Esogenesi – Esogenesi

I quattro lunghi brani, inframmezzati da un breve strumentale, testimoniano in ogni frangente lo spessore già ragguardevole raggiunto dagli Esogenesi al loro primo passo, sicuramente non più lungo della gamba in quanto preparato con tempi debitamente lunghi come si conviene a chi si dedica ad un genere per sua natura antitetico a tutto ciò che appare frettoloso o superficiale.

E’ arrivato così il momento di sedersi un’ultima volta davanti a una tastiera cercando di raccontare su MetalEyes, a chi abbia voglia di leggere, tutta la gamma di sensazioni e riflessioni che scaturiscono dall’ascolto di un disco.

Quello in questione è l’esordio dei milanesi Esogenesi, giovane band che sceglie di cimentarsi nel genere più anticommerciale per antonomasia in ambito metal, come è il doom nella sua veste più estrema.
La ricerca di un’espressione artistica “impopolare” conferisce ai nostri quella dose di peculiarità che, per i motivi che ho già spiegato diverse volte, non va ricercata in questa dolente nicchia musicale e, quindi, neppure si evince dal contenuto musicale di un lavoro che trae linfa dalla tradizione del death doom rielaborandone i dettami con una competenza degna dei veterani della scena e con una convinzione ed efficacia che non lasciano mai alcun dubbio sulla riuscita delle operazione.
Infatti Esogenesi è un album roccioso, a tratti crudo, strettamente basato sull’intreccio tra le chitarre ed una base ritmica che viene portata in grande evidenza negli schemi compositivi esibiti dalla band lombarda; se, da un lato, non troviamo particolari concessioni ad aperture atmosferiche, non si rinviene neppure uno sbilanciamento eccessivo verso l’asprezza del death: il risultato è conseguentemente caratterizzato da un magistrale equilibrio delle componenti chiamate in causa, in virtù di un riffing pesante e cadenzato ma non del tutto scevro di una sua idea melodica, sebbene ben racchiusa da uno spesso bozzolo attraverso il quale talvolta si fa spazio tramite notevoli passaggi di chitarra solista (vedere il finale della magnifica Decadimento Astrale) o momenti delicatamente rarefatti (il primo minuto e mezzo di Esilio Nell’Extramondo).
Come si può intuire anche dal titolo del brano appena citato, il concept degli Esogenesi ruota attorno al significato del loro monicker ed è quindi legato a tematiche che che travalicano i confini terreni per veleggiare negli infiniti spazi dell’universo (con testi in italiano violentati dal profondo growl di Jacopo Marinelli); nonostante questo, il death doom proposto non si ammanta di un’aura cosmica o psichedelica, ed è proprio per la sua efficace essenzialità e ortodossia che l’operato del quartetto differisce da quello di altre realtà contigue al genere nella nostra penisola come (Echo), Plateau Sigma, Il Vuoto o Fuoco Fatuo, tutte in un modo o l’altro orientate ad inserire nel proprio sound suggestioni tipiche del post metal oppure pulsioni prossime al funeral (specie gli ultimi).
I quattro lunghi brani, inframmezzati dal breve strumentale …Oltregenesi…, testimoniano in ogni frangente lo spessore già ragguardevole raggiunto dagli Esogenesi al loro primo passo, sicuramente non più lungo della gamba in quanto preparato con tempi debitamente lunghi come si conviene a chi si dedica ad un genere per sua natura antitetico a tutto ciò che appare frettoloso o superficiale: il quintetto milanese si va ad aggiungere ai nomi citati (e ad altri che ho tralasciato) andando a rimpolpare una scena funeral/death doom che in Italia sta finalmente cominciando ad assumere le sembianze di un movimento a tutti gli effetti e non più l’isolato frutto della sensibilità artistica di uno sparuto manipolo di musicisti.

Nota a margine dell’articolo:
Come anticipato nelle prime righe, questa è l’ultima recensione che viene pubblicata sulle pagine virtuali di MetalEyes, e personalmente, mi piace l’idea di aver chiuso questa avventura parlando di una band all’esordio che continua ad alimentare il genere che più amo. Doom on!

