AMON AMARTH

Il video di “The Way Of Vikings”, dall’ultimo album Jomsviking.

Dopo aver pubblicato gli incredibili video di “First Kill” (https://youtu.be/qw5G6fF-wqQ) e “At Dawn’s First Light” (https://youtu.be/h6-krHfdmGg) lo scorso anno, gli Amon Amarth offrono ora una nuova chicca dall’ultimo album Jomsviking, “The Way Of Vikings”, diretto da Grupa 13

Dal 14 luglio gli Amon Amarth si sono imbarcati nel tour estivo con tappa in Italia il 7 agosto!

Amon Amarth tour dates
July 14 – Gavle, Sweden – Gefle Metal Festival
July 16 – Chicago, USA – Chicago Open Air
July 25 – Tolmin, Slovenia – Metaldays Festival
July 27 – Tel Aviv, Israel – Theatre Club
July 29 – Istanbul, Turkey – Rock Off Festival
Aug. 2 – Vienna, Austria – Jolly Roger Festival
Aug. 4 – Kostrzyn nad Odra, Poland – Przystanek Woodstock
Aug. 5 – Wacken, Germany – Wacken Open Air
Aug. 6 – Colmar, France – Foire Aux Vins
Aug. 7 – Majano (Udine), Italy – City Festival
Aug. 9 – Villena, Spain – Leyendas Del Rock
Aug. 11 – Derbyshire, UK – Bloodstock Open Air
Aug. 12 – Leeuwarden, Netherlands – Into The Grave
Aug. 13 – Kortrijk, Belgium – Alcatraz Festival
Aug. 17 – Dinkelsbuhl, Germany – Summer Breeze
Aug. 18 – Moravsky Krumlov, Czech Republic – Rock Heart Festival
Aug. 19 – Zvolen, Slovakia – More Than Fest
Aug. 21 – Pratteln, Switzerland – Earshaker Day
Aug. 23 – Budapest, Hungary – Barba Negra Open Air Show
Aug. 25 – Giessen, Germany – Kultursommer
Aug. 26 – Sulingen, Germany – Reload Festival
Aug. 28 – Kiev, Russia – Sentrum
Aug. 29 – Minsk, Russia – Re:Public
Aug. 30 – St. Petersburg, Russia – A2
Aug. 31 – Krasnodar, Russia – Arena Hall
Sept. 2 – Yekaterinburg, Russia – Tele Club
Sept. 4 – Samara, Russia – Zvezda
Sept. 5 – Moscow, Russia – Yotaspace

Dark Avenger – The Beloved Bones : Hell

Suoni di nobile metallo heavy/power ed un approccio magniloquente ed oscuro fanno di questo album un autentico masterpiece, incollando l’ascoltatore dalla prima all’ultima nota alle cuffie, con il rischio che prendano fuoco sotto tonnellate di riff e solos ed una vena progressiva stupefacente.

Ne è passata acqua sotto i ponti da quando, nel lontano 1995 i brasiliani Dark Avenger debuttavano con il primo, omonimo album.

Dopo sei anni, precisamente nel 2001, Tales Of Avalon: The Terror consegnò il gruppo di Brasilia all’immortalità grazie ad una prova non solo clamorosa a livello tecnico, ma soprattutto benedetta da un songwriting superlativo.
Sedici anni sono una vita musicalmente parlando e i Dark Avenger, dopo averci provato con la seconda parte del concept che li ha resi famosi tra gli amanti dei suoni heavy/power (Tales Of Avalon: The Lament) nel 2013, tornano con una nuova storia ed un bellissimo e quanto mai devastante lavoro, The Beloved Bones : Hell.
E, in effetti, la band scatena un autentico inferno di suoni metallici, con una serie di brani che si candidano come uno dei più riusciti esempi del genere in questo 2017.
Il full length è stato registrato, mixato e prodotto dal chitarrista Glauber Oliveira e masterizzato da Tony Lindgren presso i Fascination Studios, un’ulteriore garanzia di qualità, e licenziato dalla Rockshot Records .
Suoni di nobile metallo heavy/power ed un approccio magniloquente ed oscuro fanno di questo album un autentico masterpiece, incollando l’ascoltatore dalla prima all’ultima nota alle cuffie, con il rischio che prendano fuoco sotto tonnellate di riff e solos ed una vena progressiva stupefacente.
Siamo tornati ai livelli che la band raggiunse all’alba del nuovo millennio, con un Mário Linhares letteralmente indemoniato dietro al microfono ed i suoi compari che sembrano suonare tra le fiamme di qualche girone infernale, diabolici ed assolutamente imprevedibili nelle intricate trame di brani spettacolari.
Il metal classico nella sua forma più dura, aggressiva, ma allo stesso tempo raffinata ed elegante con brani che formano una mastodontica opera che si avvicina pericolosamente alla perfezione, questo è The Beloved Bones: Hell.
Inutile, come sempre in questi casi, un track by track che nulla aggiunge a quanto scritto (Smile Back To Me, King For A Moment, Parasite e Purple Letter sono tracce che nel genere trovano pochi confronti): i Dark Avenger sono tornati con l’album della vita, quello che conferma dopo così tanti anni tutto tutto il bene detto dagli addetti ai lavori ai tempi dell’uscita del secondo bellissimo lavoro.

