Albez Duz – Enigmatic Rites

Decisamente consigliato agli amanti del doom, l’album allontana gli Albez Duz dalla scena puramente gotica, anche se non mancano al suo interno dettagli ed atmosfere che richiamano uno dei generi più popolari nella scena underground tedesca.

Abbandonate in parte le atmosfere puramente gotiche per abbracciare un heavy doom che a tratti si rifà alla tradizione settantiana, i tedeschi Albez Duz sfornano un lavoro decisamente convincente.

La storia del gruppo, iniziata nel 2006 come progetto solista del batterista Impurus (Eugen Herbst), conta quattro full length compreso questo Enigmatic Rites, mixato e masterizzato da V. Santura (Triptykon) nei Woodshed Studios.
Il disco offre un heavy doom che molto deve alla tradizione, anche se il gruppo è riuscito a trovare un giusto compromesso con la parte gotica del sound che li ha visti protagonisti nei lavori precedenti.
Ne esce un album vario, ben suonato e cantato da Alfonso Brito Lopez, teatrale e profondo quanto basta per valorizzare tanto le monolitiche parti rallentate che i passaggi più heavy.
Enigmatic Rites è composto da sei brani (nella versione in cd troviamo la bonus track, Only Lies) in cui il piglio drammatico di Participation Mystique Totalitaire e l’approccio heavy metal della conclusiva Emperor Is Blind riassumono perfettamente le due anime che vivono nel sound del gruppo berlinese.
Decisamente consigliato agli amanti del doom, l’album allontana gli Albez Duz dalla scena puramente gotica, anche se non mancano al suo interno dettagli ed atmosfere che richiamano uno dei generi più popolari nella scena underground tedesca.

Tracklist
01. Rites of hidden souls
02. Wandering soul
03. Participation mystique totalitaire
04. When the bird fledges
05. Surrender
06. Emperor is blind

Exclusive CD Bonus track:
07. Only lies

Line-up
Julian Müsseler – Vocals (backing), Guitars
David P. – Bass
Eugen Herbst – Drums, Vocals (backing)
Alfonso Brito – Vocals, Guitars

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Systemhouse 33 – End Of Days

End Of Days conferma la band indiana come una delle realtà più convincenti in ambito estremo di matrice moderna, con ancora Lamb Of God, Machine Head e DevilDriver ad ispirare Samron Jude e soci.

Si torna a parlare di metal estremo in arrivo dalla lontana India con l’ultimo lavoro dei modern Thrashers Systemhouse 33, band capitanata dal cantante Samron Jude e di cui abbiamo parlato già in passato, all’epoca delle uscite di Depths of Despair (2013) e Regression (2016).

Incentrato sulle tematiche del Libro dell’Apocalisse, questo nuovo lavoro intitolato End Of Days cambia ancora una volta le carte in tavola per quanto riguarda il sound, che se nei due album precedenti passava dal metal panterizzato del primo all’impatto più core del secondo, qui si trasforma in un thrash metal progressivo ed assolutamente distruttivo, sempre dall’anima moderna, ma con un lavoro ritmico fantasioso e sopra le righe.
Il leader al microfono ci racconta dell’apocalisse a cui va incontro l’umanità con una carica violentissima, passando dal growl allo scream con buona padronanza del mestiere, mentre il gruppo crea muri sonori intricati che a tratti esplodono in violente ripartenze thrash metal.
L’opener Apocalypse, la devastante Great Tribulation e la death/thrash Rapture sono i brani top di questo ennesimo macello sonoro firmato dai Systemhouse 33
End Of Days conferma la band indiana come una delle realtà più convincenti in ambito estremo di matrice moderna, con ancora Lamb Of God, Machine Head e DevilDriver ad ispirare Samron Jude e soci.

Tracklist
1.Day Of Reckoning
2.Rapture
3.End Of Days
4.Lake Of Sorrow
5.Stand Up
6.Apocalypse
7.Prophesied 03:16
8.Great Tribulation
9.Cry Of Anguish

Line-up
Samron Jude – Vocals,
Leon Quadros – Bass
Mayank Sharma – Drums
Vignesh V – Guitars

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Bewitcher – Under the Witching Cross

Under the Witching Cross segue di tre anni il debutto omonimo e propone un travolgente esempio di metal ottantiano, ben prodotto e con una serie di devastanti, crudeli e piacevolmente vecchia scuola

Quando alla qualità si abbina un minimo di talento, anche un genere come lo speed/black metal old school può regalare grandi lavori come questo secondo album dei Bewitcher, trio proveniente da Portland.

Under the Witching Cross segue di tre anni il debutto omonimo e propone un travolgente esempio di metal ottantiano, ben prodotto e con una serie di devastanti, crudeli e piacevolmente vecchia scuola: otto deraglianti tracce che non trovano ostacoli, una serie di cavalcate speed/thrash black metal ignoranti, rocciose ma valorizzate da un lavoro ritmico eccellente, colme di riferimenti alle band storiche del genere, ed in grado di far saltare il banco.
Siamo in territori infernali e i Bewitcher si aggirano tra in cerca di anime a colpi di Venom, Sodom, Motorhead ed attitudine black metal, con un sound che non manca di chiari riferimenti alla new wave of british heavy metal, nei solos e nei mid tempo che si alternano a bolidi musicali che risultano distruttivi come venti atomici.
Savage Lands Of Satan e la seguente Hexenkrieg formano un avvio sfolgorante, la title track e In The Sign Of The Goat e la spettacolare e blasfema Rome Is On Fire sono invece il picco qualitativo di questo gran bel lavoro firmato Bewitcher: quando il genere viene proposto a questi livelli riesce ancora ad avere un suo perché.

