XENOFACTION

Il lyric video di E-Ra.

Xenofaction è il nome del progetto Technical Death Metal a tematiche Sci-fi e Cyberpunk di Flavio Cardozo (ex bassista degli Hideous Divinity) che per la pubblicazione di questo promo ha chiamato con se esponenti di spicco del Death Metal italiano per le registrazioni.
Il promo è stato registrato ai noti Kick Recording Studio con l’aiuto di Stefano Borciano (Demiurgon) per le voci. Maurizio Montagna alla batteria (Buffalo Grillz) e lo stesso Marco Mastrobuoni (Buffalo Grillz, Hour Of Penance) in veste sia di produttore che chitarrista ritmico. I soli invece sono stati scritti e registrati da Edoardo Casini dei Desource.
Tutta la musica ed i testi sono ad opera di Flavio che con l’imminente pubblicazione del promo coglie l’occasione per cercare membri in pianta stabile per gli Xenofaction, chi di voi accetta la sfida?

XENOFACTION – “E-Ra” – Official Lyric Video
www.youtube.com
XENOFACTION is a Technical Death Metal project based onto a cyberpunk space opera written by Flavio Marun Cardozo (ex Hideous Divinity, Desource) which has b…

Altamente consigliato per i fan di Behemoth, Nile, Hate e Decapitated
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Cold Insight – Further Nowhere

Rispetto alla pre-produzione ascoltata diversi anni fa, il growl di Sébastien Pierre conferisce ulteriore pathos ad un sound trascinante e melodico, che oscilla senza soluzione di continuità tra il death/doom atmosferico ed il death melodico, andando a completare un’opera di rara completezza e profondità.

Quattro anni fa rinvenni on line un album intitolato Further Nowhere, a nome Cold Insight, che mi aveva incuriosito in quanto si trattava del progetto solista di Sébastien Pierre, tastierista degli ottimi ma appena disciolti death-doomsters francesi Inborn Suffering, nonché partner di Jari Lindholm nei magnifici Enshine

La musica contenuta in quelle tracce di natura esclusivamente strumentale mi colpì favorevolmente, tanto che ritenni di scrivere due righe al riguardo, ben conscio del fatto che si trattava di una pre-produzione messa in circolazione sul web per sondare il terreno, come ci tenne a chiarire anche il musicista francese, pur se lusingato dal riscontro positivo.
Approdato ad un’etichetta specializzata in musica oscura e di qualità come la Naturmacht / Rain Without End, Pierre ha finalmente dato alle stampe la versione definitiva di Further Nowhere e, come era prevedibile, l’inserimento della voce rende un’opera magnifica quella che nel 2013 era apparsa un già notevole abbozzo.
Il growl di Sébastien conferisce ulteriore pathos ad un sound trascinante e melodico, che oscilla senza soluzione di continuità tra il death/doom atmosferico ed il death melodico, andando a completare un’opera di rara completezza e profondità.
Ovviamente le tracce che già a suo tempo mi avevano colpito per la loro bellezza vengono esaltate in questa loro nuova veste, impreziosita dal contributo alla chitarra dello stesso Lindholm ed del suo connazionale (nonché compagno negli Exgenesis) Christian Netzell alla batteria: così, affreschi melodici e dal groove irresistibile come The Light We Are, Above ed Even Dies A Sun (solo per citare quelle che prediligo) vengono offerte all’interno di un progetto che trova finalmente un suo sbocco ben definito, e sarebbe stato un vero delitto se ciò non fosse avvenuto.
L’unica traccia che ha conservato la propria veste strumentale è proprio la title track, ed è giusto così perché, in fondo, è tra tutte quella che esprime le melodie più struggenti e che, forse, sarebbero state intaccate dall’inserimento delle vocals; la chiusura invece è affidata a Deep, unico brano non presente nella prima stesura e dotato di un chorus che non lascia scampo, come del resto avviene in quasi tutte le altre canzoni, nelle quali questa capacità da parte di Pierre viene perpetuata con un approccio non dissimile a quello dei migliori Amorphis.
L’ascolto di questo effettivo primo full length targato Cold Insight conferma una volta di più quanto ho sempre sostenuto riguardo alla tendenza ormai diffusa, emersa in questi ultimi anni, di pubblicare opere interamente strumentali: avendo, per una volta, l’occasione di confrontare lo stesso lavoro nell’una e nell’altra versione, si può oggettivamente constatare come non ci sia competizione tra le due soluzioni, in particolare quando le linee vocali sono incisive ed espressive come quelle del musicista parigino.
Alla fine della recensione scritta quattro anni fa per In Your Eyes Eyes affermavo che a un album come Furter Nowhere mancava solo la parola … ora che l’ha trovata è davvero un bel sentire.

Tracklist:
01. The Light We Are
02. Midnight Sun
03. Sulphur
04. Close Your Eyes
05. Above
06. Rainside
07. Stillness Days
08. Even Dies a Sun
09. Distance
10. I Will Rise
11. Further Nowhere
12. Deep

Line-up:
Sébastien Pierre – vocals, keyboards, guitar, bass

Jari Lindholm – guitar solos, mixing, mastering
Christian Netzell – drums

COLD INSIGHT – Facebook

Burning Witches – Burning Witches

Album da incorniciare e appendere al muro come un quadro che nasconde un incantesimo, Burning Witches è consigliato a chi vuole ascoltare heavy metal classico, duro come l’acciaio e diabolicamente melodico.

Debutto omonimo per le cinque streghe svizzere, al secolo Burning Witches, che non mancherà di infiammare cuori ed orecchie dei metallari dai gusti classici.

