Backflip – The Brainstorm Vol.2

Difficile immaginare cosa ci avrebbe riservato questo album, visto l’hardcore completamente innovativo della band portoghese. Questa volta i Backflip si sono superati, offrendoci un prodotto davvero valido e originale

Il primo volume di The Brainstorm, rilasciato nel 2015, ha sicuramente dimostrato tutto il potenziale dei Backflip.

Dopo due anni, la band portoghese pubblica il secondo volume del suddetto lavoro, The Brainstorm Vol.2, offrendo però un sound quasi del tutto nuovo rispetto al suo predecessore e presentando un hardcore molto moderno e sofisticato: tuttavia la band non abbandona il suo stile aggressivo e travolgente.
Se nel primo volume di The Brainstorm il sound dei Backflip era riconducibile a dei grandi esponenti del genere quali gli H2O, nel secondo è quasi inevitabile pensare a band come gli Stick To Your Guns.
Nell’album in questione troviamo tutta la grinta tipica dell’hardcore, riscontrabile soprattutto nell’ultima traccia To The Bone. Questa grinta, però, va addolcendosi nel ritornello, dove troviamo un sound più melodico e la voce della cantante (Ines Oliveira) che cambia dal tipico timbro “crudo” dell’hardcore ad uno più caldo e pulito. Il loro sound è caratterizzato, dunque, dai cori presenti in ogni traccia, dalla rapidità del genere “spezzata” dai melodici ritornelli e da elaborati riff di chitarra derivanti dalle varie influenze presenti.
Insomma, un album che farà rimanere senza parole chi si aspetta un HC old school, ma che si farà comunque apprezzare dal pubblico. Ascoltando in successione The Brainstorm Vol.1 e The Brainstorm Vol.2 si nota chiaramente il cambiamento del sound da parte della band portoghese.
I Backflip vogliono dimostrare tutta la loro crescita e la loro maturità acquisita in questi due anni, proponendo al pubblico un nuovo tipo di hardcore: sicuramente questi ragazzi non ci deluderanno in futuro con il loro nuovi lavori.

TRACKLIST
1) Born Headfirst
2) Burning High
3) Loyal Opposition
4) Redemption
5) Symptoms
6) To The Bone

LINE-UP
Inês Oliveira – Vocals
João Vidigal – Bass + Vocals
Pedro Vida Conceição – Drums
João Saraiva – Guitar

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The Ruins Of Beverast – Exuvia

La musica dei The Ruins Of Beverast va ben oltre qualsiasi etichetta, esplicitandosi in una forma che sfida le convenzioni e la banalità, ma risultando ugualmente, per assurdo, meno ostica di quanto si potrebbe supporre.

Pochi mesi dopo l’ottimo ep Takituum Tootem, ecco giungere l’atteso nuovo full length dei The Ruins Of Beverast.

Alexander Von Meilenwald, il musicista tedesco che è dietro questo progetto, prosegue con questo suo quinto lavoro su lunga distanza l’opera di consolidamento di uno status derivante da un’espressione stilistica peculiare ed in costante evoluzione.
Rispetto all’ep vengono mantenuti i riferimenti etnici riferiti alla cultura dei nativi americani, che in più di un brano si manifestano tramite invocazioni rituali e vocalizzi femminili, il tutto all’interno di una struttura definibile black/doom solo per consentirne un’approssimativa identificazione.
In realtà, la musica dei The Ruins Of Beverast va ben oltre qualsiasi etichetta, esplicitandosi in una forma che sfida le convenzioni e la banalità, ma risultando ugualmente, per assurdo, meno ostica di quanto si potrebbe supporre, in virtù di una capacità si scrittura non comune che consente a Von Meilenwald di piazzare, in ogni traccia, passaggi chiave capaci di attrarre fatalmente l’attenzione avvinghiando l’ascoltatore senza alcuna remissione.
Ne è l’esempio più eclatante la lunga title track posta in apertura, magnifico viaggio rituale di oltre un quarto d’ora nel quale le ossessive note in sottofondo si ripetono come un mantra, mentre la musica fluttua sovrapponendosi a voci salmodianti o a quella più canonica dell’autore, che invece in altri frangenti dell’album esibisce tonalità in scream e un growl.
Il resto di Exuvia si dipana così tra sentori sperimentali, sprazzi industriali, dissonanze che difficilmente si dissolvono in melodie compiute ma che mantengono sempre elevatissimo il carico di tensione, spingendosi oltre l’ora di durata, un qualcosa di molto vicino ad un suicidio artistico per chiunque non fosse in grado di esibire la stessa chiarezza d’intenti del musicista di Aachen .
L’album va ascoltato uscendo dalla logica del track by track, perché ne verrebbe sminuito l’impatto avvolgente, ed arrivare alla nuova versione di Takitum Tootem!, posta in chiusura, risulterà impegnativo quanto gratificante.
Così, come l’exuvia (l’esoscheletro abbandonato da diverse specie di crostacei, insetti e aracnidi dopo la muta), la musica targata The Ruins Of Beverast si trasforma dopo ogni ascolto in un involucro testimone di un estro compositivo che, nello stesso momento in cui viene rilevato si sta già trasferendo altrove, pronto ad mostrare ulteriori e visionari bagliori creativi.

