THE CHARM THE FURY

Il nuovo video di ‘Blood And Salt’

Il nuovo video di ‘Blood And Salt’!

La metal band olandese THE CHARM THE FURY pubblica il video di ‘Blood And Salt’ tratto dal secondo album »The Sick, Dumb & Happy«

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I THE CHARM THE FURY hanno recentemente annunciato di prendere parte al tour da headliner della band metalcore inglese BURY TOMORROW.

Dal loro esordio, i THE CHARM THE FURY sono oggi diventati una band più matura che vanta la partecipazione ad alcuni dei maggiori festival europei. Il loro sound si è trasformato in un metal ultramoderno ma con uno stile personale che definisce ciò che davvero essi rappresentano. Ispirati da un’avversione rispetto alla condizione globale del ventunesimo secolo, la band ha registrato un disco rabbioso, rafforzato da una feroce intelligenza e un sentito desiderio di risvegliare la gente dal diffuso torpore che contraddistingue l’era digitale.

I THE CHARM THE FURY sono armati, pronti e carichi per il prossimo passo. Hanno i pezzi, la determinazione, il carisma perché questo possa avvenire.

I THE CHARM THE FURY sono:
Caroline Westendorp – voce
Mathijs Tieken – batteria
Rolf Perdok – chitarra
Martijn Slegtenhorst – chitarra
Lucas Arnoldussen – basso

www.facebook.com/thecharmthefury
http://www.thecharmthefury.com/
https://twitter.com/thecharmthefury

TANKARD

Il video del primo singolo ‘Arena Of The True Lies’, tratto dall’album “One Foot In The Grave”, in uscita il 2 giugno (Nuclear Blast/Warner).

TANKARD – pubblicano il nuovo singolo e il lyric video; pre-ordini attivi!

È tempo di festeggiare i primi 35 anni di Tankard e ovviamente non può mancare la colonna sonora adatta. Il diciassettesimo album in studio della band “One Foot In The Grave” verrà pubblicato il 2 giugno su Nuclear Blast/Warner.

La band pubblica oggi il primo singolo ‘Arena Of The True Lies’, presentato in anteprima sabato scorso dalla radio tedesca Rock Antenne.

Il cantante Gerre racconta:
“‘Arena Of The True Lies’ parla di tutte quelle cose assurde che capitano su Internet: ci sono persone accusate ed offese, circolano un sacco di notizie false, parte delle quali rimane nella mente della gente! La nostra notizia falsa del 1 ° aprile è stato un buon esempio di questo! Le persone hanno smesso di parlare le une alle altre e comunicano principalmente attraverso i nuovi media. Questi sono tempi strani … A proposito: i TANKARD esistono come fake band da oltre 35 anni, ma stiamo ancora facendo bene, non è vero?”.

Chi pre-ordina “One Foot In The Grave” in digitale riceverà immediatamente il download di ‘Arena Of the True Lies’: http://nblast.de/TankardDigital

I pre-ordini di CD e vinile sono invece attivi qui: http://nblast.de/TankardOFITGNB

Tracklist:

01. Pay To Pray
02. Arena Of The True Lies
03. Don’t Bullshit Us!
04. One Foot In The Grave
05. Syrian Nightmare
06. Northern Crown (Lament Of The Undead King)
07. Lock ‘Em Up!
08. The Evil That Men Display
09. Secret Order 1516
10. Sole Grinder

“One Foot In The Grave” è stato registrato al Gernhart Studio (Troisdorf, Germania) con il produttore Martin Buchwalter (DESTRUCTION, SUIDAKRA) a gennaio 2017. L’artwork è stato realizzato da Patrick Strogulski, allievo di Sebastian Krüger, l’artista che si è occupato di molte copertine dei TANKARD. Sue sono quelle di “A Girl Called Cerveza” e “R.I.B.”.

www.tankard.info
www.facebook.com/tankardofficial
www.nuclearblast.de/tankard

Grog – Ablutionary Rituals

I Grog tornano con un nuovo massacro, una tortura ai padiglioni auricolari sotto forma di brutal death metal e grindcore.

Assolutamente devastante la proposta di questa storica band portoghese, attiva dai primi anni novanta.