Prodotto da V.O. Pulver e Marcel Schmier (Destruction) l’album è un tuono seguito dal un lampo di devastante heavy metal tutto grinta, attitudine e bravura; si perché Seraina, Romana, Alea, Jay e Lala oltre ad essere davvero belle, sono bravissime, ipnotizzando, esaltando e piazzando incantesimi diabolici a colpi di metallo che sputa lingue di fuoco.
Le Burning Witches sono attive da un paio d’anni, fondate in quel di Brugg dalla chitarrista Romana Kalkuhl, raggiunta in poco tempo dalle altre ragazze per dare inizio al sabba metallico, prima con un singolo uscito lo scorso anno e composto dai brani Black Widow e Burning Witches, che ritroviamo su questo full length fatto di un heavy metal graffiante, suonato e cantato ottimamente e composto da un lotto di canzoni eccellenti, per quarantacinque minuti di delirio metallico, tra riff taglienti, refrain irresistibili e melodie sopra la media, che vanno a comporre uno dei dischi classici più belli dell’anno.
Non cercate di resistere a questo violento e rabbioso incantesimo, le cinque spose del diavolo vi strapperanno l’anima con una serie di hit heavy metal che seguono i binari infernali dei Judas Priest, l’oscurità che pervade l’U.S.Metal e avvicinano il loro album al bellissimo esordio dei Benedictum di Veronica Freeman, anche se Burning Witches risulta più legato al metal classico ottantiano rispetto alle bordate heavy hhrash di Uncreation.
Non una nota fuori posto, non un brano che sia sotto l’eccellenza, Burning Witches è addirittura troppo bello per essere vero, proprio come una fattura, dove la parola magica va ricercata tra le note di questa raccolta di spettacolari pezzi di granito heavy metal come le già citatate Black Widow Burning Witches, il mid tempo in crescendo di The Dark Companion, la bellissima ballad Save Me, o la devastante e sanguinosa Creator Of Hell.
Album da incorniciare e appendere al muro come un quadro che nasconde un incantesimo, Burning Witches è consigliato a chi vuole ascoltare heavy metal classico, duro come l’acciaio e diabolicamente melodico.

TRACKLIST
1.Black Widow
2.Burning Witches
3.Bloody Rose
4.Dark Companion
5.Metal Demons
6.Save Me
7.Creatures of the Night
8.We Eat Your Children
9.Creator of Hell
10.The Deathlist
11.Jawbreaker

LINE-UP
Jeanine Grob – Bass
Lala Frischknecht – Drums
Romana Kalkuhl – Guitars
Seraina Telli – Vocals
Alea Wyss – Guitars

BURNING WITCHES – Facebook

While She Sleeps – You Are We

Il disco è un piccolo manuale di come si possa fare metal moderno in maniera orecchiabile, ma anche intelligente e propositiva.

I While She Sleeps fanno un metalcore molto moderno ed interessante, usando in maniera appropriata i canoni del genere, con spunti originali e ottime melodie.

Questi ragazzi inglesi non hanno avuto vita facile in campo musicale, dopo il buon debutto del 2012 This Is The Six in pieno periodo metalcore, che pareva essere il preludio di un’ottima carriera. Invece l’operazione alle corde vocali del cantante Loz Taylor e la non perfetta riuscita della seconda uscita Brainwashed avevano dato l’impressione di un gruppo alle corde. Fortunatamente per il metalcore gli inglesi sono resuscitati dalle proprie ceneri come una fenice, e grazie all’aiuto finanziario dei fans sono riusciti a pubblicare questo disco per la sussidiaria della Nuclear Blast, la Arising Empire. Tenacia e fede nei propri mezzi, che qui si confermano di ottima levatura, poiché il risultato è davvero buono. You Are We funziona bene, grazie anche alla grande capacità del gruppo di cambiare diversi registri e generi, rimanendo sempre nell’ambito del metal moderno, ma spaziando a 360° al suo interno. I While She Sleeps suonano con il cuore, supportati da una tecnica non indifferente, ma soprattutto hanno una grande passione e tanta voglia di far sentire cosa sanno fare. Il disco è un piccolo manuale di come si possa fare metal moderno in maniera orecchiabile, ma anche intelligente e propositiva. Ci sono perfino echi di nu metal in questo disco, insieme ad un metalcore di livello inattaccabile. In questo periodo nel genere stanno rimanendo a galla solo le band migliori, e i While She Sleeps appartengono decisamente a questo novero. Ascoltando il disco si può facilmente capire perché siano così amati dai loro fans.

TRACKLIST
01. You Are We
02. Steal The Sun
03. Feel
04. Empire Of Silence
05. Wide Awake
06. Silence Speaks
07. Settle Down Society
08. Hurricane
09. Revolt
10. Civil Isolation
11. In Another Now

LINE-UP
Lawrence Taylor – Vocals
Sean Long – Guitar
Mat Welsh- Guitar / Vocals
Aaran Mckenzie – Bass
Adam Savage – Drums

WHILE SHE SLEEPS – Facebook

Monnalisa – In Principio

In Principio è un ottimo lavoro di prog rock/metal cantato in italiano, nel quale i testi sono perfettamente inglobati in un personale ed elegante, in grado di soddisfare gli amanti del progressive e quelli del metal.

L’heavy metal classico e di matrice ottantiana si allea con il progressive, conquistando i cuori di entrambe le sponde con l’aiuto dei Monnalisa.

Il quartetto veneto, attivo dal 2009 e con un passato nelle vesti di cover band dei grandi classici da cui traggono ispirazione per comporre il loro materiale, ha raggiunto una stabilità nella line up nel 2013 ed il primo frutto è questo album, licenziato dalla Andromeda Relix,  label  che di buona musica se ne intende.
In Principio è un ottimo lavoro di prog rock/metal cantato in italiano, nel quale i testi sono perfettamente inglobati in un personale ed elegante, in grado di soddisfare gli amanti del progressive e quelli del metal.
Fin dall”opener Specchio si nota subito come il gruppo si affida ai tasti d’avorio di Giovanni Olivieri (anche cantante) per ricamare arabeschi di musica con raffinati scambi tra le tastiere e la chitarra di Filippo Romeo, accompagnati da una sezione ritmica efficace ma mai invadente composta da Manuele ed Edoardo Pavoni (rispettivamente basso e batteria).
La cosa straordinaria di questo lavoro è che, chiunque abbia un minimo di cultura musicale, potrà trovare una nota o una sfumatura che lo portera a riconoscere non solo le influenze del gruppo, ma le proprie preferenze tra il rock progressivo settantiano , l’hard rock ed il metal del decennio successivo, tutti elementi perfettamente inseriti nello spartito sontuoso di In Principio.
L’intro purpleiano di Il segreto dell’alchimista, la metallica epicità di Infinite Possibilità, il prog metal della spettacolare Oltre e la raffinate melodie di Viaggio Di Un Sognatore vanno a comporre la gran parte di questo bellissimo debutto, prodotto negli Opal Arts di Fabio Serra, leader dei Røsenkreütz.
Un album che sembra arrivare da un’altra epoca, ma che per magia è perfettamente a suo agio in questo inizio millennio, con le sue ispirazioni e la voglia di far sognare almeno per una quarantina di minuti, giusto il tempo per vivere le atmosfere di questa bellissima raccolta di canzoni che smette di regalare emozioni solo alla fine della splendida Ricordi.

