EXARSIS

Il video di “General Guardiance”, dall’album “New War Order”, in uscita ad ottobre.

Il video di “General Guardiance”, dall’album “New War Order”, in uscita ad ottobre.

Josh Todd & The Conflict – Year Of The Tiger

Secondo album solista per Todd e secondo capitolo personale di un musicista che non molla la presa e continua a sfoggiare una forza sorprendente.

E’ dunque arrivato l’anno della tigre, almeno è quello che giura Josh Todd, cantante dei rockers statunitensi Buckcherry, qui alle prese con un album di esplosivo hard rock sotto il monicker di Josh Todd & The Conflict, con il quale dimostra d’essere un musicista che non molla la presa continuando a sfoggiare una forza sorprendente.

In Year Of The Tiger il famoso cantante americano si è fatto aiutare dal chitarrista e suo compagno nei Buckcherry Stevie D, che ha anche co-prodotto il disco insieme a Eric Kretz (Stone Temple Pilots), mentre la sezione ritmica è stata affidata a Greg Cash (basso) e Sean Winchester (batteria).
Nessuna grossa sorpresa, Todd continua a graffiare da par suo su un sound molto più hard rock rispetto a quello della band madre, e urla indiavolato come al solito la sua voglia di rock al mondo dimostrandosi come sempre all’altezza della situazione.
Che Todd sia un animale (in questo caso, una tigre) selvaggio lasciato libero di sbranare a colpi di rock’n’roll ipervitaminizzato tutto sesso e whisky che brucia nella gola è confermato da questa raccolta di brani che in poco più di mezzora, sanno scaricare adrenalina a fiumi, ma non disdegnano di affondare i colpi con le classiche ballate perdenti come chi con il rock ci ha bruciato una vita, tradito, perduto, ma poi puntualmente tornato più forte e deciso di prima, nutrito di rabbia positiva ma devastante come nella roboante title track e in The Conflict, vere esplosioni di musica del diavolo lasciata tra le mani di questi insani guerrieri.
Se volete ancora confronti con la band che ha reso famoso il singer americano, direi che questo lavoro porta in sé un po’ di quella carica che aveva un album come Time Bomb, anche se meno leggero e sfrontato e come già accennato più rabbioso, heavy e moderno.
La voglia c’è sempre, il talento pure: lunga vita professionale a Josh Todd.

Tracklist
1.Year Of The Tiger
2.Inside
3.Fucked Up
4.Rain
5.Good Enough
6.The Conflict
7.Story Of My Life
8.Erotic City
9.Push It
10.Atomic
11.Rain

Line-up
Josh Todd – Vocals
Steve Dacanay – Guitars
Sean Winchester – Drums
Gregg Cash – Bass

JOSH TODD AND THE CONFLICT – Facebook

Bluedawn – Edge Of Chaos

Un album nato da un’arcobaleno di tonalità che dal nero si spostano al grigio, teatrale ed affascinante: Edge Of Chaos è un lavoro riuscito, magari di nicchia, ma in grado di intrattenere le anime dalla sensibilità dark che popolano le notti del nuovo millennio.

Misteri, leggende, storie tramadate per secoli in una città che fu repubblica e crocevia di razze, ombre che le strette strade dei vicoli trasformano in oscure creature che ci inseguono fino al mare.

