Prison Of Mirrors – Unstinted, Delirious, Convulsive Oaths

Magia nera medievale, satanismo e un grandissimo black metal per i Prison Of Mirrors, uno dei gruppi italiani da tenere d’occhio nel genere.

I Prison Of Mirrors sono italiani e fanno un black metal underground che è un muro di suono invalicabile, con un cantato growl, e che lascia le stesse sensazioni di dischi di tempi che si pensavano ormai passati.

Questo ep in cassetta è composto da due canzoni, ed è una chiarissima dichiarazione di intenti. Tutto nacque come progetto solista di L.S. nei primi mesi del 2011, a cui poi si unirono le altre due entità Nocturnal Silence e Anubis, e il loro primo ep Nothing vide la luce nel 2014. Dopo tre anni di prove, composizione e dedizione a Satana e al cammino della mano sinistra ecco arrivare questo ep in cassetta. Il suono è al mille per cento black metal underground, l’essenza stessa di questo genere, che può essere mille cose diverse, ma che qui è ortodossia fortissima. La voce è un growl non accentuato e molto adatto, la chitarra è una distorta litania di dolore e il basso disegna passaggi fra le varie dimensioni. Il risultato è un gran disco di black metal, fedele alla linea, ma soprattutto molto ben fatto, dove una produzione accurata riesce a far risaltare tutto al meglio. Magia nera medievale, satanismo e un grandissimo black metal per i Prison Of Mirrors, uno dei gruppi italiani da tenere d’occhio nel genere.

TRACKLIST
A. Litany of Consecration
B. Wounds of Radical Abnegation

LINE-UP
Lord Svart – Guitar, Vocals, Composition
Nocturnal Silence – Bass
Anubis – Lead Guitar

PRISON OF MIRRORS – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO

White Skull – Will Of The Strong

Gli White Skull continuano la loro missione metallica con maestria, ed arrivati al decimo album possono sicuramente essere soddisfatti del cammino intrapreso, non perdetevi dunque un altro splendido esempio di power metal made in Italy, c’è da esserne fieri.

Sotto il simbolo del teschio bianco agisce una delle più importanti metal band italiane, magari leggermente sottovalutata per importanza rispetto ad altre, ma sicuramente tra le migliori a livello qualitativo nell’ambito della propria proposta.

I vicentini White Skull arrivano alle soglie del ventesimo anni di attività con un nuovo album di power metal, appunto alla “White Skull”, il che tradotto significa ritmiche potenti, un’attenzione maniacale per le melodie, ottime orchestrazioni e brani vincenti, epici e metallici.
Il decimo lavoro è un traguardo di tutto rispetto, specialmente in Italia, dove sono tante ed anche valide le band che mollano, magari per attendere tempi migliori, mentre il gruppo veneto ha mantenuto una costanza commovente, anche in periodi in cui il genere era praticamente ignorato dagli addetti ai lavori.
Will Of The Strong arriva dunque a festeggiare la doppia cifra, in un periodo buono per i suoni classici, quando anche nella scena tricolore veniamo travolti da reunion più o meno azzeccate e non mancano nuove leve a rimpolpare le truppe dell’esercito metallico.
Con un Alexandros Muscio in più ai tasti d’avorio (Highlord ed Opera IX), bravissimo nell’orchestrare i brani di questo Will Of The Strong lasciando la componente power ben in evidenza, ed una raccolta di brani che si mantiene su ottimi livelli per tutta la durata, gli White Skull ci regalano l’ennesimo ottimo lavoro, maturo e curato in ogni dettaglio, nel quale sette delle dodici canzoni parlano di donne che hanno avuto un peso nella storia tra cui Evita Peron, Giovanna d’Arco, l’apache Lozen, la ribelle cinese Wang Cong’er e Matilda di Canossa, ed in generale un tributo al coraggio ed al sacrificio.
Musicalmente parlando, Will Of The Strong non deluderà sicuramente i fans del gruppo e del genere: epicità, melodie, cori, fughe ritmiche, intricate parti chitarristiche ed un gran lavoro nelle orchestrazioni ci parlano di un album riuscito, intrigante, da far proprio godendo del talento di questi musicisti nostrani, garanzia di ottimo metal.
Detto di una prestazione sugli scudi della storica cantante Federica “Sister” De Boni, Will Of The Strong ha in Holy Warrior, nella doppietta composta dalla title track e Lady Of Hope, nella splendida ballata Sacrifice e nell’epica Lay Over i brani che fanno la differenza in un contesto che non mostra cadute di tono o riempitivi.
Gli White Skull continuano la loro missione metallica con maestria, ed arrivati al decimo album possono sicuramente essere soddisfatti del cammino intrapreso, non perdetevi dunque un altro splendido esempio di power metal made in Italy, c’è da esserne fieri.

TRACKLIST
1.Endless Rage
2.Holy Warrior
3.Grace O’ Malley
4.Will of the Strong
5.Lady of Hope
6.I Am Your Queen
7.Hope Has Wings
8.Metal Indian
9.Shieldmaiden
10.Sacrifice
11.Lay Over
12.Warrior Spirit

LINE UP
Alexandros Muscio – Keyboards
Alex Mantiero – Drums
Tony “Mad” Fontò – Guitars
Federica “Sister” De Boni – Vocals
Danilo “Man” Bar – Guitars
Jo Raddi – Bass

WHITE SKULL -Facebook

ACID DEATH

Intervista alla storica band greca Acid Death

Here we are with a very interesting interview with the guys from Greece, the mortal Acid Death. From the past comes the storm.

ME Tell us something about some very young greek boys that played metal…

Hahaha! Yes, actually we are young boys! It is really cool to be in this circus for so many years and sometime this gives you some kind of “wisdom”. Especially when you meet young guys who try to make their first steps in music and ask things all the time!

ME The story of Balance Of Power is hard and long…

Yes, actually it is. “Balance Of Power” was Acid Death’s very first album, recorded back in 1990. Production problems delayed and finally cancelled the release. In 1993 the first label we had contract with, decided to take 3 songs and release them as 7″ ep, that was Acid Death’s first official release, the EP “Apathy Murders Hope” after 25 years that first album released in March/2017 on its original form (vinyl/cassette)

ME What were the differences between then and now?

There are many differences from those years. At first technology can help musicians today. Everyone can have really good results on recording, mixing, mastering… The promotional services today are of course more professional; there are many ways that a band or musician can promote its work… On the other hand all those “goodies” make the fans not to pay enough attention to the new bands. There are many cases that new and good recordings find their way only in youtube and not to a record label since everyone knows that a new band is really hard to get out in the light…

ME What are your influences in music?