Tracklist
1.The Beloved Bones
2.Smile Back to Me
3.King for a Moment
4.This Loathsome Carcass
5.Parasite
6.Breaking Up, Again
7.Empowerment
8.Nihil Mind
9.Purple Letter
10.Sola Mors Liberat
11.When Shadow Falls

Line-up
Gustavo Magalhães – Bass
Hugo Santiago – Guitars
Mário Linhares – Vocals
Anderson Soares – Drums
Glauber Oliveira – Guitars

DARK AVENGER – Facebook

Eva Can’t – Gravatum

Ascoltando Gravatum più volte con il giusto approccio, memorizzandone i passaggi e lasciandosi compenetrare dalla potenza lirica e drammatica del racconto, si arriverà al punto di non poterne più fare a meno, come è tipico delle opere musicali di livello superiore.

Gli Eva Can’t sono un band bolognese formatasi agli albori del decennio e guidata da Simone Lanzoni, ovvero il clean vocalist protagonista degli ultimi due magnifici album degli In Tormentata Quiete.

Già questo dato potrebbe, da solo, attrarre l’attenzione di molti tra i possibili appassionati smarriti nel labirinto formato dai sottogeneri del metal e del rock e dal relativo flusso oceanico di uscite, ma è bene dire da subito che, con Gravatum, gli Eva Can’t ci hanno omaggiato di un vero e proprio capolavoro di arte musicale, capace di trasportare ai giorni nostri il potenziale evocativo e poetico che fu il tratto distintivo del progressive italiano degli anni ’70, uno dei movimenti musicali più significativi e peculiari nella storia moderna delle sette note, a detta non solo del sottoscritto, ma anche di commentatori ben più quotati e credibili.
Il fatto che il gruppo felsineo sia approdato a questi lidi, pur essendo formato sostanzialmente da musicisti dal robusto background metal, non deve sorprendere, visto che i prodromi di tutto questo sono riscontrabili in un percorso evolutivo che, partendo dall’heavy del debutto L’enigma delle ombre, si è poi snodato senza porsi particolari limiti di stile o di genere.
Quello che sicuramente non è mai cambiata, costituendo uno dei tratti distintivi della band, è la cura nella stesura dei testi, sempre ispirati, dal grande afflato poetico e pervasi da un costate contrasto tra lo smarrimento di fronte alla caducità dell’esistenza e la consapevolezza di quanto questa rappresenti dopotutto un regalo, benché gran parte dell’umanità non ne abbia colto né il senso né, soprattutto, il valore.
In Gravatum, gli Eva Can’t non lesinano comunque sull’espressione di un’amarezza di fondo ben esplicitata da un concept che racconta gli ultimi istanti dell’uomo sulla Terra, in un turbinio inesauribile di emozioni in cui le liriche non rivestono un ruolo affatto marginale, ma appaiono fondamentali esattamente quanto un struttura musicale che, come detto, si muove da una base prog rock per sconfinare nel folk (La Ronda di Ossa), senza dimenticare le radici metal che emergono soprattutto nella splendida title track.
Ma l’album è nient’altro che un percorso emotivo regalatoci da Lanzoni e dai suoi altrettanto bravi compagni d’avventura fin dalla prima ora (Luigi Iacovitti alla chitarra, Andrea Maurizzi al basso e Diego Molina alla batteria), nel corso del quale ci si imbatte in ogni istante in attimi di cristallina bellezza, in una forma d’arte talmente evoluta e perfetta in grado di commuovere lasciando un segno indelebile.
Sfido anche i meno sensibili a non provare qualche brivido quando Simone Lanzoni intona Terra su un toccante tappeto pianistico, un connubio che riporterà chi ha già qualche capello bianco ai momenti perduti nel tempo e ritenuti irripetibili del miglior Banco del Mutuo Soccorso, anche se chiaramente il vocalist non ha nulla in comune stilisticamente con il compianto Di Giacomo, se non una stessa intensità interpretativa ed un’espressività che non vengono mai meno, neppure nelle parti recitate o nei rari passaggi in growl.
In poco più di un’ora gli Eva Can’t rielaborano con grande competenza il meglio della tradizione rock/metal italiana, ammantando il tutto di un’aura poetica in grado di fare la differenza, con il suggello dei sedici minuti di straordinaria varietà e profondità della conclusiva Pittori Del Fulgido Astratto.
Se i tolemaici ascoltatori odierni del progressive avessero ancora orecchie per sentire, con la band bolognese avrebbero trovato finalmente un moderno punto di riferimento e qualcuno degno senza alcun dubbio di soppiantare diversi gruppi storici che, con tutto il dovuto rispetto ed altrettanta riconoscenza, negli ultimi decenni hanno vissuto solo della luce riflessa del proprio illustre passato; purtroppo (anche se spero di sbagliarmi) a gratificare della giusta attenzione un album di tale spessore saranno i soliti e deprecati “metallari” dalla mentalità più aperta, quelli che le emozioni le ricercano anche nel presente,  senza condizionamenti o pregiudizi di sorta.
Comunque sia, ascoltando Gravatum più volte con il giusto approccio, memorizzandone i passaggi e lasciandosi compenetrare dalla potenza lirica e drammatica del racconto, si arriverà al punto di non poterne più fare a meno, come è tipico delle opere musicali di livello superiore.