Tracklist
1.Abominio
2.Decadimento Astrale
3….Oltregenesi…
4.Esilio Nell’Extramondo
5.Incarnazione Della Conoscenza

Line up
Jacopo Marinelli – Vocals, lyrics
Ivo Palummieri – Lead Guitar
Davide Roccato – Rhythm Guitar
Carlo Campanelli – Bass
Michele Adami – Drums

ESOGENESI – Facebook

Silenzio – Ep

I Silenzio sono un ottimo gruppo hardcore punk di Vicenza che attinge dalla splendida tradizione italiana del genere e al contempo innova fondendo vari sottogeneri.

I Silenzio sono un ottimo gruppo hardcore punk di Vicenza che attinge dalla splendida tradizione italiana del genere e al contempo innova fondendo vari sottogeneri.

I ragazzi sono di Vicenza e hanno ben chiara la loro missione, ovvero descrivere con la musica ed il sangue ciò che vediamo e viviamo tutti i giorni, con il supporto di una capacità musicale affatto comune. I Silenzio hanno il passo dei grandi gruppi hardcore punk, avendo la grande capacità di cambiare registro musicale a seconda delle emozioni che vogliono descrivere. Ascoltando questo ep si ha la confortevole sensazione di essere tornati vicino a delle ottime vibrazioni hardcore punk, ma il comfort finisce qui, perché oltre quella porta c’è solo dolore e smarrimento. Proprio quest’ultimo è uno dei sentimenti dominanti di questa nostra epoca, avvertiamo nettamente la sensazione di essere fuori posto, sopratutto se cerchiamo di vivere secondo i modelli dominanti, che sono chiaramente fallimentari, ma che più espletano il loro fallimento più ci vengono imposti. Ad esempio la conclusiva Merito è un bellissimo pezzo sulla meritocrazia, una cosa che in Italia non esiste nemmeno di sfuggita, e i Silenzio ne fanno una bellissima canzone mai ovvia. Tutto il disco è bello, è della lunghezza giusta, ci sono atomi che viaggiano velocissimi, e atomi che vanno più lenti, tutto è adeguato e molto ben fatto, e sopratutto è uno di quei dischi che ti fa ragionare e andare oltre le ombre. Musicalmente come composizione ed esecuzione sono molto oltre la media dei gruppi hardcore punk, che è un genere che fa giustamente esprimere anche chi non ha ottime capacità, ma che quando viene fatto da chi sa suonare lo si sente nettamente subito.
Un ottimo ep di esordio per un gruppo che ha tanto da dire e da suonare.

Tracklist:
1 Oro
2 Azione
3 Argento
4 Merito

Line-up
Maksymilian – Voice
Giordano – guitar
Samuele – bass
Francesco – drums

DJ Vale – Groovin’ Connection

Collaborazione, condivisione, talento musicale e voglia di far star bene la gente, di massaggiare i sederi ma anche i cervelli.

Dj Vale è uno dei nomi storici delle notti torinesi, ha fatto ballare migliaia e migliaia di persone con la sua serata Afrodisiak, tuttora in corso al Circolo Arci Da Giau a Torino.

La sua passione carnale è la musica nera, tutto ciò che attiene ad essa, a partire dai suoni africani per arrivare al funky e all’elettronica, perché il suo scopo è portare nel futuro questo caleidoscopio di suoni, e con questo disco ci riesce perfettamente. Groovin’ Connection è ripieno di ospiti e di bellissime collaborazioni, celebra amicizie, sia musicali che non, dove tutti portano il loro contributo. Il risultato è un disco di rara bellezza, dove il suono è prodotto benissimo, è sensuale e sinuoso e ci fa sentire in musica la sterminata visione musicale di Dj Vale, figlia della sua passione senza confini. Raramente in Italia abbiamo ascoltato qualcosa che ha un respiro musicale così ampio, in passato in Italia hanno cenduto musicisti stranieri di black music che hanno un quarto della classe e del talento di DJ Vale.
Basta ascoltare If You Know Me con la splendida voce di Joy, dentro c’è tantissimo stile ma anche appettibilità radiofonica, figlia di profondità musicale. Le collaborazioni qui non sono di facciata o a fini commerciali, ma sono frutto di visioni musicali affini e complementari, si parte con un’idea e attraverso il confronto si arriva ad altro. La qualità del disco è molto alta, tutte le tracce sono sia da ballare che da ascoltare in cuffia, possono avere tanti usi, a seconda del nsotro stato d’animo, e questo è il marchio della grande musica, la capacità di adattarsi al nostro battito cardiaco. Groovin’ Connection è un viaggio nel passato, nel presente e soprattutto nel futuro del suono nero, della black musci piu potente e visionaria, con il basso sempre in prima fila a macinare chilometri, e dietro tanti mondi diversi. Collaborazione, condivisione, talento musicale e voglia di far star bene la gente, di massaggiare i sederi ma anche i cervelli.