TRACKLIST
1.Specchio
2.Il Segreto Dell’Alchimista
3.Catene Invisibili
4.Infinite Possibilità
5.Oltre
6.Viaggio Di Un Sognatore
7.Ricordi

LINE UP
Manuele Pavoni – Bass
Edoardo Pavoni – Drums
Filippo Romeo – Guitars
Giò Olivieri – Vocals, Keys

MONNALISA – Facebook

Dødsengel – Interequinox

Un grande ritorno del duo norvegese,con un grande opus di arte nera, esoterica e ricco di mistero e fascino … I am NOTHING, I am EVERYTHING….

Un percorso artistico inattaccabile e sempre votato all’ inesplorato!

Il duo norvegese di Alesund fin dal 2009, con il full Visionary, ha creato, alimentato, sviscerato una sua particolare idea di black metal devota alla tradizione ma ricca di soluzioni particolari sia nel suono, sia nelle vocals che nelle atmosfere arrivando, forse, all’apice visionario con il doppio Imperator del 2010, opera maestosa, occulta capace di creare un universo magico, esoterico dalle molteplici sfaccettature.
I Dødsengel tornano ora dopo uno iato temporale di cinque anni, con un’altra opera di gran qualità per la Debemur Morti, etichetta il cui catalogo è ricchissimo di perle oscure votate alla elaborazione di “mutante” black metal. In questo nuovo opus i Dødsengel (Angel of Death) continuano a lavorare sulla loro ispirazione visionaria sperimentando e aggiungendo antichi aromi psichedelici, mai così presenti fino ad ora (Varaens Korsvei), vocals particolari ed inquietanti (Emerald Earth); il suono nei vari brani alterna accelerazioni velocissime, figlie di una conoscenza approfondita del vero BM (la meravigliosa Opaque con il suo finale epico e ricco di suggestione), con parti rallentate ai limiti del doom dove si esprime maggiormente la loro idea dell’arte estrema sempre imprevedibile e cangiante.
Le capacità vocali di Kark sono veramente mutevoli, passando da un sinistro scream a un suggestivo e funzionale clean simile a una litania inquietante; la band sa suonare e sa emozionare nel profondo e il ritorno dopo la lunga attesa mi ha entusiasmato e mi ha fatto ulteriormente capire la grande qualità della proposta di questo duo che in meno di dieci anni ha creato e suonato, anche con alcuni split con gli statunitensi Nightbringer ed i cileni Hetroertzen, uno stellare black metal sempre creativo, misterioso e ricco di intuizioni “melodiche” ben oltre la media.

TRACKLIST
1. Pangenetor
2. Prince of Ashes
3. Værens Korsvei
4. Emerald Earth
5. Opaque
6. Illusions
7. Palindrome
8. Ved Alltings Ende
9. Rubedo
10. Gloria in Excelsis Deo
11. Panphage

LINE UP
Malach Adonai Drums
Kark Vocals, Guitars, Bass

DODSENGEL – Facebook

RINGS OF SATURN

Il video di ‘Inadequate’, dall’album in uscita a luglio “Ultu Ulla” (Nuclear Blast).

I technical death core metallers della Bay Area, RINGS OF SATURN, tornano sulle scene per pubblicare il loro quarto studio album “Ultu Ulla” il 28 Luglio su Nuclear Blast. Il quartetto death core presenta una nuovissima ed esoterica proposta di heavy metal.

Il mastermind dei RINGS OF SATURN, Lucas Mann, commenta il titolo dell’album:
“Il nome dell’album “Ultu Ulla” significa “Tempo Immemore” in Sumero Cuneiforme. “Ultu Ulla” (“Tempo Immemore”) parla di alieni che trascendono lo spazio e il tempo e scoprono un’entità antica incomprensibile che minaccia il tessuto dell’esistenza universale”.

Ordina la tua copia dell’album in digitale su iTunes e Amazon Music e ricevi subito ‘Inadequate’!
http://nblast.de/RingsOfSaturnDigital

L’album è disponibile nei seguenti formati sullo store Nuclear Blast:
CD Jewel
Mint Green Vinyl (Limited to 300 worldwide)
T-shirt bundle ( T-shirt + CD + Poster)

L’album è anche disponibile in questi altri formati dallo store ufficiale della band:
CD Jewel
T-shirt, Zip-up Hoodies, Sweatshirts, & Hat Designs
Womens leggings
Vinyl
Extended Album Artwork Banners
All-Over Prints

Pre-ordina “Ultu Ulla” nel formato che preferisci e il merchandise:
http://nblast.de/ROSUltuUllaNB

La cover allucinatoria è stata creata ancora una volta da Mark Cooper di Mind Rape Art. Formata da un dipinto composto da tre pezzi che continua la storia dell’artwork di “Lugal Ki En”, Cooper fonde le idee musicali e concettuali del gruppo creando un pezzo d’arte che incarna la complessità della musica della band.
Mark Cooper commenta: “L’idea generale era quella di creare una scena dove gli dei oltre il tempo e lo spazio invadono la realtà 3D e la conquistano. Sono esseri caotici che possono prendere qualsiasi forma e manifestare qualsiasi cosa con la loro immaginazione.”

Le tracce di chitarra, basso, e synth di “Ultu Ulla” sono state ultimate ai Mann Studios. La batteria e la voce sono state registrate in Florida ai Krikbride Studios. Il mixaggio, il mastering, e la produzione sono state completate dallo Studio 344 a Pittsburgh, PA.

