Clouds Taste Satanic – Evil Eye

Evil Eye è molto vicino ad essere una sinfonia di rock pesante, con tanta psichedelia interpretata in maniera differente rispetto alla normale concezione, per un risultato al di fuori del comune.

I Clouds Taste Satanic sono uno dei migliori gruppi stoner psych in giro, non hanno mai sbagliato una canzone e con questo disco sanciscono la loro netta superiorità musicale.

Riff oceanici di sangue infetto travolgono comitive di non morti che partono per una crociata con direzione l’inferno. Questi newyorchesi hanno un suono unico che si sviluppa nei meandri di canzoni lunghe alle quali non si può resistere. Per questo ultimo lavoro, che sarà come annunciato il primo dei due loro dischi che usciranno nel 2019, hanno confezionato due canzoni di venti minuti circa l’una, una per ogni lato del vinile, per una magia nera che non lascerà scampo. Ogni riff ha una vita a sé stante, ed il gruppo trova sempre una soluzione sonora, uno svolgimento di un passaggio altresì difficile con naturalezza e gran classe. Scrivere di musica non è facile, e se si trattano i Clouds Taste Satanic è ancora più difficile, perché su Evil Eye ci si potrebbe scrivere un libro. Questo è un disco che contiene dolore, morte, estasi e tanti viaggi, ha un suo peso corporeo e fisico ma al contempo fa volare lontano, facendo dimenticare tutto ciò che ci sta intorno. Musicalmente è qualcosa vicino ad una sinfonia di rock pesante, con tanta psichedelia interpretata in maniera differente rispetto alla normale concezione per un risultato al di fuori del comune. Non è difficile capire perché i Clouds Taste Satanic godano di una grandissima reputazione underground, sono uno di quei gruppi che compiono un’evoluzione continua e di alta qualità proponendo un qualcosa di unico ed originale. Fare due pezzi di oltre venti minuti con dentro mille mondi, tenendo sempre alta la tensione e l’attenzione dell’ascoltatore può riuscire a pochi, e si tratta di musica pura, senza parole. Già dai primi riff di Evil Eye veniamo portati in una dimensione molto diversa dalla nostra, dove possiamo aspettarci di tutto, cosa che infatti accade. Evil Eye è uscito il 30 aprile, la notte di Valpurga, data di inizio dell’estate esoterica e cara ai satanisti. E non ci potrebbe essere colonna sonora migliore di questa. Il prossimo disco sarà fuori per Halloween 2019.

Tracklist
1.Evil Eye
2.Pagan Worship

Line-up
Steve Scavuzzo
Sean Bay
Greg Acampora
Brian Bauhs

CLOUDS TASTE SATANIC – Facebook

Good Moaning – The Roost

La dolcezza qui è presente, ma è più un leccarsi le ferite, un cercare di andare avanti cercando strade alternative, che è poi ciò che fanno questi ragazzi con la loro musica, cercare altro.

Album di esordio per i baresi Good Moaning che fanno un bellissimo dream pop a tinte psichedeliche, molto intimo e delicato.

The Roost è un disco che non lascia indifferenti, innanzitutto per la capacità di entrare dentro al nostro cuore e di non lasciarlo più, con il suo incedere trasognato e comunque disilluso: ci sono i sogni ma bisogna fare bilanci e stare attenti, molto attenti. Si guarda alla grande tradizione americana, che è certamente la prima fonte di ispirazione, ma ci sono molte cose fluttuanti in questo album. Il gruppo barese è pressoché inedito a queste latitudini perché fa un dream pop che in Italia non siamo molto capaci a proporre, mentre a loro riesce benissimo aggiungendoci anzi molto di loro, ad esempio con una psichedelia latente che esplode quando meno te lo aspetti ad arricchire il tutto. Ascoltando The Roost si capisce che questi ragazzi hanno una conoscenza molto ferrata della materia, ma sono al contempo dei notevoli creatori di musica e il loro disco di esordio funziona come un film, in cui si procede sceneggiatura per sceneggiatura e non ci si riesce a staccare molto facilmente. La dolcezza qui è presente, ma è più un leccarsi le ferite, un cercare di andare avanti cercando strade alternative, che è poi ciò che fanno questi ragazzi con la loro musica, cercare altro. Ogni canzone ha più di un motivo di interesse, e tutto il disco è ben al di sopra della media, proprio perché nella media non ci rientra, è ostinatamente altro, anche nell’uso di qualche elemento di elettronica. C’è una canzone quasi alla fine del disco, Curtain, che è uno dei migliori esempi di come si possa creare un’atmosfera raccontando in poco più di tre minuti di come giocavamo a calcio sotto la pioggia, e di come ora nidifichiamo in angoli che cerchiamo di tenere al riparo dall’acqua che monta, ma non è facile. Ecco, The Roost è una raccolta di momenti così, che ognuno interpreterà come vuole, perché questa in fondo è musica evocativa. E non è poco.

Tracklist
1. mother-door
2. suitcase
3. incubus
4. the roost
5. cornwall
6. scarecrow
7. curtain
8. yousuck

Line-up
Edoardo Partipilo – vocals / guitar
Lorenzo Gentile – guitar
Marco Menchise – bass
Davide Fumai – drums / keyboards

GOOD MOANING – Facebook

Duel – Valley Of Shadows

I Duel ci portano in un territorio che non è di questo mondo, trattando della tradizione esoterica, con una musica molto coinvolgente e sempre in bilico fra doom, heavy metal ed hard rock, catturando il nostro cervello ed il nostro cuore.

Torna il combo texano chiamato Duel, con il suo splendido occul doom rock dal groove speciale e senza eguali.

