HAEMOPHAGUS

Il video di Deranger, tratto dall’album Stream Of Shadows (Selfmadegod Records).

Il video di Deranger, tratto dall’album Stream Of Shadows (Selfmadegod Records).

Giunti al terzo album dopo quasi 13 anni di onorata carriera nell’under-grind, gli Haemophagus da Palermo confezionano ora il loro lavoro più allucinato e ossessivo. Stream of Shadows, primo lavoro del gruppo dall’uscita del bassista Gas, conterrà infatti 14 nuove tracce di feroce horror metal impregnato di death, grind e thrash. Oltre alle consuete tematiche orrorifiche, il gruppo snocciola incursioni nella fantascienza e nei cortocircuiti logici della mente umana: uomini intrappolati in flipper (Blastmaniacom!), la resistenza del Buddha alle schiere di demoni del Dio della Morte Mara (Innergetic) e scenari distopici di società futuristiche dominate dalla tecnocrazia (Meteor Mind) inaugurano sonorità visionarie riflesse in un sound quanto mai estremo, schizofrenico e sanguinolento. La copertina ad opera di Luis Sendón (Nashul, MacabreE, Obscene Extreme Festival Festival, Collision) sintetizza il concetto senza ricorrere a compromessi. Registrato e mixato ancora una volta a Palermo ai Tone Deaf Studio di Silvio “Spadino” Punzo e masterizzato da Dan Randall ai Mammoth Sound Mastering di Alameda, California (studio noto per il lavoro con Sodom, Ghoul, Spazz, Iron Reagan), Stream of Shadows uscirà il 20 marzo in cd per la polacca Selfmadegod Records e in vinile per tedesca Lycanthropic Chants Records.

Gli Haemophagus nascono a Palermo nel 2004 nel segno dell’adorazione verso nomi immortali come Repulsion, Autopsy, Napalm Death, Carcass, Death, Pungent Stench o Black Sabbath.

Attraverso vari cambi di formazione e con i soli David alla batteria e Giorgio alla chitarra e voce come membri fissi, gli Haemophagus hanno sempre percorso i sentieri più fetidi del death metal, del grindcore e del thrash, pubblicando tre album (Slaves to the Necromancer nel 2009, Atrocious nel 2013, e Stream of Shadows nel 2017) nonché un’ampia manciata di split con gruppi come Agathocles, Bonesaw, Grind Crusher, Repuked e così via.

Un’intensa attività live li ha portati in giro per buona parte d’Europa, con concerti nei principali festival di musica estrema (Obscene Extreme, Inferno Festival, Bloodshed Fest, Blutsvente).

Gorephilia – Severed Monolith

Severed Monolith sarà apprezzato dagli amanti del death metal diretto e distruttivo, perché se si pensa di trovare qualcosa di simile alla melodia è meglio guardare altrove, qui c’è solo massacro.

Stiamo ancora viaggiando a pieno regime per quanto riguarda il filone old school del death metal: le band che si affacciano nel mondo estremo underground sono, nella maggior parte dei casi, ottime eredi dei gruppi storici nati negli anni novanta.

I finlandesi Gorephilia fanno parte dell’ultima ondata di gruppi dediti alle sonorità classiche, e Severed Monolith segue di cinque anni l’esordio Embodiment Of Death e tre lavori minori mentre si avvicinano al decimo anno di attività.
La band non ha certo perso lo smalto che ne aveva caratterizzato gli inizi, anche questo album corre su ritmiche oscure e devastanti con un occhio particolare per i primi Morbid Angel, senza dimenticare chiaramente la lezione scandinava.
Il quintetto di Vantaa imprime una forza disumana al sound estremo di cui è composto Severed Monolith, creando un lavoro devastante e monolitico, magari non così vario ma dall’impressionate forza d’urto.
Senza compromessi, i Gorephilia ci invitano al massacro, non concedono quasi nulla in melodia e attaccano senza pietà con una serie di brani che hanno nella terribile Black Horns, il punto più sadico di questa carneficina, seguita dalla disumana Return To The Dark Space.
Gli altri brani seguono pedissequamente le coordinate di queste due tracce, con le ritmiche che si mantengono su velocità alte, il growl da demone perverso ed una atmosfera da fine del mondo riscontrabile proprio nei primi lavori dei Morbid Angel.
Severed Monolith sarà apprezzato dagli amanti del death metal diretto e distruttivo, perché se si pensa di trovare qualcosa di simile alla melodia è meglio guardare altrove, qui c’è solo massacro.

TRACKLIST
1. Interplanar 2
2. Hellfire
3. Harmageddon of Souls
4. Words That Solve Problems
5. Black Horns
6. The Ravenous Storm
7. Return to Dark Space
8. Eternity
9. Crushed Under the Weight of God

LINE-UP
Henry Kuula – Vomit
Tami Luukkonen – Bass
Jukka Aho – Guitar
Pauli Gurko – Guitar
Kauko Kuusisalo – Battery

GOREPHILIA – Facebook

Tim Bowness – Lost In The Ghost Of Light

Un album ad esclusivo uso e consumo dei fruitori del prog rock moderno e della musica gravitante attorno a Steve Wilson.

Quarto album solista per Tim Bowness, cantante e autore inglese che molti progsters ricorderanno nei No-Man in compagnia del leader dei Porcupine Tree Steve Wilson.