Qui di seguito la tracklist:
1. Servant of this Sentience
2. Parallel Shift
3. Unhallowed
4. Immemorial Essence
5. The Relic
6. Margidda
7. Harvest
8. The Macrocosm
9. Prognosis Confirmed
10. Inadequate

Formatisi nel 2009 come un progetto in studio, i Californiani RINGS OF SATURN nascono da un’idea di Lucas Mann. La band si è autoprodotta il primo album intitolato “Embryonic Anomaly” alla fine del 2009, poi ripubblicato il 28 Maggio 2010. Da allora, i RINGS OF SATURN sono stati impegnati in tour tra Stati Uniti e Canada per promuovere “Dingir” (2012) e il loro ultimo lavoro intitolato “Lugal Ki En” pubblicato a Ottobre 2014. Con l’uscita di “Lugal Ki En”, i RINGS OF SATURN sono ripartiti per diversi tour incluso un tour americano con AS BLOOD RUNS BLACK alla fine del 2014, un’apparizione nell’edizione 2015 del Knotfest, un US Tour con i THE FACELESS nel 2015 e il loro primo primo Tour Europeo nel 2016 con AVERSION’S CROWN. Il 2016 ha visto la band ripartire con un altro tour nel Nord America per poi tornare in studio a registrare il quarto album che sarà pubblicato su Nuclear Blast.

www.facebook.com/RingsofSaturnband
https://twitter.com/ringsofsaturn_

Sacred Oath – Twelve Bells

Old school metal in the modern world, si legge sulle informazioni della loro pagina Facebook, frase che calza a pennello per il quartetto statunitense che viaggia a mille con una serie di brani che fanno impallidire le ultime generazioni.

Sembra facile scrivere un album fresco, potente e spettacolarmente heavy, ma non è così.

Il mercato, specialmente quello underground, è colmo di gruppi più o meno bravi che sfornano a getto continuo opere metalliche che si rivelano delle buone proposte, con almeno due o tre canzoni ottime ed un livello generale che garantisce il supporto di fans e addetti ai lavori, ma per diventare una cult band, per proporre musica di alto livello c’è bisogno di più fattori, tra cui uno stato di grazia che dà all’artista una marcia in più.
Sacred Oath è un nome che a molti dice poco, ma per chi ama il metal underground di stampo classico è sinonimo di ottima musica metallica, in arrivo dagli States, precisamente dal Connecticut; vecchi metallari (il gruppo è attivo dal 1984) che non ne vogliono sapere di mollare la presa sui nostri bassifondi e nell’anno di grazia 2017 se ne escono con Twelve Bells, ultimo e ottavo album di una carriera che ebbe uno stop tra il 1987 ed il 2005 ma che ha trovato negli ultimi anni qualità e continuità.
Licenziato in Europa dalla eOne e registrato nello studio del cantante/chitarrista Rob Thorne, l’album è un bellissimo, potente e melodico esempio di heavy/power americano, spettacolarizzato da ritmiche ed atmosfere che della classica oscurità tutta yankee si nutrono, valorizzato da un songwriting elevato che permette al gruppo di fare il bello e cattivo tempo in tutta l’ora a sua disposizione.
Old school metal in the modern world, si legge sulle informazioni della loro pagina Facebook, frase che calza a pennello per il quartetto statunitense che viaggia a mille con una serie di brani che fanno impallidire le ultime generazioni.
Canzoni con riff, ritmiche e chorus perfetti, solos che arrivano solo nel momento opportuno, ballad in crescendo che lasciano trasparire un amore neanche troppo velato per il metal del vecchio continente (Never And Forevermore), song che ricordano i primi passi dei fratelli Oliva (Bionic) e tanto power oscuro e a tratti progressivo (Well Of Souls e la conclusiva The Last Word) dove echi di Fates Warning e Queensryche, rendono raffinato il tiro metallico alla Metal Church che il gruppo a più riprese fa proprio.
In conclusione, un album perfetto, nel genere uno dei migliiori usciti nell’ultimo periodo, fidatevi e cercatelo, non ve ne pentirete.

TRACKLIST
1.New Religion
2.Twelve Bells
3.Fighter’s Heart
4.Bionic
5.Never and Forevermore
6.Demon Ize
7.Well of Souls
8.Eat the Young
9.No Man’s Land
10.The Last Word

LINE-UP
Brendan Kelleher – Bass
Kenny Evans – Drums
Bill Smith – Guitars
Rob Thorne – Vocals, Guitars

SACRED OATH – Facebook

Miss May I – Shadows Inside

Il risultato è un disco che rischia di piacere solo ad adolescenti che non hanno ancora dimestichezza con il genere o a chi è davvero un fan sfegatato dei Miss May I.

Tornano gli americani Miss May I, uno dei maggiori gruppi metalcore e modern metal in giro negli ultimi anni.

Il gruppo proveniente dall’Ohio è uno dei più seguiti a livello mondiale, grazie alla sua formula che unisce metal assai melodico con ritornelli da college radio ed un’immagine molto pulita. Dopo la sbornia degli anni passati il metalcore si sta assestando, cercando di trovare motivi per farsi ancora seguire dai fans. Gli elementi della musica dei Miss May I rappresentano un insieme di ciò che piace maggiormente ad una parte di ascoltatori del metalcore, diciamo alla parte più legata alla melodia. Il metal qui è un elemento di partenza, uno starter che poi viene usato per fare tutt’altro. La produzione è ottima, il gruppo è capace, ma il disco scivola veramente addosso, senza lasciare nulla o quasi. Forse anni fa questo album sarebbe stato un gran successo e forse lo sarà anche ora, ma è davvero un qualcosa di stanco e tirato per le orecchie. Le melodie che si possono sentire in Shadows Inside possono essere gustate altrove con maggiore godimento, e anche il lato più heavy è davvero deficitario. Il risultato è un disco che rischia di piacere solo ad adolescenti che non hanno ancora dimestichezza con il genere o a chi è davvero un fan sfegatato dei Miss May I.
Il metalcore può essere fatto molto meglio di così, e i Miss May I dovrebbero almeno provarci.

TRACKLIST
1 Shadows Inside
2 Under Fire
3 Never Let Me Stay
4 My Destruction
5 Casualties
6 Crawl
7 Swallow Your Teeth
8 Death Knows My Name
9 Lost In The Grey
10 My Sorrow

LINE-UP
Levi Benton – vocals/lyrics
Ryan Neff – bass/vocals
BJ Stead – guitar
Justin Aufdemkampe – guitar
Jerod Boyd – drums

MISS MAY I – Facebook

Pristine – Ninja

Classic rock ed una voce fuori categoria fanno dei Pristine un monumento al rock settantiano innamorato di sua maestà il blues, e Ninja dà una spallata al precedente lavoro, piazzandosi in vetta alla classifica dell’anno come miglior album, nel suo genere.

Torna la band norvegese capitanata dalla vocalist Heidi Solheim, i Pristine, una sensuale e lasciva macchina rock blues che non lascia scampo e mette in fila praticamente tutte le realtà di questa ultima ondata dalle sonorità vintage.

