Bob Oliver Lee – Flying Music

Flying Music è un buon lavoro, al quale manca solo un pizzico di personalità e qualche brano trainante in più per poter richiamare l’attenzione di un maggior numero di appassionati.

Bob Oliver Lee non è il nome di un musicista in carne ed ossa bensì il monicker scelto dal francese Bob Saliba per il suo progetto progressive, giunto con questo Flying Music al suo secondo episodio discografico.

Il poliedrico musicista marsigliese si è ritagliato un suo discreto spazio con altre band come Galderia e Debackliner, oltre che attraverso la collaborazione con John Macaluso per una riedizione dei brani degli Ark, e con questo lavoro va ad esplorare il versante più pacato ed acustico del progressive, prendendo come riferimento stilistico le band d’oltreoceano piuttosto che quelle europee.
Infatti, fin dall’opener Everything’s Gone, la memoria va ai Kansas dei brani più evocativi (Dust In The Wind) o ad altre band minori ma comunque di un certo spessore qualitativo come Everon o Echolyn, tanto per citarne due che ho apprezzato non poco in passato, per arrivare ai giorni nostri con un fuoriclasse del genere come Neal Morse: questo finisce in qualche modo per rendere meno scontato un lavoro che non stravolge le gerarchie del genere ma si rivela un ascolto piacevole.
Saliba è un buon cantante, magari non in possesso di doti sopra la media ma, comunque, in possesso di un timbro piuttosto caldo e adatto al sound proposto in Flying Music, mentre il suo lavoro chitarristico si rivela efficace,  così come l’operato del manipolo di musicisti che lo accompagna.
Tra i brani spicca senza dubbio l’intensa Forbidden Ways, momento emotivamente più elevato di un lavoro che dubito possa ottenere particolari favori dagli abituali fruitori del progressive, normalmente poco propensi a dare credito a musicisti giovani (e dal background metal) che approdano nel loro ristretto perimetro musicale.
Sarebbe un peccato se fosse così, visto che al di là di qualche scelta non del tutto condivisibile (per esempio appare troppo marginale il contributo delle tastiere che, invece, in certi frangenti sarebbero risultate utili per “riempire” maggiormente il suono), Flying Music è un buon lavoro al quale manca solo un pizzico di personalità e qualche brano trainante in più per poter richiamare l’attenzione di un maggior numero di appassionati.

Tracklist:
01. Everything’s Gone
02. Dead Heart
03. Flying Music (instrumental)
04. These Wings
05. Thoughts & Regrets
06. River Of The Temple
07. Rising
08. Forbidden Ways
09. Sailors From The Crying Planet
10. From The Pyramid Rises The Flying Spirit Of The Pharaoh (instrumental)

Line up:
Bob Saliba: Lead, Acoustic Guitars & Vocals
Pascal Garell: Bass
Olivier Tijoux: Drums
Franck Capera: Keyboards
François Albaranes: Piano

BOB OLIVER LEE – Facebook

Striker – Striker

Ritmiche dure come la roccia, scalfite da improvvise accelerazioni power, riff taglienti come rasoi e melodie dall’appeal elevato, sono le qualità che il gruppo mette sul tavolo.

Se siete degli amanti dell’heavy metal di lungo corso, allora l’omonimo quinto album dei canadesi Striker è l’ opera che vi mancava per rinverdire i fasti e le gesta dei gruppi storici che fecero meraviglie nei primi anni ottanta, specialmente sul territorio britannico.

Il quartetto, attivo da una decina d’anni e dallo scorso Stand In The Fire finito sulla bocca di fans e addetti ai lavori, viene descritto come uno degli eredi più credibili del sound classico creato da mostri sacri come Iron Maiden e Judas Priest, su cui la band inietta dosi letali di thrash metal e tanta melodia per un risultato altamente esplosivo.
In anni in cui la crisi del mercato e quella dei live, che nel genere sono praticamente ignorati (a parte i festival estivi ed i concerti evento), gli Striker potrebbero portare una nuova ventata di entusiasmo in una frangia del metal che, passata la tempesta di fine secolo scorso, è tornata ad arrancare per mancanza soprattutto di un importante supporto dai media.
Si cerca la new sensation che possa incendiare di passione i giovani, e gli Striker, dall’alto di un lavoro davvero bello a far coppia con il suo acclamato predecessore, si candidano come una delle realtà più agguerrite in tal senso.
Ritmiche dure come la roccia, scalfite da improvvise accelerazioni power, riff taglienti come rasoi e melodie dall’appeal elevato, sono le qualità che il gruppo mette sul tavolo, con i pugni al cielo a cantare refrain irresistibili, sperando che il dio del metal questa volta non sia distratto.
E Striker le carte in regola per fare colpo in terra ed in cielo le ha eccome, a partire dall’opener Former Glory, passando per una serie di tracce dirette e splendidamente metalliche, per finire con la cover di Desire dello zio Ozzy, che benedice la band giunta da Edmonton per risvegliare l’orgoglio sopito dei true defenders.
Un album che nella sua prevedibile natura porta con sé quello spirito che fece innamorare i rockers di quarant’anni fa, trasformati dopo l’ascolto di The Number Of The Beast, Pyromania, Unleashed in The East o Crazy Night in guerrieri metallici dal chiodo luccicante.
Saranno benedetti dal signore del metallo o rimarranno esclusiva degli amanti del genere molto attenti alle vicende del troppo spesso dimenticato underground? Nel dubbio non perdetevi questa cascata di acciaio fuso chiamata Striker, c’è esaltarsi non poco.