Tracklist
1. L’Alba Ci Rubò Il Silenzio
2. Apostasia Della Rovina
3. La Ronda Di Ossa
4. Oceano
5. Terra
6. Gravatum
7. Pittori Del Fulgido Astratto

Line-up:
Simone Lanzoni: guitars, vocals
Diego Molina: drums
Luigi Iacovitti: guitars
Andrea Maurizzi: bass

Guests:
keyboards by Andrea Roda
lead guitar on “Oceano” by Andrea Mosconi

EVA CAN’T – Facebook

Bone Man – III

Il modo particolare di approcciarsi al rock dei tedeschi Bone Man deriva dagli ultimi anni del secolo scorso e viene investito da un attitudine psichedelica, decollando e rimanendo in quota per tutta la durata di III.

Ci si può perdere anche nelle foreste della Germania, specialmente se veniamo rapiti dal sound di questo ottimo sesto lavoro dei Bone Man, trio che dell’ hard rock fa il suo credo, psichedelico e dai rimandi novantiani.

Infatti, il modo particolare di approcciarsi al rock dei tedeschi deriva dagli ultimi anni del secolo scorso e viene investito da un attitudine psichedelica, decollando e rimanendo in quota per tutta la durata di III.
Il trio picchia non poco, il rock graffiante dei primi Soundgarden viene stonato da tonnellate di mood psichedelico senza mai perdere la forma canzone, dunque dimenticatevi lunghe jam, care ai gruppi underground odierni (in linea con l’attitudine old school tanto cool in questi anni): tra lo spartito di III si respira rock, nascosto sotto una coltre di watt, ma dall’ottimo appeal.
Con These Days Are Gone, Wreck Under The Sea e il suo mood oscuro, Incognito con il basso che pulsa sotto l’effetto di allucinati rimandi ottantiani, e la furia stoner di Zeitgeist, si continua a girare intorno ad una radura con la brutta sensazione di esserci già passati più volte, mentre la fredda notte incalza e la speranza di tornare sulla retta via diventa una mera illusione.
Avvicinatevi con cautela a III, ma fatelo, non ve ne pentirete.

TRACKLIST
1.Pollyanna
2.Zeitgeist
3.These Days Are Gone
4.Cold Echo
5.False Ambition
6.Wreck Under The Sea
7.Incognito
8.Years Of Sorrow

LINE-UP
Marian Klein – Guitar
Arne Doepper – Bass
Dennis “Ötzi” Oelze – Drums

BONE MAN – Facebook