Tre album, di cui l’ultimo, lo splendido Reboot uscito lo scorso anno e finalmente la firma prestigiosa per Nuclear Blast, etichetta che annovera tra le proprie fila i Blues Pills, band con cui Heidi e soci hanno condiviso un lungo tour.
Ora, come la Solheim  possa scrivere così tanta musica (nel frattempo ha  licenziato due album da solista) rimane un mistero, ma anche con questo nuovo Ninja siamo su livelli altissimi.
Classic rock ed una voce fuori categoria fanno dei Pristine un monumento al rock settantiano innamorato di sua maestà il blues, e Ninja dà una spallata al precedente lavoro, piazzandosi in vetta alla classifica dell’anno come miglior album, nel suo genere.
Elegante, sanguigno e splendidamente interpretato da una vocalist scesa da un altro pianeta, l’album con l’aiuto di Nuclear Blast dovrebbe sfondare e dare al gruppo la notorietà che merita, facendo tremare le reputazioni di Rival Sons, The Answer e compagnia di rocker.
Ninja vive di blues , di grande musica che dagli anni settanta arriva come un lampo nel nuovo millennio ed affascina, suadente come un serpente ipnotizza per poi colpire con l’elettricità del rock , in un saliscendi di emozioni ed atmosfere che la Solheim guida da grande interprete, una strega del rock’n’roll, una musa del nord pronta a fare vittime con la sua splendida musica.
Songwriter d’eccezione dunque, poi cantante personalissima ed interpretativa, con i musicisti che formano il gruppo ad assecondare con una prova perfetta le atmosfere che, con il passare del tempo, si fanno sempre più psichedeliche e a tratti claustrofobiche.
You Are The One sembra uscita da un classico dell’ America sudista, le note profumano di erba arsa dal sole, mentre Sophia è hard rock settantiano e ci prepara al primo capolavoro del disco, The Perfect Crime, blues tragico in cui la cantante norvegese fa il bello ed il cattivo tempo con una prestazione straordinaria.
The Rebel Song è dinamica, The Parade brucia benzina rock’n’roll e Ghost Chase torna sulle rive del fiume più famoso del blues, mentre Jekyll & Hyde è un blues psichedelico d’autore che ci porta verso la fine di Ninja con la delicata Forget.
Finisce con una Solheim delicatissima questo altro bellissimo album di quella che diventerà la band retro rock più famosa del pianeta: grande interprete, grandi brani … che volete di più?

TRACKLIST
1. You Are The One
2. Sophia
3. The Perfect Crime
4. The Rebel Song
5. The Parade
6. Ghost Chase
7. Ninja
8. Jekyll & Hyde
9. Forget

LINE UP
Heidi Solheim – vocal
Espen Elverum Jakobsen – guitar
Åsmund Wilter Eriksson – bass
Benjamin Mørk – hammond organ
Kim Karlsen – drums

PRISTINE – Facebook

FRANTIC FEST

Il 17, 18 e 19 agosto 2017 il Tikitaka Village di Francavilla Al Mare – a due passi da Pescara – ospiterà la prima edizione del Frantic Fest, una tre giorni che si propone di radunare sotto la stessa bandiera rock, metal e punk.

In totale saranno venti le band – internazionali e nazionali – ad alternarsi sul palco del Frantic Fest, per un evento unico nel suo genere nel centro-sud Italia.

Le tre giornate del festival abruzzese saranno così suddivise:

17 AGOSTO

17:00 = APERTURA CANCELLI

(SMALL STAGE)
18:00 – 18:30 = PsychoCello Project
18:50 – 19:20 = BUSHI
19:40 – 20:20 = Doctor Cyclops

(MAIN STAGE)
20:30 – 21:20 = SOVIET SOVIET
21:50 – 22:40 = SPIRITUAL FRONT official page
23:15 – 01:00 = Goblin – Claudio Simonetti’s

(SMALL STAGE)
01:00 – ??? = Il Vescovo Hellectric Dj Set (industrial, new wave, ebm)

18 AGOSTO

17:00 = APERTURA CANCELLI

(SMALL STAGE)
18:00 – 18:30 = Helslave
18:50 – 19:20 = SYK
19:40 – 20:20 = Shores of Null

(MAIN STAGE)
20:30 – 21:20 = Dark Lunacy
21:50 – 23:00 = Aura Noir
23:30 – 01:00 = Grave

(SMALL STAGE)
01:00 – ??? = Zazzarock Dj Set (rock/metal/punk classics)

SAB 19 AGOSTO

16:00 = APERTURA CANCELLI / GATE OPENING

(SMALL STAGE)
17:00 – 17:30 = Onryō
17:45 – 18:15 = laCasta
18:30 – 19:00 = Baphomet’s Blood
19:20 – 20:00 = Martyrdöd

(MAIN STAGE)
20:10 – 20:50 = Raw Power
21:20 – 22:10 = Ufomammut
22:40 – 23:30 = Slapshot
00:00 – 01:00 = Impaled Nazarene

(SMALL STAGE)
01:00 – ??? = Los Noventas Dj Set (90s trash / eurodance)

https://www.facebook.com/events/431244800571452/
FREE CAMPING – FOOD/DRINK/MERCH – BAR 24H

Prevendite attive e disponibili sul circuito Ciaotickets:

▪ ABBONAMENTO EARLY BIRD: 30 € + ddp
(solo 200 biglietti disponibili a questo prezzo, in seguito 35 € + ddp)
Link all’acquisto ➟ https://goo.gl/5mPfpv
Abbonamento al botteghino: 50 €

▪ GIOVEDÌ 17 AGOSTO: 10 € + ddp (15 € al botteghino)
Link all’acquisto ➟ https://goo.gl/dVKH7D

▪ VENERDÌ 18 AGOSTO: 15 € + ddp (20 € al botteghino)
Link all’acquisto ➟ https://goo.gl/QdgDBR

▪ SABATO 19 AGOSTO: 15 € + ddp (20 € al botteghino)
Link all’acquisto ➟ https://goo.gl/hx2ZCu

Il Tikitaka Village è situato in Contrada Valle Anzuca, 66023 Francavilla Al Mare (CH).
Google Maps: https://goo.gl/5f78Ww

Info: skeptic.agency@yahoo.it

VALLENFYRE

Il nuovo video per “The Merciless Tide”, dall’album “Fear Those Who Fear Him” (Century Media).

