Lo-Ruhamah – Anointing

E’ un sound estremo, atmosfericamente angosciante, quello che compone Anointing e i suoi nove capitoli, un black metal che non rinuncia alla debordante potenza del death, ma la modella a suo piacimento.

Nata negli Stati Uniti nel lontano 2002, ma oggi di base in Estonia, torna tramite la I,Voidhanger la band death/black dei Lo-Ruhamah, a dieci anni esatti dal debutto The Glory Of God.

Poche notizie per questa realtà che, come tradizione della label, risulta fuori dai canoni dei generi da cui prende ispirazione, per poi viaggiare per conto proprio, tra post rock, un’anima disperatamente progressiva, ed un’ aura mistica ed occulta che rende la proposta misteriosamente matura.
E’ un sound estremo, angosciante, quello che compone Anointing e i suoi nove capitoli, un black metal che non rinuncia alla debordante potenza del death, ma la modella a suo piacimento, tra ritmiche fantasiose e mai statiche, urla di lacerante disperazione e terrificanti interventi in screaming, come se il protagonista avesse una diatriba con un demone, maligno ed ingordo di anime.
Ecco allora che bordate di metallo estremo di stampo death annichiliscono atmosfere post rock per tornare al black metal primigenio, mentre l’opener Mouth, le parti intimiste e dark progressive della seguente Sibilant Chorus, il lento incedere doom/black di Vision And Delirium, il caos ragionato di The Corridor, portano l’ascoltatore in uno stato quasi ipnotico, mentre Aeon conclude questa mezzora abbondante di suoni ed emozioni estreme.
I Lo-Ruhamah hanno dato voce alle anime oscure che si celano in un mondo dove non si conoscono le paranoie insite nell’uomo moderno, troppo impegnato a rincorrere un benessere effimero, accorgendosi troppo tardi di come il filo tra dolore, sofferenza e dannazione sia sottile.

Tracklist
1. Mouth
2. Sibilant Chorus
3. Rending
4. Charisma
5. Vision And Delirium
6. The Corridor
7. Lidless Eye
8. Coronation
9. Aeon

Line-up
Harry Pearson – Drums
Matthew Mustain – Guitars
J. Griffin – Bass, Vocals

LO-RUHAMAH – Facebook

Rancid – Trouble Maker

Trouble Maker è un album di buon livello, che piacerà ai nuovi fan della band ma che deluderà (non troppo) i vecchi.

Qui non si parla di una band qualsiasi, qui si parla dei Rancid, la band californiana pilastro del punk rock, probabilmente la realtà più grande della scena punk da più di 25 anni a questa parte.

In tutti questi anni abbiamo imparato a conoscerli e, come ben sappiamo, i Rancid non amano i cambiamenti. Certo, la band ha sperimentato molto, andando dal punk rock allo ska, dallo street punk all’hardcore, ma si trattava solo di brani sporadici, uno o due per album, e alla fine lo stile era quello. Infatti, Trouble Maker presenta esattamente le caratteristiche dei suoi predecessori: ritmiche rapide, basso esplosivo e ritornelli vivaci. Tuttavia, nonostante il sound sia sempre quello, c’è qualcosa che fa sì che la grinta e l’energia che trovavamo in album come Indestructible e …And Out Come The Wolves sia qualcosa di assente e ormai lontano.
Anche in Trouble Maker non mancano le solite sperimentazioni e si presenta comunque come un album molto variegato: è deducibile che la band voglia “tornare alle origini”, ma senza farsi mancare nulla. L’album si apre con una traccia (Track Fast) sì di breve durata ma anche molto potente, che quasi richiama l’hardcore. Vi è inoltre una canzone (Telegraph Avenue) che, come già ha detto qualcuno, cerca di unire ritmiche da ballata folk ai ritornelli in puro stile punk. Le altre tracce invece sono puramente punk rock stile Rancid, anche se meno potenti di brani ineguagliabili come “Hyena”.
La verità è che Trouble Maker non contiene brani “fatti male” o non validi, solo che non ne contiene nemmeno altri che possano dimostrare la crescita e la maturazione dei Rancid dopo i loro tanti anni di carriera. Una band finita? Forse, o forse no. Difficile dirlo. Ci sono troppe cose negative in questo album. Le tracce sono molte, è vero, ma quasi nessuna supera i due minuti e forse sono solo le prime tre che entusiasmano davvero. Non si sa se la carriera dei Rancid sia agli sgoccioli o la band abbia ancora tanto da dire, fatto sta che i loro vecchi fan sarebbero più che contenti di un “finale col botto”.
Trouble Maker resta comunque un album di buon livello, che piacerà ai nuovi fan della band ma che deluderà (non troppo) i vecchi. La band californiana ha sbagliato davvero poche volte nella sua carriera, perciò sicuramente i loro futuri lavori faranno sì (speriamo) che Trouble Maker diventi solo un ricordo.