Chi già li conosce sa che la loro musica ha il potere di farti varcare le porte del tempo per approdare in quella particolare stagione del rock dove tutto sembrava possibile, dove lo scopo era superare le proprie percezioni per andare oltre. La loro musica gronda di riferimenti esoterici, e ha la forma di un doom psych rock da banda di motociclisti, e questa è una delle loro peculiarità più importanti. Questa illuminata fusione di doom e hard rock è una miscela speciale che solo loro sanno fare, e ogni disco è una continua evoluzione, e questo ultimo Valley Of Shadows ne è il punto più alto. Ogni riff è studiato e ricopre un compito ben preciso, ogni movimento del gruppo concorre a formare un groove particolare ed ipnotico, fatto di potenza e di una forte influenza di hard rock ed heavy metal nella sua accezione maggiormente ritmica. Se si va ad ascoltare la discografia passata del gruppo si può sentire che fin dall’inizio questo gruppo aveva qualcosa in più, un quid che li accompagna tuttora e che in questo ultimo lavoro ha raggiunto il suo apice. I Duel sono un gruppo importante nel panorama della musica pesante e questo disco è la loro definitiva consacrazione. Il titolo Valley Of Shadows, con una copertina molto simile ai quadri surrealisti, rappresenta bene di cosa tratti questo lavoro, ovvero della valle delle ombre, che può essere interpretata in molti modi. Una delle letture possibili è che la valle delle ombre possa essere il nostro mondo, dove quella che ci appare come ineluttabile realtà non lo sia, e anzi sia un qualcosa che non possiamo comprendere. O la valle delle ombre è dove riposano i morti, o potrebbe essere altre mille cose. I Duel ci portano in un territorio che non è di questo mondo, trattando della tradizione esoterica, con una musica molto coinvolgente e sempre in bilico fra doom, heavy metal ed hard rock, catturando il nostro cervello ed il nostro cuore. Un’altra grande uscita targata Heavy Psych Sounds.

Tracklist
1. Black Magic Summer
2. Red Moon Forming
3. Drifting Alone
4. Strike And Disappear
5. Broken Mirror
6. Tyrant On The Throne
7. I Feel No Pain
8. The Bleeding Heart

Line-up
Tom Frank – guitar,vocals
Shaun Avants – bass, vocals
Justin Collins – drums
Jeff Henson – guitar

https://www.facebook.com/DUELTEXAS/

Vereor Nox – Vereor Nox

Vereor Nox è una gemma del black metal underground, un disco che lega mondi diversi, tutti molto interessanti, e soprattutto figlio di una passione smisurata e pura.

Incredibile concept album sul videogioco Dark Souls, pieno di ottimo symphonic black metal e di archetipi eterni come la Luce e la Tenebra.

Ascoltando l’ultimo lavoro dei Vereor Nox si viene catapultati all’istante in una miriade di mondi , risucchiati dalla Fiamma nell’eterna lotta fra Luce e Tenebra, fra bene e male, ma con molte più sfumature. Il gruppo è attivo dal 2014 su idea di Kronos (Gianluca Moreo) e Fenrir (Beatrice Traversin), con lo scopo di suonare black metal e trattare temi introspettivi ma anche mitologici, e gli uni non escludono affatto gli altri, anzi. Questo ultimo lavoro, il secondo su lunga distanza per il gruppo, richiede molta attenzione perché musicalmente possiede una varietà e una ricchezza non comuni, oltre ad uno studio sui testi davvero notevole. Il punto di partenza è il videogioco giapponese Dark Souls, che volendo dare una definizione disperatamente riduttiva è un rpg dark fantasy, ma in realtà è molto di più ed infatti in questo disco c’è un grande approfondimento. In pratica i Vereor Nox, intorno all’universo del videogioco compongono, un’opera ispirata dal black metal mediterraneo classico, e molto forte è la componente sinfonica che, come un coro greco, interviene nelle situazioni di maggior pathos. Come detto c’è un grande lavoro concettuale dietro il lavoro, ma la musica non è da meno, rafforzata da un grande padronanza tecnica; c’è solo una cosa che non è al suo massimo livello in questo disco, ed è la produzione, perché senza questa sbavatura saremmo davanti forse al disco dell’anno italiano in tale ambito. I Vereor Nox riescono sempre a trovare la soluzione adatta, aiutati da un grande senso della melodia, e producono un album che merita ripetuti ascolti per cogliere il tutto, perché è sterminato quanto l’universo di Dark Souls. Ogni canzone ha molteplici passaggi nascosti, c’è un bel ritornello e sotto si trova una linea di basso ipnotica, oppure una doppia cassa incessante mentre la chitarra esegue degli arpeggi da sogno. Molto adeguata è anche la durata delle canzoni, che non debordano mai. Vereor Nox è una gemma del black metal underground, un disco che lega mondi diversi, tutti molto interessanti, e soprattutto figlio di una passione smisurata e pura.

Tracklist
1. Within The Flames
2. My Dear Sister
3. Born Under The Moon
4. The Crossbreed
5. The Silence In The Cathedral
6. Void
7. Dense Of Nothingness
8. Your Grave

Line-up
Fenrir (Beatrice Traversin) – vocals & lyrics
Gwyn (Emiliano Bez) – guitars, backing vocals, main composer
Seath (Ivano Lo Iacono) – bass, composer

VEREOR NOX – Facebook

Arrival Of Autumn – Harbinger

Metalcore, tanta tecnica snocciolata senza risultare nemmeno per un momento noiosi, passaggi incandescenti e altri più melodici, contribuiscono a rendere il disco un tutto molto ben strutturato e soprattutto, cosa assai difficile di questi tempi, molto piacevole da ascoltare tutto assieme, come continuum sonoro.

Al primo distratto ascolto il disco degli Arrival Of Autumn potrebbe sembrare molto simile a molti degli ultimi dischi di metal moderno usciti recentemente.

Invece Harbinger si rivela strutturato molto bene e pieno di metal sia moderno che meno recente, perché questi canadesi dell’Alberta hanno un’anima fortemente metallica e qui la esprimono tutta. Innanzitutto debuttare direttamente su Nuclear Blast Record la dice molto lunga sulle aspettative che ci sono su questi ragazzi, attese tutte quante ben riposte. Nati e cresciuti a Grande Prairie, una cittadina di circa cinquantamila abitanti che prevede specialità locali a base di petrolio e di legname, gli Arrival Of Autumn riversano nella musica ed in questo debutto un vigore ed una potenza che si potrebbe paragonare a quella degli Spliknot che venivano da Des Moines, Iowa profondo. Il loro suono è un metalcore potente e originale, riescono a combinare melodia e pesantezza, il tutto con molta naturalezza e sapienza. Harbinger è un disco metal tout court, nel senso che si esprime in maniere diverse, ma il sostrato è fortemente metallico, quel metal di larghe vedute che entrerà nelle teste di amanti di diversi sottogeneri dell’arte metallica. Gli Arrival Of Autumn hanno quel tiro che riesce ad essere metalcore del migliore possibile, ma assorbono molto la lezione di tanti altri gruppi che non avendo un genere ben preciso di riferimento e possedendo del talento iniziano una nuova via. Metalcore, tanta tecnica snocciolata senza risultare nemmeno per un momento noiosi, passaggi incandescenti e altri più melodici, contribuiscono a rendere il disco un tutto molto ben strutturato e soprattutto, cosa assai difficile di questi tempi, molto piacevole da ascoltare tutto assieme, come continuum sonoro. E la piacevolezza è qualcosa che vi avvilupperà fin dalle prime note della prima traccia Hurricane On The Horizon, che è assai paradigmatica di ciò che accadrà dopo. Molto intensi i momenti nei quali la batteria di Ty Fox dispensa una doppia cassa prepotente. Un gran bel debutto, niente male i ragazzi da Grand Prairie, Alberta, Canada.