I Vallenfyre hanno recentemente pubblicato il nuovo album di inediti “Fear Those Who Fear Him” lo scorso 2 giugno su Century Media Records, raccogliendo numerosi successi da parte di tutta la stampa specializzata. Oggi la band di Greg Mackintosh (Paradise Lost), Hamish Glencross (ex My Dying Bride) e Waltteri Väyrynen (Paradise Lost) è orgogliosa di presentare il nuovo video per “The Merciless Tide”, disponibile in anteprima su CLRVYNT.

Di seguito la tracklist di “Fear Those Who Fear Him”:

TRACK LISTING
1. Born To Decay
2. Messiah
3. Degeneration
4. An Apathetic Grave (WATCH)
5. Nihilist (WATCH)
6. Amongst The Filth
7. Kill All Your Masters (WATCH)
8. The Merciless Tide (WATCH)
9. Dead World Breathes
10. Soldier Of Christ
11. Cursed From The Womb
12. Temple Of Rats

VALLENFYRE live:
July 6 – Torgau, DE – In Flammen Open Air
August 9 – Josefov, CZ – Brutal Assault Festival
August 19 – Saint-Nolff , FR – Motocultor Festival

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Zaraza – Spasms of Rebirth

Sono le band come i Zaraza a riportare lodevolmente la barra verso quella che è la concezione più autentica di un genere che non può essere certo rivolto alle masse.

I Zaraza sono un nome relativamente conosciuto all’interno della scena industrial metal, in virtù anche di una loro militanza che è ormai vicina ai quindici anni.

Dopo oltre un decennio di silenzio il duo formato dal canadese Brian Meagher e dal polacco Jacek Furmackewicz torna a farsi risentire con Spasms of Rebirth, un album che non mostra cedimenti od ammiccamenti commerciali di sorta, ma semmai il contrario, spingendo il sound a livelli piuttosto ostici per chi oin frequenta con assiduità il genere.
La componente doom è sempre ben presente, come ottimamente evidenziato in Maskwearer, nell’ossessiva Inti Raymi e nella impietosa Roadkill to You, mentre l’industrial monolitico ed incompromissorio ben si sviluppa nell’opener Church of Gravity e in Blood.ov.Psychiatrists, prima che la conclusiva Wulkan, declamata in lingua madre da Jacek, si erga a sorta di manifesto sonoro degli attuali Zaraza, autori di un ritorno tutt’altro che superfluo nel suo essere del tutto aderente ai dettami dell’industrial più genuino e disturbante.
Spasms of Rebirth indica una strada tortuosa e irta di spine per chi vuole dedicarsi all’industrial inteso nel suo significato più autentico e non quale pretesto per conferire un’aura sperimentale o avanguardista a suoni più urticanti nella forma che nella sostanza.
In questo caso, sono le band come i Zaraza a riportare lodevolmente la barra verso quella che è la concezione più autentica di un genere che non può essere certo rivolto alle masse.

Tracklist:
1. Church of Gravity
2. Maskwearer
3. Inti Raymi
4. Blood.ov.Psychiatrists
5. Roadkill to You
6. Wulkan

Line-up:
Jacek Damaged – vox, guitars, bass, programming
Brian Damage – keyboards, samplers, vocals

ZARAZA – Facebook

Black Cage – Excess All Areas

Un album divertente, multiforme, ma che non è del tutto ricollegabile al vecchio glam per come lo conosciamo.

Excess All Areas è il primo album in studio per questi ragazzi che definiscono il loro stile “modern glam rock”.

Il disco è un up and down tra canzoni veloci e ballad semi acustiche che certo non farà annoiare chi lo ascolta. Si apre con il brano 666 in cui troviamo un basso molto presente e “prepotente” e dei riff di chitarra piuttosto duri che vanno rallentando appena raggiunto il bridge finale, inizialmente soft per poi indurirsi e crescere d’intensità accompagnato anche da un sussurro di voce che gli conferisce pathos. Nello scorrere dei brani, tutti molto differenti fra loro e mai banali, si fa notare il range vocale della lead singer Kati Cher, che passa tranquillamente da una voce molto roca ed aggressiva più tipica del punk ad un pulito molto caldo e naturale. Ogni pezzo ha contaminazioni di diversi generi: spiccano nettamente, per esempio, Intoxication, che ha sonorità tipiche del grunge in stile Nirvana/Pearl Jam, e Spotlight (singolo dell’album) che ha il sound tipico dello sleaze. L’album si conclude con un sorso di birra che apre il brano Wild Ones, molto orecchiabile e che sicuramente conquisterà il cuore degli ascoltatori per il suo ritmo gioioso ed il testo facilmente ripetibile e cantabile.
Nel complesso la band ha costruito un proprio stile musicale, omaggiando e prendendo spunti dai grandi del glam/hair anni ’80 (come Ratt, Poison, Faster Pussycat), ma modernizzando e rendendo più “attuale” il tutto con contaminazioni di altri generi quali punk, blues, southern, hard rock e rock’n’roll, un po’ in stile Halestorm ma mai uguali. Excess All Areas è un album che cresce ad ogni ascolto e che non annoia: i Black Cage mettono l’anima in ogni pezzo, sia nei testi carichi d’emozione, sia nella struttura musicale che è caratterizzata da una buona ritmica con un basso molto presente in alcuni brani, riff di chitarra tipici dello sleaze e del rock’n’roll e una vocalità che colpisce per un range molto vario. Un album divertente, multiforme, non del tutto ricollegabile al vecchio glam per come lo conosciamo, ma  una buona rampa di lancio per questa band che, a mio parere, continuerà a sorprendere, se non ci si fossilizza sul termine glam, ma si pensa ad un’evoluzione in chiave moderna dello stesso.

TRACKLIST
01. 666
02. Comin’ Home
03. Here For You
04. I’m On Fire
05. Intoxication
06. Love Sex & Rock ‘n’ Roll
07. Spotlight
08. Miles
09. Set You Free
10. Wild Ones

LINE UP
Kati Cher – Vocals & Guitar
Dan Rider – Lead Guitar
Rickey Dee – Bass Guitar
Casey Jean Eiszenman – Drums

BLACK CAGE – Facebook

Ordem Satanica- Monte Da Lua

Gli Ordem Satanica continuano quel filone che arriva direttamente dai Black Legion, ma che nacque prima in qualche bosco norvegese pur essendo un sentimento ancora più antico che Monte Da Lua sottolinea benissimo.

Disco di black metal lo fi, contro tutto e tutti, ma soprattutto contro la concezione moderna di black metal.