Tracklist
1. Savage Lands Of Satan
2. Hexenkrieg
3. Under The Witching Cross
4. Heathen Women
5. Too Fast For The Flames
6. In The Sign Of The Goat
7. Rome Is On Fire
8. Frost Moon Ritual

Line-up
Mateo Von Bewitcher – Guitars, Lead Vocals
Andreas Magus – Bass, Vocals
Rand Crusher – Drums

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Sacred Sin – Eye M God

Eye M God è un’opera da scoprire o rivalutare per chi magari fece il suo incontro con la band negli anni novanta, decennio che vide i Sacred Sin pubblicare i suoi lavori più riusciti.

La scena portoghese si è sempre distinta per opere e band di alta qualità, quindi non solo Moonspell, ma una florido underground metallico di stampo classico ma soprattutto estremo.

I Sacred Sin per esempio, attivi dall’alba dei primi anni novanta si sono distinti per un approccio personale al death metal old school, caricandolo di potenza thrash ed atmosfere black.
La loro discografia è composta da sei album di cui l’ultimo targato 2017 (Grotesque Destructo Art) e questa ristampa in vinile curata dalla Lusitanian Music ci presenta il loro lavoro più interessante, Eye M God, uscito originariamente nel 1995 e già ristampato nel 2015.
Il secondo album del gruppo portoghese risulta una vera bomba death/black metal, pregna di maligne atmosfere gotiche ed squarciata da tempeste thrash metal.
L’approccio è classico dei gruppi lusitani, con l’anima gotica ispirata dai capisaldi del metal estremo portoghese Moonspell, a valorizzare una serie di brani di stampo death metal.
Eye M God è quindi un’opera da scoprire o rivalutare per chi magari fece il suo incontro con la band negli anni novanta, decennio che vide i Sacred Sin pubblicare i suoi lavori più riusciti.
Evocation Of The Depraved, la title track, Guilt Has No Past si crogiolano nel metal estremo, mantenendo un approccio melodico in stato di grazia e facendo di Eye M God un lavoro consigliato agli amanti del death/metal nato e sviluppatosi nel sudovest europeo.

Tracklist
1.Intro
2.Evocation of the Depraved
3.Inductive Compulsion
4.Eye M God
5.Death-Bearing Machine
6.The Nightlag (Nocturnal Queen)
7.One with God
8.Guilt Has No Past
9.A Human Jigsaw
10.Link to Nothingness
11.Dead Mind Breed
12.To the Endless Path of Hecate

Line-up
José Costa – Bass, Vocals
Tó Pica – Guitars, Vocals (backing)
Quito Nishal – Guitars
Carlos Caseiro – Keyboards
Nuno – Drums

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Aegonia – The Forgotten Song

Gothic/folk/doom metal è quello che si trova tra lo spartito di questa dozzina di perle ammantate dai tenui colori della foresta, una magia raccontata tramite un suggestivo concept fantasy.

Metal dalle atmosfere fantasy, folk e gothic è quello che ci propongono i bulgari Aegonia, band nata per volere della cantante Elitsa Stoyanova e del polistrumentista Nikolay Nikolov.

Attiva dal 2011 la band arriva solo oggi al debutto con The Forgotten Song, opera molto suggestiva che raccoglie umori e suoni della tradizione popolare di quella nazione.
Nikolov, oltra a cantare e suonare la chitarra, si diletta con il kaval, flauto tradizionale, mentre il violino accompagna magicamente il sound di brani dalle atmosfere fuori dal tempo.
Gothic/folk/doom metal è quello che si trova tra lo spartito di questa dozzina di perle ammantate dai tenui colori della foresta, una magia raccontata tramite un suggestivo concept fantasy creato dal chitarrista con lo pseudonimo di Nea Stand.
The Forgotten Song ammalia, trasportando l’ascoltatore in un’altra epoca ed in luoghi leggendari grazie alle atmosfere create da bellissimi brani come Rain Of Tears, l’epica grazia di Battles Lost And Won, il folk gotico di The Stolen Song e l’incedere potente della monumentale The Severe Mountain.
Opera affascinante, intensa e suggestiva, The Forgotten Song non mancherà di stupire positivamente gli amanti di queste sonorità.

Tracklist
1.In the Lands of Aegonia
2.Rain of Tears
3.With the Mists She Came
4.Restless Mind
5.Dreams Come to Me
6.Battles Lost and Won
7.The Offer
8.The Stolen Song
9.Gone
10.The Severe Mountain
11.A Bitter Fate
12.The Ruins of Aegonia

Line-up
Nikolay Nikolov – vocals, guitar, kaval
Elitsa Stoyanova – vocals, violin
Atanas Georgiev – bass
Ivan Kolev – drums

https://www.facebook.com/aegonia

Undead Prophecies – Sempiternal Void

Sempiternal Void è l’altare musicale in una cattedrale oscura pronto ad accogliere sacrifici al dio malvagio del metal estremo all’insegna dei vari Morbid Angel, Possessed, Morgoth e Death.

Tornano con un nuovo full length, successore del primo massacro sonoro intitolato False Prophecies, i misteriosi Undead Prophecies, band estrema di cui non si conosce nulla se non gli pseudonimi usati dai cinque musicisti e il fatto che incide per la label francese Listenable Records.