I Grog tornano con un nuovo massacro, una tortura ai padiglioni auricolari sotto forma di brutal death metal e grindcore, ed un concept che rispecchia la musica prodotta con testi che parlano di morte, torture sessuali varie, porno e gore a manetta.
Quarto full length, più una manciata abbondante di demo compongono la discografia di questi quattro pazzi musicisti lusitani che, nel corso degli anni, hanno dovuto prendersi alcune pause anche relativamente lunghe dopo un decennio più prolifico come l’ultimo dello scorso secolo.
Per gli amanti del genere Ablutionary Rituals risulta il classico massacro, abituale di un genere che non trova grandi sbocchi creativi ma che punta tutto sull’impatto ed ovviamente sull’aggressione fatta di violenza senza compromessi, una serie di sevizie musicali che hanno nei blast beat l’arma micidiale, nelle chitarre che si distorcono in vortici di note maleodoranti e nel growl che, nel cliché del genere, racconta le nefandezze sulle quali la band innalza un muro sonoro di brutal death.
Hanno girato in lungo ed in largo suonando con i migliori gruppi del mondo estremo e si sente, l’esperienza è l’arma in più dei Grog, che come un serial killer sevizia ed uccide, chirurgico e freddo a colpi delle putride Revelation Pen Wound, intro claustrofobica che cede il passo alla devastante Uterine Casket e all’abisso brutale che si apre all’ascolto delle seguenti tracce.
Un’album assolutamente per fans del genere ma che sa come farsi apprezzare.

TRACKLIST
1.Revelation – Open Wound
2.Uterine Casket
3.Savagery
4.Sterile Hermaphrodite
5.Sarco-Eso-Paghus
6.Vortex of Bowelism
7.Cardiaxe
8.A Scalpel Affair
9.Gore Genome
10.Gut Throne
11….of Leeches Vultures and Zombies
12.Flesh Beating Continuum
13.From Disease to Decease
14.Katharsis – The Cortex of Doom and Left Hand Moon

LINE-UP
Alexandre Ribeiro – Bass
Rolando Barros – Drums
Ivo Martins – Guitars
Pedro Pedra “Aion” – Vocals

GROG – Facebook

Ruin – Ruin

L’opera prima dei Ruin è senz’altro valida, magari non ancora all’altezza delle migliori espressioni del genere, ma ricca di spunti interessanti che fanno ragionevolmente ritenere i due musicisti dell’Alberta in possesso di tutti i mezzi per incidere, con ancor più efficacia e convinzione, alla prossima occasione.

Prima apparizione per i canadesi Ruin, autori di un death doom melodico di buona fattura.

L’intento di offrire un’interpretazione molto più malinconica che non pervasa da umori drammatici, da parte del duo proveniente dall’olimpica Calgary, è piuttosto scoperto, per cui è più la gradevolezza dell’insieme a colpire l’ascoltatore anziché il ricorso a sonorità plumbee o venate di toni drammatici.
Questo, se da un lato conferisce una buona fruibilità al lavoro, dall’altro gli fa perdere un po’ in profondità, impedendogli forse di lasciare un segno più marcato.
Infatti, quando il sound si avvolge maggiormente di tonalità oscure ed inquiete, l’album subisce una notevole scossa: ne è esempio eloquente l’ottima The Core, il cui andamento decisamente più cupo ricorda non poco l’operato dei Doomed, specialmente nel suono della chitarra; resta comunque molto valido l’approccio dei due ragazzi canadesi nel suo complesso, proprio perché il lavoro appare ben costruito e sempre piacevole nella sua linearità (da non confondere con banalità).
Oltre al brano già citato, sono rimarchevoli gli spunti più robusti ed emotivamente impattanti, esibiti in Beyond Good and Evil e Withering of Gaia, e le melodie tenuamente funeree della conclusiva A Distant View; buono ed appropriato l’utilizzo alternato del growl e delle clean vocals, pur se quest’ultime perfettibili, mentre la prestazione strumentale è piuttosto limpida, avvalendosi anche di una produzione soddisfacente.
In definitiva, l’opera prima dei Ruin è senz’altro valida, magari non ancora all’altezza delle migliori espressioni del genere, ma ricca di spunti interessanti che fanno ragionevolmente ritenere i due musicisti dell’Alberta in possesso di tutti i mezzi per incidere, con ancor più efficacia e convinzione, rispetto a quanto già esibito positivamente in questa occasione

Tracklist:
1. Contagion I
2. Beyond Good and Evil
3. And She Wept
4. The Core
5. Cubensis
6. The Sleeper Awakens
7. Withering of Gaia
8. Chapter One
9. Contagion II
10. A Distant View

Line-up:
Zach Boser – Bass, Drum programming, Guitars, Piano, Synthesizers, Vocals
Adam Smith – Drum programming, Lyrics, Piano, Vocals

RUIN – Facebook

Au-Dessus – End Of Chapter

Un’opera nera e tragica, emozionante, colma di dolore e di quel senso di morte che gela il sangue ed il saperlo evocare è una prerogativa di chi suona il genere con talento.