At first American Death Metal of early 90’s. European Thrash metal, today’s Gent and on the other hand, Jazz/fusion and Progressive Rock. As you can see we are not a typical Death Metal band…

ME Why in Greece the metal scene is different?

Yes, actually it is not “different” it is a up-and-coming scene. There are really many good bands from all music genres. Everyone who has the ability and the time to check our bands, he will see that.

ME How is the situation now in Greece?

After some years under really hard circumstances, economical, political etc, it seems that things are on a good way. Everyone is working hard everyone has the opinion that only with good and hard work we can have good results..

ME Do you have any future projects?

We are preparing the songs for Acid Death’s new album. Hopefully we will enter studio in October/2017. The new album will be out in 2018, so there is a lot of work to be done!

www.aciddeath.net
www.facebook.com/aciddeathgr
www.youtube.com/aciddeathgr
www.reverbnation.com/aciddeathgr
www.twitter.com/aciddeathgr
https://aciddeath.bandcamp.com

https://mail.google.com/mail/u/0/#inbox/15cc9d351d09f0c6?projector=1

Descend Into Despair – Synaptic Veil

Synaptic Veil è un’opera varia e matura, nella quale i meandri del doom più estremo e nel contempo atmosferico vengono esplorati senza nessuna remora ma con i giusti dosaggi, passando da attimi più eterei ad altri intrisi di ineluttabile dolore.

Tre anni dopo l’esordio su lunga distanza, intitolato The Bearer of All Storms, ritornano i rumeni Descend Into Despair con il loro funeral/death doom melodico ed atmosferico.

Parlando del precedente lavoro, all’epoca della sua uscita ero rimasto perplesso su alcune scelte effettuate dai ragazzi di Cluj-Napoca, in particolare quella di riversare su disco una mole esorbitante di materiale, finendo per diluire quanto di buono era stato possibile riscontare tra le righe di un songwriting ancora relativamente acerbo: ebbene, il valore del nuovo album dimostra nel migliore dei modi che, quando c’è il talento, bisogna solo dare tempo al tempo perché questo si manifesti compiutamente.
Synaptic Veil è infatti un’opera varia e matura, nella quale i meandri del doom più estremo e nel contempo atmosferico vengono esplorati senza nessuna remora ma con i giusti dosaggi, passando da attimi più eterei ad altri intrisi di ineluttabile dolore, grazie ad un lavoro chitarristico prezioso, esaltato per di più dal lavoro in studio affidato alle mani del musicista rumeno più noto nel settore, ovvero Daniel Neagoe (Eye Of Solitude, Clouds).
Il passaggio anche al microfono di Xander (che come chitarrista ha prestato i suoi servigi sugli ultimi due album dei Deos del duo Dehà/Neagoe, tanto per chiudere il cerchio) costituisce un ulteriore e decisivo passo avanti, visto che il suo growl è pressoché all’altezza di quello del suo connazionale ed anche le clean vocals convincono senza apparire mai forzate.
Con tutti questi ingredienti, Synaptic Veil si rivela così un album superbo, che va elaborato con la giusta pazienza per consentire all’ascoltatore d’essere annichilito dalla dolente bellezza di brani come Alone with My Thoughts e Demise, con quest’ultima vero fulcro del lavoro in virtù di quasi un quarto d’ora in cui i Descend Into Despair esprimono lo stato dell’arte del genere, edificando un monumento di rara intensità e malinconico abbandono.
Momenti acustici, spunti corali e stupende melodie chitarristiche, che spesso vanno in crescendo nella parte finale dei brani, rappresentano in questo l’ideale per l’appassionato del genere che non verrà deluso neppure dalla profondità delle liriche, tutte opera del vocalist e già brillanti in The Bearer of All Storms, ulteriore punto di forza della band nel loro tentativo di sviscerare le complessità e le contraddizioni della psiche umana.
Synaptic Veil consacra i Descend Into Despair come nuova e splendente realtà, espressione di un movimento metal underground rumeno che brulica di band di eccellente livello.

Tracklist:
1. Damnatio Memoriae
2. Alone with My Thoughts
3. Demise
4. Silence in Sable Acrotism
5. Tomorrow

Line-up:
Xander (guitars, vocals)
Florentin (keys)
Cosmin (guitars)
Luca (drums)
Alex (bass)
Flaviu (keys)
Dragoș (guitars)

DESCEND INTO DESPAIR – Facebook

Arbor Inversa – Anticipatterns

Non vanno per il sottile gli Arbor Inversa, mentre la musica continua il suo viaggio tra periferie ingrigite dallo smog ghiacciato di città abbandonate al loro destino, formate da un’umanità fredda come il clima di quelle terre e che si riflette sul death metal di Anticipatterns.

Death metal proveniente dalla fredda Russia con un approccio estremo che, pur rimanendo nei canoni del genere, porta con sé un’attitudine moderna, un’anima industriale, fredda come la terra di provenienza ma assolutamente affascinate e distruttiva.

La Wormholedeath mantiene inalterata la sua ormai tradizionale fama di etichetta fuori dagli schemi e dai soliti confini e vola regno degli zar, dove ad aspettarla trova questo duo di musicisti, in pausa dalle fatiche degli Aruna Azura ed uniti sotto il monicker Arbor Inversa dallo scorso anno.
Max War-M (The Unhallowed, Aruna Azura) e Paul.G.Wicker (The Unhallowed, Aruna Azura, Deva Obida) creano questo penetrante ed intenso lavoro, dal titolo Anticipatterns, mezz’ora abbondante immersi nella frangia estrema del metal, oscuro, moderno e marziale, alternando accelerazioni e sfumature industriali, formando un sound a tratti progressivo, difficile da fare proprio ad un primo e fugace ascolto, ma che lasciato penetrare a fondo produce dipendenza.
Non vanno per il sottile i due musicisti, alle prese con chitarra, basso e batteria (Max War-M) e voce (Paul.G.Wicker) che passa da un profondo growl ad uno scream violento e terrificante, mentre la musica continua il suo viaggio tra periferie ingrigite dallo smog ghiacciato di città abbandonate al loro destino, formate da un’umanità fredda come il clima di quelle terre e che si riflette sul death metal di Anticipatterns.
Tra i brani dell’album vive un’anima oscura e violenta che fa dell’opener Philistine Manifesto, la devastante Aftertaste, la monolitica Scrounger A Matter e la progressiva Arbor Inversa (la song) ottimi esempi di metal estremo che racchiudono un’influenza dei Death portata in un contesto più moderno ed asettico, ma non per questo meno terrificante.

