Desolate Pathway – Of Gods and Heroes

Chi ama il genere non resterà affatto deluso, mentre chi volesse ricercare elementi di novità passi pure oltre: questo è “solo” buonissimo doom, suonato come le divinità marine comandano …‬

In occasione della sua riedizione nel corso dell’estate, dopo la firma con Wormholedeath, riproponiamo quanto scritto nello scorso dicembre a proposito di Of Gods and Heroes.

I Desolate Pathway vengono fondati da Vince Hempstead più o meno contestualmente alla sua uscita dai Pagan Altar, avvenuta nel 2014.
Rispetto alla band che fu del defunto Terry Jones, i Desolate Pathway spostano le coordinate del loro doom su un versante più epico non solo a livello compositivo ma anche lirico, cosa che ben si evince sia dalla notevole copertina sia dal titolo eloquente scelto per il lavoro (Of Gods and Heroes), proseguendo la strada intrapresa fin dal precedente Valley Of The Kings, risalente a due anni fa.
Quando viene maneggiata da musicisti esperti e competenti, la materia in questione ben difficilmente delude, e ciò vale anche per Hempstead, il quale, accompagnato dalla batterista Mags e da un quartetto di ospiti ad occuparsi delle parti di basso, offre tre quarti d’ora di doom fedele alla tradizione ma sicuramente godibilissimo.
Of Gods and Heroes si snoda secondo copione tra vocals stentoree e sufficientemente evocative ed un lavoro chitarristico apprezzabile per la sua spontaneità: volendo trovargli una collocazione meglio definita, il sound dei Desolate Pathway potrebbe essere inquadrabile a meta strada tra Doomsword e Capilla Ardiente, risultando sempre coinvolgente pur nella sua essenzialità.
Chi ama il genere non resterà affatto deluso, mentre chi volesse ricercare elementi di novità passi pure oltre: questo è “solo” buonissimo doom, suonato come le divinità marine comandano …‬

Tracklist:
1. Intro
2. The Old Ferryman
3. The Perilous Sea
4. Medusa’s Lair
5. Into the Realms of Poseidon
6. Enchanted Voices
7. Gods of the Deep
8. The Winged Divinity
9. Trojan War

Line-up:
Vince Hempstead – Vocals, Guitar
Mags – Drums, Backing Vocals

Guest Bassists:
Jonathan Seale (Iron Void)
Addam Westlake (My Silent Wake)
Santiago Osnaghi (Nippur)
Ron McGinnis (Thonian Horde)

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Divine Element – Thaurachs of Borsu

I primi brani trovano nell’impeto della battaglia la loro forza così da risultare i più canonici, mentre è la seconda parte che riserva le parti più epiche, lasciando che il sound si ricami di note folk, mentre una voce narrante ne rende maestoso l’incedere.

I Divine Element sono un duo greco/ungherese formato da Ayloss (chitarra, basso e synth) e Antonis (voce) e che, aiutati dal session drummer Hannes Grossman, ci invitano sulle colline dove è in atto una battaglia all’ultimo sangue.

Il loro sound è un buon esempio di death/black metal epico e battagliero, pregno di cavalcate dove non manca la componente tragico guerresca, qualche spunto folk e tanta fierezza metallica.
Il duo è attivo da più di dieci anni ed è al secondo lavoro sulla lunga distanza dopo sette anni dal debutto omonimo, un progetto che continua con Thaurachs Of Borsu, album che non dispiacerà agli amanti del metal estremo tutto sangue, battaglie ed eroi.
I cavalieri giungono sulla collina e la battaglia ha inizio, le ritmiche black accompagnano un growl death metal, mentre la chitarra scocca frecce classiche con solos e refrain melodici.
I primi brani trovano nell’impeto della battaglia la loro forza così da risultare i più canonici, mentre è la seconda parte che riserva le parti più epiche, lasciando che il sound si ricami di note folk, mentre una voce narrante ne rende maestoso l’incedere.
Call Of The Blade e Traitor’s Last Stand sono la coppia di canzoni poste quasi in chiusura (l’ultima, Augury For A Shapeless Future, è una suggestiva outro) e colpiscono con il loro sound che risulta una cavalcata verso la gloria, tra fughe metalliche e buone parti folk progressive, alzando di molto la qualità di un lavoro che cresce con il passare dei minuti.
Le influenze sono da riscontrare nei gruppi epic/black e folk, quindi si tratta di un disco da ascoltare senza remore se siete fans del genere.

TRACKLIST
1.A Realignment with Destiny
2.Thaurachs of Borsu
3.Onto the Trail of Betrayal
4.Beyond This Sea
5.Interlude (The Point of No Return)
6.Call of the Blade
7.Traitor’s Last Stand
8.Augury for a Shapeless Future

LINE-UP
Ayloss – Gutars, Bass, Synths
Antonis – Vocals
Hannes Grossman – Session Drums

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Slægt – Domus Mysterium

Black Heavy Metal ! Questa e’ la pozione magica creata con grande competenza da questi artisti danesi…

Una brillante prova da parte dei Slægt, quartetto di Copenhagen che, a partire dal 2012, ha elaborato un proprio suono passando dalla prima prova Ildsvanger, prettamente black metal, all’EP Beautiful and Damned in cui qualcosa si stava modificando per poi culminare in Domus Mysterium dove il loro black heavy metal rifulge splendidamente.