Il sound proposto dal gruppo è un potentissimo esempio di death metal di primi anni novanta, accompagnato da passaggi rallentati di matrice doom death ed accelerazioni di stampo thrash old school.
Prodotto benissimo, Sempiternal Void è uno schiacciasassi estremo di notevole portata, l’atmosfera che regna sui brani è maligna e l’impatto potentissimo e apocalittico rende il tutto dannatamente coinvolgente.
Gli Undead Prophecies provano a diventare una band di culto nel panorama estremo e dimostrano quindi una certa convinzione nei propri mezzi, sparando una serie di brani mozzafiato come I Summon Demons, The Souls I Haunt, Devoured e Throne Of Void. Sempiternal Void è l’altare musicale in una cattedrale oscura pronto ad accogliere sacrifici al dio malvagio del metal estremo all’insegna dei vari Morbid Angel, Possessed, Morgoth e Death.

Tracklist
01. I Summon Demons
02. Suffocated Vanity
03. Insidious Manipulators
04. The Souls I Haunt
05. Unholy Entity
06. Devoured
07. Circle of Conspiracy
08. Above the Claws of Doom
09. Throne of Void
10. Warhead (Venom cover)

Line-up
King Oscuro – Vocals
Necros – Guitars
Noctidiurnal – Guitars
Angelus – Bass
Drauhr – Drums

https://www.facebook.com/Undeadprophecies

Rendezvous Point – Universal Chaos

Universal Chaos è un lavoro in piena sintonia con la terra di origine del gruppo, che mette comunque in primo piano la capacità tecnica, specialmente nelle molte ritmiche classicamente prog metal.

Dalla notevole scena progressive scandinava arrivano i Rendezvous Point, band formata da musicisti che gravitano o hanno gravitato intorno a realtà importanti come Borknagar, Leprous, Solefald, ICS Vortex e Ihsahn.

Universal Chaos è il loro secondo lavoro sulla lunga distanza, successore del debutto Solar Storm uscito quattro anni fa, ed è un maturo e personale esempio di progressive metal dalle sfumature post rock, meno introspettivo di quello dei Leprous, ma pregno di quegli umori e sensazioni musicali tipiche del sound scandinavo.
Si tratta di un gruppo di musicisti nati e cresciuti nel panorama estremo che hanno evoluto la propria idea di musica tracciando una strada progressiva ben delineata, mostrando capacità tecniche ed un talento smisurato per suoni ed atmosfere che emozionano, introspettive ma legate tanto al metal quanto al rock.
Universal Chaos risulta dunque un lavoro in piena sintonia con la terra di origine del gruppo, che mette comunque in primo piano la capacità tecnica, specialmente nelle molte ritmiche classicamente prog metal.
Tre quarti d’ora di musica dalla naturale emozionalità, una raccolta di brani che ha nell’opener Apollo, nella superba The Takedown e nelle armonie post rock di Resurrection i brani più rappresentativi, anche se si tratta del tipico album da far proprio nella sua interezza e con il dovuto tempo.
I Rendezvous Point confermano con questo nuovo lavoro la qualità altissima delle opere progressive della scena scandinava, fucina di talenti musicali fuori dal comune.

Tracklist
1.Apollo
2.Digital Waste
3.Universal Chaos
4.Pressure
5.The Fall
6.The Takedown
7.Unfaithful
8.Resurrection
9.Undefeated

Line-up
Geirmund Hansen – Vocal
Nicolay Tangen Svennæs – Keys
Petter Hallaråker – Guitar
Gunn-Hilde Erstad – Bass
Baard Kolstad – Drums

https://www.facebook.com/RendezvousPointOfficial

The Wandering Ascetic – Crimson

Crimson è un lavoro interessante e ricco di atmosfere nere molto affascinanti che rende i The Wandering Ascetic una band da non perdere di vista.

Realtà estrema proveniente da Singapore, località abitualmente fuori dalla mappa metallica mondiale, i The Wandering Ascetic debuttano con un lavoro di tutto rispetto incentrato su un death/black metal pregno di maligni mid tempo ed atmosfere che passano agevolmente da ispirazioni old school di stampo heavy/thrash ad altre care ai primi Samael.

Il quartetto asiatico, nato per volere di due membri dei Rudra (il vocalist Kathir ed il chitarrista Vinod) risulta attivo dal 2011, ha già dato alle stampe un ep e con in tasca la firma per la tentacolare Transcending Obscurity sforna un’opera estrema convincente, valorizzata dall’artwork creato da Mark Riddick (Fetid Zombie).
Dieci brani lineari, potenti e cattivi formano un muro sonoro dove lo scream alla Satyr del vocalist riempie l’album di diaboliche atmosfere black metal, mentre l’anima death/thrash risulta cemento armato metallico.
Crimson vive di questa dissacrante alleanza tra generi che forma il personale sound di questo quartetto estremo, con una manciata di brani di ottimo livello, dall’opener Eva Braun, alla coppia di perle nere formata da The Gods Bleed! e Beast Of Burden, praticamente un’oscura e devastante jam tra Sodom, Samel e Satyricon.
Crimson è un lavoro interessante e ricco di atmosfere nere molto affascinanti che rende i The Wandering Ascetic una band da non perdere di vista.

Tracklist
1.Eva Braun
2.I Sing The Body Electric
3.The Exorcism Of Mrs Doe
4.The Gods Bleed!
5.Beast Of Burden
6.The Will To Live
7.To Hell back, And To Hell Again
8.Here For The Good Things
9.Assassins
10.Orang laut

Line-up
Kathir – Voclas, Guitars
V.Vinz Vinod – Lead Guitars
Jay – Bass
Kannan K. – Drums

https://www.facebook.com/wanderingascetic/

Carmilla – Deflector

Deflector, pur offrendo poco in termini di personalità, lascia che sia qualche buon spunto compositivo a fare in modo che non passi inosservato agli amanti al death metal venato di melodie di ispirazione classica

Senza far gridare al miracolo, il debutto dei Carmilla risulta un lavoro soddisfacente per gli amanti del death metal melodico ispirato (anche per la presenza di una cantante al microfono) agli Arch Enemy.