TRACKLIST
1. Philistine Manifesto
2. Lex Talionis
3. Aftertaste
4. Pandora’s Ambassador
5. Northunderland
6. Scrounge A Matter
7. Prot
8. Arbor Inversa
9. Lyra

LINE-UP
Max War-M – guitars/bass/drums
Paul.G.Wicker – vox

ARBOR INVERSA – Facebook

Eoront – Another Realm

La musica del gruppo siberiano si avvicina molto a quella dei Drudkh, giusto per dare delle coordinate musicali, ma ha una maggiore connotazione mistica.

Da Krasnoyarsk in Siberia arrivano gli Eoront, un gruppo che sta dando un nuovo senso al black metal atmosferico.

Fin dalle prime battute el disco si capisce che gli Eoront fanno un genere a sé stante, che prende spunto dall’atmospheric, con forti venature symphonic grazie ad un ottimo lavoro con le tastiere, ma c’è molto di più. La musica del gruppo siberiano si avvicina molto a quella dei Drudkh, giusto per dare delle coordinate musicali, ma ha una maggiore connotazione mistica. Dentro alle composizioni degli Eoront possiamo ascoltare anche delle derive psichedeliche che ampliano ulteriormente il discorso, portando ulteriori elementi di originalità. Il magma sonoro che esce da Another Realm è molto bello ed originale, ed è un disco che si fa ascoltare con piacere. Gli Eoront hanno una differente idea di black metal e qui la sviluppano, sebbene questo sia per loro un mezzo più che un abito da indossare a tutti i costi. Non è nemmeno un discorso di innovazione, quanto una scelta di stile bene precisa e coerente, che li porta ad essere un gruppo molto interessante. Another Realm entra di diritto nei dischi black metal più belli di quest’anno, e farà la gioia di molti. E dalle foreste siberiane arriveranno ancora nere gioie, perché l’incedere degli Eoront è quello dei grandi gruppi, ma soprattutto di una band che sa quello che vuole.

TRACKLIST
1. The Rain
2. Two Worlds
3. Genesis
4. The Glow
5. The Sea
6. Dreamcatcher Line-up:
7. Zakarum, The Order of
Light

LINE-UP
Foltath – vox, guitars
Eugene – bass
Valea – keys
Ephemiral Gorth – drums, percussions

EORONT – Facebook

Sikth – The Future In Whose Eyes?

Momenti narranti fungono da preludio a vere esplosioni di musica moderna, un susseguirsi di trappole che si dipanano sul pentagramma e come tagliole ci afferrano senza lasciarci più.

Dopo la reunion avvenuta tre anni fa, la partecipazione a vari festival ed un tour nel Regno Unito, tornano i Sikth, diventati un sestetto con l’entrata alla seconda voce del singer Joe Rosser.

Il gruppo, ispiratore di molti gruppi progressivi moderni ed uno dei creatori del sottogenere chiamato djent, non pubblicava album dal 2006, anno di uscita del secondo ed ultimo full length Death of a Dead Day e dell’ep Flogging The Horses.
Un ritorno aspettato da un bel po’ di anni dunque, specialmente per gli amanti del metallo progressivo, modernizzato e destabilizzato da furia hardcore, partiture fuori da ogni schema ed un talento per melodie che si estrinsecano nelle trame, a loro mode estreme, di un sound originale e personale.
Certo, non siamo più nei primi vagiti di questo drammatico nuovo millennio ed anche la proposta del gruppo inglese non è una novità, rimane però ben chiara all’ascolto la sensazione di essere al cospetto di una band fuori dal comune, ed assolutamente fuori dalle chiacchiere e dalle perplessità che la reunion aveva portato in una parte degli addetti ai lavori.
Un gran lavoro è stato fatto in sede di registrazione, con le voci impresse nello studio del cantante Mikee W Goodman nei R&R Studios di Adrian Smith (Iron Maiden), mentre chitarre e batteria sono stati registrate ai Monkey Puzzle House Studios.
La produzione è stata affidata a Dan Weller, mentre il mixaggio ad Adam “Nolly” Getgood (Periphery) e lo splendido artwork di copertina dal taglio futurista è opera di Meats Meier.
Licenziato dalla Millennium Night, la nuova etichetta di proprietà di Snapper Music, The Future In Whose Eyes? risulta un album emozionate, un viaggio nel futuro dell’uomo, a volte tragico, altre caotico, sempre drammatico, in continua e spasmodica ricerca di innovazioni e perfezione.
Il sound segue, nel suo furioso andamento progressivo, questa idea di futuro, mentre i due vocalist danno letteralmente spettacolo, la sezione ritmica è qualcosa di inumano a livello tecnico e le chitarre seguono, ora con dedizione core, ora con fughe metalliche e progressivamente estreme, il tappeto musicale vario e mai banale che fa da fondamenta al muro sonoro dei Sikth.
Momenti narranti fungono da preludio a vere esplosioni di musica moderna, un susseguirsi di trappole che si dipanano sul pentagramma e come tagliole ci afferrano senza lasciarci più.
L’opener Vivid presenta i riformati Sikth e poi si parte per questo viaggio nel futuro, travolti e confusi da The Aura, Cracks Of Light ed il capolavoro No Wishbones, punto più alto di questo notevole ritorno.
Per gli amanti del genere The Future In Whose Eyes?  è un album imperdibile, assolutamente in grado di mantenere inalterata la reputazione costruita nel corso degli anni dal gruppo londinese.

TRACKLIST:
1.Vivid
2.Century of the Narcissist?
3.The Aura
4.This Shop has sailed
5.Wevers of Woe
6.Cracks of Light (feat. Spencer Sotelo)
7.Golden Cufflinks
8.The Moon’s been gone for houres
9.Riddles of Humanity
10.No Wishbones
11.Rode the Illusion
12.When it rains

LINE-UP
Mikee W Goodman – Vocalist and lyricist
Joe Rosser – Vocalist
Pin – Guitarist
Dan Weller – Guitarist
Dan Foord – Drummer
James Leach – Bassist

SIKTH – Facebook

METAL CHURCH

Il video di Reset, tratto dal disco “XI”.

I titani dell’heavy metal, METAL CHURCH, partiranno questo venerdì con un lungo tour tra Stati Uniti ed Europa. Presenteranno nuovamente l’ultimo album “XI” che ha conquistato le classifiche mondiali (Svizzera #30, Germania #34, Austria #51, USA #57).