Tracklist
01. Hurricane On The Horizon
02. End Of Existence
03. Witness
04. The Horror
05. Old Bones – New Blood
06. Better Off Without
07. Symbiotic
08. An Omen Of Loss
09. The Endless
10. Apocalyptic

Line-up
Brendan Anderson – guitars
Jamison Friesen – vocals
Ty Fox – drums
Ryan Sorensen – guitars
Kevin Student – bass

ARRIVAL OF AUTUMN – Facebook

Deorc Absis – The Nothingness Transfiguration

Il suono dei Deorc Absis oscilla tra black e death metal, con un’importante parte sinfonica che arricchisce molto il tutto.

Black death metal dissonate e schizofrenico, molto tecnico e davvero inusuale.

L’esordio degli italiani Deorc Absis per l’etichetta americana Redefining Darkness Records è uno di quei dischi che colpiscono duro e che stupiscono. La levatura tecnica è elevata, come notevole è la capacità compositiva, le tre canzoni sono strutturate in maniera labirintica, e dentro ci sono molte cose. Il loro suono oscilla tra black e death metal, con un’importante parte sinfonica che arricchisce molto il tutto. Il gruppo ha un impatto violento, ma non esibisce solo la potenza, preferendo l’effetto dell’insieme alla singola voce musicale. E il risultato è un suono molto originale, che crea un effetto cinematografico sull’ascoltatore, nel senso che il racconto procede per racconti di immagine, e la lunga durata delle tracce permette uno sviluppo esauriente delle stesse. Si potrebbe pensare che tre pezzi possano essere pochi, ma tre canzoni con questa intensità e con questa densità richiedono un’attenzione speciale, con un occhio di riguardo per la qualità, che con un numero maggiore di pezzi potrebbe diluirsi, mentre qui rimane inalterata. Una ricerca notevole permea questo disco, e la poetica musicale messa in campo qui è rivolta verso il futuro, usando elementi del passato ma guardando sempre avanti.
Il lavoro del gruppo è notevole, una menzione speciale va all’incredibile basso di Marcello Tavernari che costruisce fisionomie mostruose, colonna portante del suono dei Deorc Absis. L’esordio è notevole e merita attenzione, musica estrema fatta con passione e competenza.

Tracklist
1.Stasis
2.Epanastasis
3.Metamorphosis

Line-up
Claudio Miniati: Vocals
Alessandro D’Antone: Guitars
Marcello Tavernari: Bass
Marco Taiti – Drums

DEORC ABSIS – Facebook

Albireon – La Bellezza Di Un Naufragio 1998-2018

Madrigali, cose antiche e belle che richiedono di ascoltare e soffermarsi, di cercare dentro e fuori dal proprio sé, o forse solo di chiudere gli occhi e di abbandonarsi ad una poesia che apre il cuore e porta al naufragio.

Disco di canzoni della loro carriera riarrangiati, riregistrati e reinterpretati per un gruppo italiano fra i maggiori della scena sperimentale neo folk mondiale, gli Albireon.

Nato nell’ormai lontano 1998, il gruppo ha saputo toccare con la sua musica eterea, molti cuori, ha attraversato molti mari e ora compie questo bellissimo naufragio. La musica degli Albireon è un qualcosa che ve ben oltre l’accezione comune di musica, è un viaggio all’interno del proprio cuore, un ricercare delle cose antiche e forse sopite ma ancora vive. Albireon è un sogno ad occhi aperti, un modo altro di fare poesia, i testi sono quasi tutti dei capolavori di bellezza della lingua italiana, accompagnati da una musica antica, eppure non vi capiterà spesso di ascoltare qualcosa di così moderno e fresco. Le loro visioni nascono da loro stessi ma anche dalla lettura di pagine o dalla visione di film che potremmo definire immortali, è uno sguardo verso le cose piccole della vita, uno zoom sui particolari che ti fa cogliere l’insieme. Per questo importante anniversario il gruppo ha chiamato ospiti importanti: in Celebrazione di Un Oblio canta Mauro Berchi, membro dei Canaan, dei Neronoia e capo della Eibon Records, una voce che arriva direttamente dalla fine del mondo. Oltre a lui troviamo Francesca Nicoli degli Ataraxia, Oliver dei Sonne Hagal, dei quali gli Albireon fanno un’incredibile cover, Spighe, Bard degli Oberon, Tony Wakeford, deus ex machina dei Sol Invictus, Gianni Pedretti dei Colloquio, Corrado Videtta dei mai abbastanza celebrati Argine e Daniele Landolfi degli Instant Lakes. Insomma il meglio di una scena, quella neo folk, che in Italia ha radici importanti e ha regalato momenti immensi e bellissimi, fortunatamente relegati in una nicchia di persone che ama il bello (ma conosce e vive anche il brutto) e che sa coglierlo anche e soprattutto nelle piccole cose: una scena che crea cose fantastiche ma che ricerca l’oblio in continua contraddizione. Chi ha scoperto e apprezza gli Albireon non torna indietro, perché è così forte e abbagliante la delicata bellezza delle loro canzoni che non se ne può fare a meno. Questo lavoro è una celebrazione ma al contempo un rielaborare la propria tradizione, e le loro canzoni acquistano, se possibile, un bellezza maggiore. Madrigali, cose antiche e belle che richiedono di ascoltare e soffermarsi, di cercare dentro e fuori dal proprio sé, o forse solo di chiudere gli occhi e di abbandonarsi ad una poesia che apre il cuore e porta al naufragio.
E sono bellissime e molto esplicative le loro parole :
“ Abbiamo imparato che non c è un traguardo da raggiungere, nessun posto speciale da conquistare, l’unica verità che abbiamo invece scoperto nei nostri 20 anni di esistenza come band è che non esiste destinazione, ma solo il viaggio stesso… Un viaggio che valeva la pena compiere e che ci ha regalato qualcosa che ha definito per sempre le nostre vite e con noi quelle di chi ha amato la nostra musica, offrendoci un sorriso o una lacrima durante i nostri concerti, o ha condiviso le nostre emozioni comprando i nostri dischi. Non siamo altro che una nave perduta su una spiaggia lontana, un manipolo di eroi dimenticati da tempo, un paio di canzoni che potrete canticchiare quando avrete voglia di qualcosa di visionario e malinconico… ma è stato un naufragio che non ci pentiremo mai di aver vissuto, così come questa ricerca di noi stessi, questo oblio che lentamente ci avvolge ”

