ha in comune il produttore, quello Stefano Morabito che si è occupato anche degli Hour Of Penance, ed è uno dei più bravi in giro, infatti la produzione di Parthenope è pressoché perfetta. Per le parti orchestrali Giulian si è avvalso della preziosa collaborazione di Riccardo Studer dei Stormlord, e il suo grandissimo lavoro si può ascoltare nel secondo disco dell’edizione speciale, che contiene le bellissime versioni orchestrali di ciascun brano. Dentro a questo immaginifico suono ci stanno le narrazioni di Giulian, che ci riporta indietro nel tempo, alla parte greca e romana della storia di questa città, che più che una città è una civiltà vera e propria. Notevolissimi sono i pezzi suonati con gli strumenti tipici di Napoli, uno su tutti il mandolino, che è anche nel simbolo del gruppo. Questi strumenti sono usati molto bene, inserendoli con gran cura nella narrazione: infatti, Averno è un pezzo strumentale che diventerà uno spartiacque, come Kaiowas per i Sepultura. Parthenope è un capolavoro assoluto, un atto d’amore e di odio entrambi incondizionati per una città che è uno stato d’essere, con radici occulte ed antichissime che nessuno mai prima d’ora aveva narrato in questa maniera. Qui dentro troverete quel sentire che solo a Napoli è possibile, il tutto usando il metal come codice e linguaggio per raccontare. Il metal, ed in particolare il black metal, è uno dei mezzi migliori per narrare storie epiche e sopratutto per raccontare le diversità e le peculiarità delle varie terre. E’ incredibile l’evoluzione di un genere che è nato per isolare ed invece è uno strumento formidabile di conoscenza e scambio, straordinario veicolo di storie e popoli. Personalmente sono rimasto folgorato dalla potenza e dalla bellezza di un disco come questo, che aspettavo da una vita e che potrebbe diventare una pietra miliare del metal in Italia.

TRACKLIST
1.Cenner e Fummo
2.Fra Ciel’ e Terr’
3.Virgilio Mago
4.Tarantella Nera
5.Sanghe Amaro
6.Averno
7.Sibilla Cumana
8.Sepeithos
9.Parthenope
10.Megaride
11.Cenner’ e Fummo (ORCHESTRAL VERSION)
12.Fra Ciel’ e Terr’ (ORCHESTRAL VERSION)
13.Virgilio Mago (ORCHESTRAL VERSION)
14.Tarantella Nera (ORCHESTRAL VERSION)
15.Sanghe Amaro (ORCHESTRAL VERSION)
16.Averno (ORCHESTRAL VERSION)
17.Sibilla Cumana (ORCHESTRAL VERSION)
18.Sepeithos (ORCHESTRAL VERSION)
19.Parthenope (ORCHESTRAL VERSION)
20.Megaride (ORCHESTRAL VERSION)

LINE-UP
Giulian

SCUORN – Facebook

Lung Flower – Effigy

Gruppo di culto, musica per pochi, ma esperienza da vivere chiudendo gli occhi e ritrovandoci legati ad un totem con stregoni che agitano feticci davanti ai nostri occhi prima di darci la morte.

Si sa poco di questo quartetto canadese, quanto basta però per farvi conoscere la sua musica, di ottima qualità e che raccoglie in se un po’ di quel metal rock americano che ha imperversato negli ultimi venticinque anni.

Loro sono i Lung Flower, si destreggiano da qualche anno nei locali di Vancouver con una musica che, personalmente, mi ricorda non poco quella della piovosa Seattle.
Attenzione però, non si parla di facili melodie post grunge o alternative rock, i Lung Flower sono una creatura psichedelica che attinge tanto dal grunge più nervoso e metallico dei primi Soundgarden e Alice in Chains, quanto dallo stoner/doom, facendolo rimbalzare come una pallina magica tra gli anni novanta e indietro fino al periodo settantiano.
I ritmi sono a tratti lentissimi e claustrofobici, le chitarre sature, ed il canto richiama lo spirito di Layne Staley, tornato per raccontarci la propria disperazione nell’affrontare l’aldilà.
I Black Sabbath aleggiano con il loro sound che rallenta gli energici strappi alternative metal, mentre la sensazione di viaggio lisergico e jam session fa di questo lavoro una chicca per gli amanti dell’alternative doom metal.
Il gruppo canadese arriva così al secondo album, successore di Under A Dying Sun, debutto sulla lunga distanza del 2012, seguito dall’ep Death On The Crowsnest, uscito tre anni fa, continuando imperterrito a stordire con questo notevole esempio di musica del destino drogata di hard rock ed alternative metal, tutto made in U.S.A.
Gruppo di culto, musica per pochi, ma esperienza da vivere chiudendo gli occhi e ritrovandoci legati ad un totem con stregoni che agitano feticci davanti ai nostri occhi prima di darci la morte.

TRACKLIST
1. Ascend
2. Death On The Crowsnest (Hwy 3)
3. Beyond Burnt Out
4. Stoned & Alone
5. Bottomfeeders
6. Effigy (…of Man)
7. (Bonus Track) Everything I Burn

LINE-UP
Marcus Salem – Rhythm Guitar
Kyle Arellano – Bass
Tyler Mayfield – Vocals
Jimmy Lanz- Drums

LUNG FLOWER – Facebook