WHITE SKULL

Nuovo lyric video e presentazione live del nuovo album

Nuovo lyric video e presentazione live del nuovo album!

È disponibile il nuovo lyric video di “LADY OF HOPE” nuovo singolo dei WHITE SKULL!!!!!

la band suonerà come headliner venerdì 2 Giugno al WINGS OF BEA METALFEST a Santhià (VC) e per l’occasione presenterà i nuovi brani di “WILL OF THE STRONG” il nuovo album in uscita il 9 Giugno su Dragonheart Records/Audioglobe!!!

Liv Sin – Follow Me

Da sparare a tutto volume come rivalsa al vicino dai gusti romantico pop da estate al mare, con Follow Me la Jagrell ci invita a seguirla nel suo mondo metallico, piacevolmente grezzo, senza compromessi, ma assolutamente perfetto per fare male senza pietà

I Sister Sin non esistono più: la band svedese diventata famosa per l’eccentrica singer Liv Jagrell, dopo tredici di onorata carriera e cinque album, tra  cui l’ultimo (Black Lotus) che aveva aperto definitivamente una breccia nella scena metallica, ha dato forfait.

Ma come una perversa e schizzata araba fenice la Jagrell rinasce dalle proprie ceneri , trasformandosi in Liv Sin, di fatto il suo progetto, aiutata da Tommy Winther al basso, da Patrick Ankermark e Christoffer Bertzell alle chitarre e Per Bjelovuk alla batteria.
Il primo lavoro si intitola Follow Me, licenziato dalla Despotz Records, prodotto da Stefan Kaufmann e Fitty Wienhold, suonato a meraviglia, duro come l’acciaio, perverso come la sua diabolica musa e letteralmente folgorante: hard & heavy potente e cristallino, una raccolta di brani da applausi e un paio di duetti che Liv si concede con Schmier dei Destruction (Killing Ourselves To Live) e Jirky 69, vampiro al microfono dei The 69 Eyes (Immortal Sin, cover dei Fight di Rob Halford).
Follow Me non deluderà i fans della Jagrell, tornata a scandalizzare con questa sua creatura che musicalmente non lascia indifferenti, regalando momenti di metal sopra le righe (The Fall, Godless Utopia), thrashy e groovy come i Machine Head più classici, pesanti come i Benedictum di Veronica Freeman era Uncreation, diabolicamente estremi e senza freni come la sua leader.
Da sparare a tutto volume come rivalsa al vicino dai gusti romantico pop da estate al mare, con Follow Me la Jagrell ci invita a seguirla nel suo mondo metallico, piacevolmente grezzo, senza compromessi, ma assolutamente perfetto per fare male senza pietà.

TRACKLIST
1.The Fall
2.Hypocrite
3.Let Me Out
4.Black Souls
5.Godless Utopia
6.Endless Roads
7.Killing Ourselves to Live
8.I’m Your Sin
9.Emperor of Chaos
10.Immortal Sin (Fight cover)
11.The Beast Inside

LINE-UP
Tommie Winther – Bass
Per Bjelovuk – Drums
Patrick Ankermark – Guitars
Christoffer Bertzell
Guitars – Liv Jagrell – Vocals

LIV SIN – Facebook

Progenie Terrestre Pura – oltreLuna

I Progenie Terrestre Pura fanno davvero un genere a sé stante, non valgono i parametri con altri gruppi, perché è tutto speciale.

I Progenie Terrestre Pura non sono umani, vengono dalla nostra vera casa, che è persa lontano nelle stelle.