01. Funky Goodness feat. Ciaffo & Piri
02. Spiritual Gangster feat. Mahout
03. Feelin’ Good feat. Parpaglione & Cato
04. Black Out feat. Marcello Coleman
05. Big Wheel feat. Bunna
06. Muchacho feat. Vito Miccolis
07. City Lights feat. Enrico Messina
08. If You Know Me feat. Joy
09. Feel The Funk feat. Ale _Nitro_ Carena
10. The Slap
11. Take Me Home feat. Madaski
12. La Nuit feat. Vena Funk
13. Back To Disco
14. Big Wheel Dub (Madaski Dub Version)

https://www.facebook.com/afrodisiak.djvale/

Rockin’ Engine – Midnight Road Rage

Midnight Road Rage è un album che si fa ascoltare con piacere e che, in quanto ad attitudine ed impatto, dice sicuramente la sua nell’affollato mondo del rock duro.

Hard & heavy potente e tagliente come un rasoio è quello proposto dal quartetto canadese dei Rockin’ Engine provenienti da Ottawa ed attivi dal 2015.

Il loro debutto autoprodotto si intitola Midnight Road Rage ed è composto da otto esplosive tracce di rock duro che amalgama con buon esito hard rock ed heavy metal old school.
Un grande lavoro chitarristico (Steve O Leff e Ste Vy Leff ) e ritmiche telluriche e pregne di un buon groove (Joel Bilodeau alla batteria e JP Buzzard al basso) sono il leit motiv di Midnight Road Rage, un album classico nel suo approccio (ma ben inserito in questi tempi in cui i suoni classici stanno trovano nuovamente buoni riscontri rispetto a qualche anno fa, merito anche dell’underground e di band come i Rockin’ Engine), che nei suoi quaranta minuti circa di durata non molla la presa grazie ad una ricetta semplice ma assolutamente vincente.
Unj rock duro di origine controllata che tra i solchi di tracce dinamitarde come Let’s Roll The Dice, When Engines Collide e la spettacolare Road Rage Boogie non manca di farci divertire a suon di rock’n’roll potenziato da un’overdose di watt, tra Van Halen, Gotthard e modern hard rock dal groove micidiale.
Midnight Road Rage è un album che si fa ascoltare con piacere e che, in quanto ad attitudine ed impatto, dice sicuramente la sua nell’affollato mondo del rock duro.

Tracklist
1.Shake That Ass
2.Let’s Roll The Dice
3.Livin’ A Lie
4.When Engines Collide
5.Never Surrender
6.The State Of Nature
7.Hiding In Darkness
8.Road Rage Boogie

Line-up
Steve O Leff – Vocals, Guitars
Ste Vy Leff – Guitars
JP Buzzard – Bass
Joel Bilodeau – Drums

https://www.facebook.com/rockinengineofficial

Haram – Questo è Solo Chaos

Un disco che spezza schemi come se fossero steccati sotto un’onda tsunamica, una salutare scarica di adrenalina e di ottima musica fatta caos, un lavoro che ha radici solide e lontane nel tempo ma che è una delle cose più moderne e sincere degli ultimi nell’alternativo italiano.

Gli Haram sono di Torino e hanno un progetto di decostruzione della musica metal e pesante in genere per arrivare sempre più vicini al caos, e ci riescono benissimo.