Il ramo del black metal considerato da molti la parte più evoluta del genere passeggia su un filo sottilissimo che molte volte divide le opere dei suoi seguaci tra capolavori ed autentici flop.

Ma per chi ama il metal estremo oscuro, violento ma dall’animo intimista e progressivo, non mancano certo autentiche sorprese, gruppi che dal nulla escono tramite ottime label che si muovono tra i gironi infernali dell’underground metallico.
Les Acteurs De L’Ombre Productions è una delle etichette migliori nel campo del post black metal, impressione confermata dal primo lavoro sulla lunga distanza del quartetto lituano degli Au-Dessus, che sotto la label transalpina licenzia questa opera nera e tragica, emozionante, colma di dolore e di quel senso di morte che gela il sangue, prerogativa di chi suona il genere con talento.
End Of Chapter è un’opera oscura e tremenda, gelata dal freddo della morte come rappresentato sull’artwork, divisa in parti che sono l’ideale prosecuzione dell’omonimo ep di debutto.
Quindi dal capitolo VI al XII si alternano furiose parti black metal ed oscuri e raggelanti momenti di drammatica staticità, mentre l’irruenza metallica si scontra con uno stordente talento per armonie progressive che si può considerare una delle massime espressioni del post black.
Nella musica del gruppo ci sono sfumature che portano a considerare queste sette parti come metal estremo adulto, fortemente pregno di musica dark e post rock nascosta tra le trame violente di un sound sempre in bilico tra il mondo dei morti e quello di chi ancora soffre, a causa una vita obnubilata dalla sofferenza e ben rappresentata nelle parti VII, IX e nella devastante XI.
Un album bellissimo, un’altra grande opera oscura donata da Les Acteurs De L’Ombre.

TRACKLIST
1.VI
2.VII
3.VIII
4.IX
5.X
6.XI
7.XII : End of Chapter

LINE-UP
Mantas – Vocals/bass
Simonas – Guitar
Jokūbas – Guitar
Šarūnas – Drums

AU-DESSUS – Facebook

Calliophis – Cor Serpentis

Cor Serpentis è un lavoro di grande compattezza e di altrettanta qualità, al quale manca forse il picco emotivo capace di attrarre fatalmente l’appassionato, ma che regala ugualmente un’interpretazione della materia ben al di sopra della media.

Quello dei tedeschi Calliophis è, per quanto mi riguarda, un nome nuovo nell’ambito della scena death doom, non avendo intercettato all’epoca della sua uscita (il 2008) l’unica precedente prova discografica, il full length Doomsday.

In quasi un decennio molte cose inevitabilmente sono destinate a cambiare, anche se in un genere come il doom ciò avviene di norma in maniera meno marcata, per cui è più probabile assistere ad una maggiore focalizzazione del sound, unita ad una progressiva attenzione alla cura dei particolari .
Inoltre la firma per Solitude Productions è ovviamente un sintomo di qualità per qualsiasi band dedita al genere ed i Calliophis non fanno eccezione.
Il death doom di quest quartetto proveniente dalla Germania orientale è decisamente poco improntato alla melodia, puntando invece sull’impatto cadenzato dei riff senza disdegnare, comunque, buone soluzioni soliste: il growl del vocalist Thomas è più aspro che profondo e ben si addice ad un suono che scorre sempre sul filo della massima tensione, andandosi ad incuneare, tanto per fornire un riferimento, più o meno tra Doomed ed Ophis, sempre restando in ambito tedesco.
Le sei lunghe tracce portano Cor Serpentis a sforare abbondantemente l’ora di durata, un muro insormontabile forse per chi non ha familiarità con il genere, ma assolutamente in linea con le aspettative per gli ascoltatori abituali.
Personalmente preferisco i Calliophis quando si spingono maggiormente verso il lato funeral, come avviene nella magnifica Edge Of Existence, ma le cose non vanno affatto male neppure quando, su ritmi leggermente più accelerati, viene ugualmente evocato un certo pathos (Seven Suns). oppure allorché del doom viene mostrata essenzialmente la sua natura di heavy metal rallentato tramite i radi e misurati spunti melodici (The Cleansing e Isolation).
Cor Serpentis è un lavoro di grande compattezza e di altrettanta qualità, al quale manca forse il picco emotivo capace di attrarre fatalmente l’appassionato, ma che regala ugualmente un’interpretazione della materia ben al di sopra della media.