Monte Da Lua è concepito per dar fastidio, per urtare la parte migliore di noi stessi, e per sconvolgere in quella
maniera che era lo scopo primario del black metal. Quest’ultimo è diventato come tutte le faccende umane una fucina di soldi per alcuni, ma per altri è rimasto un modo di vivere e di rivolgersi contro. I portoghesi Ordem Satanica appartengono decisamente a quest’ultima categoria, il loro black metal viene direttamente dall’inferno, il suono è lo fi, il disco non è stato masterizzato, e sono frequenti gli inserti di registrazioni ambientali, pioggia e altre amenità naturali. Il cantato è rigorosamente in portoghese, e tratta delle antiche tradizioni di questa terra che è fortemente occulta e legata ad antichi credi, anche se ovviamente il cristianesimo ha combinato molti disastri in quel senso. Tutto in questa cassetta è true black metal, le ambientazioni, il suono e l’attitudine. Infatti, come per la loro prima cassetta In Aeterna Crudelitate, tutto è fatto come agli albori del genere, anche se avere dietro un’etichetta come la Signal Rex è un bel vantaggio. Alcuni dischi di black metal lo fi sono inintelligibili, invece Monte Da Lua è fatto con cura e ha quel feeling che sembra perso a volte. Un disco che conferma la netta supremazia della scena portoghese nel black metal ortodosso, e gli Ordem Satanica continuano quel filone che arriva direttamente dai Black Legion, ma che nacque prima in qualche bosco norvegese pur essendo un sentimento ancora più antico che Monte Da Lua sottolinea benissimo.

TRACKLIST
LADO A-
1. Belial os Bosques e o Pentagrama
2. Monte da Lua
3. Lagoa da Serpente Eterna
4. Pelo Misticismo…

-LADO B-
5. Negras aparições
6. Tempestades Nocturnas e Invocações Satânicas sob os céus de Sintra
7. Solstício de Inverno
8. Entre Árvores Sombrias

SIGNAL REX – Facebook

Outrider – Foundations

Quarantadue minuti persi nel sound che, partendo dagli anni del rock di Seattle, si avvicina al nuovo millennio passando per il post grunge, raccogliendo nel suo peregrinare un tocco di southern metal, e giuntovi, si trasforma in un’oliata macchina hard rock.

Ennesimo ottimo esempio di hard rock moderno, tra citazione novantiane e retaggi dagli anni settanta, il tutto inglobato in un sound hard & heavy perfetto per chi stravede per i gruppi statunitensi usciti negli ultimi vent’anni o giù di lì.

In Italia la scena hard rock non manca certo di gruppi sul pezzo, tutti con una forte personalità e che spaziano tra l’hard rock più classico e melodico o quello più aggressivo, groovy ed oscuro, cool in questi primi decenni del nuovo millennio.
Gli Outrider sono un gruppo proveniente da Monza e dintorni, nascono nel 2008 e con solo un ep alle spalle si presentano in questa seconda parte dell’anno sotto i tentacoli della piovra Sleaszy Rider  con questo riuscito debutto dal titolo Foundations, prodotto ai Magnitude Recording Studio di Seregno da Marco D’Andrea, chitarrista dei magnifici Planethard.
E allora ecco che la musica del gruppo può finalmente colpire nel segno, con questi quarantadue minuti persi nel sound che, partendo dagli anni del rock di Seattle, si avvicina al nuovo millennio passando per il post grunge, raccogliendo nel suo peregrinare un tocco di southern metal, e giuntovi, si trasforma in un’oliata macchina hard rock., di quello senza fronzoli con dosi misurate alla perfezione di groove, essenziale per far breccia nei rocker moderni.
Foundations non ha un brano trainante, risulta più un insieme di umori che la band ci scarica sotto forma di watt e ritmiche grasse, mentre Alberto Zampolli interpreta con tono aggressivo ma senza tralasciare parti melodiche l’ottimo hard rock suonato dai suoi compagni d’avventura.
Le due chitarre (Roberto Gatti e Andrea Fossati), il basso corposo di Davide Rovelli e le pelli torturate da Federico Sala formano un muro sonoro di hard rock, con qualche rara ruvidezza metallica, ma sempre intriso dell’attitudine i estrazione statunitense.
I gruppi che hanno ispirato il sound di Foundations vanno ricercati proprio aldilà dell’oceano, mentre The Void apre le danze, A Tale From The Land la segue, così come le altre canzoni, rivelandosi tutte di ottima fattura tra grinta e melodia, e consigliate agli amanti del genere che apprezzano Alter Bridge, Soundgarden e Black Stone Cherry.

TRACKLIST
01 – The Void
02 – Sideways
03 – A Tale From The Land
04 – Get Out
05 – Stronger Than Before
06 – Down
07 – Empty Shell Of Me
08 – Kimberly
09 – Brutal Games
10 – Raindrops

LINE-UP
Alberto Zampolli – Vocals
Roberto Gatti – Guitars
Andrea Fossati – Guitars
Davide Rovelli – Bass, Backing Vocals
Federico Sala – Drums

OUTRIDER – Facebook

DAYSEEKER

Il video ufficiale di “Vultures”, dall’album di prossima uscita “Dreaming is Sinking /// Waking Is Rising” (Spinefarm).

DAYSEEKER – In arrivo il nuovo “Dreaming is Sinking /// Waking Is Rising”

I metalcorer californiani Dayseeker sono pronti a pubblicare il loro nuovo e terzo album, nonchè debutto per Spinefarm Records. “Dreaming is Sinking /// Waking Is Rising”, questo il titolo del nuovo album, sarà pubblicato il 14 luglio 2017 e per l’occasione la band ha reso disponibile un breve assaggio, il video ufficiale di “Vultures” disponibile a questo link

Tracklist:
Dreaming is Sinking
Vultures
Cold, Dark Winter
Abandon
Sleep in the Sea pt. II
Six Feet Under
Hanging by a Thread
Desolate
Carved from Stone
Come Hell or High Water
Counterpart
Waking is Rising

Violet Cold – Anomie

Cinquanta minuti di musica gradevole e complessivamente sognante, senza che si vada a sprofondare in abissi di oscurità e disperazione.