Questo è il loro debutto, prodotto da una cospirazione diy di ottime e nervose etichette. Dimenticate ciò che avete sentito fino ad ora, qui regna la pesantezza, la velocità quando è necessaria e tutto punta verso il fare male. Gli Haram sono un gruppo maturo che firma un disco notevole, mai ovvio o comune, che attinge alla tradizione italiana per quanto riguarda l’hardcore e lo sludge, ma qui tutti i generi sono meri punti di partenza per esplorare territori ignoti. Il gruppo torinese distilla un groove metallico e caotico, un flusso sonoro senza soluzione di continuità che serve per staccarsi dalla matrice nella quale viviamo. Questo è Solo Chaos è la sublimazione del detto “caos non musica” che imperava nell’hardcore italiano anni ottanta, ma è anche un’importante operazione per provare a scollegarsi dalle gabbie che sono state costruite anche nel genere che in teoria dovrebbe essere più libero, quello alternativo. C’è il post metal, un potentissimo sludge, tracce di grindcore, droni che volano incessantemente sopra le nostre teste, il tutto messo assieme in maniera inedita. Come afferma lo stesso gruppo, qui non c’è nulla di famigliare, e questo è una delle cose più importanti del disco. Troppo spesso, per non dire sempre, ci affidiamo alle comode e conosciute strutture musicali, catalogando il tutto come death, grind, etc.
Qui tutti i parametri vengono sgretolati dalla forza più importante in natura e che ci spaventa maggiormente: il caos. Nulla intimorisce maggiormente l’uomo del non sapere cosa possa succedere nel minuto successivo a quello che stiamo vivendo. E in questo disco è proprio così, l’onda ci travolge e non si può far nulla se non provare a nuotare, o lasciarsi condurre che è la cosa migliore. Canzoni come Post Odio sono semplicemente sublimi pugni in faccia, calci nella tempia… e guardalo un cazzo di tramonto…guardalo !!!
Un disco che spezza schemi come se fossero steccati sotto un’onda tsunamica, una salutare scarica di adrenalina e di ottima musica fatta caos, un lavoro che ha radici solide e lontane nel tempo ma che è una delle cose più moderne e sincere degli ultimi nell’alternativo italiano.
Ma alla fine è un immenso vaffanculo, a tutto.

Tracklist
1. Questo è solo chaos
2. Terra
3. No Boat!
4. Asti
5. Solo
6. Ansia
7. Post odio
8. Hoppressione
9. Hoppressione (presa diretta)

Line-up
Nicola Ambrosino – Basso, Voce
Davide Donvito – Chitarra
Utku Tavil – Batteria

https://www.facebook.com/haramtorino/

Scimmiasaki – Trionfo

A parte le definizioni, che sono sempre sclerotiche, gli Scimmiasaki sono uno di quei gruppi che fa musica malinconica e dolce al contempo, che ti riportano a gusti che sembravano dimenticati, a momenti che hanno segnato la nostra esistenza.

Gli Scimmiasaki sono un gruppo italiano che appartiene alla nuova onda dell’indie pop rock italiano, attingono da varie tradizioni, in primis quella alternativa italiana declinata verso il punk, prendono qualcosa dell’emo e fondamentalmente sono un gruppo rock altro.

A parte le definizioni, che sono sempre sclerotiche, gli Scimmiasaki sono uno di quei gruppi che fa musica malinconica e dolce al contempo, che ti riportano a gusti che sembravano dimenticati, a momenti che hanno segnato la nostra esistenza. Canzoni come Giostra sono un po’ il manifesto dei nostri anni, dove tutto è stato detto, tutto è stato fatto ma rimane qualcosa, e quel qualcosa deve essere ricercato in profondità. Trionfo è un disco che non è mai ovvio, riesce a portare avanti con dolcezza e fermezza certe istanze molto importanti. Innanzitutto non si atteggiano a fenomeni, nel senso che hanno testi diretti e semplici che gli calzano a pennello, anche la musica è sempre bilanciata e prodotta molto bene. In certi momenti si arriva addirittura in territori power pop, che sono il regno adatto per questo gruppo che è sempre piacevole e riesce ad imprimere delle belle cose nella nostra mente. Quello che si respira qui è una certa lucida serenità in mezzo al disastro che sono i nostri tempi, non ci sono tante coordinate, ma raccontare alla maniera degli Scimmiasaki significa già molto, come raccontano in Vorrei, non sono rimpianti ma desideri. Altra cosa notevole è la bellissima copertina di Riccardo Torti, disegnatore anche di Dyland Dog e di altre collane di casa Bonelli. La copertina illustra la perfetta meccanica del tiro nella pallacanestro, e sarebbe l’optimum, ma l’importante è metterla nel cesto, e difendere ovviamente. Molto buona la produzione di Andrea “Sollo” Sologni dei Gazebo Penguins, che dà un tocco molto personale al suono dei Scimmiasaki.
Un disco da sentire e da guadagnarci tempo, perché qui il tempo non è mai perso.