La band sapientemente e con grande gusto ha miscelato sensibilità black metal, gocce di trash, aromi psichedelici e un grande suono heavy anni 80, componendo otto brani per una durata di circa 55 minuti; le canzoni sono realmente evocative, la produzione decisamente buona evidenzia un guitar sound molto nitido e fluido, la cover raffigurante il loro “the eye of the devil”  e le vocals che alternano uno espressivo scream mai esasperato con un grintoso clean, danno vita a una piccola opera d’ arte del tutto inattesa.
Lunghi intermezzi strumentali nella loro inventiva profumano del migliore heavy anni 80 accompagnati da intarsi acustici di madrigalesca memoria (vengono in mente in alcuni momenti i Dissection); l’eclettismo e la competenza della band si esplicano in brani medio-lunghi, ricchi di idee a partire dall iniziale Succumb, con un inizio screziato della migliore psichedelia, per poi essere travolti da I Smell Blood, di cui esiste anche un video, con eccitanti intrecci di chitarre.
La struggente e sinistra melodia di The Tower può ricordare il miglior horror sound dei bei tempi, il breve intermezzo pianistico di Burning Feathers, dalla cristallina e antica melodia, apre la strada agli ultimi due lunghi brani: Remember It’s a Nightmare e la title track, nelle quali la capacità della band di scrivere splendide ed epiche songs viene fuori in tutta la sua limpidezza; chiaramente non si inventa niente di nuovo, ma il caleidoscopico blend creato e suonato con grande passione dai danesi appare sempre fresco e non può non essere apprezzato da attenti ascoltatori open-minded… “rise up in the Tower, climb high as they cower, ascend into glory with passionate fury…”

TRACKLIST
1. Succumb
2. I Smell Blood
3. Egovore
4. In the Eye of the Devil
5. The Tower
6. Burning Feathers
7. Remember It’s a Nightmare
8. Domus Mysterium

LINE-UP
Asrok – Bass, Guitars, Vocals
Olle Bergholz – Bass, Vocals (backing)
Ccsquele – Drums
Anders M. Jørgensen – Guitars (lead)

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Helfir – The Human Defeat

Se Still Bleeding era già un album più che convincente, The Human Defeat va ancora oltre, collocando il nome Helfir ai vertici qualitativi della scena italiana.

Più o meno a due anni esatti dall’uscita di Still Bleeding, ritroviamo Luca Mazzotta ed il suo progetto solista Helfir con un nuovo lavoro su lunga distanza intitolato The Human Defeat.

Parlando di quell’album, con la necessità di inquadrare in qualche modo il sound proposto dal musicista leccese, mi ero esposto senza troppi rischi nel paragonarne l’opera a quella di nomi illustri quali Antimatter, Anathema e Katatonia, mentre The Human Defeat cambia non poco le carte in tavola.
Fin dall’opener Time In Our Minds è possibile percepire, infatti, una propensione al gothic e al doom e, in generale, un approccio relativamente più estremo alla materia; tutto questo conferisce al lavoro anche una maggiore varietà e, di conseguenza, spinge gli Helfir fuori dall’orbita delle band di riferimento per assumere una forma ben più personale senza smarrire, però, un’oncia dell’impatto emotivo evidenziato sul precedente lavoro.
Lo stesso ricorso al growl, utilizzato con parsimonia ma in maniera del tutto appropriata, aggiunge un ulteriore elemento di discontinuità che nel brano d’apertura accentua gradevolmente la dicotomia tra l’anima metal e quella più propriamente dark alternative, mentre la chitarra tesse melodie splendide e dolenti, catturando così subito l’attenzione dell’ascoltatore.
Con Light cambia lo scenario e le coordinate sonore si spingono oltreoceano, eguagliando per potenziale evocativo e pulizia sonora quanto fatto quasi contemporaneamente dagli splendidi 1476.
La marea si ritrae e Tide lascia riaffiorare tracce tangibili degli Helfir precedenti, un’entità capace di modellare con maestria sonorità liquide ma cariche di tensione emotiva, lasciando che l’intimismo di Protect Me e Chant D’Automne prenda educatamente il sopravvento.
Pulsioni elettroniche inaugurano una Mechanical God che oscilla tra l’alternative e l’industrial, esibendo a tratti riff di una cattiveria insospettabile: un brano di grande impatto, ma che rischia d’apparire addirittura fuori contesto, specie se seguito dalle delicate pennellate chitarristiche di Climax 2.0.
In Golden Tongue ritroviamo nuovamente quel sound inquieto che aveva contraddistinto la splendida traccia d’apertura, mentre in The Last Sun ritorna a predominare l’imprimatur poetico di scuola Antimatter, anche se, come già detto, in tali frangenti le possibili somiglianze appaiono meno marcate che in passato.
La versione strumentale di Chant D’Automne suggella idealmente un lavoro di grade maturità e soprattutto propositività: Luca Mazzotta avrebbe potuto continuare a seguire, peraltro facendolo benissimo, le tracce di Moss e compagnia, mentre con quest’opera decide di prenderne in qualche modo le distanze, ampliando in maniera efficace e condivisibile lo spettro compositivo con risultati eccellenti.
Se Still Bleeding era già un album più che convincente, The Human Defeat va ancora oltre, collocando il nome Helfir ai vertici qualitativi della scena italiana.

Tracklist:
1. Time In Our Minds
2. Light
3. Tide
4. Protect Me
5. Chant D’Automne
6. Mechanical God
7. Climax 2.0
8. Golden Tongue
9. The Last Sun
10. Chant D’Automne (Instrumental Version)

Line up:
Luca Mazzotta: Vocals, Guitars, Bass, Keyboards, Drums and Percussions programming

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