Tracklist
1 Canto Del Vento Lontano 2018
2 Nel Nido Dei Ragni Funamboli – Remix
3 Celebrazione Di Un Oblio feat. Mauro Berchi
4 Gli Aironi – Remix 2018
5 Snowflake 2018 Feat. Tony Wakeford
6 Chaosinsomnia
7 Ninèta 2018 Feat. Francesca Nicoli
8 Liù Dorme – Remix 2018
9 Imbrunire 2018 – Feat. Gianni Pedretti
10 Mr. Nightbird Hates Blueberries 2018
11 Il Deserto Dei Tartari 2018 – Feat. Corrado Videtta And Daniele Landolfi
12 Like Stars In Winter Rapture – Remix 2018
13 Ala Di Falena 2018 – Feat. Sonne Hagal
14 Inquietudine – Remix 2018
15 Through Winter Fires 2018 – Medieval Mix Feat . Bard Oberon
16 Ballata Delle Rovine – Remix 2018
17 Spighe (Sonne Hagal Cover)
18 Falene

Line-up
Davide Borghi – Vocals, Guitar, Lyrics
Carlo Baja-Guarienti – Keyboards, Piano, Flute
Stefano Romagnoli – Programming, Samples, Recording
Elia Albertini – Bass Guitar
Lorenzo Borghi – Drums

ALBIREON – Facebook

Disen Gage – The Big Adventure

Un lavoro che richiede un approccio non comune ma che lascerà pienamente soddisfatti coloro che cercano qualcosa di alto valore musicale e di profondamente diverso: una grande avventura, come recita il titolo.

Il progetto Disen Gage nasce nel 1999 in Russia ed è dal 2016 una formazione flessibile di musicisti allo scopo di portare l’attenzione totalmente sulla musica intesa come flusso libero di note ed improvvisazioni.

La proposta dei Disen Gage è un prog rock dalle sfumature metal interpretato come fosse free jazz, con uno scorrimento molto inusuale. Non esistono linearità, ritornelli o forma canzone, è un continuo fluttuare in uno spazio infinito dove tutto è fluido e muta repentinamente. Anche l’ascolto non è comune, esso può cominciare in qualsiasi punto lo vogliate. Grandissima è la varietà di generi affrontati, anche se sarebbe molto scorretto parlare di steccati in questa opera, che è l’ultima propaggine di un’avventura musicale molto interessante. Colpisce la poderosa struttura che disegna un universo musicale immenso e molto variopinto. Si naviga a cuor leggero trasportati dalle eccezionali note di un magma musicale che cambia vorticosamente, ma che non perde mai l’eleganza e la bellezza. Le musiche del gruppo sono molto fini, si possono cogliere aspetti che si avvicinano alla poetica musicale dei Pink Floyd, con la chitarra del fondatore Konstantin Mochalov che ci porta lontano, per poi essere sbalzati in un giro funky che diventa quasi una polka, e questo è solo un minuto della loro musica. I Disen Gage sono musicisti che amano sperimentare e trovare sbocchi inusuali alle loro idee, ma soprattutto sono grandissimi amanti delle sette note, sanno di maneggiare una ricchezza immensa e non se la lasciano scappare, plasmandola a loro volere. Tutto ciò viene dalla Russia e non a caso, poiché è una terra dove ci sono notevoli ensemble e solisti che viaggiano in dimensioni molto differenti da quella normale. Un lavoro che richiede un approccio non comune ma che lascerà pienamente soddisfatti coloro che cercano qualcosa di alto valore musicale e di profondamente diverso: una grande avventura, come recita il titolo.

Tracklist
1.Shiroyama
2.Adventurers
3.Chaos Point
4.Enough
5.All the Truths’ Meeting
6.Selfish Tango
7.Carnival Escape
8.Fin

Line.up:
Konstantin Mochalov — guitar & sound engineering
Eugeny Kudryashov — drums
Nikolai Syrtsev — bass
Sergei Bagin — guitar & synth

Guests:
Igor Bukaev — accordion/button accordion in 2
Ekaterina Morozova — piano in 3 & 8
Vasily Tsirin — cello in 4
Vadim Sorokin — mixing all tracks, synth in 6 & bass in 8

DISEN GAGE – Facebook

Padus – Diva Sporca

Diva Sporca è un disco che sa di antico, di qualcosa che si muove nelle nebbie, di sguardi impauriti al cielo verso la luna nera che sta sopra di noi da millenni, è anche ricerca musicale e passione che porta oltre.

Padus è il progetto molto particolare ed originale di Matteo Zanella, un abitante del delta del Po che suona il basso in un’orchestra di musica da ballo.