Tracklist
01.Giardini
02.Tutto Bene
03.Giostra
04.Denti
05.Il Pianto
06.Trionfo
07.Castello
08.Caro Mio
09.Merda
10.Vorrei

Line-up
GIACOMO voce e chitarra
PEPPE chitarra e voce
NIKI basso
SANTIAN batteria

https://www.facebook.com/scimmiasaki/

Exm93 – Urban Far West

Urban Far West è una prova di black metal diretto e classico, con i testi in italiano che funzionano meglio di quelli in inglese, per un disco che parla di argomenti che nel black metal sono sempre stati trattati.

Ogni tanto la vita riserva delle piacevoli sorprese: ricordate i milanesi Mortuarium, gruppo di black metal attivo dal 1993 al 1998 ?

Se li ricordate, bene, sennò vi siete persi un bel gruppo di black metal, ma potete rimediare con gli Exm93, che sono proprio gli ex Mortuarium, (ri)formatisi nel 2001e ora fuori con il loro terzo disco sulla lunga distanza. Spesso sono stati accostati alla frangia nazista del black metal, in rete ci sono foto di loro che sono a braccio teso, e sono sempre stati un gruppo abbastanza discusso riguardo a quel motivo, ma loro sostengono di suonare metallo nero italiano e questo lo fanno molto bene. Dal punto di vista stilistico gli Exm93 esibiscono un black metal in stile prima e seconda ondata, molto semplice ma di grande effetto, e come trio funzionano davvero bene. Il loro approccio è un qualcosa che può piacere a chi è fanatico del black metal, ma anche a chi ci vi si avvicina e vuol sentire qualcosa di molto raw e con testi diretti. Ecco, i testi sono al cento per cento black metal e, senza fronzoli, parlano di sangue, combattimento e guerra a questa società. Politicamente non sono di sicuro corretti, ma il discorso del politicamente corretto è qualcosa di assai scivoloso, perché se questa è una democrazia allora siamo messi male, ma poi, la democrazia è il vero rimedio a tutto ?
Urban Far West è in definitiva una prova di black metal diretto e classico, con i testi in italiano che funzionano meglio di quelli in inglese, per un disco che parla di argomenti che nel black metal sono sempre stati trattati.
A livello personale, politicamente non condivido nulla di ciò che dicono gli Exm93, ma non sono nemmeno un giudice che deve decidere cosa dobbiate o non dobbiate sentire, per cui ascoltate il disco, leggete i testi e fatevi un’idea con la vostra testa, che è sempre la cosa migliore.

Tracklist
1. The Calling
2. Age of Illusion
3. Blood Calls Blood
4. Princeps Militiae Coelestis
5. EXM93 Regime
6. Wolves Warchant
7. Apribottiglie E Pistole
8. Shadows of Past
9. Army of Obscurity
10. Dead in Cross (The Forgotten King)
11. At the Hell’s Doo

Line-up
Umbra Lugubris – Vocals, Guitars
Eris – Bass
Malum Tenebris – Drums

https://www.facebook.com/EXM93-222168767836820/

Sartoria Volume – Sartoria Volume

I Sartoria Volume fanno pop e lo fanno bene, e dato che sono un gruppo capace si sparano un reggaetino molto carino e con un testo eccezionale come Vi Adoro Tutti.

I Sartoria Volume sono un trio di Brescia, nato dalle ceneri dei Vitanova.

Il gruppo mette assieme in maniera piacevole pop, indie ed un pizzico di elettronica. La loro particolarità è di avere una cadenza indie pop molto simile a quella dei gruppi dei primi duemila, ma non sono derivativi, sono freschi e hanno un tocco anni sessanta e settanta. Ad un primo ascolto potrebbero sembrare frivoli, invece i loro testi sono scritti bene, con un risultato vicino al surrealismo, un andare oltre le cose comuni e le ovvietà. Quattro brani sono la lunghezza giusta per dare l’idea di cosa sia questo gruppo, che trova il suo senso nel pop italiano di qualità, anche se a volte cercano un po’ troppo la posa indie, mentre invece quando sono totalmente loro stessi sono molto meglio. In un panorama indie molto produttivo ma di scarsa qualità, i Sartoria Volume sono uno di quei gruppi da tenere d’occhio, perché sono capaci di fare un bel disco o anche una canzone che potrebbe essere il prossimo tormentone di gran successo. Questo trio testimonia che alla fine l’indie non esiste, o meglio, è un genere mainsteam come un altro. Invece i Sartoria Volume fanno pop e lo fanno bene, e dato che sono un gruppo capace si sparano un reggaetino molto carino e con un testo eccezionale come Vi Adoro Tutti, un diversamente vaffanculo molto bello. Un buon esordio sotto la sapiente guida di Michele Guberti e Massimiliano Lambertini, con il master curato dal noto produttore Manuele Fusaroli (The Zen Circus, Tre Allegri Ragazzi Morti, Nada, Luca Carboni, Motta, Nobraino, Le Luci della Centrale Elettrica).