Tracklist:
1.Exuvia
2.Surtur Barbaar Maritime
3.Maere (On A Stillbirth´s Tomb)
4.The Pythia´s Pale Wolves
5.Towards Malakia
6.Takitum Tootem (Trance)

Line up:
Alexander Von Meilenwald

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Mahakala – The Second Fall

The Second Fall si presenta come un’opera che senza tanti fronzoli ci investe dal primo minuto, travolgendo con il suo sound che esplode in riff potentissimi, brani influenzati dall’heavy metal classico e lenti rituali doom.

Religione e mitologia, oscure credenza ed altari musicali innalzati al doom metal classico: l’heavy metal continua malgrado le molte influenze ed ispirazioni moderniste ad essere la musica malvagia, epica e declamatoria per eccellenza.

Nella scena metal greca non sono poche le band devote alla musica del destino e gli ateniesi Mahakala sono una delle migliori proposte: il loro heavy doom metal, oltre ad essere pregno di atmosfere sabbathiane, porta in sé una forte componente heavy, così da creare un sound monolitico, epico e a tratti sconvolto da cavalcate devastanti.
Attivo dal 2005, il quartetto porta in dote un ep, un demo, la partecipazione ad un tributo agli Iron Maiden ed il primo full length uscito nel 2013 ed intitolato Devil’s Music.
The Second Fall si presenta come un’opera che, senza tanti fronzoli ci investe dal primo minuto, travolgendo con il suo sound che esplode in riff potentissimi, brani influenzati dall’heavy metal classico e lenti rituali doom, con lente discese nel metal liturgico di Black Sabbath e Candlemass.
Lo zio Ozzy a suo tempo si è impossessato dell’anima di Jim Kotsis, bassista e cantante a tratti dalla tonalità vocale molto vicino al sacerdote sabbathiano, mentre la musica si riempie di malvagia epicità.
Non lontano (anche se il concept è molto diverso) dai Grand Magus, il gruppo è riuscito a creare un album fresco, godibilissimo nella sua potenza, mentre oltre al gran lavoro del singer, non mancano appalusi per le due chitarre (Chris Vlachos e John T.), puro acciaio fuso sull’altare del metal.
Da segnalare Sakis Tolis dei Rotting Christ ospite sulla granitica Wrath Of Lucifer (Infidels) e le bellissime Redemption Denied e Better to Reign in Hell (Than Serve in Heaven), doom metal song tra Candlemass e Trouble e picco qualitativo dell’album.
The Second Fall risulta così un altro gioiellino in arrivo dalla scena metal greca, consigliato agli amanti delle bands citate.