La band proveniente da Stoccolma è di recente formazione, ha dato alle stampe un ep di rodaggio ed ora si autoproduce il primo full length, intitolato Deflector e composto da dieci brani più intro dove la singer Oksana Blohm Hedlund fa il bello e cattivo tempo sia con la voce pulita che con i toni estremi.
L’alternanza delle voci è quindi l’arma migliore in possesso dei Carmilla, unica differenza con i loro più popolari conterranei capitanati oggi dalla colorata pantera Alissa White-Gluz.
Un limite forse, ma dalla sua Deflector, offrendo poco in termini di personalità, lascia che sia qualche buon spunto compositivo a fare in modo che non passi inosservato agli amanti del genere, risultando un’opera dedicata esclusivamente ad orecchie allenate al death metal venato di melodie di ispirazione classica.
Una serie di discreti passaggi chitarristici fanno di Kings Of Religion, della title track e di Devils Feast i brani più riusciti dell’album, il resto delle tracce fila liscio senza grossi picchi, ma neanche brutte cadute, attestandosi su di un livello più che sufficiente.

Tracklist
1.Avvia e Inizia
2.Kings of Religion
3.Stained Scars
4.Deflector
5.Blinders
6.Devils Feast
7.The Accuser
8.Lizzy Borden
9.A Hundred Years of Failure
10.What We Deserve
11.Lightbringer

Line-up
Felix Björklund – Bass
Dennis Blohm Hedlund – Drums
Håkan Ålander – Guitars
Daniel Karlsson – Guitars
Oksana Blohm Hedlund – Vocals

https://www.facebook.com/carmilla.theband/

https://youtu.be/yRiPl2d_xr4

Avatar – The King Live In Paris

The King Live In Paris è un live appagante per una delle band più personali del panorama metal europeo, ovviamente imperdibile per gli amanti degli Avatar che, dal vivo, riescono a coinvolgere maggiormente in virtù di un approccio più diretto.

Gli Avatar pubblicano il loro primo live album, registrato il quel di Parigi sul palco del Download Festival 2018.

La band mette in mostra anche dal vivo le proprie potenzialità, risultando come sempre una realtà che non lascia punti di riferimento e gioca con il metal degli ultimi tren’tanni a suo piacimento.
Capitanato da Johannes Eckerström, uno dei vocalist più personali e debordanti della scena, il gruppo svedese è protagonista di uno show adrenalinico nel quale un numero spropositato di generi e ed atmosfere travolgono gli astanti.
Il sound dei nostri è una tempesta di note, dal vivo perfettamente interpretate e per nulla dispersive, anche se ovviamente il palco enfatizza la parte più diretta e potente con un Eckerström che passa da un tono all’altro, interpretando i brani con una facilità disarmante.
Dopo l’intro è A Statue Of The King, brano tratto dall’ultimo album ( Avatar Country), ad aprire le ostilità, poi è un susseguirsi di passaggi dal metal classico al power, dal metal estremo a mitragliate industrial, con la band a dare spettacolo con una prova senza sbavature.
Bloody Angel ricorda i Rammstein, Tower è una semi ballad dal crescendo epico, Smells Like a Freekshow torna su territori industrial, risultando il momento più esaltante del live, mentre la title track dell’ultimo lavoro è un brano dalle reminiscenze musical, un metal rock assolutamente coinvolgente.
The King Live In Paris è un live appagante per una delle band più personali del panorama metal europeo, ovviamente imperdibile per gli amanti degli Avatar che, dal vivo, riescono a coinvolgere maggiormente in virtù di un approccio più diretto.

Tracklist
01. Intro
02. Statue Of The King
03. Let It Burn
04. Paint Me Red
05. Bloody Angel
06. For The Swarm
07. Tower
08. The Eagle Has Landed
09. Smells Like A Freakshow
10. Avatar Country
11. Hail The Apocalypse

Line-up
Johannes Eckerström – Vocals
John Alfredsson – Drums
Henrik Sandelin – Bass
The King – Guitars
Tim Öhrström – Guitars

www.facebook.com/avatarmetal

Sinners Bleed – Absolution

Un lavoro distruttivo, tecnicamente ineccepibile ma consigliato solo ai fans del metal estremo di stampo death/thrash.

Il 2019 segna il ritorno dei deathsters tedeschi Sinners Bleed, quintetto nato nella seconda metà degli anni novanta ma con un solo album alle spalle, From Womb To Tomb, licenziato nel 2003.

Purtroppo i molti problemi legati alla line up, hanno fermato a lungo il cammino del gruppo nella scena death metal europea, un silenzio durato sedici anni che si interrompe grazie ad Absolution, di fatto la rinascita per i Sinners Bleed.
Absolution, disco di death metal potenziato da feroci accelerazioni thrash ed ispirato alla scena statunitense, non dà tregua, ci prende per il colletto e ci sbatte al muro, mentre una serie di ganci al basso ventre ci lasciano inermi a terra.
Dieci brani tra Obituary e Machine Head, una prova di forza che non lascia dubbi sulla voglia di rifarsi del quintetto berlinese, grazie ad un sound che nel genere risulta un muro sonoro invalicabile.
Tempo per scaldare i motori con l’intro e Age Of The Crow inizia a martellare i padiglioni auricolari senza pietà, la tecnica non manca di certo al combo che si inerpica per spartiti intricati dando sfoggio di bravura oltre che d’impatto.
Solos che si avvolgono come serpenti tra le ritmiche telluriche di brani portentosi come The Second Being o Behind The Veil, l’album vive di scossoni estremi, concedendo poco alla melodia che rimane travolta dall’impatto violento e senza compromessi.
Un lavoro distruttivo, tecnicamente ineccepibile ma consigliato solo ai fans del metal estremo di stampo death/thrash.