E proprio il basso come strumento è messo al centro di questa singolare opera, specialmente il basso distorto, che diventa in pratica un gruppo musicale a sé stante. Matteo Zanella è uno di quei musicisti totali e straripanti, ha la musica nel cervello e la crea in maniera ricercata ed originale. Scrive e suona tutto lui, e come genere siamo dalla parti di un doom che si incrocia con il dark ambient, ma molto forte è la connotazione teatrale del tutto, infatti le canzoni sono vere e proprie storie sceneggiate. Di solito gli strumenti impiegati sono il basso distorto per l’appunto, un organo a canne ed una batteria campionata, ma ci sono anche il vento, i tuoni ed incombe la figura del Po, questo fiume misterioso che attraversa terre antiche e difficili da decifrare. Matteo non si ferma però qui, e dato che ha anche la passione per la pittura, ha disegnato anche l’ermetica copertina del lavoro musicale. Diva Sporca è un viaggio nelle tenebre, nell’occulto e nella disperazione umana, nella vera e propria sporcizia del mistero umano, e anche in una natura che per noi è cattiva, ma semplicemente è se stessa, è l’uomo che inventa categorie di pensiero altrimenti inesistenti. Il disco è una continua sorpresa, il cantato è in italiano ed è molto incisivo, e contribuisce in maniera notevole a contribuire alla cifra stilistica del disco. La tecnica di Matteo è notevole, ma non è quella al centro del suo suono, bensì è al suo servizio. Diva Sporca è un disco che sa di antico, di qualcosa che si muove nelle nebbie, di sguardi impauriti al cielo verso la luna nera che sta sopra di noi da millenni, è anche ricerca musicale e passione che porta oltre. Ci sono anche brani sperimentali come Elocubrazione che fanno perdere le proprie attuali coordinate e conducono molto lontani, in quello stato particolare di trance leggera che solo certa musica può indurre. Si consiglia anche di seguire la pagina facebook di Padus, poiché Zanella vi posta i notevoli quadri ispirati ai pezzi del progetto.
Un disco unicamente tenebroso, un lavoro molto compiuto di un musicista che sa essere e dire molte cose differenti.

Tracklist
1 – Diva Sporca
2 – La luna nera
3 – Elocubrazione
4 – La peste
5 – La strada per l’oblio

PADUS – Facebook

Brant Bjork – Jacoozzi

Jacoozzi è un insieme di tracce inedite registrate in una session del 2010 e mai pubblicate in nessun disco solista di Brant Bjork, l’ex batterista dei Kyuss, da anni soggetto di un’ottima carriera solista.

Jacoozzi è un insieme di tracce inedite registrate in una session del 2010 e mai pubblicate in nessun disco solista di Brant Bjork, l’ex batterista dei Kyuss, da anni protagonista di un’ottima carriera solista.

Queste canzoni furono messe su cassetta, ma non videro mai la luce. Ecco quindi la pubblicazione dopo l’ultimo disco solista Mankind Woman. I pezzi sono vere e proprie jam, dove Brant ed amici si divertono e ci divertono con pezzi che si sa quando iniziano ma non quando e come finiscano. Il caldo suono analogico è l’habitat adatto per questi pezzi che si inseriscono nella tradizione del desert rock, della psichedelia stoneriana, ma sono molto più minimali rispetto alla normale e conosciuta produzione di Brant. Innanzitutto c’è una grande presenza del funk e del blues, infatti questo disco potrebbe benissimo essere uscito nei tardi anni settanta e nessuno potrebbe averne da eccepire. Le composizioni sono quasi tutte di ampio respiro e regalano molti spunti soprattutto grazie alla bulimica capacità compositiva dell’ex membro dei Kyuss che si conferma un grande autore. In questo album, o meglio in questo concentrato di jam, hanno un grande spazio le percussioni che sono sempre inserite in maniera adeguata e piacevole, regalando un ottimo effetto. Certamente Jacoozzi non concorre ad essere il disco migliore della carriera di Bjork ma è un qualcosa di interessante che ci mostra un lato diverso di un musicista fra i più interessanti della sua leva. Le distorsioni sono presenti in minor misura rispetto ai suoi altri lavori, ma è sempre percepibile la grande attenzione per le linee ritmiche e per la progressione delle canzoni. Un disco interessante che piacerà sia ai fans hardcore di Brant Bjork sia a chi vuole viaggiarsela un po’.

Tracklist
1. Can’t Out Run The Sun
2. Guerrilla Funk
3. Mexico City Blues
4. Five Hundred Thousand Dollars
5. Black & White Wonderland
6. Oui
7. Mixed Nuts
8. Lost Pin Race
9. Polarized
10. Do You Love The World?

BRANT BJORK – Facebook

Distorsonic – Twisted Playgrounds

Non è un disco fruibile in maniera tradizionale, né lo vuole essere, è un deciso andare avanti, nove jam, di cui una con parti cantate, con mille ritmi e percorsi diversi, in un’oscillazione perpetua e ricercata compiuta da due musicisti che sono di un altro livello, soprattutto in quanto a sensibilità.

Musica spaziale che genera nuovi suoni e generi attraverso le allucinazioni di un basso che fa orchestra a sé ed una batteria.

Il basso è quello di Maurizio Iorio, già con Molteni, ha ha cominciato il progetto Distorsonic già negli anni novanta e questo è il terzo episodio discografico. Il disco è una vera e propria esperienza sciamanica e psichedelica, non c’è un genere bene preciso, ma una continua generazione e rigenerazione di suoni vivi, suoni morti o ancora non nati. La direzione è quella di una jam, di un andare in qualsiasi caso senza mai fermarsi, ci sono così tante linee di basso da scrivere e da distorcere, e la batteria è un cuore malato collegato ad un cervello fuso, medium per vedere oltre. Oltre ad una totale mancanza di etichette, cosa già di per sé assai notevole, ci sono molte cose nuove ed un modo totalmente differente di approcciarsi alla materia musicale. Il basso di Maurizio Iorio è un elemento che fa storia a sé, dato che vive di vita propria, non fa accompagnamento o tiene il ritmo, bensì indica la via verso una nuova linea melodica. Lo strumento di Maurizio compie la funzione vera e propria di un oggetto che serve per esprimere qualcosa che altrimenti non verrebbe espresso. Inoltre la batteria di Stefano Balcone è un altro strumento perfetto per questo viaggio, anch’essa fa gruppo a sé stante e si compenetra perfettamente con il basso di Maurizio. Twisted Playgrounds illustra storie molto antiche ma anche moderne, suona di sangue e vite sull’asfalto, di sofferenza e di gioia, morte e vita, in un continuo rigenerarsi come se fosse un lungo giro di basso. Non è un disco fruibile in maniera tradizionale, né lo vuole essere, è un deciso andare avanti, nove jam, di cui una con parti cantate, con mille ritmi e percorsi diversi, in un’oscillazione perpetua e ricercata compiuta da due musicisti che sono di un altro livello, soprattutto in quanto a sensibilità. Non è sperimentazione, bensì un’altra dimensione musicale.