Per festeggiare il tour, i METAL CHURCH hanno lanciato il video di ‘Reset’ tratto dal disco “XI”. Guarda il video diretto da Jamie Brown su YouTube:

METAL CHURCH – Summer 2017:

02.06. USA Portland, OR – Rock Hard PDX
03.06. USA Tacoma, WA – Cultura Event Center

w/ COMANIAC
09.06. S Sölvesborg – Sweden Rock Festival*
10.06. D Bremen – Tivoli
11.06. NL Eindhoven – Dynamo Club
12.06. D Aschaffenburg – Colos-Saal
13.06. D Munich – Backstage
14.06. D Stuttgart – dasCann
16.06. B Dessel – Graspop Metal Meeting*
17.06. D Neunkirchen – Stummsche Reithalle
18.06. F Clisson – Hellfest*
20.06. UK London – Underworld
21.06. UK Glasgow – Audio
22.06. UK Belfast – Limelight 2
23.06. IRL Dublin – Voodoo Lounge
24.06. UK Bristol – Thekla
26.06. GR Thessaloniki – Eightball Club*
27.06. GR Athens – Kyttaro Live*
30.06. E Barcelona – Rock Fest*
02.07. RUS Moscow – Volta*
*solo METAL CHURCH

15.07. USA Chicago, IL – Chicago Open Air
01.08. N Oslo – Sentrum Scene (w/ MEGADETH)
02.08. DK Copenhagen – Store Vega (w/ MEGADETH)
05.08. F Saint-Maurice-De-Gourdans – Sylak Open Air
09.08. CZ Jaromer – Brutal Assault
10.08. D Nuremberg – Hirsch
11.08. NL Leeuwarden – Into the Grave
12.08. P Vagos – Vagos Metal Fest
07.09. USA Atlanta, GA – ProgPower USA XVIII

L’ultimo e undicesimo album dei METAL CHURCH, “XI”, è uscito a Marzo 2016, e ha segnato il ritorno alla voce del leggendario Mike Howe! “XI” è stato prodotto da Kurdt Vanderhoof and co-prodotto da Chris “The Wizard” Collier.

La reunion tra i METAL CHURCH e Mike Howe è iniziata nel Luglio 2014 quando Mike ha iniziato a lavorare con Kurdt Vanderhoof per un suo progetto parallelo che stava creando con Nigel Glockler dei SAXON. Kurdt, durante questi primi incontri, ha convinto Mike a tornare con i METAL CHURCH. L’idea era quella di riuscire insieme a ritrovare un po’ della magia che ha caratterizzato i tre album pubblicati negli anni ’80: “The Human Factor”, “Blessing In Disguise” e “Hanging In The Balance”. Dalle varie sessioni è uscito “XI”, che ha catturato quelle atmosfere che hanno reso la band famosa negli anni ’80, mixate a un sound più forte e fresco.

Ordina “XI” : http://nblast.de/MetalChurchXINB
In digitale: http://nblast.de/MetalChurchDownloads


Maggiori info:
www.metalchurchofficial.com
www.facebook.com/officialmetalchurch
www.nuclearblast.de/metalchurch

Moonaadem – Moonaadem

In poco più di mezz’ora Antonios offre una solida dimostrazione delle proprie capacità compositive, andando a lambire tutte le diverse sfumature racchiuse nel black di matrice atmosferica e dimostrando in tal senso un notevole equilibrio.

Questo nuovo interessante progetto solista arriva dal Libano, altra nazione che di solito rimane fuori dai radar del metal (a memoria in epoca recente mi vengono in mente solo i bravi Kimaera).

Marwan Antonios inizialmente aveva denominato la sua creatura Black Folly, ma di fatto Moonaadem, fin dal nome che significa “non esistenza”, nasce con l’esigenza di cambiare non solo il monicker ma anche l’indirizzo musicale, con il sentire più malinconico che rabbioso espresso dal proprio black metal, sintomo di una necessità di comunicare sensazioni ancor più intime.
Con un sound mai troppo aspro, se non per il consueto screaming, l’album si snoda con buona fluidità tra toni atmosferici e qualche puntata nel depressive, senza ovviamente stravolgere gli schemi usuali, rivelandosi meritevole di attenzione in virtù di un impatto melodico non privo di eleganza unito ad una buona cura dei particolari: forse la sola voce, utilizzata comunque con parsimonia, appare un po’ compressa dagli strumenti ma non è detto che non sia un effetto voluto.
In poco più di mezz’ora Antonios offre una solida dimostrazione delle proprie capacità compositive, andando a lambire tutte le diverse sfumature racchiuse nel black di matrice atmosferica e dimostrando in tal senso un notevole equilibrio.
Molto belle Pleine Lune, la strumentale Désillusion e la conclusiva e la più liquida Marche Funèbre pour la Mort de la Terre, ma nel complesso c’è davvero ben poco da eccepire su questo primo passo targato Moonaadem, senza’altro passibile di ulteriori sviluppi alla luce del buon potenziale già espresso dal bravo musicista libanese.

Tracklist
1. Multivers
2. Pleine Lune
3. Malaise astral
4. Désillusion
5. Désolation et folie noire
6. D’une existence mourante
7. Marche funèbre pour la mort de la Terre

Line-up:
Marwan Antonios

MOONAADEM – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=dZfFeHUN91U

Corroded – Defcon Zero

Un album che alterna buoni momenti, tutta potenza ed impatto, ad altri un po’ troppo studiati per piacere al pubblico delle radio rock, un peccatuccio che non inficia il giudizio buono sull’intero lavoro.

Tredici anni di attività, una notorietà cresciuta dopo aver prestato la propria musica al programma tivù “Survivor (Expedition Robinson in Sweden)” e al videogame Battlefield e, dopo cinque anni dall’ultimo State Of Disgrace, il ritorno sul mercato con Defcon Zero.