La Terra è solo un luogo dove soffriamo immensamente, non è il nostro luogo, e lo sentiamo chiaramente quando avvertiamo continuamene che c’è qualcosa che non va. Il gruppo italiano ci conduce in un immenso viaggio interstellare, dove il black e il death metal sono i propulsori per raccontare una storia mai sentita prima. Il suono di oltreLuna è ancora più potente e magnifico di quello dei dischi precedenti, La bravura tecnica e compositiva del gruppo è seconda solo alle sensazioni che suscitano. OltreLuna come e più degli altri dischi è un qualcosa di coinvolgente, come uno sguardo gettato su di un presente futuro che non riusciamo a cogliere imprigionati nelle nostre veste attuali. I Progenie Terrestre Pura con il loro suono monolitico, con sprazzi di black metal atmosferico molto potente ed evocativo, e persino con frequenti intarsi di voce lirica e strumenti antichi, tracciano una traiettoria che non può essere descritta se non tramite l’ascolto. E oltreLuna non è solo un disco ma è molto di più. Le immagini evocate con il cantato in italiano, lo splendido lavoro grafico di Alexander Preuss, e soprattutto la loro musica sono un film, è il racconto di un viaggio che forse l’uomo ha già compiuto ma del quale se n’è persa la memoria. I Progenie Terrestre Pura fanno davvero un genere a sé stante, non valgono i parametri con altri gruppi, perché è tutto speciale. I brani sono composti in maniera progressiva, non esiste la stantia forma canzone, perché questo è un viaggio verso le stelle più lontane. Le esperienze musicali sono molteplici e si basano soprattutto sui gusti dell’ascoltatore, ma oltreLuna è un vissuto musicale e poetico che è vivamente consigliato a chi ha una mente aperta e vuole continuare il viaggio. Forse all’estero hanno capito che questo gruppo è davvero una cosa incredibile e forse irripetibile. Oltre la Luna, perché noi siamo ben più di questo.

TRACKLIST
01 [.Pianeta.Zero.]
02 [.subLuce.]
04 [.Deus.Est.Machina.]
05 [.Proxima-B.]
03 [.oltreLuna.]

LINE-UP
Davide Colladon – Guitars/Composition
Emanuele Prandoni – Vocals/Lyrics
Fabrizio Sanna – Bass/Production

PROGENIE TERRESTRE PURA – Facebook

Cult Of Erinyes – Tiberivs

I nove brani offerti in Tiberivs non lasciano un solo attimo di tregua, intrisi come sono di una costante tensione che corre sul filo di sonorità che attingono sicuramente alla parte migliore della scuola scandinava.

Penso che anche i detrattori più accaniti del genere converranno sul fatto che, se black metal deve essere, va suonato e offerto come fatto dai Cult Of Erinyes con questo loro terzo full length intitolato Tiberivs.

La band belga è autrice di una forma del genere che non ne stravolge le coordinate ma, semmai ne amplifica e valorizza i tratti salienti, per cui il sound è pervaso allo stesso tempo di un’aura oscura e solenne che fa risaltare l’opera rispetto alle molte uscite di questi tempi.
I nostri, per non lasciare nulle di intentato, si sono circondati di diversi ospiti che forniscono il loro contributo alla riuscita dell’album, tra i quali non si può fare a meno di notare il nome di Déhà (batteria, tastiere e chitarra), la cui presenza è una sorta di evento sentinella capace da sola di determinare a priori la bontà di un album, benché in questo caso la responsabilità compositiva sia tutta di competenza dell’ottimo Corvus.
I nove brani offerti in Tiberivs non lasciano un solo attimo di tregua, intrisi come sono di una costante tensione che corre sul filo di sonorità che attingono sicuramente alla parte migliore della scuola scandinava, ma esibendo tracce evidenti di una rilettura personale e di grande competenza.
Tutti i protagonisti dell’album si esprimono al meglio delle loro potenzialità, portando ognuno un proprio fondamentale contributo alla sua riuscita, a partire da Mastema, il quale, oltre ad aver ideato il concept che trae linfa dalla storia dell’antica Roma e da uno dei suoi più controversi imperatori, si rivela vocalist corrosivo dalla timbrica spesso sconfinante nel growl, portando così il sound più vicino alle maggiori band che utilizzano questa soluzione, prime fra tutte i Dark Funeral; va aggiunto che il vocalist ha interrotto dopo l’uscita dell’album il suo lungo sodalizio con Corvus, il quale è corso ai ripari rimpiazzandolo, come meglio non avrebbe potuto, con lo stesso Déhà.
L’album è piuttosto lungo per le abitudini del black ma la sia intensità elimina alla radice tale problema, rendendolo un prodotto da assaporarsi comunque con la dovuta attenzione, vista anche la presenza di più di un passaggio di natura ambient sparso nei vari brani. I Cult Of Erinyes possono rallentare il sound ai limiti del doom, mantenersi su mid tempo o scaricare la propria veemenza ad andature ben più sostenute, ciò avviene però sempre con grade fluidità, e spesso all’interno degli stessi brani, rendendo ancor più avvincente un sound che si avvale anche di ottimi spunti solistici della chitarra.
Nessun punto debole, solo una violenza sempre sotto controllo ed un gusto melodico che, sebbene compresso dall’attitudine estrema, sboccia all’improvviso con interventi solisti della chitarra che impreziosiscono anche le due tracce migliori dell’album, Casus Belli e Germanicvs, appena superiori al resto di una tracklist che non delude in alcun suo frangente.
Uno dei migliori dischi black dell’anno in corso, almeno secondo i miei personalissimi gusti.