Violet Cold è il progetto solista dell’azero Emin Guliyev, un tipo piuttosto prolifico, musicalmente parlando, visto la quantità di singoli ed ep (più di una trentina) pubblicati in circa 4 anni di attività, oltre a quattro full lenght dei quali l’ultimo, intitolato Anomie, è quello che prendiamo in esame

Ferma restando la mancanza del tempo materiale per andare a rivangare quanto proposto nel passato dall’iperattivo musicista di Baku, quello che si può affermare con certezza è che viene offerto in questa occasione un black atmosferico con una forte propensione per lo shoegaze, solo inasprito dalle vocals in stile depressive, andando a collocare il sound da qualche parte tra i primi Alcest ed i Ghost Bath nelle loro recenti sembianze più leggiadre.
Inquadrato in qualche modo l’operato del buon Emin, non resta che immergersi in questi oltre cinquanta minuti di musica gradevole e complessivamente sognante, senza che si vada a sprofondare, quindi, in abissi di oscurità e disperazione: ciò che aleggia, piuttosto. è una malinconia di fondo esaltata dall’abilità del nostro nel costruire melodie a loro modo lineari ma dal sicuro impatto.
Evidentemente da un lavoro del genere deve tenersi alla larga chi considera questo approccio alla materia una degenerazione del black metal e reagisce al termine blackgaze come un vampiro di fronte ad una croce; in compenso, però, Anomie sarà oltremodo gradito da chi ricerca sonorità fluide, solo un pizzico urticanti ma dotate a modo loro di una certa profondità.
Se si fa eccezione per la title track, che apre l’album non proprio con il piede giusto, andando a rivangare temi musicali già sentiti in diverse salse, Guliyev offre in seguito una serie di brani nei quali riesce a sopperire ad una certa uniformità stilistica grazie alla sua capacità di comporre melodie indubbiamente belle, con l’aggiunta di divagazioni etniche che vengono amplificate nella bellissima e conclusiva No Escape From Dreamland.
Chiaramente, nel tempo di ricevere il promo, ascoltarlo qualche volta e scrivere due righe di commento, sono già usciti a nome Violet Cold uno split, una compilation ed un ep, quindi in questo caso la cronaca fatica a tenere il passo con la realtà, e questo si rivela un dato ancor più sorprendente se si pensa (magari sbagliando) che una tale dispersione di energie possa precludere risultati anche migliori di quelli già ottimi raggiunti in quest’occasione.
A livello di consuntivo ritengo infatti che, volendo fare un parallelismo, Anomie sia senz’altro superiore all’ultimo parto dei citati Ghost Bath, proprio perché qui tutto appare molto più spontaneo alla luce dello spirito naif con il quale Guliyev persegue i propri intenti, in antitesi ad una forma stilistica analoga ma che appare inevitabilmente edulcorata dall’approdo alla grande distribuzione e, di conseguenza, ad un bacino d’utenza ben più vasto.

Tracklist:
1.Anomie
2. She Spoke Of Her Devastation
3.Lovegaze
4. My Journey To Your Space
5.Violet Girl
6. No Escape From Dreamland

Line-up:
Emin Guliyev

VIOLET COLD – Facebook

Demised – A Warm Place to Stay

Mantenendo un approccio diretto nelle parti più estreme, i Demised creano il loro nuovo sound, impregnato di atmosfere e sfumature dark/gothic con la voce che segue i toni classici del genere, rivelandosi profonda, a tratti teatrale e perfettamente calata nello spirito di questo A Warm Place to Stay.

La rinascita: un nuovo inizio, una consapevole trasformazione che molte volte risulta un arma a doppio taglio, specialmente se riguarda il mondo della musica.

Band più o meno famose tornano con un nuovo concept ed un nuovo sound, d’altronde con gli anni anche l’uomo subisce dei cambiamenti, ancora più evidenti se si è artisti, persone sensibili all’evolversi del mondo circostante.
Molti decidono di iniziare carriere parallele fondando nuove band. altri si avventurano nel mondo dei progetti solisti, mentre in alcuni casi la voglia di cambiamento rimane nei confini della propria realtà, l’esempio più lampante parlando di metal estremo sono sicuramente i Paradise Lost, band a cui i nuovi Demised sono sicuramente accostabili.
Fondati dal cantante/chitarrista Andrés Pestana e dal batterista Adrián Hidalgo nel 1996, il gruppo spagnolo ha iniziato la sua carriera nel mondo del metal estremo nel 1998, con l’uscita di Panthalasa, demo di quattro brani seguito dall’ep Between the Ashes & the Silence, nel 1999, dove il gruppo si cimentava in un death metal tradizionale e dalle ottime trame tecniche.
Un demo nel 2007 e poi un lungo silenzio prima di tornare quest’anno tramite la Wormholedeath con il primo album di questa nuova incarnazione che si ispira al gothic metal di scuola Paradise Lost/Moonspell, anch’essi autori nelle loro carriere di improvvise divagazioni dal loro caratteristico sound.
Mantenendo un approccio comunque diretto nelle parti più estreme, i Demised creano il loro nuovo sound, impregnato di atmosfere e sfumature dark/gothic con la voce segue i toni classici del genere, rivelandosi profonda, a tratti teatrale e perfettamente calata nello spirito di questo A Warm Place to Stay.
Le chitarre disegnano arabeschi che si inoltrano in paradisi perduti, le atmosfere gotiche tendono a rimanere potenti e maschie come nella tradizione degli anni novanta e la rinuncia pressoché totale alla voce femminile, ormai diventato un cliché nel genere, aumenta l’atmosfera pesantemente oscura delle varie Fractures & Ashes (bellissimo esempio di Paradise Lost sound era Icon), della cangiante From The Storm (melodie e parti estreme si danno il cambio in una delle canzoni più ispirate dell’album), mentre Gregor Mackintosh guida le dita sul manico della sei corde in Where We All Belong.
Una voce femminile compare in effetti, ma solo nella ballad che dà il titolo all’album, prima che le ritmiche tornino potenti ed il dark rock prenda in mano le redini della conclusiva The Mournful Flight, scrivendo la parola fine su un lavoro intenso e composto da ottimi brani.
Un nuovo inizio, ed un’ottima partenza, i Demised meritano sicuramente l’attenzione degli amanti del genere.

TRACKLIST
1.Intro
2.Fractures & ashes
3.Vastness
4.From the storm
5.My dreads, my fears
6.Where we all belong
7.Top of the path
8.Sistrum
9.A warm place to stay
10.The mournful flight

LINE-UP
Andrés Pestana – Vocals/Guitars/Keyboards
Adrián Hidalgo – Drums/Keyboards
Alex Yuste – Guitars
Paco Porcel – Bass

DEMISED – Facebook