Tracklist:
1. The Cleansing
2. Yuki Onna
3. Edge Of Existence
4. Munk (Heart Of Stone)
5. Seven Suns
6. Isolation

Line up:
Thomas – Vocals
Matthias – Guitar |
Martin – Guitar
Marc – Bass
Florian – Drums

CALLIOPHIS – Facebook

Kaledon – Carnagus: Emperor Of The Darkness

Carnagus: Emperor Of The Darkness è un’opera dal taglio internazionale, in grado di non sfigurare rispetto ai prodotti stranieri, frutto di uno stivale ormai all’altezza della situazione in tutti i generi, anche grazie a band che negli anni hanno continuato a produrre musica con talento e passione e tra le quali i Kaledon sono una delle più accreditate

I romani Kaledon si possono considerare uno dei gruppi cardine dell’epic power made in Italy, essendo nati sul finire degli anni novanta ed entrati alla grande nel nuovo millennio con una serie di album dalle ovvie tematiche fantasy che hanno portato al gruppo un buon seguito, specialmente da parte di chi segue il genere ed non si accontenta (parlando di Italia) dei più famosi Rhapsody.

Con una discografia colma di buoni lavori, la band romana risulta una tra le più prolifiche, arrivando al traguardo della doppia cifra con questo nuovo album: dall’ultimo lavoro intitolato Antillius : The King Of The Light ed uscito tre anni fa, c’è da annotare l’entrata in formazione del bravissimo cantante degli Overtures Michele Guaitoli e del batterista Manuele Di Ascenzo (ex-Secret Rule), oltre al cambio di etichetta (dalla Scarlet alla Sleaszy Rider) e l’ausilio di Simone Mularoni per quanto riguarda masterizzazione e mixing in quel dei Domination Studios.
Al resto ci pensano i Kaledon, un gruppo consolidato e che dopo quasi vent’anni sulla scena è consapevole di non dover dimostrare niente a nessuno, andando per la sua strada fatta di epico metallo che rimane sempre a metà strada tra quello a tratti pacchiano dei Rhapsody e quello potente e devastante delle orde germaniche che conquistarono i fans nella seconda metà degli anni novanta.
Carnagus: Emperor Of The Darkness è un’opera dal taglio internazionale, in grado di non sfigurare rispetto ai prodotti stranieri, frutto di uno stivale ormai all’altezza della situazione in tutti i generi, anche grazie a band che negli anni hanno continuato a produrre musica con talento e passione e tra le quali i Kaledon sono una delle più accreditate, almeno per il genere suonato.
Nell’album c’è, essenzialmente, grande power metal, fiero, epico, melodico e roboante, e lasciatemi dire che le prove dei nuovi arrivati, una manciata di brani davvero intensi e devastanti (The Beginning Of The Night, The Evil Witch, The Two Bailouts e la bellissima e conclusiva The End Of The Undead) e il songwriting di alto livello, fanno di Carnagus un album imperdibile per tutti i defenders dalle spade affilate e dagli scudi luccicanti.
Giudicate quello che la band ha saputo realizzare a prescindere dal genere, ed avrete tra le mani e nelle orecchie un grande album metal; il resto sono chiacchiere, qui parla la musica.

TRACKLIST
1.Tenebrae Venture Sunt
2.The Beginning of the Night
3.Eyes Without Life
4.The Evil Witch
5.Dark Reality
6.The Two Bailouts
7.Trapped on the Throne
8.Telepathic Messages
9.Evil Beheaded
10.The End of the Undead

LINE-UP
Alex Mele – Guitars (lead)
Michele Guaitoli – Vocals (lead)
Tommy Nemesio – Guitars (rhythm)
Paolo Campitelli – Keyboards
Paolo Lezziroli – Bass
Manuele Di Ascenzo – Drums

KALEDON – Facebook