Tracklist
1. Space Underdogs From Hell
2. Subterranea
3. Messing Around With a Baritone
4. Headhunting the Headhunters
5. Secchezza delle fauci
6. Heavy Satori
7. Fisheye Speedfreak
8. Caronte
9. Tofranihl

Line-up
Maurizio Iorio – Basso
Stefano Falcone – Batteria

DISTORSONIC – Facebook

Thamiel – Sator

Sator funzione bene dall’inizio alla fine, ha un bella carica e un bel suono che arrivano molto diretti all’ascoltatore.

Da Brindisi arriva il debutto sulla lunga distanza per i Thamiel, ex Merkavah, fondati dal chitarrista Gianluigi Papadia e dal batterista Antonio Greco.

Totalmente autoprodotto, il loro disco è una proposta sonora incentrata sul black death degli anni novanta, dalla forte connotazione mediterranea. I Thamiel hanno un incedere notevole, il suono è un black death molto peculiare, che si rifà certamente alla tradizione scandinava, ma che guarda molto anche ai paesi bagnati dal mar Mediterraneo, come la stessa Italia e la Grecia. Infatti il loro suono possiede certe caratteristiche altresì irrintracciabili nei gruppi nordici. Il tutto è strutturato molto bene, il disco ha una sua organicità ben precisa, e si sente che questi musicisti hanno sia passione che competenza, cose mai scontate, specialmente nelle epoche attuali. Con una forte componente esoterica, il disco sembra scaturire direttamente da una lettura di opere maledette, con un’atmosfera molto intima e diabolica. Lungo tutto il percorso del lavoro si dipana anche una precisa ricerca musicale, con al centro la produzione di un suono originale, personale ed immediatamente riconoscibile, intendimento che riesce perfettamente. Il debutto dei Thamiel è convincente e molto godibile, un canto di amore verso il black ed il death metal, e quale omaggio migliore se non creare qualcosa di personale e bello in quel campo? Sator funziona bene dall’inizio alla fine, ha un grande carica e un bel suono che arriva molto diretto all’ascoltatore. Il sommerso musicale racchiude gruppi molto validi come i Thamiel, che facendo molti sforzi e sacrifici riescono a produrre cose che altri nomi più blasonati non sono più in grado di fare.

Tracklist
1 Intro
2 Sol Invictus
3 Kathaar
4 Darkened Centuries
5 Sator
6 Bloodshed In The North
7 Desecrate Ritual
8 Ex Comunicatio

Line-up
Mino Mingolla – Vocals
Gianluigi Papadia – Guitar
Andrea Caiulo – Bass
Antonio Cape Greco – Drums

THAMIEL – Facebook

Gran Bal Dub – Benvenguts a Bòrd

La qualità è molto alta e ci sono momenti bellissimi, durante i quali il cuore ti si riempe con qualcosa di antico che sa parlare con vecchi e nuovi linguaggi.

Ritorna l’incontro fa due culture in apparenza differenti, la musica elettronica soprattutto nella sua forma dub e il mondo occitano, con la seconda opera a firma Gran Bal Dub, il nome della collaborazione fra Madaski degli Africa Unite e Sergio Berardo dei Lou Dalfin.

Il primo episodio uscito nel 2017 in download gratis era stato un successo sia di pubblico che di critica. La formula alla base di questo incontro di culture diverse è molto semplice ma assai profonda: da una parte la musica dub reggae, con la sua forma essenziale e minimale eppure molto potente, dall’altra la gioia, la vitalità della cultura musicale e non solo dell’Occitania, quella terra che va dalla montagne piemontesi ai Pirenei, dove è nata e prospera la lingua d’oc, e tutta l’affascinante cultura che vi sta dietro, della quale il gruppo dei Lou Dalfin che vede fra i suoi membri Sergio Berardo fa grande diffusione da molti anni. Benvenguts A Bòrd è una festa popolare, un allacciare fili fra sensibilità e stili diversi, ma che stanno davvero molto bene assieme. Il dub si sposa perfettamente con la musica occitana, con i suoi strumenti di festa e di raccoglimento, il dub insieme all’elettronica dilata i tempi o li esalta, grazie alla grande sapienza di Madaski che taglia e cuce molto bene. L’omone piemontese da oltre trent’anni è uno dei migliori sperimentatori della musica elettronica underground italiana, basti ricordare nella sua sterminata discografia un album come Distortica Diagnostica, elettronica ai massimi livelli sulla vicenda del suo tumore al cervello. Madaski prepara un abito perfettamente su misura per Sergio Berardo, trabalhador provenzale fra gli ultimi di una lunghissima tradizione di cantori popolari, perché è la vita del popolo al centro di tutto. Il disco è una bella festa, un momento per celebrare la vita anche nei suoi risvolti meno piacevoli, tutto da parte del tutto, e c’è anche un profondo senso di umanità: la modernità esiste nella sua accezione migliore, ovvero quella di megafono dei sentimenti e delle possibilità umane. La qualità è molto alta e ci sono momenti bellissimi, durante i quali il cuore ti si riempe con qualcosa di antico che sa parlare con vecchi e nuovi linguaggi. Il cammino di questo fecondo incontro va avanti, fatto di cuore, cultura e bellezza, grazie anche ad un Occitania tutta da scoprire. Il tutto è in nuovamente in download libero sul loro sito, diffondete.

Tracklist
01 Al Belcaire
02 Al Festin
03 Nòstra Mar
04 Lo Vespre de la Nòça
05 Bachasset
06 Es Pas Tard
07 La Sanha/ La Sanha RXM
08 Jordi Do Bandolim
09 Pònt de la Sal
10 L’Aglàs
11 Correnta
12 The Job

Line-up
Sergio Berardo – Ghironde, fifre, clarin, bodega, arebeba, saz, dulcimer, archi a bocca, corni naturali, flauto armonico, banjo, ukulele, percussioni e voce
Madaski – Programmazioni, pianoforte e voce
Robi Avena – Fisarmonica cromatica a bottoni
Chiara Cesano – Violino
Carlo Revello – Basso in “Jordi Do Bandolim”
Dario Avena – Clarinetto in “La Sanha e Correnta”
Rosella Pellerino – Hostess in “A Belcaire”
Matteo Mammoliti – Batteria in “The Job”

GRAN BAL DUB – Facebook

Tense Up! – Tense Up!