L’artista si circonda di una manciata di nomi altisonanti della musica progressiva mondiale come Ian Anderson, Andrew Keeling, Stephen Bennet (Henry Fool), Colin Edwin (Porcupine Tree), Brice Soord (The Pineapple Thief) tra gli altri, e con Steve Wilson dietro alla consolle crea questo concept sulla vita di un musicista e tutto ciò che circonda il mondo.
Il progressive rock di Tim Bowness è delicato, suadente, moderno nella concezione ma purtroppo monocorde: le canzoni, alcune comunque davvero belle, alla lunga non decollano e rimangono impantanate in un rock d’autore ma nulla più.
Manca la canzone che traini l’album, assolutamente obbligatoria anche in un genere come il progressive rock, nel quale le derive moderne hanno portato la musica su territori pericolosissimi, dove la linea tra un capolavoro atmosferico ed intimista ed una lenta agonia musicale è sottilissima.
Peccato, perché a tratti l’ascolto è piacevole anche se non si va mai oltre il compitino con melodie pinkfloydiane, accenni al gruppo di Wilson ed un rock semiacustico a cui manca una melodia che distolga dall’andamento monotematico che, dalla prima canzone, attanaglia questo Lost In The Ghost Of Light.
Certo è che se il concept si ispira alla vita di un musicista a fine carriera, musicalmente viene descritto più il nostalgico canto del cigno che non le bizze di gioventù: nel finale, You Wanted To Be Seen si pone come picco più alto del disco, essendo una traccia ariosa e ritmicamente più varia rispetto all’andamento generale dell’album, che risulta così ad uso e consumo dei soli fruitori del prog rock moderno e della musica del gruppo di Steve Wilson.

TRACKLIST
01. Worlds Of Yesterday
02. Moonshot Manchild
03. Kill The Pain That’s Killing You
04. Nowhere Good To Go
05. You’ll Be The Silence
06. Lost In The Ghost Light
07. You Wanted To Be Seen
08. Distant Summers

LINE-UP
Tim Bowness
Colin Edwin (Porcupine Tree)
Bruce Soord (The Pineapple Thief / Katatonia)
Hux Nettermalm (Paatos)
Stephen Bennett (Henry Fool / No-Man)
Andrew Booker (Sanguine Hum / No-Man)

Ian Anderson (Jethro Tull)
Kit Watkins (Happy The Man / Camel)
Andrew Keeling (Hilliard Ensemble / Robert Fripp)
Steve Bingham (Ely Sinfonia / No-Man)
David Rhodes (Peter Gabriel / Kate Bush / Scott Walker)

TIM BOWNESS – Facebook

Groupie High School – …Ladies & Gentlemen

…Ladies & Gentlemen ci presenta gli sleazy glam rockers Groupie High School, una band pronta per l’importante passo del full length che sicuramente non tarderà, sotto l’ala della Atomic Stuff.

La Scandinavia non è solo terra di metal estremo ma in essa prospera anche una radicata scena hard rock.

Da un po’ di anni pure i suoni sleazy e street vi hanno trovato la tana per leccarsi le ferite dopo gli anni di autodistruzione del periodo ottantiano, con la Finlandia che è entrata prepotentemente in gioco con una serie di band tra le quali questi Groupie High School sono uno dei più esplosivi esempi.
La Atomic Stuff, label nostrana dal gran fiuto quando si parla di queste sonorità, non se li è fatta scappare ed ora …Ladies & Gentlemen, secondo ep autoprodotto, ci viene proposto in tutta la sua esplosiva carica rock ‘n’ roll, o come lo volete chiamare, un’irresistibile scarica elettrica di sleazy, street, glam metal irriverente, a suo modo ignorantissimo e dalla carica sessuale di un toro da monta.
Sei brani più un’intro recitata, una ventina di minuti abbondanti in balia delle note infuocate sul Sunset Boulevard, un missile sparato tra le chiappe dei benpensanti al ritmo indiavolato di un party losangelino.
E mentre gentili donzelle godono lascive sotto i colpi dell’ ambigua Chick With The Flips, il metal sporcato dalla polvere della strada di Liquid Lunch ci porta sotto un palco di un qualsiasi locale, perso nella notte, mentre i gruppi storici che hanno fatto la storia della scena vengono passati in rassegna con le note ruffiane della ballad Hard To Breathe, scontata quanto si vuole ma perfetta per sciogliere le ultime resistenze della signorina bionda inquadrata a lato palco.
L’attitudine c’è, la voglia di sfondare pure, il talento tutto scandinavo per queste sonorità non manca di certo, confermato dall’irresistibile This Is How We Say Goodbye, brano che si prende lo scettro di top song dell’ep, dal piglio punk, robusta ed aggressiva il giusto per sfondare crani in sede live, mentre un piano indiavolato in sottofondo tiene il brano ancorato al rock’n’roll.
Navy Blue ha un approccio molto vicino all’hard rock melodico e conclude con un tocco raffinato: …Ladies & Gentlemen, album che ci presenta una band pronta per l’importante passo del full length che sicuramente non tarderà.

TRACKLIST
01. Ladies & Gentlemen (Intro By Bruce Buffer)
02. Chicks With The Flips
03. Liquid Lunch
04. My Medicine Woman
05. Hard To Breathe
06. This Is How We Say Goodbye
07. Navy Blue (Bonus Track)

LINE-UP
Vinny Olavi – Vocals
Matt Nitro – Guitars
Smippe Youngblood – Guitars
Jay Mickey – Drums
Wegster – Bass

GROUPIE HIGH SCHOOL – Facebook