Tracklist
1. Former Glory
2. Pass Me By
3. Born to Lose
4. Cheating Death
5. Shadows in the Light
6. Rock the Night
7. Over the Top
8. Freedom’s Call
9. Curse of the Dead
10. Desire (cover)

Line-up
Dan Cleary – Vocals
Adam Brown – Drums
Timothy Brown – Guitars
Wild Bill – Bass

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Sangue Nero – Viscere

I Sangue Nero, i quali hanno senza dubbio il merito di riportare il black metal alla sua funzione originaria, ovvero quella di infrangere incancreniti canoni stilistici, etici e filosofici.

La Third I Rex appartiene al novero di quelle etichette che pongono tra le loro priorità la pubblicazione di album anticonvenzionali o, quanto meno, molto lontani da quello che potrebbe essere definito come un prodotto spendibile a livello commerciale.

Con i Sangue Nero, trio italiano all’esordio con questo Viscere, si viene addirittura scaraventati in una forma di black metal estrema nel senso più autentico del termine: qui, infatti, non vi è alcuna concessione melodica o atmosferica, e il tessuto sonoro è essenzialmente il mezzo per rivoltare come un guanto coscienze assopite, provando con decisione a scuoterle dal loro torpore piuttosto che blandirle.
In poco meno di mezz’ora i Sangue Nero esibiscono un’interpretazione del genere che si potrebbe definire avanguardistica, se non fosse che tale aggettivo non si sposa granché con l’approccio al black tutt’altro che cerebrale del trio: il titolo Viscere non credo sia casuale, proprio perché i suoni, per quanto sghembi e spesso ai limiti dell’improvvisazione (specialmente per quanto riguarda l’interpretazione vocale) sono oltremodo diretti e impattanti.
Il vocalist e bassista T. utilizza anche uno strumento inusuale come il didgeridoo, conferendo un’aura del tutto particolare ai due episodi ambient I e IV, mentre i brani contrassegnati dai numeri II, III e V non risparmiano ruvidezze strumentali e vocali, con una sviluppo che a tratti può anche apparire cacofonico ma che finisce, invece, per conferire al tutto un notevole potenziale ipnotico e straniante.
La decisione di limitare il minutaggio di un lavoro di tali caratteristiche è senz’altro azzeccata, perché oltre un certo limite l’inevitabile calo di tensione potrebbe rendere difficilmente assimilabile l’operato dei Sangue Nero, i quali hanno senza dubbio il merito di riportare il black metal alla sua funzione originaria, ovvero quella di infrangere incancreniti canoni stilistici, etici e filosofici.

Tracklist:
1.I
2.II
3.III
4.IV
5.V

Line up:
T . – Bass, Didgeridoo, Vocals
V . – Guitars
M . – Drums

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Incantation – Profane Nexus

Un’apoteosi di scorribande in doppia cassa, lentissimi e claustrofobici passaggi doom ed atmosfere malvagie: Profane Nexus ribadisce l’assoluta qualità della proposta degli Incantation, band che risulta una garanzia ed una delle poche dal sound personale.

Il 2017 verrà sicuramente ricordato dai fans del metal estremo per il ritorno di molte bands storiche del panorama death metal mondiale, con album che non andranno sicuramente ad intaccare la loro reputazione, degni successori delle opere uscite negli anni di maggior fama per il genere.

Si aggiungono a questa invasione di vecchie glorie gli statunitensi Incantation, gruppo proveniente dalla Pensylvania che John McEntee ha tenuto attivo dal 1989 con undici album licenziati ed una marea di lavori minori, sempre all’insegna di un blasfemo death metal dalla forte componente doom.
Anche in questo nuovo lavoro intitolato Profane Nexus la formula non cambia, con il gruppo che continua imperterrito ad alternare, amalgamare e modellare death metal old school e doom funereo, come da tradizione.
Niente di nuovo direte voi, vero è che anche questo oscuro e diabolico album non mancherà di crogiolare le anime possedute dal verbo Incantation, tra devastanti ripartenze e lunghe cadute nell’abisso dove le anime soffrono di una infinita e tragica disperazione, seviziate e torturate dalla lava che lenta scorre ai loro piedi.
McEntee, con il suo satanico growl, detta i tempi di questa macchina infernale, assecondato da Sonny Lombardozzi alla sei corde, Chuck Sherwood al basso e Kyle Severn alle pelli, con il valore aggiunto del lavoro in studio di Dan Swanö e la “benedizione” della Relapse.
E’ un’apoteosi di scorribande in doppia cassa, lentissimi e claustrofobici passaggi doom ed atmosfere malvagie: Profane Nexus ribadisce l’assoluta qualità della proposta di una band che risulta una garanzia ed una delle poche dal sound personale.
Gli Incantation da anni suonano come … gli Incantation, se sia difetto o virtù dipende dai punti di vista, l’importante è che brani come Visceral Hexahedron, Incorporeal Despair, Lus Sepulcri continuino a dispensare metal estremo oscuro e blasfemo suonato da uno schiacciasassi.

Tracklist
01. Muse
02. Rites of the Locust
03. Visceral Hexahedron
04. The Horns of Gefrin
05. Incorporeal Despair
06. Xipe Totec
07. Lus Sepulcri
08. Stormgate Convulsions from the Thunderous Shores of Infernal Realms Beyond the Grace of God
09. Messiah Nostrum
10. Omens to the Altar of Onyx
11. Ancients Arise

Line-up
John McEntee – Guitar, Vocals
Sonny Lombardozzi- Lead Guitar
Chuck Sherwood – Bass
Kyle Severn – Drums

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