Tracklist
1. Intro
2. Age Of The Crow
3. Gleaming Black
4. The Second Being
5. Devouring Hatred
6. Behind The Veil
7. Dawn Of Infinity
8. Absolution
9. Obedience
10. Jesus’ Delusion Army

Line-up
Jan Geidner – Vocals
Sebastian Ankert – Guitar
Arne Maneke – Guitar
Henrik Fuchs – Bass
Eric Wenzel – Drums

https://www.facebook.com/SinnersBleedBand

Weightless World – The End Of Beginning

Attivi dal 2011 finlandesi Weightless World licenziano questa botta di vita melodic death/metal core intitolata The End Of Beginning, un appassionante viaggio nei suoni moderni di matrice estrema, dalle melodie vincenti ma dalla grinta notevole.

Quello che toccano le band scandinave diventa oro, se non commercialmente, sicuramente a livello qualitativo.

Attivi dal 2011 finlandesi Weightless World licenziano questa botta di vita melodic death/metal core intitolata The End Of Beginning, un appassionante viaggio nei suoni moderni di matrice estrema, dalle melodie vincenti ma dalla grinta notevole.
Il giovane quintetto nordico spara nove brani dall’appeal esagerato senza perdere un’oncia di quella aggressività melodic death che fa dell’album un piccolo gioiellino moderno e melodico, attraente ma allo stesso tempo duro come l’acciaio.
Come spesso accade quando si ha a che fare con proposte in arrivo dalle fredde lande del nord, il gruppo non scherza in quanto a tecnica, amalgama per benino i generi accennati e ci aggiunge solos taglienti come rasoi e di matrice heavy metal, ed il risultato non si fa fatica a promuovere.
Già da Savior e dalle seguenti Dragon’s Fire e Guillotine la band fa le presentazioni con l’aiuto di un sound dove la componete melodica fa il bello e cattivo tempo, senza snaturare troppo l’anima aggressiva che pervade le varie tracce, unendo forza bruta e melodia, splendidi chorus e scream brutali in un calderone metallico alimentato da un fuoco estremo.
L’album si chiude con i dieci minuti abbondanti della title track, un brano dalle suggestive atmosfere elettroniche, che si alterna tra new wave, impulsi progressive moderni, metal e core e mette l’ombrellino ad un cocktail da assaggiare senza alcun dubbio.

Tracklist
1. 59
2. Savior
3. Dragon’s Fire
4. Guillotine
5. Fat Lady
6. The Pair
7. Colors
8. Tides
9. The End of Beginning

Line-up
Tino Kantoluoto – Bass
Juuso Oinonen – Guitars & backing vocals
Perttu Korhonen – Lead vocals
Kari Rannila – Drums
Valtteri Viinikka – Guitars, growls & backing vocals

https://www.facebook.com/weightlessworld

Crepuscolo – You Tomb

I Crepuscolo, forti di tanti anni di esperienza non inciampano nemmeno una volta, il loro death metal centra il bersaglio ad ogni passaggio e sembra veramente di tornare nel negozio di fiducia ad ascoltare quello che arrivava dal nord Europa nei primi anni novanta.

Torna una delle band più longeve del metal estremo di matrice death metal nostrane, i Crepuscolo, trio proveniente da Macerata attivo dal 1995, ma arrivato al traguardo del secondo full length solo oggi.

Eppure la band il suo mestiere lo sa fare eccome, devastando i padiglioni auricolari degli amanti del death metal old school con questa raccolta di brani dal titolo You Tomb.
Licenziato dalla Metal Scrap, l’album segue di cinque anni il precedente Revolution Evilution, successore di tre ep usciti tra il 2009 ed il 2012, tutti nel segno di un death metal scandinavo assolutamente convincente.
Macerata come Goteborg?
A sentire bene anche l’ultimo marcissimo parto firmato Crepuscolo, direi di si, il trio di deathsters nostrani non cambia di una virgola la propria proposta e ci massacra con questa bomba sonora senza compromessi, un tributo di altissimo livello alle gesta di chi la storia del genere l’ha fatta quasi trent’anni fa.
Lo spirito indomabile di Lars Goran Petrov (oggi orco dietro al microfono dei Firespawn) vive nelle urla animalesche di Franz Minnozzi e la band conquista da subito l’amante del genere, orfano delle gesta musicali di Entombed, Dismember ed Unleashed arrivati a noi come tempeste glaciali all’epoca delle uscite dei vari Left Hand Path, Clandestine, Like An Ever Flowing Stream e Shadows In The Deep.
You Tomb è quindi un lavoro che segue i canoni del genere, forte di un impatto potentissimo, un gran lavoro strumentale ed una serie di brani esplosivi, ovviamente devoti al genere ma non per questo meno coinvolgenti, anzi.
Da non perdere in versione live, i Crepuscolo forti di tanti anni di esperienza non inciampano nemmeno una volta, il loro death metal centra il bersaglio ad ogni passaggio e sembra veramente di tornare nel negozio di fiducia ad ascoltare quello che arrivava dal nord Europa nei primi anni novanta (abitudine ormai persa nei ricordi di chi di anni sul groppone ne comincia a contare tanti).
Dall’opener My Scars Tell A Story, fino alla conclusiva Memento, l’album risulta un pericolosissimo saliscendi sulle montagne russe del true scandinavian death metal, la band nostrana rifila una serie di mitragliate estreme devastanti prendendo a spallate l’underground estremo anche fuori dai confini nazionali.