Un viaggio senza freni in film che parlano di crimine e sesso, di morte e di vita, di grida lancinanti, il tutto per mezzo di una chitarra che viaggia velocissima e di una batteria che le copre le spalle con un corposo fuoco di copertura: non ci rimane che metterci all’inseguimento.

Direttamente dalle nebbie della pianura reggiana arriva questo fulmineo debutto di surf e psych rock and roll.

Questi due ragazzi riuniti sotto il nome Tense Up! hanno una grande urgenza di esprimere il loro amore per la musica veloce e coinvolgente, per i film di serie b e per tutto un immaginario che Quentin Tarantino amerebbe alla follia. Tutto nasce agli inizi del 2015 nella mente del chitarrista Vincenzo Melita, che si mette alla ricerca di qualcuno che possa aiutarlo a mettere in musica ciò che vorrebbe. Trova così un complice nel batterista Luca Bajardi, con il quale comincia a porre le basi del presente disco. Eccoci quindi a questo debutto, un viaggio senza freni in film che parlano di crimine e sesso, di morte e di vita, di grida lancinanti, il tutto per mezzo di una chitarra che viaggia velocissima e di una batteria che le copre le spalle con un corposo fuoco di copertura: non ci rimane che metterci all’inseguimento. Di coppie musicali in Italia ve ne sono molte, quasi tutte composte da un chitarrista e da un batterista, ma poche hanno l’efficacia e l’appassionante velocità dei Tense Up!. Il disco comincia con un vetro rotto e non si ferma più, per sei tracce vertiginose e coinvolgenti come un b movie anni sessanta o settanta. I Tense Up! riportano l’attenzione su un immaginario molto vivido e assolutamente non conforme come quello delle produzioni underground americane ed italiane degli anni sessanta e settanta, la cui vitalità ed originalità era pari alla musica di questo duo, per una stagione creativa forse irripetibile. Gli spezzoni sonori di questi film, i dialoghi e vere proprie scene, sono parte integrante di questo disco come se fossero il terzo componente del gruppo e sono assai efficaci, diventando anzi la spina dorsale del disco. Importante e molto funzionale è anche il lavoro dell’organo, che sottolinea in maniera importante certi momenti ed è un ottimo contrappunto. Un disco assi godibile e molto attraente, per un debutto notevole da parte un duo tra i migliori in Italia.

Tracklist
1 MR.MEMORY
2 CARRUSEL
3 I KILLED HIM
4 ASTRAPHOBIA
5 THE KEY
6 PRIVATE TRAPS

Line-up
Vins – Guitars –
BJ – drums –

TENSE UP! – Facebook

Hanormale – Reborn In Butterfly

Hanormale è una concezione superiore e altera del black metal e più in esteso della visione musicale nel suo insieme.

Hanormale è, in breve, una concezione superiore e altera del black metal, e più in esteso della visione musicale nel suo insieme.

Se si cerca un lavoro musicale totale, senza barriere e nemmeno riferimenti conosciuti, l’universo è quello sterminato del black metal, ma il resto è totalmente sconosciuto e molto prezioso. Questa avventura sonora nasce nel 2009 per mano di Arcanus Incubus, e fin da subito la conduce per vie inesplorate, usando il black come se fosse l’Arcadia di Capitan Harlock, e anche noi se vogliamo possiamo far parte dell’equipaggio. Non ci sono limiti o regole, ci si spinge oltre sempre e comunque. Un pezzo comincia in una maniera, poi al terzo minuto siamo già a due o tre stili musicali diversi che vi possiamo trovare dentro. E non è nemmeno tutto, poiché vi sono progressioni musicali totalmente inaspettate e di grande spessore. Descrivere un disco come Reborn In Butterfly è impossibile, ci vorrebbe un libro o una tesi universitaria, sicuramente bisogna sentirlo e risentirlo ancora, affinché la meraviglia che genera arrivi bene dentro di noi. Il titolo dice molto di quello che sarà poi la musica, qui c’è una morte ed una rinascita come farfalla, con tutti gli stadi intermedi. Musica che proviene dal caos, caos che diventa ordine e tutto si concatena perfettamente, perché l’ordine non appartiene né alla vita né alla morte. Dalla prima all’ultima nota, non necessariamente in ordine, tutto è concatenato e i sentimenti sono l’unica guida. Hanormale copre un’estesa porzione dello scibile umano, vengono qui coinvolte tantissime tradizione e molti possibili futuri, e questa grandiosità si traduce in musica. Quello che questo disco vuole comunicarci, anche se ognuno troverà giustamente un messaggio diverso, è che ci sono cose che possiamo compenetrare solo diventando qualcosa di altro e di diverso da noi, ed in questo senso il black metal è il veicolo perfetto. Molti altri stili fanno qui la loro comparsa, e sono tutti al servizio della narrazione che Hanormale concepisce e mette in musica. Un disco di caratura superiore e da ascoltare in ordine naturale o sparso, ma per farlo bisogna diventare noi stessi medium di questa splendida musica.

Tracklist
1.It Is Happening Again
2.Like A Hug, Darkness Embrace Us All
3.Human
4.Satan Is a Status Symbol
5.Ghettoblaster BlackMetal
6.Hakuzosu
7.Candentibus Organis
8.Rare Green Areas
9.Al Tanoura
10.Iperrealismo
11.The Search For The Zone
12.Requiem For Our Dead Brothers

HANORMALE – Facebook

Polar – Nova

Un disco molto organico, potente, melodico e con esplosioni notevoli, per un gruppo che ha compiuto un passo molto importante nella propria evoluzione.

Nuovo album per i londinesi Polar, che propongono una miscela di post hardcore e metalcore, con una spruzzata di elettronica.