Tracklist
01 Ballo Coi Serpenti
02 Ora d’Aria
03 Vi Adoro Tutti
04 Sirene

Line-up
Voce / chitarra: Alessio Busi
Batteria: Federico Mariotto
Basso: Andreas Busi

https://www.facebook.com/sartoriavolume/

Veuve – Fathom

Raramente si ascolta un gruppo stoner con questa profondità, con questa capacità di cogliere qualche aspetto della realtà o del sogno in ogni canzone

I Veuve sono un trio di Pordenone attivo dal 2014 che suona un’interessante miscela di stoner, fuzz e space rock.

Quello che colpisce maggiormente in questo disco è la diversità dei suoni e la versatilità del gruppo, e soprattutto le piacevolissime melodie che si alternano a pezzi più pesanti. Fathom non ha un approccio solo, contiene molte cose che unite danno l’unicità dei Veuve, quel tono particolare che altri gruppi non possiedono. Con l’ascolto si possono cogliere le impalcature sonore che vi sono allestite, non vi è nulla lasciato al caso, la costruzione va avanti progressivamente ed in maniera incessante. Nonostante facciano un genere davvero abusato come lo stoner, i Veuve riescono ad essere molto originali, rivolgendosi a ciò che sta oltre il cielo e non a quello che sta sotto. Qui dimora un notevole senso di libertà, un sano escapismo che ci porta lontano da una vita che sta stretta, e grazie all’immaginazione e a un disco come Fathom si può andare lontano senza muoversi. I Veuve sono uno di quei gruppi che lavora incessantemente alla propria musica e lo si può ascoltare benissimo qui, dove tutto è curato fin nei minimi particolari. Raramente si ascolta un gruppo stoner con questa profondità, con questa capacità di cogliere qualche aspetto della realtà o del sogno in ogni canzone. Molto forte è anche il senso di melanconia, intesa come profonda comprensione della nostra limitatezza, che è infatti rappresentata dalla loro parte post rock, molto presente in canzoni come Following, un piccolo capolavoro. Diciamo che i Veuve potevano scegliere per una via più facile, magari facendo uno stoner più rapace, ma sicuramente non è il loro modo di agire, e quindi confezionano un disco profondo ed interessante, che copre molti lati della luna. Da ascoltare con molta attenzione.

Tracklist
1.Radars Are High
2.Taste Of Mud
3.Following
4.Death Of The Cosmonaut
5.Low In The Air
6.The Unseen
7.Into The Smoke

Line-up
Riccardo Quattrin – bass & vocals
Stefano Crovato – guitar
Andrea Carlin – drums

https://www.facebook.com/veuveband/

Crepuscolo – You Tomb

I Crepuscolo, forti di tanti anni di esperienza non inciampano nemmeno una volta, il loro death metal centra il bersaglio ad ogni passaggio e sembra veramente di tornare nel negozio di fiducia ad ascoltare quello che arrivava dal nord Europa nei primi anni novanta.

Torna una delle band più longeve del metal estremo di matrice death metal nostrane, i Crepuscolo, trio proveniente da Macerata attivo dal 1995, ma arrivato al traguardo del secondo full length solo oggi.