Tracklist
1.My Scars Tell a Story
2.Unzen
3.Under the Oak’s Shadow
4.You Tomb
5.The Fate That Life Gives
6.Not for the Mass
7.Shock
8.Monomania
9.Reflected Soul
10.Memento

Line-up
Franz Minnozzi – Bass & Vocals
Vun Speranza Perticarini – Guitar
Bill Ambrogi – Drums

https://www.facebook.com/Crepuscolo.official/

Riot City – Burn The Night

Nel suo genere Burn The Night risulta un album senza pecche, ma è chiaro che si tratta di un lavoro consigliato ai fans dell’heavy metal tutto borchie e chiodo d’ordinanza, ignorante il giusto per chiudere gli occhi e convincersi d’essere ancora negli anni ottanta.

Il primo lavoro su lunga distanza dei Riot City è in linea con la tradizione per il metallo tutto acciaio, fuoco e fiamme nord americano.

Burn The Night, benedetto dai Judas Priest, conserva intatte le caratteristiche peculiari dell’heavy metal anni ottanta, tra cascate di ritmiche e solos, taglienti come rasoi, voce in linea con il genere e produzione che segue l’atmosfera ottantiana dell’opera.
Si viaggia veloci su e giù per lo spartito, con in bella mostra la devozione che la band ha per tutto il movimento metallico di scuola classica e le otto tracce che formano la tracklist ne sono la conferma.
Nel suo genere Burn The Night risulta un album senza pecche, ma è chiaro che si tratta di un lavoro consigliato ai fans dell’heavy metal tutto borchie e chiodo d’ordinanza, ignorante il giusto per chiudere gli occhi e convincersi d’essere ancora negli anni ottanta.

Tracklist
1. Warrior Of Time
2. Burn The Night
3. In The Dark
4. Livin’ Fast
5. The Hunter
6. Steel Rider
7. 329
8. Halloween At Midnight

Line-up
Cale Savy – Guitars & Vocals
Roldan Reimer – Guitars
Dustin Smith – Bass
Chad Vallier – Drums

https://www.facebook.com/RIOTCITYOFFICIAL

Timo Tolkki’s Avalon – Return To Eden

Nel nuovo lavoro firmato Timo Tolkki’s Avalon si ritrovano gli spunti e le caratteristiche peculiari che fecero risplendere la musica del musicista finnico nella scena classica della seconda parte degli anni novanta, grazie ad una serie di tracce convincenti, suonate e cantate benissimo, dal grande appeal e dotate di raffinata eleganza metallica.

La rinascita dei suoni classici nella seconda metà degli anni novanta passa anche dalla chitarra di Timo Tolkki, per anni leader degli Stratovarius, band di punta del power metal di matrice scandinava.

Basterebbero i due capolavori Episode e Visions per mettere tutti d’accordo riguardo al talento del funambolico chitarrista finlandese, poi perso tra i molteplici problemi di salute e tornato con alterne fortune con il mondo di Avalon.
Il suo progetto chiamato Timo Tolkki’s Avalon, infatti, ha dato alla luce due lavori, ma mentre il primo (The Land of New Hope), uscito nel 2013, si segnalava come un buon ritorno dopo anni di assenza dalle scene, il secondo album (Angels of the Apocalypse) non aveva mantenuto le promesse risultando un’opera scialba e senza nerbo.
Quindi è ovvio che un nuovo album di Tolkki susciti non poco interesse nella scena classica odierna e questa volta, grazie alle truppe tricolori corse in aiuto del chitarrista e ad una gruppo di ospiti titolati si può sicuramente affermare che Return To Eden è un album all’altezza della reputazione del musicista scandinavo.
Licenziato dalla nostrana Frontiers, Return To Eden vede la band formata da un manipolo di musicisti italiani, da Aldo Lonobile, chitarrista e co-produttore dell’album insieme a Tolkki, ad Andrea Buratto al basso e Antonio Agate alle tastiere e Giulio Capone alla batteria.
Come ospiti questa volta siamo davvero nel gotha del metal classico mondiale, con diversi talenti che si danno il cambio dietro al microfono come Zachary Stevens, Todd Michael Hall, Eduard Hovinga, Anneke Van Giersbergen e Mariangela Demurtas.
Savatage, Riot V, Elegy, The Gathering, Tristania: Timo come si dice oggigiorno “l’ha toccata piano” e, grazie ad una ritrovata ispirazione e all’aiuto di cantanti di livello superiore, dà vita ad un album convincente nel quale il power diretto, melodico e neoclassico ritrova la sua originaria forza.
Nel nuovo lavoro firmato Timo Tolkki’s Avalon si ritrovano gli spunti e le caratteristiche peculiari che fecero risplendere la musica del musicista finnico nella scena classica della seconda parte degli anni novanta, grazie ad una serie di tracce convincenti, suonate e cantate benissimo, dal grande appeal e dotate di raffinata eleganza metallica.
Dopo le tante reunion che hanno coinvolto gruppi storici della scena metal mondiale, le voci che vorrebbero un ritorno di Timo Tolkki negli Stratovarius si fanno sempre più insistenti: vedremo, nel frattempo godiamoci questo ottimo Return To Eden.