Tracklist
1) Track Fast
2) Ghost of a Chance
3) Telegraph Avenue
4) An Intimate Close Up of a Street Punk Trouble Maker
5) Where I’m Going
6) Buddy
7) Farewell Lola Blue
8) All American Neighborhood
9) Bovver Rock and Roll
10) Make It Out Alive
11) Molly Make Up Your Mind
12) I Got Them Blues Again
13) Beauty of the Pool Hall
14) Say Goodbye to Our Heroes
15) I Kept a Promise
16) Cold Cold Blood
17) This Is Not the End
18) We Arrived Right on Time
19) Go On Rise Up

Line-up
Tim Armstrong – Vocals & Guitars
Lars Frederiksen – Vocals & Guitars
Matt Freeman – Bass
Branden Steineckert – Drums

RANCID – Facebook

DEVILMENT

Il video ufficiale di ‘JudasStein’, dall’album “Devilment II: The Mephisto Waltzes” (Nuclear Blast).

Dalla terra delle streghe, i nefasti DEVILMENT – capitanati dal veemente frontman Dani Filth, pubblicano il video ufficiale di ‘JudasStein’.

La canzone è tratta dal recente album “Devilment II: The Mephisto Waltzes”.

Altro su “Devilment II: The Mephisto Waltzes”:
‘Hitchcock Blonde’ music video: https://youtu.be/tQbZ-tQycEY
‘Under The Thunder’ official lyric video: https://youtu.be/B2P-FtGAayw
‘Full Dark, No Stars’ official lyric video: https://youtu.be/oetNQzgscRk

Ordina “Devilment II: The Mephisto Waltzes”: http://nblast.de/DevilmentMephistoNB

Tracklist :
Limited Edition CD
1. JudasStein
2. Hitchcock Blonde
3. Under The Thunder
4. Full Dark, No Stars
5. Shine On Sophie Moone
6. Life Is What You Keep From The Reaper
7. Dea Della Morte
8. Entangled In Our Pride
9. Hell At My Back
Bonus tracks:
10.The Seductive Poison
11. Father Dali

Limited Edition Double Gatefold Vinyl
Side A
1. JudasStein
2. Hitchcock Blonde
3. Under The Thunder
Side B
1. Full Dark, No Stars
2. Shine On Sophie Moone
3. Life Is What You Keep From The Reaper
Side C
1. Dea Della Morte
2. Entangled In Our Pride
3. Hell At My Back
Side D (bonus tracks)
1. The Seductive Poison
2. Father Dali

www.facebook.com/devilmentcorps
www.nuclearblast.de/devilment

Subterranean Masquerade – Vagabond

Vagabond è un album splendido, un lavoro progressivo che entusiasma e non può e non deve lasciare indifferenti gli amanti della musica in senso lato.

Ecco un altro album straordinario che valorizza a mio avviso un anno che sta regalando grosse soddisfazioni agli amanti del metal/rock, anche se come afferma qualcuno manca ancora l’opera che dovrebbe smuovere il mercato come avvenne negli anni novanta.

Ma a noi amanti del bello, a prescindere da stadi colmi e classifiche scalate, ci godiamo opere di un’altra categoria come Vagabond, ultimo parto della multinazionale progressiva Subterranean Masquerade, più che una band, un nugolo di talenti al servizio della musica a 360°, capitanata dal chitarrista israeliano Tomer Pink e con il contributo al microfono di Kjetil Nordhus (Green Carnation, Tristania).
Terza meraviglia targata Subterranean Masquerade, dopo il debutto nel lontano 2005 con Suspended Animation Dreams ed il precedente The Great Bazaar di un paio di anni fa, con  una manciata di musicisti che si alternano come ospiti tra le fila del gruppo e tanta musica che, pur strutturata su un progressive rock di ultima generazione, amoreggia con la musica etnica, per poi lasciare che sfumature estreme brutalizzino attimi di musica che risplende di note variopinte come, appunto (prendendo spunto dal titolo del precedente lavoro), se ci si trovasse in un bazaar.
Ogni nota una sorpresa, ogni canzone un viaggio in questa musica che più internazionale di così non si può, mentre non sono poche le ispirazioni del gruppo (King Crimson, Nightingale e Spock’s Beard) che ci appaiono come oasi musicali tra l’opener Place For Fairytales, la decisa e spettacolare Nomad e la splendida Ways .
Gli Orphaned Land sono presenti pure loro, e non potrebbe essere altrimenti  vista la quantità di atmosfere etniche che Vagabond porta con sé, mentre Kippur e  As You Are si specchiano nella musica rock/metal  degli ultimi quarant’anni tra splendide melodie, interventi in growl per niente fuori luogo ed una cover di Space Oddity che lascia senza fiato per intensità, interpretazione ed un inizio drammaticamente doom.
Mixato da Christer Andre Cederberg (Anathema, Tristania, Circus Maximus) e masterizzato da Tony Lindgren ai Fascination Street studio, Vagabond è un album splendido, un lavoro progressivo che entusiasma e non può e non deve lasciare indifferenti gli amanti della musica in senso lato.