Una Genova alternativa fuori dagli sguardi superficiali dei turisti o di chi vive la città senza fermarsi un attimo a condividerne l’anima e la sua totale devozione alla musica rock, fin dai tempi dell’esplosione progressiva negli anni settanta, dei cantautori e del sottobosco musicale che ha dato i natali a straordinarie realtà metal.
In questo contesto si colloca la Black Widow Records e di conseguenza i Bluedawn, band heavy/prog doom metal capitanata dal bassista e cantante Enrico Lanciaprima, attiva dal 2009 ed arrivata con questo Edge Of Chaos al terzo capitolo di una discografia che si completa con il primo album omonimo e Cycle Of Pain, licenziato quattro anni fa.
Con l’aiuto di una serie di ospit,i tra cui spicca Freddy Delirio (Death SS), la band genovese esplora in lungo e in largo il mondo oscuro del doom/dark progressivo, ed Edge Of Chaos risulta così un lavoro affascinante anche se pesante e dipinto di nero, cantato a due voci da Lanciaprima e da Monica Santo, interprete perfettamente calata nel sound disperatamente oscuro e malato dell’album.
E sin dalle prime note dell’intro The Presence la tensione e la soffocante atmosfera dell’album sono ben evidenziate, con un’aura occulta ed evocativa a permeare tutti i brani dell’opera che sono valorizzati dai vari ospiti e da un uso molto suggestivo delle voci, uno dei punti di forza di un brano come Dancing On The Edge Of Chaos.
Il sax di Roberto Nunzio Trabona conferisce ad alcune tracce un tocco crimsoniano e l’anima progressiva del gruppo si fa tremendamente mistica ed occulta, con accenni atmosferici a Devil Doll ed al dark rock dei Fields Of The Nephilim, mentre la parte elettronica spinge la splendida The Serpent’s Tongue verso il podio virtuale all’interno della tracklist di Edge Of Chaos.
Sofferto, pesante ma tutt’altro di ascolto farraginoso, il pregio di questo lavoro è proprio quello di tenere l’ascoltatore con le cuffie ben salde alle orecchie: le sorprese del primo passaggio nel lettore diventano conferme dello stato di salute dei Bluedawn che, al terzo album, centrano il bersaglio, come confermato dalla notevole Baal’s Demise, nella quale tornano protagonista il sax, e di conseguenza, le sfumature crimsoniane.
Un album nato da un’arcobaleno di tonalità che dal nero si spostano al grigio, teatrale ed affascinante: Edge Of Chaos è un lavoro riuscito, magari di nicchia, ma in grado di intrattenere le anime dalla sensibilità dark che popolano le notti del nuovo millennio.

Tracklist
1.The Presence
2.Sex (Under A Shell)
3.The Perfect me
4.Serpent’s Tongue
5.Dancing On The Edge Of Chaos
6.Wandering Mist
7.Black Trees
8.Burst Of Life
9.Sorrows Of The Moon
10.Baal’s demise
11.Unwanted Love

Line-up
Monica Santo – Vocals
Enrico Lanciaprima – Bass, Vocals
Andrea “Marty” Martino – Guitars
Andrea Di Martino – Drums

James Maximilian Jason – Keyboards, Synth, Vocals
Caesar Remain – Guitars
Roberto Nunzio trabona – Saxophone
Marcella Di Marco – Vocals
Freddy delirio – Keyboard, Synth
Matteo Ricci – Guitars

BLUE DAWN – Facebook

HALLATAR

Il metal è un mondo fantastico, l’unico dove si conciliano sangue e amore, forse perché noi metallari abbiamo una sensibilità molto forte, e ciò è testimoniato da questa intervista nella quale Juha Ravio, già nei Swallow The Sun e Trees Of Eternity, e fondatore degli Hallatar che hanno appena pubblicato lo splendido No Stars Upon The Bridge, ci parla del suo disco e della morte della sua amata Aleah Stanbridge, primo motore di tutto ciò.

ME Può la musica essere una maniera per lenire il dolore di una perdita?

La musica è una cosa che può causare o togliere il dolore. Dopotutto tutta la musica è il migliore antidolorifico esistente, è la cura per l’anima.

ME La musica metal è una forma d’arte?

Assolutamente. La musica metal è una delle più potenti forme artistiche al mondo. Non ci sono molte altre forme di arte che possano essere così tenebrose, oscure, meravigliose ed ispiranti contemporaneamente come il metal. Può generare emozioni profondissime sia nell’ascoltarlo che nel leggere i testi.

ME Come è nato il disco?

Ho scritto l’album degli Hallatar in una settimana, e non ho cambiato quasi nulla in seguito.
Ho trovato un sacco di testi e poesie inedite di Aleah (Aleah Stanbridge, la compagna mancata recentemente, nda), e ho scritto le canzoni intorno a questi componimenti. In seguito ho chiesto ai miei amici Tomi Joutsen e Gas Lipstick di suonare nel disco e lo abbiamo registrato.

ME La morte della tua amata come ha cambiato la tua visione del mondo?

Ha cambiato ben di più della mia personale visione del mondo. Non ho frequentato né parlato granché con le persone per un anno e mezzo, tutto ciò mi ha spinto a non affrontare le persone. Vivo nella foresta profonda con i miei gatti e i miei cavalli e trovo la mia pace da qui.

ME Quali sono le tue fonti di ispirazione?

La natura del nord e le quattro stagioni sono le cose che mi ispirano maggiormente, e lo hanno sempre fatto. Anche la musica pensante, come Type O Negative, Duran Duran, Iron Maiden, Rush e i Marillion.

ME Per quale motivo la Finlandia ama così visceralmente il metal?