Tracklist
01. Enlighten
02. Promises
03. Return To Eden
04. Hear My Call
05. Now And Forever
06. Miles Away
07. Limits
08. We Are The Ones
09. Godsend
10. Give Me Hope
11. Wasted Dreams
12. Guiding Star

Line-up
Todd Michael Hall – Vocals
Anneke Van Giersbergen –Vocals
Mariangela Demurtas – Vocals
Zachary Stevens – Vocals
Eduard Hovinga – Vocals
Timo Tolkki – Guitars
Aldo Lonobile – Guitars
Antonio Agate – Keyboards
Andrea Buratto – Bass
Giulio Capone – Drums

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Welkin – Everlasting Echo Of A Farewell

Everlasting Echo Of A Farewell ha il pregio di variare l’atmosfera ad ogni brano, alternando in modo sagace potenza e melodia, tradizione e modernità in una raccolta di belle canzoni e non è poco.

Dal sottobosco musicale nazionale arrivano di continuo buone proposte che rinvigoriscono una scena rock/metal che, con tutte le problematiche e le conseguenti difficoltà di oggigiorno è ben presente e florida.

Questa volta abbiamo il piacere di presentarvi i Welkin, quartetto di Treviso attivo addirittura dal 1998 che tra cambi di line up e la solita gavetta sul fronte live arriva al 2019 con un nuovo lavoro intitolato Everlasting Echo Of A Farewell.
Francesco Bresolin(chitarra, voce), Arturo Trivellato (chitarra), Francesco Mocci (batteria), e Andrea Cenedese (basso), danno vita a sette tracce di rock moderno, melodico e alternativo, dove la parte metal mostra i muscoli solo a tratti, lasciando spazio ad atmosfere che mantengono un approccio riflessivo e malinconico.
L’opener Sacrifice irrompe con il suo metal che non nasconde un’anima progressiva, le chitarre ricamano solos di matrice Queensryche, su ritmi sostenuti, ma già dalla successiva Bleed, l’acustica si impadronisce della scena con accordi di delicato rock d’autore.
Molto curate le parti vocali, sia la solista che i chorus, mentre il sound continua ad alternare atmosfere pacate, e ritmi incalzanti sorretti da una buona dose di potenza e melodia.
Take Me The Horizon è un hard & heavy tra tradizione ed input alternative, metal/rock che come già sentito sulle altre tracce non manca di essere valorizzato da impennate progressive.
Ballatona da accendini accesi Part Of Me, metal potente e tecnico The World Behind e rock alternativo Break The Silence brano che conclude questa buona prova del gruppo Veneto.
Everlasting Echo Of A Farewell ha il pregio di variare l’atmosfera ad ogni brano, alternando in modo sagace potenza e melodia, tradizione e modernità in una raccolta di belle canzoni e non è poco.

Tracklist
1.Sacrifice
2.Bleed
3.Everything
4.Take Me To The Horizon
5.Part Of me
6.The World Behind
7.Break The Silence

Line-up
Francesco Bresolin – Guitars, Vocals
Arturo Trivellato – Guitars
Francesco Mocci – Drums
Andrea Cenedese – Bass

WELKIN – Facebook

Cremisi – Dawn of a New Era

I Cremisi raccontano tutto ciò attraverso l’unica musica in grado di fagocitare altri generi e rigettarli sotto forma di arte delle sette note, il metal, sottovalutato ed ignorato dai suoi detrattori, ma fonte inesauribile di emozioni in tutte le sue forme.

Un esordio che sicuramente non passerà inosservato quello dei Cremisi, quartetto proveniente dall’Emila Romagna (Bologna/Ravenna) che si presenta sul mercato metallico forte di una personalità debordante ed un album maturo, sia per le tematiche trattate che per il sound espresso.

La storia del nostro paese raccontata da un metal sinfonico, epico ed evocativo che accomuna prog metal, heavy classico e metal estremo sinfonico di matrice scandinava, è una delle caratteristiche principali di Dawn of a New Era e delle sue dieci composizioni, un viaggio nel tempo tra la scoperta delle Americhe e Leonardo Da Vinci, la caccia alle streghe e la peste del 1300, senza dimenticare l’arte e le sue opere, patrimonio della nostra storia.
I Cremisi raccontano tutto ciò attraverso l’unica musica in grado di fagocitare altri generi e rigettarli sotto forma di arte delle sette note, il metal, sottovalutato ed ignorato dai suoi detrattori, ma fonte inesauribile di emozioni in tutte le sue forme.
Nei brani che i Cremisi hanno creato per dare vita a Dawn Of A New Era proliferano diverse anime musicali, a formare un sound vario ed estremamente affascinante: non manca nulla tra lo spartito di brani come The Black Death, Confession, In The Name Of The lord o la splendida Battle Of Lepanto, che tanto sa di ultimi Amorphis in una versione più epica e meno progressiva.
E poi Symphony X, Iron Maiden, Sabaton, Omnium Gatherum, ma finire l’articolo con i soliti paragoni non darebbe il giusto risalto al grande lavoro svolto dai quattro musicisti nostrani che hanno dato vita ad un’opera davvero molto suggestiva e matura già al debutto.

Tracklist
1.Dark Winds
2.The Black Death
3.Dawn of a New Era
4.Captain’s Log
5.Confession
6.In the Name of the Lord
7.Waves of Sorrow
8.Battle of Lepanto
9.The Hanged Man
10.On the Moon

Line-up
Federico Palmucci – Guitars
Davide Tomazzoni – Vocals
Francesco Messina – Bass
Rolando Ferro – Drums

CREMISI – Facebook

Abrahma – In Time for the Last Rays of Light

Illustrato da una copertina che rievoca atmosfere bibliche, l’album si snoda in otto brani medio lunghi, ma non prolissi: la band riempie lo spazio di musica colta, usando tutte le armi in possesso per trasformare l’ascolto in un’esperienza pregna di sacrali sfumature epico evocative.

