Town Tundra – Misanthropy Never Fails

Il gruppo russo ci travolge con Misanthropy Never Fails, album composto da dieci brani che con sagacia riesce a far convivere modern metal e melodic death , con un piede negli Stati Uniti e l’altro in Svezia.

Quando nella prima metà degli anni novanta le storiche band scandinave uscirono con i primi lavori che portavano un fresco sentore melodico in un genere estremo come il death metal, il mondo metal fu attraversato da un’euforia meritata per questi pionieri che, coraggiosamente, sfidavano i fans duri e puri inserendo parti classiche, progressive e melodiche, partendo dall’uso della voce pulita che andava ad affiancare il brutale scream/growl in uso nel genere.

Come tutti i generi anche il melodic death metal, dopo un periodo florido, finì con il tornare nell’underground estremo, a parte quella manciata di band che ancora oggi fanno parlare, alcune con ancora molte cose da dire, altre ormai perse nel loro cercare il successo a tutti i costi mascherandolo per processo evolutivo (chi ha detto In Flames?).
Ovviamente come la storia musicale insegna, scavando nel sottobosco musicale senza fermarsi ai soliti nomi, ci si può ancora imbattere in ottimi lavori come il nuovo dei Town Tundra, gruppo proveniente dalla madre Russia, al secondo full length (il primo, Telegonia è targato 2014) e con un terzetto di ep a completare la discografia incentrata su un death metal melodico, dalle sfumature moderne, ma con uno sguardo alla tradizione nord europea.
Freschi di firma con la nostrana Wormholedeath, che di ottime realtà nel metal estremo se ne intende, il gruppo russo ci travolge con Misanthropy Never Fails, album composto da dieci brani che con sagacia riesce a far convivere modern metal e melodic death , con un piede negli Stati Uniti e l’altro in Svezia, paesi lontanissimi sul mappamondo ma non se si parla di musica.
E di musica i Town Tundra ne fanno uscire tanta dagli altoparlanti, furiosa, devastante e melodica, ottimamente prodotta e dal grande appeal, ispirata dai Soilwork (la band storica da cui i musicisti russi hanno attinto di più) e dai gruppi più cool che si spintonano per un posto al sole dall’altra parte dell’oceano.
Chiaramente. se si parla di sound americanizzato non si può non nominare gli In Flames, che fanno capolino quando le note di Senseless And Merciless, Jack Of Spades o della splendida Hell Bleeds With Oil si fanno ipermelodiche e i chorus in clean guardano più al metalcore da classifica che al death metal.
Non fraintendetemi però, perché l’album spacca che è un piacere, e la furia estrema è presente tra le trame di episodi come la title track o The Last Rome, mentre i giochi si fanno duri e l’alternanza tra melodia e violenza si fa ancora più accentuata.
In conclusione si può certamente affermare che Misanthropy Never Fails sia un lavoro riuscito, rappresentando una gradita sorpresa per gli amanti del genere, intrattenuti non dai soliti nomi ma da anche ottimi outsider.

Tracklist
01. Anti-Psalm .21
02. Senseless and Merciless
03. Wit From Woe
04. Jack Of Spades (Fuck & Chic)
05. Misanthropy Never Fails
06. Ill Itch (Sick Of Revolutions)
07. Wolves Of Shame
08. The Last Rome
09. Hell Bleeds With Oil
10. Humiliating And Insulting

Line-up
Vladimir Alekseenko (Warren Crow) – vocals
Aleksei Lavrentev (J.G.K.) – guitars
Ilya Dyuzhin (William) – drums
Anton Bagrov (Anthony Crimson) – bass
Aleksei Firsov (Alexis Fiersen) – guitars

TOWN TUNDRA – Facebook

Infest – Addicted To Flesh

Il genere è questo, prendere o lasciare, e gli Infest lo suonano con un attitudine ed un impatto che rende loro merito.

Si torna sul campo di battaglia a respirare l’odore di morte e putrefazione lasciato dai cadaveri, pupazzi senza vita travolti da Vandal, Tyrant, Zombie, e dal nuovo arrivato Warlust, componenti di un’arma metallica micidiale proveniente dalla Serbia, chiamata Infest.

Avevamo avuto a che fare con il quartetto in occasione del precedente lavoro, il devastante Cold Blood War licenziato dal gruppo di Jagodina tre anni fa, e Addicted To Flesh, quinto mostruoso attacco sul fronte del death/thrash tra Vader e classico Slayer Sound, continua il massacro con la sua mezz’ora che spazza via qualsiasi cosa sulle note estreme cariche di odio di Hail The Mother War, Deathrash Legion 666 e l’allucinante Stigmatized, un bombardamento a tappeto che Zombie alle pelli enfatizza senza soluzione di continuità.
Un trio di ospiti rallegra la compagnia (Adrie dei Sinister, Honza degli Avenger e Thebon dei Keep Of Kalessin), mentre i corvi fanno la loro comparsa sul campo di battaglia, nelle strade ed i mezzo ai resti delle case sventrate dalla micidiale forza d’urto creata da Addicted To Flesh.
Il genere è questo, prendere o lasciare, e gli Infest lo suonano con un attitudine ed un impatto che rende loro merito.

