Quintessenz – To the Gallows

Il sound offerto in quest’album è piuttosto diretto, senza particolari fronzoli e se vogliamo, molto più attinente a livello tedesco allo spirito thrash che non a quello black, che invece di solito tende ad essere da quelle parti molto più introspettivo.

I Quintessenz sono l’ennesima one man band, questa volta proveniente dalla Germania e dedita ad un thrash/black piuttosto diretto e di discreta fattura.

Il musicista che sta dietro al progetto, Genözider, alle prese anche in altre band come Vulture e Luzifer, arriva con To the Gallows al suo secondo full length, dopo il precedente Back to the Kult of the Tyrants che aveva ottenuto buoni riscontri.
Il sound offerto in quest’album è piuttosto diretto, senza particolari fronzoli e se vogliamo, molto più attinente a livello tedesco allo spirito thrash che non a quello black, che invece di solito tende ad essere da quelle parti molto più introspettivo.
Tutto ciò da vita ad una forma musicale scorrevole, spesso dalle propensioni heavy che conferiscono ad alcuni brani un andamento piuttosto trascinante (su tutte Sounding the Funeral Bell, dall’accattivante linea chitarristica, e Endless Night, 100% in quota primi Savatage) ma che, nel suo complesso, non possiede la necessaria profondità.
Per chi ricerca un qualcosa di stuzzicante e con un pizzico di spirito innovativo sarà bene passare oltre ma se, invece, si vuole ascoltare musica che faccia scapocciare senza troppi patemi d’animo, To the Gallows è un disco ideale in quanto rifugge, grazie alle sue venature black e power, la tetragona linearità di certo thrash, lasciando un buon retrogusto, pur se di limitata durata.

Tracklist:
1. Zeitgeist
2. Of Majestic Shores
3. The Claws of Nosferatu
4. Her Spell
5. Sounding the Funeral Bell
6. To the Gallows
7. Endless Night
8. Seth
9. Gloomweaver
10. Cursed by Moonlight

Line-up:
Genözider

Guests:
M. Outlaw – vocals on “Zeitgeist”
Bonesaw – Vocals on “Sounding the Funeral Bell”
Tyrannizer – Vocals on “Seth”

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Dzö-nga -The Sachem’s Tales

Ascoltando The Sachem’s Tales si entra in un mondo sognante e gotico, che nasconde mostri e inusitata bellezza, ci sono cavalcate, sfuriate e dolci ninne nanne, e tutto ciò rende il disco molto originale.

I Dzö-nga, pronucia zone–gah, sono un progetto che abbraccia gran parte dello spettro del black metal, fondato dal multistrumentista americano Cryvas.

Il cuore del loro suono è un black metal che spazia soprattutto dal symphonic all’ambient, sempre con elementi di forte originalità. Una delle peculiarità di questo disco è il mixaggio che è fuori dal comune, essendo molto differente da quelli più comuni nel genere: qui vengono preferiti i toni più bassi e pacati degli strumenti, e pur essendoci di fondo un’aggressività black si fa tutto più particolare, quasi onirico. Ascoltando The Sachem’s Tales si entra in un mondo sognante e gotico, che nasconde mostri e inusitata bellezza, ci sono cavalcate, sfuriate e dolci ninne nanne, e tutto ciò rende il disco molto originale. Gli Dzö-nga fanno un impasto sonoro che sfrutta le infinità possibilità di codifica del black, genere che ha davvero molti tentacoli da poter essere usati come si vuole. È quasi vampiresco il tutto, con un tono gotico molto accentuato. Ci si avvicina, sia come stile che come tematiche, al meglio del cascadian black metal, genere che permette di parlare di natura e, come in questo caso, del folkore algonchino, visto che The Sachem’s Tales è un album incentrato sulle tradizioni della più grande famiglia di nativi americani . In questo disco vengono esplorate le loro storie e le loro profezie che sono molto attuali, anche perché gli algonchini avevano un’idea ben precisa di come sarebbe andata a finire, ovvero male. Inoltre le loro notti erano popolati da terribili demoni, legati alla durezza della loro vita, in posti non molto ospitali. La musica degli Dzö-nga regala una visione speciale di tutto ciò, e un black metal particolare ed unico, differente da molti altri, sempre interessante e godibile.

Tracklist
1.Midewiwin Lodge
2.To the Great Salt Water
3.The Wolves Fell Quiet
4.Halle Ravine
5.Against the Northern Wind
6.A Seventh Age of Fire
7.The Witching Meadow

Line-up
Cryvas – Instruments, vocals
Grushenka Ødegård – Vocals

Aaron Maloney – Session drums
Lilith Astaroth – Guest vocals (The Sachem’s Tales)

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Father Befouled – Desolate Gods

Un riffing profondo come un pozzo collegato con l’inferno, una catacomba sonora dove il death metal old school sguazza tra i cadaveri e le accelerazioni, così come i rallentamenti infrangono ogni resistenza umana.

Tempo di grandi album in campo death metal!

Che arrivino dal Nordeuropa o dall’America, i nuovi lavori di una serie di gruppi più o meno famosi ed importanti stanno letteralmente conquistando la scena underground estrema.
E’ arrivato il momento anche per i Father Befouled di tornare sul mercato con un nuovo album, il quarto di una prolifica discografia iniziata nel 2008 e che non manca di una marea di lavori minori tra split ed ep.
Il quartetto di deathsters americani torna al lavoro sulla lunga distanza che mancava da cinque anni e Desolate Gods riapre la ferita alla gola dell’umanità, sanguinando in zampilli di spesso liquido che da rosso diventa nero sotto i colpi inferti da questa mezzora di assalto, oscuro, abissale ed estremo.
Un riffing profondo come un pozzo collegato con l’inferno, una catacomba sonora dove il death metal old school sguazza tra i cadaveri e le accelerazioni, così come i rallentamenti infrangono ogni resistenza umana, una conferma per il gruppo statunitense, ormai da considerare come veterano di una scena che non vive dei soliti nomi ma si rigenera ciclicamente con nuove e maligne realtà.
Desolate Gods è bello che descritto, oscuro, violento e senza compromessi come vogliono i fans del death metal tradizionale, diretto come una mitragliata sparata su un gruppo di zombie, spettacolare nelle parti doom/death in odore di decomposizone come la terra di un cimitero abbandonato (Ungodly Rest) e devastante, distruttivo e brutale (Offering Revulsion).
Per chi ama il death metal di matrice statunitense (Incantation, Morbid Angel, Immolation) un album da non perdere.