Licenziano il loro terzo lavoro sulla lunga i parigini Abrahma, quintetto dal sound personale che molto bene aveva fatto in passato, specialmente con il precedente album uscito ormai quattro anni fa (Reflections In The Bowels Of A Bird).

La musica del combo non segnala grossi cambiamenti rispetto al passato, anche questa nuova opera, intitolata In Time for the Last Rays of Light si muove su coordinate stoner/doom, dalle sfumature evocative e a tratti vivacizzate da spartiti rock ed alternative metal.
Sempre illustrato da una copertina che rievoca atmosfere bibliche, l’album si snoda in otto brani medio lunghi, ma non prolissi: la band riempie lo spazio di musica colta, usando tutte le armi in possesso per trasformare l’ascolto in un’esperienza pregna di sacrali sfumature epico evocative.
L’opener Lost Forever risulta il brano più diretto, usato non a caso come singolo e video, poi da Lucidly Adrift in poi veniamo catapultati in un’atmosfera in cui i vari generi esposti formano un altare musicale dal quale gli Abrahma decantano il loro verbo.
Band dal sound personale, il quintetto transalpino mostra i muscoli in brani come Last Epistle, dove si concentrano le anime più alternative in seno al gruppo, tra The God Machine ed Alice In Chains, mentre lo sludge/doom della monolitica Wander In Sedation riporta l’album in territori desertici.
Se non conoscete ancora la band francese, immaginate una lunga jam composta da Orange Goblin, Yob, Monster Magnet e gli altri nomi precedemente citati, ed avrete un’idea di quello che ascolterete in questo affascinante lavoro.

Tracklist
1.Lost Forever
2.Lucidly Adrift
3.Eclipse of the Sane Pt.1: Isolation Ghosts
4.Dusk Contemplation…
5….Last Epistle
6.Wander in Sedation
7.Eclipse of the Sane Pt. 2: Fiddler of the Bottle
8.There Bears the fruit of Deceit

Line-up
Sébastien Bismuth – Vocals, Guitars
Florian Leguillon – Guitars, Vocals
Benoit Carel – Guitars, Synths & Effects
Romain Hauduc – Bass, Vocals
Baptiste Keriel – Drums, Vocals

ABRAHMA – Facebook

Chaos Factory – Horizon

Settantacinque minuti di musica e parole divisi in due cd, Perception e Myth, per un’opera mastodontica e sorprendente per una band al debutto, di non facile assimilazione proprio a causa della durata e degli interventi vocali che spezzano il ritmo e la scorrevolezza della parte musicale.

Ambiziosa e oltremodo coraggiosa la proposta dei nostrani Chaos Factory, al debutto per Underground Symphony con Horizon, opera metal che unisce power, heavy e spunti sinfonici progressivi in un concept “raccontato” da Luca Ward, voce di Russel Crowe nel Il Gladiatore, capolavoro cinematografico di Ridley Scott.

Settantacinque minuti di musica e parole divisi in due cd, Perception e Myth, per un’opera mastodontica e sorprendente per una band al debutto, di non facile assimilazione proprio a causa della durata e degli interventi vocali che spezzano il ritmo e la scorrevolezza della parte musicale.
Sono dettagli, questi, che potrebbero far perdere qualche punto ad un lavoro che merita la giusta attenzione, perché la band ha creato un sound che, pur evidenziando le sue molteplici influenze, ha la personalità per uscire dall’anonimato in un genere nel quale in termini musicali si è detto tutto o quasi.
Concept a parte (una serie di riflessioni sulla condizione umana), Horizon musicalmente è un piccolo gioiello di metal classico, i brani sono tutti benedetti da un ottimo appeal, trattandosi di una serie di cavalcate power alternate a magniloquenze sinfoniche, atmosfere progressive e hard & heavy, con il gruppo sugli scudi sia per la ricerca del chorus e del refrain perfetto che per il buon uso degli strumenti.
Human Orogeny, We Believe, Juggernaut Is Coming e Running Wild valorizzano il primo cd, mentre sul secondo la band si lascia prendere la mano dalla parte recitata, atmosferica e sinfonica di cui si compone l’album.
Horizon rimane comunque un lavoro da ascoltare con l’impegno che merita, ricco com’è di atmosfere e sfumature che avvicinano la band a icone del genere come Rhapsody, Stratovarius, Labyrinth ed alle colonne sonore di Ennio Morricone.

Tracklist
CD1
01. Human Orogeny
02. Crystalline
03. We Believe
04. Juggernaut Is Coming
05. Affinità Morenti
06. Whispers in the Dark
07. Universal Flow
08. Horizon
09. Come Lacrime Nella Pioggia
10. Running Wild
11. Sins of the Lambs
12. Polychrome Glows
CD2
01. And Zarathustra Said: Horizon
02. Sento La Morte Nel Sogno Che Viene
03. Drying Her Tears
04. In the Depths of the Void
05. L’ultima Madre
06. The Doom of Destiny
07. Nel Profondo Dell’universo
08. Blue Steams
09. Al Calar Della Luce
10. Chaos Variation XVIII

Line-up
Francesco Vadori – Vocal
Luca Moser – Guitar
Mattia “HeadMatt” Carli – Guitar
Diana Aprile – Drums
Fabio Sartori – Bass

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