Aphonic Threnody – Of Loss and Grief

Il death doom regala un’altra perla nel 2017 con il secondo full length degli Aphonic Threnody, band capace di raggiungere notevoli vette di lirismo e di emozioni.

Una delicata melodia ci introduce al secondo full length degli Aphonic Threnody e diventa subito complicato esprimere a parole il profondo senso di smarrimento di cui queste note si nutrono; la disperazione, l’abbattimento, il viaggio verso una profonda depressione che permeano i settantatré minuti di Of Loss and Grief  rappresentano uno specchio in cui l’ascoltatore deve riflettersi per catturare appieno l’arte della band, attiva dal 2013 con l’EP First Funeral.

Una creatura internazionale comprendente musicisti italiani, cileni e inglesi che, in questo disco, si circondano di ospiti provenienti da alcune tra le migliori band del settore (My Shameful, Worship, Mournful Congregation, Ataraxie, Alunah) per dare “vita” a un’opera intensa, affascinante e debitrice del migliore death doom degli anni 90 ammantato di oscurità funeral.
Il disagio emozionale è grande, così come è importante la capacità creativa dei musicisti che trovano sempre il “quid” giusto in ogni brano per farci intraprendere un viaggio carico di disperazione e dolore; non si inventa nulla di nuovo, ma colpisce la sensibilità e l’intensità della’arte espressa.
Il growl espressivo, presente in tutti i brani, colpisce profondamente e l’alternarsi con female vocals in All I’ve Loved dà un’ulteriore sapore tragico al brano, che pur iniziando con una melodia più limpida si inabissa in lidi doom di gran livello e in liriche di tristezza sconfinata … all I’ve loved is lost.
Brani lunghi con punte di circa venti minuti (Lies) in cui il suono si dipana lento, maestoso quando le chitarre erigono muri melodici ricchi di sfumature, sfrangiandosi talvolta in intarsi acustici e madrigaleschi molto suggestivi per poi lasciarsi andare in parti soliste cariche di lirismo e forza.
Nei sei brani non ci sono riempitivi, tutto è frutto di una vera e sentita ispirazione per il lato oscuro della vita che è in ognuno di noi e di cui l’ascoltatore del doom si alimenta costantemente. Le idee e i suoni fluiscono naturalmente, non vi è nulla di manieristico: questi brani raccontano un viaggio nelle miserie umane, nella perdita di ogni speranza, e un interminabile brano come Lies deve trovare l’ascoltatore predisposto verso questa forma d’arte che, in un mondo frenetico e spesso inconcludente, ha bisogno di essere metabolizzata lentamente per poter penetrare a fondo nell’anima. Disco perfetto per le fredde e umide serate novembrine.

Tracklist
1. Despondency
2. Life Stabbed Me Once Again
3. All I’ve Loved
4. Lies
5. Red Spirits in the Water
6. A Thousand Years Sleep

Line-up
Roberto Mura – vocals
Riccardo Veronese – bass\guitars
Juan Escobar – keys\vocals

APHONIC THRENODY – Facebook

Strike Master – Strike Master

L’album omonimo dei messicani Strike Master è un esempio di thrash massiccio ed old school, consigliato ai fans del genere che vogliono staccare il cordone ombelicale dai i soliti storici nomi.

Il vecchio thrash metal, pur non trovando più il successo degli anni ottanta (a parte la solita manciata di nomi storici), continua a regalare buoni dischi e ottime sensazioni, almeno a chi è sempre in caccia di nuove realtà o band che si muovono da anni nell’underground metallico mondiale ma rimaste ad uso e consumo di pochi Indiana Jones del metal, perennemente alla ricerca della metallica arca perduta.

Gli Strike Master sono nati a Mexico City nel 2005 e sono diventati una delle band più amate e consolidate nella scena del loro paese, valicando i confini con i paesi vicini ed arrivando oltreoceano a colpi di thrash metal che, se strizza l’occhio a quello storico della Bay Area, mantiene una sua forte identità e cattiveria dai rimandi alla vecchia Europa.
Con una discografia che conta ormai cinque full length più una serie di lavori minori e un live, gli Strike Master continuano la loro missione musicale: il trio anche questa volta parte all’assalto con una serie di brani che alternano thrash metal americano in quota primi Metallica a bordate cattivissime dai rimandi ai Kreator.
Velocità, potenza e nessuna concessione alla modernità sono le carte messe sul tavolo dal gruppo centro americano, composto dal Col. Francisco Kmu (chitarra e voce), Corp. Picos (batteria) e Pach (basso) che non le mandano certo a dire travolgendo con tutta la loro forza l’ascoltatore.
Dotata di una sufficiente tecnica per regalare ottime trame strumentali, la band confeziona un lavoro assolutamente in grado di non passare inosservato tra i thrashers che ancora non hanno avuto a che fare con la sua musica e che faticheranno a stare fermi sulla sedia al passaggio delle varie No Future, As I March, Anti Aereal Witchunt Battery e lo strumentale Machines Of Mercy.
Strike Master è un esempio di thrash massiccio ed old school, consigliato ai fans del genere che vogliono staccare il cordone ombelicale dai i soliti storici nomi.