Tracklist:
1.Archaea
2.Nero
3.Casus Belli
4.Bred for War
5. Loner
6. Germanicvs
7. First of Men
8. Damnatio Memoriae
9. For Centuries to Come

Line-up:
Corvus – Guitars, Bass
Mastema – Vocals
Algol – Bass, Guitars (additional)
Baron – Guitars (lead)

Guests:
Déhà – Drums, Keyboards
Alex – Bass (track 1)
Marc DeBacker – Guitars (track 9)

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42 Decibel – Overloaded

I 42 Decibel a differenza di molti loro colleghi usano la carta del blues e fanno bene: la loro proposta si ferma a Let There Be Rock, lasciando ad altri la parte più hard rock e commerciale del sound dei fratelli Young.

Non saranno certo gli argentini 42 Decibel a cambiare le sorti del rock, ma se la nostalgia per quel sound grezzo e potente che gli Ac/Dc amalgamavano con dosi illegali di blues, negli anni in cui dietro al microfono si cimentava Bon Scott, allora il nuovo Overloaded è l’album giusto per tornare a trastullarvi come ai tempi di Whole Lotta Rosie e Let There Be Rock.

Passate direttamente alla quarta traccia (Roadkiller) e ditemi se la più famosa e lasciva The Jack del quintetto australiano non torna prepotentemente ad importunarvi, nelle serate in cui l’alcool esce dai pori della vostra pelle, sudata dal caldo estivo e dalla passione per la chica che dorme serenamente al vostro fianco.
Ma facciamo un passo indietro e presentiamo i 42 Decibel, band di Buenos Aires al terzo album dopo il debutto del 2010 intitolato Hard Rock ‘n’ Roll, ed il seguente Rolling In Town licenziato un paio di anni fa.
Il gruppo di rockers capitanato dal batterista Nicko Cambiasso torna dunque con il suo personale tributo alla più famosa band della storia del rock in arrivo dalla terra dei canguri, un monumento al genere che continua a fare proseliti, pur arrancando in sede live, dopo più di quarant’anni sul groppone.
I 42 Decibel a differenza di molti loro colleghi usano la carta del blues e fanno bene, la loro proposta si ferma a Let There Be Rock, lasciando ad altri la parte più hard rock e commerciale del sound dei fratelli Young, così da sporcare di irriverenza e attitudine alcolica la loro musica proprio come avrebbe fatto il buon Scott.
Ne esce una piacevole rivisitazione del sound settantiano del gruppo australiano, cattivo e maleducato perché nato nei locali fumosi e perversi, tra una bevuta ed un lavoretto nei bagni, tanto per fare arrotondare lo stipendio alla cameriera, mentre la chitarra accompagna il tono rauco e perdente di un Junior Figueroa, impossessato dal demone che una volta abitò nel corpo del più famoso e alcolico cantante.
Dangerous Mess, la già citata Roadkiller, la divertentissima Lost Case e Double Itch Blues spiccano, ma è tutto l’album che non risparmia emozioni e sfumature provenienti dal perdente ma tremendamente affascinate mondo del rock blues alla Ac/Dc, anzi … alla 42 Decibel.

TRACKLIST
1. Whiskey Joint
2. Dangerous Mess
3. Brawler
4. Roadkiller
5. Hot Shot
6. Half Face Dead
7. Lost Case
8. Cause Damage
9. Double Itch Blues
10. Cannon Fodder

LINE-UP
Junior Figueroa – Vocals, Guitar
Nicko Cambiasso- Drums
Billy Bob Riley – Rhythm & Slide Guitar
Matt Fraga – Bass

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