Eppure la band il suo mestiere lo sa fare eccome, devastando i padiglioni auricolari degli amanti del death metal old school con questa raccolta di brani dal titolo You Tomb.
Licenziato dalla Metal Scrap, l’album segue di cinque anni il precedente Revolution Evilution, successore di tre ep usciti tra il 2009 ed il 2012, tutti nel segno di un death metal scandinavo assolutamente convincente.
Macerata come Goteborg?
A sentire bene anche l’ultimo marcissimo parto firmato Crepuscolo, direi di si, il trio di deathsters nostrani non cambia di una virgola la propria proposta e ci massacra con questa bomba sonora senza compromessi, un tributo di altissimo livello alle gesta di chi la storia del genere l’ha fatta quasi trent’anni fa.
Lo spirito indomabile di Lars Goran Petrov (oggi orco dietro al microfono dei Firespawn) vive nelle urla animalesche di Franz Minnozzi e la band conquista da subito l’amante del genere, orfano delle gesta musicali di Entombed, Dismember ed Unleashed arrivati a noi come tempeste glaciali all’epoca delle uscite dei vari Left Hand Path, Clandestine, Like An Ever Flowing Stream e Shadows In The Deep.
You Tomb è quindi un lavoro che segue i canoni del genere, forte di un impatto potentissimo, un gran lavoro strumentale ed una serie di brani esplosivi, ovviamente devoti al genere ma non per questo meno coinvolgenti, anzi.
Da non perdere in versione live, i Crepuscolo forti di tanti anni di esperienza non inciampano nemmeno una volta, il loro death metal centra il bersaglio ad ogni passaggio e sembra veramente di tornare nel negozio di fiducia ad ascoltare quello che arrivava dal nord Europa nei primi anni novanta (abitudine ormai persa nei ricordi di chi di anni sul groppone ne comincia a contare tanti).
Dall’opener My Scars Tell A Story, fino alla conclusiva Memento, l’album risulta un pericolosissimo saliscendi sulle montagne russe del true scandinavian death metal, la band nostrana rifila una serie di mitragliate estreme devastanti prendendo a spallate l’underground estremo anche fuori dai confini nazionali.

Tracklist
1.My Scars Tell a Story
2.Unzen
3.Under the Oak’s Shadow
4.You Tomb
5.The Fate That Life Gives
6.Not for the Mass
7.Shock
8.Monomania
9.Reflected Soul
10.Memento

Line-up
Franz Minnozzi – Bass & Vocals
Vun Speranza Perticarini – Guitar
Bill Ambrogi – Drums

https://www.facebook.com/Crepuscolo.official/

Slow Order – Eternal Fire

Il re incontrastato di Eternal Fire è il groove, che gli Slow Order sanno creare molto bene portandolo a spasso lungo un disco piacevole, più complesso e corposo di tanti altri all’interno di questo genere.

Nuovo lavoro per questo gruppo bolognese di stoner e doom, nato per esprimere l’amore verso i suoni ribassati e i giri di chitarra che si fondono con la sezione ritmica.

Gli Slow Order fanno ottima musica strumentale, sciogliendo una forte dose di psichedelia nel pastiche stoner doom. Eternal Fire è un disco strutturato molto bene, con una composizione che spazia in molti campi diversi, non c’è mai uno schema fisso e di ciò il disco si giova enormemente, lasciando molti motivi per muovere la testa durante l’ascolto. Giustamente si potrebbe chiedere cosa hanno di più questi bolognesi rispetto al resto di gruppi stoner doom strumentali? Ascoltando Eternal Fire lo si potrà capire subito, mentre per invitare all’ascolto si potrebbe dire che ci sono molti mondi qui dentro, dallo stoner strumentale alla Karma To Burn, a riff in stile southern metal, a momenti di psichedelia pesante, per un lavoro molto forte e con i piedi bene piantati nel pantano. Ogni cosa qui è funzionale allo svolgimento generale, non ci sono orpelli o cose fittizie, tutto è consequenziale e opera per un fine più alto. Il trio è molto affiatato e ciò lo si sente dalle prime note, perché gli Slow Order sono uno di quei gruppi che trascinano l’ascoltatore indicandogli la via, anche se fosse in mezzo alle tenebre. Eternal Fire è un ottimo esempio di come possa essere la musica pesante declinata in una certa maniera, con un codice nato in giro per il mondo e che tanti gruppi stanno usando nel migliore dei modi. Il re incontrastato di Eternal Fire è il groove, che gli Slow Order sanno creare molto bene portandolo a spasso lungo un disco piacevole, più complesso e corposo di tanti altri all’interno di questo genere.