In realtà non saprei. Forse una delle ragioni è che quando siamo bambini i nostri genitori ci suonano e cantano filastrocche molto oscure e macabre. Esse sono molto metal.

ME Grazie mille per il tuo tempo e per la tua musica

Grazie a te per il supporto.

Metal is a fantastic world, the only one where blood and love are mixed, perhaps because we metallers have a very strong feeling, and this is evidenced by this interview, where Juha Ravio, already in Swallow The Sun and more, founder of Hallatar who just published the beautiful No Stars Upon The Bridge, tells us about his record and the death of his beloved Aleah Stanbridge, the first engine of all this.

ME Can music be a painkiller?

Music is the thing that can cause a lot of pain or it can heal the pain. But after all music is the best painkiller of them all, its the cure for the soul.

ME Metal music is a form of art?

Absolutely. Metal music can be one of the most powerful forms of art in this world. There is not many forms of art that can be such dark, painful, beautiful and uplifting at the same time than metal music. It can release deepest emotions by listening the music and reading the lyrics.

ME How is born the album?

I wrote the Hallatar album in one week and I didnt change anything on it afterwards. I found a lot of Aleah’s unreleased lyrics and poems and wrote the songs around them. Than I asked my friends Tomi Joutsen and Gas
Lipstick to play on the album and we recorded it together.

ME The death of your beloved how has changed your vision of the world?

It has changed much more the world inside me than my vision of the surrounding world. I have not seen people or talked much to anyone in a year and a half now, all of this has made me even more not wanting to face the people. I live in the deep woods with my cats and horses and find my peace from there.

ME What are your inspirations?

Nordic nature and the four seasons are the most inspiring things for me, always have been. Music wise it has always been Type O Negative, Duran Duran, Iron Maiden, Rush and Marillion.

ME Why Finland loves so much the metal music?

I really don’t know. But maybe one of the reason is that when we are children our parents play and sing us very dark and gloomy Finnish children bed time songs. They are very metal in many ways for sure.

ME Thank you very much for your time, and for your music.

Thank you for the support Massimo. All the best to you.

71TonMan – Earthwreck

Chiaramente sconsigliato a chi nella musica ricerca ricami e svenevolezze assortite, questo monolite firmato 71TonMan è esattamente ciò che si vorrebbe sempre ascoltare da una band sludge.

Il secondo full length dei polacchi 71TonMan è uno di quei lavori la cui pesantezza potrebbe far crollare il pavimento sul quale sta appoggiato il mobiletto con lo stereo e le casse.

Del resto, la band di Wroclaw tiene fede al proprio monicker, per cui queste 71 tonnellate di sludge doom si riversano come una cascata di fango sull’ascoltatore, seppellendolo definitivamente a colpi di riff densi e rallentati come da copione.
Non è solo pachidermico il sound dei nostri, però: benché una certa ossessività stia alla base della proposta, sottotraccia si celano linee che attribuiscono una precisa definizione ai diversi brani, anche se la resistenza uditiva viene messa a dura prova da quest’ora scarsa di sludge d’autore.
Messa così, a qualcuno potrebbe sembrare che Earthwreck sia essenzialmente un susseguirsi di riff senza arte né parte: invece qui di arte musicale ce n’è da vendere, perché non è affatto banale far coincidere una potenza di fuoco inarrestabile ad una (sempre relativa, naturalmente) fruibilità di fondo.
Chiaramente sconsigliato a chi nella musica ricerca ricami e svenevolezze assortite, questo monolite firmato 71TonMan per quanto mi riguarda è esattamente ciò che vorrei sempre ascoltare da una band sludge: forza, compattezza e idee chiare, che consentono di piazzare, dopo quasi venti minuti di randellate inferte senza soluzione di continuità, un arioso assolo di chitarra, oppure spingersi a lambire il funeral nella seconda parte di brani come Phobia e Torment, senza che il tutto vada ad attenuare o travalicare il senso di un impatto di rara efficacia.
Earthwreck è molto vicino ad un ipotetico stato dell’arte dello sludge, nel suo versante più vicino al death doom e al funeral piuttosto che a quello dello stoner e della psichedelia e, francamente, credo sia davvero molto difficile rendere questo genere in maniera più efficace.

Tracklist:
01. Lifeless
02. Negative
03. Phobia
04. Zero
05. Torment
06. Spiral

Line up:
K.K. vocals
M.Z. guitar
T.G.guitar
J.W. bass
J.K drums

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