E’ di nuovo tempo di Corroded, freschi di firma con Despotz Records, e del loro sound molto americano, colmo di groove e perfetto per maciullare teste in sede live.
Gli hard rockers svedesi aggiungono alla loro proposta palate di groove, grinta e tanta melodia, carta vincente per aspirare al successo dopo gli ottimi riscontri avuti qualche tempo fa.
Niente di nuovo, ma è indubbio che la carica hard metal con cui la band affronta la materia è di quelle altamente esplosive, moderno metal/rock che fa impazzire il pubblico oltreoceano e non manca di divertire quello sparso per il vecchio continente.
Melodie post grunge, riff pesanti come incudini, ritmiche hard rock sono il pane quotidiano dei giovani rockers a cui i Corroded si rivolgono con un album che mantiene un ottimo approccio, composto da brani piacevolmente duri, ma dai chorus che si stampano in testa già dal primo passaggio ed attimi di metallo più consistente e dalla tipica pesantezza panteriana.
Leggermente prolisso in qualche frangente, Defcon Zero perde in immediatezza nei brani più lunghi, meglio quindi quando il gruppo spara atomiche metalliche dagli effetti devastanti, come in Gun And A Bullet, nel singolo Fall Of Nation e in Burn If To The Ground, mentre la ballad A Note To Me lascia qualche dubbio, vicina com’è ai brani da classifica dei Nickelback.
Un album che alterna buoni momenti, tutta potenza ed impatto, ad altri un po’ troppo studiati per piacere al pubblico delle radio rock, un peccatuccio che non inficia il giudizio buono sull’intero lavoro.

TRACKLIST
1.Carry Me My Bones
2.Gun And A Bullet
3.Retract and Disconnect
4.Fall Of A Nation
5.Vessels Of Hate
6.Day Of Judgement
7.A Note To Me
8.Burn It To The Ground
9.DRF
10.Feel Fine
11.Rust and Nail

LINE-UP
Jens Westin -Vocals, Guitar
Tomas Andersson – Guitar,Backing vocals
Bjarne Elvsgård – Bass
Per Soläng – Drums

CORRODED – Facebook

Neige Et Noirceur – Verglapolis

Verglapolis è un disco di grande bellezza, da gustare con le cuffie, travalicando i generi per costruire una narrazione che è un mito moderno, un’opera sopra un evento ben più grande di noi, e che non possiamo capire fino in fondo, ma possiamo sentirlo.

La tempesta di ghiaccio del 1998 in Quebec durò una settimana, e lasciò gran parte del territorio senza elettricità per oltre un mese.

Questa incredibile tempesta è ricordata ancora molto bene dagli abitanti della parte francofona del Canada, e secondo alcuni studi, avrebbe lasciato impresso un segno nel dna dei bambini ancora in gestazione, a causa dello stress vissuto dalle madri.
Tutto ciò è narrato mirabilmente in questo disco di Neige Et Noirceur, il progetto solista di Spiritus nato nel 2002 e che ha una nutrita discografia. Il black metal di Neige Et Noirceur è profondamente influenzato dall’ambiente di provenienza, e la bravura particolare di Spiritus è quella di riuscire a rendere davvero il gelo e la pesantezza dell’ambiente quebecois, grazie alle chitarre distorte e all’uso sapiente e tenebroso di droni e tastiere. Tutto ciò che è ascoltabile nel disco concorre a creare un’ambientazione davvero glaciale e senza vita, se non quella di spiriti maligni, che sottolineano ancora una volta che su questa terra l’uomo è davvero ospite e nemmeno troppo gradito. In Verglapolis, questa città composta di blocchi di ghiacci, si possono sentire le note droniche di Neige Et Noirceur, un requiem della vita e della speranza, un suono affascinante e debitore nella sua poetica a H.P. Lovecraft, perché queste innominabili visioni sono figlie sue. Verglapolis è un disco di grande bellezza, da gustare con le cuffie, travalicando i generi per costruire una narrazione che è un mito moderno, un’opera sopra un evento ben più grande di noi, e che non possiamo capire fino in fondo, ma possiamo sentirlo.

TRACKLIST
1.Le monde est une foret noire
2.L’hiver de force
3.Nordet – Les premieres neiges
4.Pluie verglacante et brouillard de glace
5.Energie noire
6.Ruines electriques

LINE-UP
Spiritus: music and winter’s poems, guitars, Juno60 – synth yamaha, drums, drum machines, voices and howls
Schimaera: voice, noise

NEIGE ET NOIRCEUR – Facebook

In Reverence – The Selected Breed

Death/black, oscuro e devastante, attraversato da una vena melodica che si evince nei rallentamenti ed in qualche sfumatura dark, ma furioso e tempestoso nelle parti estreme, con un growl cavernoso, qualche accenno allo scream ed un impatto da tregenda.

Attivi dal 2010 in quel di Stoccolma, gli In Reverence debuttano sulla lunga distanza con The Selected Breed, lavoro che al death metal tradizionale aggiunge parti atmosferiche e violente ripartenze al limite del black.

Death/black, oscuro e devastante, attraversato da una vena melodica che si evince nei rallentamenti ed in qualche sfumatura dark, ma furioso e tempestoso nelle parti estreme, con un growl cavernoso, qualche accenno allo scream ed un impatto da tregenda.
Un vortice di metal estremo, un tornado metallico nero come la pece che non manca di regalare attimi devastanti, turbini death/black che si spengono quando escono l’anima dark e le sfumature atmosferiche del gruppo, mentre l’oscurità domina e la luce è ormai lontana.
Bellissima e penetrante Gods Of Dehumanization, devastante la title track: le nove tracce che compongono The Selected Breed alternano metal estremo con parti atmosferiche che smorzano in parte una tensione altissima, ma che a tratti costruiscono muri su cui si infrange la tempesta di note con cui gli In Reverence ci investono senza soluzione di continuità.
Registrato, masterizzato e mixato da Sverker Widgren ai Wing Studios (October Tide, Demonical, IXXI, Diabolical) The Selected Breed si avvale della prestazione al basso di Joakim Antman (Skitarg, Ove25rtorture, The Ugly, Diatonic) in veste di ospite insieme a Joakim Mikiver (One Hour Hell, Tormention) al microfono.
Un album che non porta novità nel panorama estremo, ma sicuramente soddisferà la voglia di morte e distruzione degli amanti del death e del black metal.