TRACKLIST
1. Exsurge Domine (Intro)
2. Offering Revulsion
3. Mortal Awakening
4. Exalted Offal
5. Ungodly Rest
6. Divine Parallels
7. Vestigial Remains of… (Instrumental)
8. Desolate Gods

LINE-UP
Justin Stubbs – Vocals/Guitar
Derrik Goulding – Guitar
Wayne Sarantopoulos – Drums
Rhys Spencer – Bass

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COMEBACK KID

Il video di ‘Surrender Control’, dall’album “Outsider”, in uscita a settembre (Nuclear Blast).

La migliore band hardcore/punk canadese, COMEBACK KID, ha pubblicato un nuovo brano tratto dall’atteso nuovo album “Outsider”. Guarda il video di ‘Surrender Control’

Il cantante Andrew Neufeld commenta il video e la forse più brutale canzone dell’album: “Surrender Control è una delle prime canzoni che abbiamo scritto per questo nuovo album. Stu ha messo l’idea sul tavolo e l’abbiamo rivista molte volte fino ad arrivare a registrarla. Siamo volati in Europa un giorno prima del nostro ultimo tour per girare il video a Francoforte, Germania, con il nostro amico Daniel Prieß. La canzone parla della faticosa battaglia che alcuni di noi combattono mentre si scontrano con i pericoli degli eccessi di ansia.”

“Outsider” sarà pubblicato l’8 Settembre 2017 su Nuclear Blast (mondo / su New Damage Records in Canada).

Acquista ‘Surrender Control’, ‘Absolute’ & ‘Somewhere, Somehow’ come instant grat track: http://nblast.de/ComebackKidDigital

Altro su “Outsider”:
‘Absolute’ feat. Devin Townsend stream video: https://youtu.be/vG7QvlGLMpg
‘Somewhere, Somehow’ music video: https://youtu.be/04-Ev5RYUy8
Album trailer #1: http://nblast.de/CBKwebisode1
Album trailer #2: https://youtu.be/XniVGaxITd8

www.comeback-kid.com
www.facebook.com/comebackkid
www.nuclearblast.de/comebackkid

Accept – The Rise Of Chaos

Gli Accept di oggi sono un gruppo di cui potersi fidare ciecamente, uno dei pochi dalla carriera ultra trentennale del quale vale la pena ascoltare ancora un album di inediti.

Se esiste una band che, senza essere mai arrivata al successo stellare di Iron Maiden o Metallica, incarna perfettamente la storia e lo sviluppo delle sonorità heavy, questa si chiama Accept, il gruppo che con gli Scorpions ha regnato per anni sulla scena hard & heavy tedesca ed oggi sempre capace di raggiungere ottimi livelli senza lasciare quel fastidioso odore di stantio che aleggia tra le note degli album di molti dei loro amici/rivali sopravvissuti alla storia del metal mondiale.

Tanti cambi di line up che, invece di minarne la stabilità, hanno rinfrescato il songwriting del gruppo, ed una discografia che parte addirittura dagli anni settanta con pochissime cadute di tono ed un bel numero di album divenuti dei classici.
Udo ormai fa parte del passato, così come gli altri musicisti che hanno contribuito a fare del suono Accept un marchio riconoscibile e personale: il presente si chiama Mark Tornillo, dietro al microfono da ormai quattro lavori ed affiancato da Wolf Hoffmann e Uwe Lulis alle chitarre, Peter Baltes al basso e Christopher Williams alla batteria.
Se la band dal vivo fa fuoco e fiamme, in studio estrae dal cilindro un album perfetto di heavy metal classico alla Accept, che tradotto vuol dire anthem a ripetizione fatti di chorus esaltanti (l’opener Die By The Sword risulta in questo caso un inizio straripante), riff granitici e solos in un crescendo sonoro diretto e senza orpelli di sorta, roba da duri insomma.
E dura è la musica di The Rise Of Chaos, una serie di pugni al volto, una tempesta di destro/sinistro che vi smorzeranno il fiato, mentre Tornillo il suo lo sa fare alla perfezione, come un vero animale metallico, incisivo, cartavetrato e dal carisma dei grandi.
The Rise Of Chaos, il riff di Koolaid dai rimandi neanche troppo velati ai fratelli Young, Carry The Weight e What’s Done Is Done regalano ottime atmosfere metalliche, confermate in blocco da una tracklist di tutto rispetto.
Gli Accept di oggi sono un gruppo di cui potersi fidare ciecamente, uno dei pochi dalla carriera ultra trentennale del quale vale la pena ascoltare ancora un album di inediti.

Tracklist
1. Die By The Sword
2. Hole In The Head
3. The Rise Of Chaos
4. Koolaid
5. No Regrets
6. Analog Man
7. What’s Done Is Done
8. Worlds Colliding
9. Carry The Weight
10. Race To Extinction

Line-up
Mark Tornillo – Vocals
Wolf Hoffmann – Guitars
Uwe Lulis – Guitars
Peter Baltes – Bass
Christopher Williams – Drums

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