Tracklist
1. Place for Fairytales
2. Nomad
3. Ways
4. Carousal
5. Kippur
6. Daled Bavos
7. As You Are
8. Hymn of the Vagabond
9. Space Oddity

Line-up
Kjetil Nordhus – Vocals
Eliran Weizman – Vocals
Tomer Pink – Guitars
Or Shalev – Guitars
Shai Yallin – Keyboards
Golan Farhi – Bass
Matan Shmuely – Drums

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The Shadeless Emperor – Ashbled Shores

Non manca davvero niente ad un’opera del genere, completa sotto tutti gli aspetti, oscura ed animata da un approccio versatile che valorizza brani come la title track, un susseguirsi di cambi repentini tra death metal ed aperture acustiche in una tempesta di suoni estremi.

Attivi dal 2010, arrivano al debutto i greci The Shadeless Emperor, dopo un demo licenziato nel 2013, ed una carriera che fino ad oggi ha stentato per vari motivi a decollare.

Sotto l’ala della Wormholedeath che ne cura la distribuzione, Ashbled Shores andrà sicuramente a rimpinguare la discografia dei melodic death metallers dal palato fino e i muscoli d’acciaio.
In effetti la proposta della band ellenica, pur con le dovute ispirazioni ed influenze, appare da subito personale, un buon mix tra death metal melodico scandinavo, bellissime parti acustiche dalle reminiscenze epic/folk e qualche spunto leggermente più moderno e progressivo, insomma un’ottima proposta per chi dal metal estremo gradisce un sound vario, adulto, ma pressante ed aggressivo.
Prendendo spunto dall’immaginario fantasy, così come dalla letteratura classica, i The Shadeless Emperor vestono il loro sound di nera stoffa epica e la elaborano secondo i canoni dell’ala melodica del death metal, non rinunciando a devastare padiglioni auricolari con fughe ritmiche ed intricate parti chitarristiche, che passano da soluzioni heavy a più intricate parti progressive, mentre strumenti acustici e fiati ricamano partiture folk come nella parte centrale della superba Shades Over The Empire.
Non manca davvero niente ad un’opera del genere, completa sotto tutti gli aspetti, oscura ed animata da un approccio versatile che valorizza brani come la title track, un susseguirsi di cambi repentini tra death metal ed aperture acustiche in una tempesta di suoni estremi.
I Dark Tranquillity fanno da padrini alle parti metalliche, poi lasciate in mano al progressivo aumento delle atmosfere folk, mentre note di piano provenienti dalla folta boscaglia ci introducono ad Helios The Dark con il suo riff scolpito sulla roccia dai primi Amorphis, seguita dal singolo Too Far Gone, estrema e diretta, mentre An Ember Gale conclude alla grande l’album, trattandosi di un brano che racchiude l’anima più estrema e progressiva dei The Shadeless Emperor.
Album perfetto per tornare a godere delle trame oscure ma pregne di melodie del melodic death metal, non fatevelo sfuggire.

Tracklist
1.Oaths
2.Ashbled Shores
3.Sullen Guard
4.Homeland
5.Shades Over The Empire
6.Duskfall
7.Some Rotten Words
8.Helios The Dark
9.Olethros
10.Too Far Gone
11.An Ember Gale

Line-up
Ethan Tziokas – Vocals, Recorder
Christos Mitros – Guitars, Backing Vocals
Tasos Bebes – Guitars, Backing Vocals
Fil Salapatas – Bass, Backing Vocals
Thanasis Posonidis – Drums

THE SHADELESS EMPEROR -. Facebook