Tracklist
1.Follow Me
2.No Future
3.Boy in the Hole
4.As I March
5.Urban Phantasms
6.The Mortarist
7.Anti Aereal Witchunt Battery
8.Chant of Falcons
9.Machines of Mercy
10.Born Horrible

Line-up
COL.KMU – Vocals, Guitars
CORP.PICOS – Drums
PACH – Bass

STRIKE MASTER – Facebook

Then Comes Silence – Blood

Melodico ed accattivante, il sound di Blood, quarto lavoro dei Then Comes Silence, vi riporterà indietro nel tempo per poi tornare velocemente al 2017 in un’altalena di umori dark rock, tra chitarre torturate e liquidi tappeti elettro/pop.

Dark rock, postpunk e new wave, tutto rigorosamente ottantiano ma perfettamente calato nel nuovo millennio, assolutamente fuori da umori alternativi e debitore delle band che hanno fatto storia nel genere oscuro per antonomasia.

Melodico ed accattivante, il sound di Blood, quarto lavoro dei Then Comes Silence, vi riporterà indietro nel tempo per poi tornare velocemente al 2017 in un’altalena di umori dark rock, tra chitarre torturate e liquidi tappeti elettro/pop: il gruppo svedese trova la firma prestigiosa con Nuclear Blast con cui licenzia un album dall’appeal molto alto, sempre in bilico tra affascinati sfumature da locale notturno per soli vampirelli e più nobile post punk o dark wave ottanta style.
Ne esce quindi un buon lavoro, che non mancherà di produrre brividi a chi degli anni ottanta ha potuto godere delle trame dark rock dei Sister Of Mercy e post punk dei Joy Division, dell’hard rock ombroso dei primi The Cult e delle litanie stregonesche dei Siouxsie and The Banshees.
Non solo album nostalgico, Blood tiene ben saldi i piedi nel nuovo millennio con un impatto più corposo, con la sua musica a riempire una stanza che trabocca di note melanconiche e colme di raffinato romanticismo.
Un lavoro d’altri tempi ma assolutamente figlio dei tempi, con Alex Svensson perfetto cantore dark di questi undici brani, indiscutibilmente affascinanti e dalla facile presa.
Una raccolta di tracce in cui spiccano i brani più veloci e cool, ma che a ben sentire dà il meglio di sé quando l’anima introspettiva prende il sopravvento, anche se non riesce mai ad uscire dai binari di una melodia che non fa prigionieri, sicuramente un bene in tempi in cui un disco ha poche possibilità di far breccia su una generazione di ascoltatori per lo più frettolosi.
Strange Kicks, la più articolata My Bones, Good Friday e l’oscura Magnetic (con la quale si fa un salto tra le note dei Fields Of The Nephilim), sono i brani che a mio avviso hanno qualcosa in più in un album da ascoltare tutto d’un fiato ed ottimo ascolto per chi ama il dark rock classico ed i suoi derivati.

Tracklist
01. The Dead Cry For No One
02. Flashing Pangs Of Love
03. Strange Kicks
04. My Bones
05. In Leash
06. Choose Your Poison
07. Good Friday
08. The Rest Will Follow
09. Magnetic
10. Warm Like Blood
11. Mercury

Line-up
Alex Svenson – vocals, bass, synthesizers
Seth Kapadia – guitars
Jens Karnstedt – guitars
Jonas Fransson – drums

THEN COMES SILENCE – Facebook

WORSTENEMY

Il lyric video di “Conquer the Illusions”, dall’album “Deception”, in uscita a novembre (Wormholedeath).

Il lyric video di “Conquer the Illusions”, dall’album “Deception”, in uscita a novembre (Wormholedeath).

Crafteon – Cosmic Reawakening

Questi buoni otto brani si sviluppano su tempi medi riproposti con una certa regolarità e dal livello complessivo confortante, mancando però di un brano trainante capace di agganciare con decisione un audience sommersa da un’offerta ampia per gamma e, sostanzialmente, anche per qualità.

Tematiche lovecraftiane abbinate al black metal: niente di nuovo o sorprendente, ma sempre qualcosa di piacevolmente familiare per chi ama queste sonorità e, nel contempo, conosce a menadito le opere del solitario di Providence.

I Crafteon provengono da Denver e sono al loro primo passo discografico con questo full length intitolato Cosmic Reawakening, un lavoro decisamente gradevole nel suo insieme, anche se privo di quei particolari guizzi capaci di farlo emergere con decisione.
Ben suonato e prodotto, l’album del gruppo del Colorado mantiene sempre lungo il suo incedere uno stretto legame con il black scandinavo più melodico e dalle venature heavy, che emergono dalle progressioni chitarristiche.
Questi buoni otto brani si sviluppano su tempi medi riproposti con una certa regolarità e dal livello complessivo confortante, mancando però di un brano trainante capace di agganciare con decisione un audience sommersa da un’offerta ampia per gamma e, sostanzialmente, anche per qualità.
Brani intitolati Dagon o The Colour Out of Space finiscono comunque per possedere una loro indubbia attrattiva, e questo buon black epico e a tratti accattivante potrebbe intercettare i favori di più di un estimatore, magari attratto proprio dagli espliciti riferimenti lirici agli immortali racconti di H.P. Lovecraft.

Tracklist:
1. The Outsider
2. What the Moon Brings
3. The Temple
4. Dagon
5. The Colour Out of Space
6. The White Ship
7. From Beyond
8. The Whisperer in the Darkness

Line up:
Lord Mordiggian – Vocals (lead), Guitars (rhythm)
Rhagorthua – Drums
Ithaqua – Bass, Vocals (backing)
Fthaggua – Guitars (lead), Vocals (backing)

CRAFTEON – Facebook