TRACKLIST
1. Army of the Flies
2. Redemption Denied
3. Purgatorium
4. Better to Reign in Hell (Than Serve in Heaven)
5. Darkness in Their Eyes
6. Wrath of Lucifer (Infidels) [feat. Sakis Tolis of Rotting Christ]
7. Unholy Fight
8. Blessed Are the Dead
9. War Against Mankind

LINE-UP
Jim Kotsis – bass, vocals
John Tsiakopoulos – guitars
Mikko Chris Vlachos – guitars
hector.d – drums

MAHAKALA – Facebook

Perpetual Fire – Bleeding Hands

Hard rock, progressive metal, power e tanta raffinata attitudine neoclassica fanno di Bleeding Hands un album perfettamente in grado di ritagliarsi il proprio spazio tra le migliori uscite di questo periodo.

Di questi tempi, se nel power metal cercate qualche spunto più personale rispetto al “palla lunga e pedalare” di molte realtà d’oltreconfine, la scena nostrana regala piccoli gioiellini classici, magari poco considerati dal solito fan noiosamente esterofilo, anche se negli ultimi tempi sembra che il vento piano piano stia cambiando direzione.

Andiamo prima in terra greca, perché è qui che la Sleaszy Rider Records ha la sua base, una label che sta riscuotendo sempre più consensi licenziando album uno più bello dell’altro e molti di questi cercandoli nella nostra penisola.
Torniamo da noi, in quel di Milano per presentarvi i Perpetual Fire, quintetto capitanato da Steve Volta, chitarrista bravissimo e per molti anni al servizio di Pino Scotto, ed il loro terzo album Bleeding Hands, un lavoro italiano al 100% per bravura strumentale ed eleganza nel songwriting, un talento innato per le melodie e quel tocco progressivo diventato marchio di fabbrica della scuola nazionale.
Diciamolo una volta per tutte, ormai Vision Divine, Labyrinth e Secret Sphere sono a capo di una scena che nell’hard & heavy non ha nulla da invidiare a quelle straniere, con i loro emuli a sfornare opere di spessore ed affiancando i maggiori act che fanno faville nei generi che compongono l’universo metallico.
Tutto questo ben di Dio non sarà supportato dai numeri per quanto riguarda il versante live, ma rimane indubbio che in Italia si fa da anni grande musica metal, ed ogni uscita conferma questa tendenza con buona pace dei detrattori.
Hard rock, progressive metal, power e tanta raffinata attitudine neoclassica fanno di Bleeding Hands un album perfettamente in grado di ritagliarsi il proprio spazio tra le migliori uscite di questo periodo: Volta ha fatto tesoro delle sue esperienze e i brani escono vari, travolgenti, mai banali nelle ritmiche o nei solos, con un singer (Roby Beccalli) che adatta la sua voce alle varie atmosfere, passando da tonalità rock a quelle power per sfornare un’aggressività da leone in passaggi che si fanno estremi, con una sezione ritmica da infarto (Mark Zampetti al basso e Cisco Lombardi alle pelli) e le tastiere che ricamano tappeti di metal neoclassico o sanguigni passaggi rock blues (Tush, splendida cover degli ZZ Top).
Volta è fenomenale pur senza dare l’impressione di esagerare e rimanendo saldo nella forma canzone, con solos dinamitardi e vari, così come varie sono le sfumature di questo lavoro che non ha battute d’arresto ma almeno un trittico di brani a fare traino e differenza: Queen Of Honor, Bloody Apple e Crimson Twilight, le più progressive del lotto e vicine al sound dei gruppi citati in precedenza.
Bleeding Hands risulta così un album riuscito ed appagante per ogni fans del genere, giocando le sue carte alla pari con le ultime notevoli uscite in campo power/prog metal, non perdetevelo.

TRACKLIST
01 – Psycho Cancer
02 – Scrambled
03 – Queen Of Honor
04 – Bloody Apple
05 – Tush
06 – Look Beyond The Night
07 – When You’re Dead
08 – Crimson Twilight
09 – Let The Snow
10 – A New World Begins

LINE-UP
Roby Beccalli – Vocals
Steve Volta – Guitars
Mark Zampetti – Bass
Mauro Maffioli – Keyboards
Cisco Lombardi – Drums

PERPETUAL FIRE – Facebook