TRACKLIST
1. Jahiliah
2. Gods Of Dehumanization
3. Prometheus
4. The Selected Breed
5. The Sixth Bloodletting
6. Anthropogeny
7. Red Waves
8. Gift Of Disintegration
9. Life Rejuvenate

LINE-UP
Filip Danielsson – Vocals
Pedram Khatibi Shahidi – Guitar
Oscar Krumlinde – Drums

IN REVERENCE – Facebook

THEATRES DES VAMPIRES LIVE AT TRAFFIC, ROMA

Crown Metal Booking Agency & Revalve Records Presentano:

Venerdi 15 Settembre 2017

Per un’unica e imperdibile data

THEATRES DES VAMPIRES LIVE AT TRAFFIC, ROMA
Opening Acts:
HERETIC’S DREAM
WAIT HELL IN PAIN

TRAFFIC LIVE, Via Prenestina N°738, Roma

Orari:
TBA

POSTO UNICO Intero:
€ 10,00

I THEATRES DES VAMPIRES Band Gothic Metal capitanata dalla bravissima Sonya “Scarlet” Siccardi la band è nota per il ricorrente tema del vampirismo nei loro testi e nell’immagine, la band ha riscosso un particolare successo in paesi come nel Regno Unito, nell’America del sud e in Russia, il 16 ottobre 2016 è uscito il loro decimo album “Candyland” per la Scarlet Records dalle sfumature Symphonic e con il loro Gothic che li ha sempre contraddistinti, tornano nella capitale dopo molto tempo per uno show imperdibile.
YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=r2whvqOU2gw

Ad aprire la serata ci saranno gli Wait Hell In Pain Band Alternative/Melodic Metal proveniente da Roma, la band è appena entrata nel roster della Revalve Records, il 22 Settembre segnerà il loro debutto discografico il titolo dell’album è ancora Top Secret. YouTube: https://www.youtube.com/watch?v=LITeaqJsoYs
A seguire ci saranno gli Heretic’s Dream Band Prog Rock proveniente da Roma ma con base in UK, anche loro recentemente sono entratri nel roster della Revalve Records, il loro nuovo album uscirà nell’autunno di quest’anno.
YouTube:

Evento Facebook

WHITE SKULL

Nuovo lyric video e presentazione live del nuovo album

Nuovo lyric video e presentazione live del nuovo album!

È disponibile il nuovo lyric video di “LADY OF HOPE” nuovo singolo dei WHITE SKULL!!!!!

la band suonerà come headliner venerdì 2 Giugno al WINGS OF BEA METALFEST a Santhià (VC) e per l’occasione presenterà i nuovi brani di “WILL OF THE STRONG” il nuovo album in uscita il 9 Giugno su Dragonheart Records/Audioglobe!!!

Liv Sin – Follow Me

Da sparare a tutto volume come rivalsa al vicino dai gusti romantico pop da estate al mare, con Follow Me la Jagrell ci invita a seguirla nel suo mondo metallico, piacevolmente grezzo, senza compromessi, ma assolutamente perfetto per fare male senza pietà

I Sister Sin non esistono più: la band svedese diventata famosa per l’eccentrica singer Liv Jagrell, dopo tredici di onorata carriera e cinque album, tra  cui l’ultimo (Black Lotus) che aveva aperto definitivamente una breccia nella scena metallica, ha dato forfait.

Ma come una perversa e schizzata araba fenice la Jagrell rinasce dalle proprie ceneri , trasformandosi in Liv Sin, di fatto il suo progetto, aiutata da Tommy Winther al basso, da Patrick Ankermark e Christoffer Bertzell alle chitarre e Per Bjelovuk alla batteria.
Il primo lavoro si intitola Follow Me, licenziato dalla Despotz Records, prodotto da Stefan Kaufmann e Fitty Wienhold, suonato a meraviglia, duro come l’acciaio, perverso come la sua diabolica musa e letteralmente folgorante: hard & heavy potente e cristallino, una raccolta di brani da applausi e un paio di duetti che Liv si concede con Schmier dei Destruction (Killing Ourselves To Live) e Jirky 69, vampiro al microfono dei The 69 Eyes (Immortal Sin, cover dei Fight di Rob Halford).
Follow Me non deluderà i fans della Jagrell, tornata a scandalizzare con questa sua creatura che musicalmente non lascia indifferenti, regalando momenti di metal sopra le righe (The Fall, Godless Utopia), thrashy e groovy come i Machine Head più classici, pesanti come i Benedictum di Veronica Freeman era Uncreation, diabolicamente estremi e senza freni come la sua leader.
Da sparare a tutto volume come rivalsa al vicino dai gusti romantico pop da estate al mare, con Follow Me la Jagrell ci invita a seguirla nel suo mondo metallico, piacevolmente grezzo, senza compromessi, ma assolutamente perfetto per fare male senza pietà.

TRACKLIST
1.The Fall
2.Hypocrite
3.Let Me Out
4.Black Souls
5.Godless Utopia
6.Endless Roads
7.Killing Ourselves to Live
8.I’m Your Sin
9.Emperor of Chaos
10.Immortal Sin (Fight cover)
11.The Beast Inside

LINE-UP
Tommie Winther – Bass
Per Bjelovuk – Drums
Patrick Ankermark – Guitars
Christoffer Bertzell
Guitars – Liv Jagrell – Vocals

LIV SIN – Facebook

Progenie Terrestre Pura – oltreLuna

I Progenie Terrestre Pura fanno davvero un genere a sé stante, non valgono i parametri con altri gruppi, perché è tutto speciale.

I Progenie Terrestre Pura non sono umani, vengono dalla nostra vera casa, che è persa lontano nelle stelle.

La Terra è solo un luogo dove soffriamo immensamente, non è il nostro luogo, e lo sentiamo chiaramente quando avvertiamo continuamene che c’è qualcosa che non va. Il gruppo italiano ci conduce in un immenso viaggio interstellare, dove il black e il death metal sono i propulsori per raccontare una storia mai sentita prima. Il suono di oltreLuna è ancora più potente e magnifico di quello dei dischi precedenti, La bravura tecnica e compositiva del gruppo è seconda solo alle sensazioni che suscitano. OltreLuna come e più degli altri dischi è un qualcosa di coinvolgente, come uno sguardo gettato su di un presente futuro che non riusciamo a cogliere imprigionati nelle nostre veste attuali. I Progenie Terrestre Pura con il loro suono monolitico, con sprazzi di black metal atmosferico molto potente ed evocativo, e persino con frequenti intarsi di voce lirica e strumenti antichi, tracciano una traiettoria che non può essere descritta se non tramite l’ascolto. E oltreLuna non è solo un disco ma è molto di più. Le immagini evocate con il cantato in italiano, lo splendido lavoro grafico di Alexander Preuss, e soprattutto la loro musica sono un film, è il racconto di un viaggio che forse l’uomo ha già compiuto ma del quale se n’è persa la memoria. I Progenie Terrestre Pura fanno davvero un genere a sé stante, non valgono i parametri con altri gruppi, perché è tutto speciale. I brani sono composti in maniera progressiva, non esiste la stantia forma canzone, perché questo è un viaggio verso le stelle più lontane. Le esperienze musicali sono molteplici e si basano soprattutto sui gusti dell’ascoltatore, ma oltreLuna è un vissuto musicale e poetico che è vivamente consigliato a chi ha una mente aperta e vuole continuare il viaggio. Forse all’estero hanno capito che questo gruppo è davvero una cosa incredibile e forse irripetibile. Oltre la Luna, perché noi siamo ben più di questo.