Dopo diversi episodi discografici i Polar hanno sentito il bisogno di cambiare rotta, essendo attivi dal 2009, e ovviamente invecchiando le cose si vedono in maniera diversa, le prospettive cambiano, la mutazione è prima nel nostro cervello poi seguono molte altre cose. Nei dischi precedenti il gruppo aveva affrontato anche temi politici, mentre qui le vicende narrate hanno un carattere maggiormente personale. Il loro suono è molto peculiare, parte dal post hardcore ma non ne possiede la melodia, bensì ne sottolinea la drammaticità e la capacità di creare tensione. Le melodie, che vengono create soprattutto grazie ai riff di chitarra che si combinano con la sezione ritmica, sono ottime ma non vengono messe al di sopra di tutto come fanno altri gruppi simili, bensì sono un elemento che concorre a creare esplosioni sonore. Ecco, questa è una delle caratteristiche migliori di questo gruppo, che in certi momenti offre passaggi molto belli e ritornelli che creano disordine dal vivo. I Polar sono sicuramente una band per giovani, il loro metal è moderno ma possiedono caratteristiche che li distinguono nettamente da quelli a loro affini. Ci sono certi passaggi, certi momenti che sono molto luminosi, infatti il loro proposito era quello di creare un disco che fosse come una nova appunto, che altro non è che un’esplosione che fa diventare la stella più lucente. Ogni passaggio è concatenato molto bene, e tutti gli elementi occupano il loro posto. Il risultato è un disco molto organico, potente, melodico e deflagrante, per una band che ha compiuto un passo molto importante nella sua evoluzione.

Tracklist
1- Mære
2- Devil
3- Cradle
4- Drive
5- Adore
6- Sonder
7- Amber
8- Breathe
9- Prey
10- Dusk
11- Midnight
12- Brother

Line-up
Adam Woodford – vocals
Tom Gree – guitars
Fabian Lomas – guitars
Jonny Bowman – bass
Nick Jones – drums

POLAR – Facebook

Ultio – Fera Ep

Una tempesta che si abbatte sulle vostre teste, e si sta bene in mezzo ai rovesci, tra quella violenza sonora, quel qualcosa in più che possiedono solo i dischi black metal che sono di un livello superiore.

Black metal classicheggiante, feroce, estremo e bellissimo.

Il debutto della one man band Ultio, per l’etichetta genovese Brucia Records, è un pugno in faccia, uno di quelli che fanno bene ma sono molto pesanti. Questo ep è un atto d’amore incondizionato verso il black metal che genera un magma sonoro dentro al quale l’ascoltatore si vuole annientare, un abbattimento di tutto ciò che lo circonda attraverso questo suono. Fin dalle prime convulse e granitiche note si può sentire che Ultio conosce e controlla molto bene la materia che tratta, le ripartenze sonore sono fulminee, il suono è martellante e non lascia scampo, la batteria trancia tendini ed ossa come su un campo di battaglia, i riff sono molto adeguati e lasciano il segno. Fera è un concentrato di venti minuti di battaglia sonora, nella quale le tenebre vincono nettamente e senza appello, dove la luce non si vede mai se non per negativo, e in cui la forza sonica spazza via tutto. La lunghezza del disco è giusta, riuscendo così a concentrare tante cose in poco spazio, con una tensione musicale fortissima. Fera delizierà gli estimatori della prima e seconda ondata del black metal, ma tutti gli amanti del nero metallo qui troveranno un prodotto selvaggio e senza rimorsi. Inoltre il disco può essere ascoltato come un unicum sonoro, dato che il filo conduttore è sempre lo stesso, e si dipana in vari rivoli che poi confluiscono in un mare nero. Era da tempo che un disco black non obbligava a schiacciare nuovamente il tasto play dopo la fine, per riascoltarlo ancora e Fera spinge a farlo più volte. Una tempesta che si abbatte sulle vostre teste, e si sta bene in mezzo ai rovesci, tra quella violenza sonora, quel qualcosa in più che possiedono solo i dischi black metal che sono di un livello superiore. Registrato in poco tempo, il lavoro possiede anche una certa urgenza tipica degli albori del genere, un no future molto bene marcato e presente.
Un gran bel debutto, e aspettiamo già il prossimo disco di Ultio.

Tracklist
1.Beasts
2.Ablaze
3.Beyond the fog
4.The right weapon

Line-up
Ultio – Everything

Alpha Wolf – Fault

Gli Alpha Wolf non inventano nulla, ma riescono a fondere fra loro in maniera molto originale degli elementi che sono esistenti ma che non sempre facili da legare.

Alpha Wolf sono un gruppo australiano che pone in maniera notevole la violenza in musica.

Fault è il titolo del loro ultimo ep, pubblicato dopo vari demo e dopo il debut album Mono del 2017 su Greyscale Records. Mettiamo subito una cosa in chiaro: questi australiani sono una delle cose più interessanti uscite negli ultimi anni in campo metalcore, il loro groove è devastante e hanno anche un pizzico di deathcore nel loro suono, e qualcosa anche del nu metal. Ogni canzone è una lama affilata che taglia chirurgicamente l’obiettivo, non scappa nulla, tutto è molto intenso e studiato per creare devastazione dal vivo. Gli Alpha Wolf non inventano nulla, ma riescono a fondere fra loro in maniera molto originale degli elementi che sono esistenti ma che non sempre facili da legare. Non manca la melodia nelle loro composizioni, tutto è funzionale ad una violenza sonora che si manifesta in forme e modi differenti a seconda del momento e delle cose che si vogliono esprimere. La tensione è sempre alta, succede sempre qualcosa nelle loro canzoni, la voce graffia e culla in maniera ossessiva, ci sono repentini cambi di tempo, la cadenza non è velocissima ma è devastante. Nell’affollato panorama attuale del metalcore gli Alpha Wolf sono uno dei gruppi dalle maggiori peculiarità e dalle molte possibilità che le mostrano in questo ep che dovrebbe essere quello che li farà notare nel mondo, anche grazie al fatto che esce per una sussidiaria della Nuclear Blast, la Sharptone Records. Come biglietto da visita non è per niente male anzi, finalmente un disco metalcore molto potente e con influenze diverse. Fault è un ep da gustare fino in fondo, magari andando anche a riscoprire il loro disco precedente.

Tracklist
1. No Name
2. Spirit Breaker
3. Russian Roulette
4. Fault
5. Sub Zero
6. The Lonely Bones

Line-up
lochie
scottie
john
sabian
mitch

ALPHA WOLF – Facebook