Tracklist
1. Intro
2. Hail The Mother War
3. Deathrash Legion 666
4. Addicted To Flesh
5. I Bring You War
6. Nailed To Your Spine
7. Stigmatized
8. The Blind One Leads The Way
9. The Awakening Failed

Line-up

Vandal – rhythm guitars and vocals
Zombie – drums
Vrag – bass)
Tyrrant – lead guitars

INFEST – Facebook

Sombre Croisade – Balancier des Âmes

I Sombre Croisade difficilmente vedranno mutare il loro status di band di nicchia, ma sono anch’essi annoverabili tra i molti interpreti di un’ortodossia stilistica non sempre foriera di esiti indimenticabili ma che, nella maggioranza dei casi, garantisce la fruizione di lavori ugualmente interessanti.

Ancora dalla fertile scena black metal francese ecco giungere il secondo full length dei Sombre Croisade, duo provenzale formato da Malsain (chitarra e batteria) e Alrinack (voce e basso), musicisti attivi anche in diverse altre band.

Balancier des Âmes non è caratterizzato da spinte sperimentali, come sovente accade a chi approccia il genere in terra d’oltralpe, ma offre uno spaccato abbastanza fedele della materia, con un substrato malinconico che funge da linea guida per un andamento ritmico lineare e di buono spessore, anche se complessivamente privo di sussulti particolari.
Tra i sei lunghi brani offerti, la cui matrice appare fedele ai dettami scandinavi, vanno citati i due episodi centrali (Don Ténébreux e Midiane), che si rivelano leggermente più intensi rispetto alla media, con il primo che si ammanta di una certa tensione dopo un’introduzione acustica, mentre il secondo spicca grazie ad una linea melodica molto bella e relativamente memorizzabile.
I Sombre Croisade difficilmente vedranno mutare il loro status di band di nicchia, ma sono anch’essi annoverabili tra i molti interpreti di un’ortodossia stilistica non sempre foriera di esiti indimenticabili ma che, nella maggioranza dei casi, garantisce la fruizione di lavori ugualmente interessanti e tutt’altro che spiacevoli, come è appunto il caso di Balancier des Âmes.

Tracklist:
1. Renaissance
2. Balancier des âmes
3. Don ténébreux
4. Midiane
5. Voeux illusoires
6. Souffles d’ailleurs

Line-up:
Malsain – Guitars, Drums
Alrinack – Vocals, Bass

SOMBRE CROISADE – Facebook

The Fright – Canto V

Canto V è un disco che non riesce smuovere l’ascoltatore a livello emotivo, risultando perfetto ad un livello superficiale ma rivelandosi, alla lunga, privo della necessaria profondità.

Recentemente ho avuto modo di parlare di ottimi dischi catalogabili in quel settore, in verità abbastanza sfaccettato, definibile post punk / dark wave, prima grazie all’interpretazione più eterea e, a tratti, intimista dei Soror Dolorosa e, successivamente, con il robusto e goticheggiante incedere dei magnifici Grave Pleasures.

Tocca oggi ai tedeschi The Fright mettersi alla prova in tale ambito con Canto V, che richiama nel titolo sia un’ispirazione lirica dantesca sia la progressione numerica di quello che, infatti, è il loro quinto full length.
Qui l’orientamento è sì verso sonorità dark ma ampiamente contaminate da un’anima hard rock, tanto che il più delle volte la proporzione tra gli ingredienti base appare tranquillamente invertita.
L’opener Bonfire rimanda in maniera evidente ai The Cult e come partenza non sarebbe affatto male, visto che il brano si imprime nella memoria in maniera abbastanza convincente: da lì in poi però si susseguono tracce che si muovono in maniera ondivaga tra Him, Sentenced e The 69 Eyes, con ampie aperture melodiche ed un’orecchiabilità che troppe volte sconfina in un’insostenibile leggerezza, senza che i The Fright possiedano a sufficienza la sensualità dei primi, il background metal dei secondi e l’indole gotica dei terzi, e la stessa Oblivion è una potenziale hit che però sembra provenire dalla discografia più recente della band di Jirky, coincidente appunto con una fase che ha visto prevalere la forma sulla sostanza.
Il risultato che ne consegue è un disco che non riesce smuovere l’ascoltatore a livello emotivo, risultando perfetto ad un livello superficiale ma rivelandosi, alla lunga, privo della necessaria profondità.
Del resto non può essere neppure un caso il fatto stesso che il brano più convincente, alla fine, sia In Sicherheit, cover della punk band tedesca Fliehende Stürme, alla quale anche l’utilizzo della lingua madre dona quell’aura decadente che purtroppo latita nel resto del lavoro.
Nonostante Canto V sia fondamentalmente indirizzato ai fruitori abituali di musica dark, ritengo che invece possa trovare maggiori favori in chi, amando l’hard rock, potrà goderne una versione dai toni più cupi: detto ciò, il nuovo lavoro dei The Fright non può essere definito brutto, ma chi predilige nella musica un’oscurità tangibile e non patinata, ricercando un rapporto di empatia emotiva con i musicisti, finirà per rivolgersi altrove.

Tracklist:
1. Bonfire
2. No One
3. Wander Alone
4. Love Is Gone
5. Fade Away
6. Oblivion
7. Leave
8. Drowned In Red
9. Century Without A Name
10. In Sicherheit

Line-up:
Lon Fright – Vocals
Kain – Bass
Kane – Guitar
Danny – Guitar
Luke Seven – Drums

THE FRIGHT – Facebook