TRACKLIST
01 [.Pianeta.Zero.]
02 [.subLuce.]
04 [.Deus.Est.Machina.]
05 [.Proxima-B.]
03 [.oltreLuna.]

LINE-UP
Davide Colladon – Guitars/Composition
Emanuele Prandoni – Vocals/Lyrics
Fabrizio Sanna – Bass/Production

PROGENIE TERRESTRE PURA – Facebook

Cult Of Erinyes – Tiberivs

I nove brani offerti in Tiberivs non lasciano un solo attimo di tregua, intrisi come sono di una costante tensione che corre sul filo di sonorità che attingono sicuramente alla parte migliore della scuola scandinava.

Penso che anche i detrattori più accaniti del genere converranno sul fatto che, se black metal deve essere, va suonato e offerto come fatto dai Cult Of Erinyes con questo loro terzo full length intitolato Tiberivs.

La band belga è autrice di una forma del genere che non ne stravolge le coordinate ma, semmai ne amplifica e valorizza i tratti salienti, per cui il sound è pervaso allo stesso tempo di un’aura oscura e solenne che fa risaltare l’opera rispetto alle molte uscite di questi tempi.
I nostri, per non lasciare nulle di intentato, si sono circondati di diversi ospiti che forniscono il loro contributo alla riuscita dell’album, tra i quali non si può fare a meno di notare il nome di Déhà (batteria, tastiere e chitarra), la cui presenza è una sorta di evento sentinella capace da sola di determinare a priori la bontà di un album, benché in questo caso la responsabilità compositiva sia tutta di competenza dell’ottimo Corvus.
I nove brani offerti in Tiberivs non lasciano un solo attimo di tregua, intrisi come sono di una costante tensione che corre sul filo di sonorità che attingono sicuramente alla parte migliore della scuola scandinava, ma esibendo tracce evidenti di una rilettura personale e di grande competenza.
Tutti i protagonisti dell’album si esprimono al meglio delle loro potenzialità, portando ognuno un proprio fondamentale contributo alla sua riuscita, a partire da Mastema, il quale, oltre ad aver ideato il concept che trae linfa dalla storia dell’antica Roma e da uno dei suoi più controversi imperatori, si rivela vocalist corrosivo dalla timbrica spesso sconfinante nel growl, portando così il sound più vicino alle maggiori band che utilizzano questa soluzione, prime fra tutte i Dark Funeral; va aggiunto che il vocalist ha interrotto dopo l’uscita dell’album il suo lungo sodalizio con Corvus, il quale è corso ai ripari rimpiazzandolo, come meglio non avrebbe potuto, con lo stesso Déhà.
L’album è piuttosto lungo per le abitudini del black ma la sia intensità elimina alla radice tale problema, rendendolo un prodotto da assaporarsi comunque con la dovuta attenzione, vista anche la presenza di più di un passaggio di natura ambient sparso nei vari brani. I Cult Of Erinyes possono rallentare il sound ai limiti del doom, mantenersi su mid tempo o scaricare la propria veemenza ad andature ben più sostenute, ciò avviene però sempre con grade fluidità, e spesso all’interno degli stessi brani, rendendo ancor più avvincente un sound che si avvale anche di ottimi spunti solistici della chitarra.
Nessun punto debole, solo una violenza sempre sotto controllo ed un gusto melodico che, sebbene compresso dall’attitudine estrema, sboccia all’improvviso con interventi solisti della chitarra che impreziosiscono anche le due tracce migliori dell’album, Casus Belli e Germanicvs, appena superiori al resto di una tracklist che non delude in alcun suo frangente.
Uno dei migliori dischi black dell’anno in corso, almeno secondo i miei personalissimi gusti.

Tracklist:
1.Archaea
2.Nero
3.Casus Belli
4.Bred for War
5. Loner
6. Germanicvs
7. First of Men
8. Damnatio Memoriae
9. For Centuries to Come

Line-up:
Corvus – Guitars, Bass
Mastema – Vocals
Algol – Bass, Guitars (additional)
Baron – Guitars (lead)

Guests:
Déhà – Drums, Keyboards
Alex – Bass (track 1)
Marc DeBacker – Guitars (track 9)

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42 Decibel – Overloaded

I 42 Decibel a differenza di molti loro colleghi usano la carta del blues e fanno bene: la loro proposta si ferma a Let There Be Rock, lasciando ad altri la parte più hard rock e commerciale del sound dei fratelli Young.

Non saranno certo gli argentini 42 Decibel a cambiare le sorti del rock, ma se la nostalgia per quel sound grezzo e potente che gli Ac/Dc amalgamavano con dosi illegali di blues, negli anni in cui dietro al microfono si cimentava Bon Scott, allora il nuovo Overloaded è l’album giusto per tornare a trastullarvi come ai tempi di Whole Lotta Rosie e Let There Be Rock.

Passate direttamente alla quarta traccia (Roadkiller) e ditemi se la più famosa e lasciva The Jack del quintetto australiano non torna prepotentemente ad importunarvi, nelle serate in cui l’alcool esce dai pori della vostra pelle, sudata dal caldo estivo e dalla passione per la chica che dorme serenamente al vostro fianco.
Ma facciamo un passo indietro e presentiamo i 42 Decibel, band di Buenos Aires al terzo album dopo il debutto del 2010 intitolato Hard Rock ‘n’ Roll, ed il seguente Rolling In Town licenziato un paio di anni fa.
Il gruppo di rockers capitanato dal batterista Nicko Cambiasso torna dunque con il suo personale tributo alla più famosa band della storia del rock in arrivo dalla terra dei canguri, un monumento al genere che continua a fare proseliti, pur arrancando in sede live, dopo più di quarant’anni sul groppone.
I 42 Decibel a differenza di molti loro colleghi usano la carta del blues e fanno bene, la loro proposta si ferma a Let There Be Rock, lasciando ad altri la parte più hard rock e commerciale del sound dei fratelli Young, così da sporcare di irriverenza e attitudine alcolica la loro musica proprio come avrebbe fatto il buon Scott.
Ne esce una piacevole rivisitazione del sound settantiano del gruppo australiano, cattivo e maleducato perché nato nei locali fumosi e perversi, tra una bevuta ed un lavoretto nei bagni, tanto per fare arrotondare lo stipendio alla cameriera, mentre la chitarra accompagna il tono rauco e perdente di un Junior Figueroa, impossessato dal demone che una volta abitò nel corpo del più famoso e alcolico cantante.
Dangerous Mess, la già citata Roadkiller, la divertentissima Lost Case e Double Itch Blues spiccano, ma è tutto l’album che non risparmia emozioni e sfumature provenienti dal perdente ma tremendamente affascinate mondo del rock blues alla Ac/Dc, anzi … alla 42 Decibel.

TRACKLIST
1. Whiskey Joint
2. Dangerous Mess
3. Brawler
4. Roadkiller
5. Hot Shot
6. Half Face Dead
7. Lost Case
8. Cause Damage
9. Double Itch Blues
10. Cannon Fodder

LINE-UP
Junior Figueroa – Vocals, Guitar
Nicko Cambiasso- Drums
Billy Bob Riley – Rhythm & Slide Guitar
Matt Fraga – Bass

42 DECIBEL – Facebook

Backflip – The Brainstorm Vol.2

Difficile immaginare cosa ci avrebbe riservato questo album, visto l’hardcore completamente innovativo della band portoghese. Questa volta i Backflip si sono superati, offrendoci un prodotto davvero valido e originale

Il primo volume di The Brainstorm, rilasciato nel 2015, ha sicuramente dimostrato tutto il potenziale dei Backflip.

Dopo due anni, la band portoghese pubblica il secondo volume del suddetto lavoro, The Brainstorm Vol.2, offrendo però un sound quasi del tutto nuovo rispetto al suo predecessore e presentando un hardcore molto moderno e sofisticato: tuttavia la band non abbandona il suo stile aggressivo e travolgente.
Se nel primo volume di The Brainstorm il sound dei Backflip era riconducibile a dei grandi esponenti del genere quali gli H2O, nel secondo è quasi inevitabile pensare a band come gli Stick To Your Guns.
Nell’album in questione troviamo tutta la grinta tipica dell’hardcore, riscontrabile soprattutto nell’ultima traccia To The Bone. Questa grinta, però, va addolcendosi nel ritornello, dove troviamo un sound più melodico e la voce della cantante (Ines Oliveira) che cambia dal tipico timbro “crudo” dell’hardcore ad uno più caldo e pulito. Il loro sound è caratterizzato, dunque, dai cori presenti in ogni traccia, dalla rapidità del genere “spezzata” dai melodici ritornelli e da elaborati riff di chitarra derivanti dalle varie influenze presenti.
Insomma, un album che farà rimanere senza parole chi si aspetta un HC old school, ma che si farà comunque apprezzare dal pubblico. Ascoltando in successione The Brainstorm Vol.1 e The Brainstorm Vol.2 si nota chiaramente il cambiamento del sound da parte della band portoghese.
I Backflip vogliono dimostrare tutta la loro crescita e la loro maturità acquisita in questi due anni, proponendo al pubblico un nuovo tipo di hardcore: sicuramente questi ragazzi non ci deluderanno in futuro con il loro nuovi lavori.

TRACKLIST
1) Born Headfirst
2) Burning High
3) Loyal Opposition
4) Redemption
5) Symptoms
6) To The Bone

LINE-UP
Inês Oliveira – Vocals
João Vidigal – Bass + Vocals
Pedro Vida Conceição – Drums
João Saraiva – Guitar

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The Ruins Of Beverast – Exuvia

La musica dei The Ruins Of Beverast va ben oltre qualsiasi etichetta, esplicitandosi in una forma che sfida le convenzioni e la banalità, ma risultando ugualmente, per assurdo, meno ostica di quanto si potrebbe supporre.

Pochi mesi dopo l’ottimo ep Takituum Tootem, ecco giungere l’atteso nuovo full length dei The Ruins Of Beverast.

Alexander Von Meilenwald, il musicista tedesco che è dietro questo progetto, prosegue con questo suo quinto lavoro su lunga distanza l’opera di consolidamento di uno status derivante da un’espressione stilistica peculiare ed in costante evoluzione.
Rispetto all’ep vengono mantenuti i riferimenti etnici riferiti alla cultura dei nativi americani, che in più di un brano si manifestano tramite invocazioni rituali e vocalizzi femminili, il tutto all’interno di una struttura definibile black/doom solo per consentirne un’approssimativa identificazione.
In realtà, la musica dei The Ruins Of Beverast va ben oltre qualsiasi etichetta, esplicitandosi in una forma che sfida le convenzioni e la banalità, ma risultando ugualmente, per assurdo, meno ostica di quanto si potrebbe supporre, in virtù di una capacità si scrittura non comune che consente a Von Meilenwald di piazzare, in ogni traccia, passaggi chiave capaci di attrarre fatalmente l’attenzione avvinghiando l’ascoltatore senza alcuna remissione.
Ne è l’esempio più eclatante la lunga title track posta in apertura, magnifico viaggio rituale di oltre un quarto d’ora nel quale le ossessive note in sottofondo si ripetono come un mantra, mentre la musica fluttua sovrapponendosi a voci salmodianti o a quella più canonica dell’autore, che invece in altri frangenti dell’album esibisce tonalità in scream e un growl.
Il resto di Exuvia si dipana così tra sentori sperimentali, sprazzi industriali, dissonanze che difficilmente si dissolvono in melodie compiute ma che mantengono sempre elevatissimo il carico di tensione, spingendosi oltre l’ora di durata, un qualcosa di molto vicino ad un suicidio artistico per chiunque non fosse in grado di esibire la stessa chiarezza d’intenti del musicista di Aachen .
L’album va ascoltato uscendo dalla logica del track by track, perché ne verrebbe sminuito l’impatto avvolgente, ed arrivare alla nuova versione di Takitum Tootem!, posta in chiusura, risulterà impegnativo quanto gratificante.
Così, come l’exuvia (l’esoscheletro abbandonato da diverse specie di crostacei, insetti e aracnidi dopo la muta), la musica targata The Ruins Of Beverast si trasforma dopo ogni ascolto in un involucro testimone di un estro compositivo che, nello stesso momento in cui viene rilevato si sta già trasferendo altrove, pronto ad mostrare ulteriori e visionari bagliori creativi.

Tracklist:
1.Exuvia
2.Surtur Barbaar Maritime
3.Maere (On A Stillbirth´s Tomb)
4.The Pythia´s Pale Wolves
5.Towards Malakia
6.Takitum Tootem (Trance)

Line up:
Alexander Von Meilenwald

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