Tracklist
01. Eternal Fire
02. Obsessive Tale
03. Serpent’s Son
04. Eclipse
05. Kanavar
06. The Hunter
07. Starweed
08. Black Mass

Line-up
minoz
robby
ale

https://www.facebook.com/sloworder/

Welkin – Everlasting Echo Of A Farewell

Everlasting Echo Of A Farewell ha il pregio di variare l’atmosfera ad ogni brano, alternando in modo sagace potenza e melodia, tradizione e modernità in una raccolta di belle canzoni e non è poco.

Dal sottobosco musicale nazionale arrivano di continuo buone proposte che rinvigoriscono una scena rock/metal che, con tutte le problematiche e le conseguenti difficoltà di oggigiorno è ben presente e florida.

Questa volta abbiamo il piacere di presentarvi i Welkin, quartetto di Treviso attivo addirittura dal 1998 che tra cambi di line up e la solita gavetta sul fronte live arriva al 2019 con un nuovo lavoro intitolato Everlasting Echo Of A Farewell.
Francesco Bresolin(chitarra, voce), Arturo Trivellato (chitarra), Francesco Mocci (batteria), e Andrea Cenedese (basso), danno vita a sette tracce di rock moderno, melodico e alternativo, dove la parte metal mostra i muscoli solo a tratti, lasciando spazio ad atmosfere che mantengono un approccio riflessivo e malinconico.
L’opener Sacrifice irrompe con il suo metal che non nasconde un’anima progressiva, le chitarre ricamano solos di matrice Queensryche, su ritmi sostenuti, ma già dalla successiva Bleed, l’acustica si impadronisce della scena con accordi di delicato rock d’autore.
Molto curate le parti vocali, sia la solista che i chorus, mentre il sound continua ad alternare atmosfere pacate, e ritmi incalzanti sorretti da una buona dose di potenza e melodia.
Take Me The Horizon è un hard & heavy tra tradizione ed input alternative, metal/rock che come già sentito sulle altre tracce non manca di essere valorizzato da impennate progressive.
Ballatona da accendini accesi Part Of Me, metal potente e tecnico The World Behind e rock alternativo Break The Silence brano che conclude questa buona prova del gruppo Veneto.
Everlasting Echo Of A Farewell ha il pregio di variare l’atmosfera ad ogni brano, alternando in modo sagace potenza e melodia, tradizione e modernità in una raccolta di belle canzoni e non è poco.

Tracklist
1.Sacrifice
2.Bleed
3.Everything
4.Take Me To The Horizon
5.Part Of me
6.The World Behind
7.Break The Silence

Line-up
Francesco Bresolin – Guitars, Vocals
Arturo Trivellato – Guitars
Francesco Mocci – Drums
Andrea Cenedese – Bass

WELKIN – Facebook

Cremisi – Dawn of a New Era

I Cremisi raccontano tutto ciò attraverso l’unica musica in grado di fagocitare altri generi e rigettarli sotto forma di arte delle sette note, il metal, sottovalutato ed ignorato dai suoi detrattori, ma fonte inesauribile di emozioni in tutte le sue forme.

Un esordio che sicuramente non passerà inosservato quello dei Cremisi, quartetto proveniente dall’Emila Romagna (Bologna/Ravenna) che si presenta sul mercato metallico forte di una personalità debordante ed un album maturo, sia per le tematiche trattate che per il sound espresso.

La storia del nostro paese raccontata da un metal sinfonico, epico ed evocativo che accomuna prog metal, heavy classico e metal estremo sinfonico di matrice scandinava, è una delle caratteristiche principali di Dawn of a New Era e delle sue dieci composizioni, un viaggio nel tempo tra la scoperta delle Americhe e Leonardo Da Vinci, la caccia alle streghe e la peste del 1300, senza dimenticare l’arte e le sue opere, patrimonio della nostra storia.
I Cremisi raccontano tutto ciò attraverso l’unica musica in grado di fagocitare altri generi e rigettarli sotto forma di arte delle sette note, il metal, sottovalutato ed ignorato dai suoi detrattori, ma fonte inesauribile di emozioni in tutte le sue forme.
Nei brani che i Cremisi hanno creato per dare vita a Dawn Of A New Era proliferano diverse anime musicali, a formare un sound vario ed estremamente affascinante: non manca nulla tra lo spartito di brani come The Black Death, Confession, In The Name Of The lord o la splendida Battle Of Lepanto, che tanto sa di ultimi Amorphis in una versione più epica e meno progressiva.
E poi Symphony X, Iron Maiden, Sabaton, Omnium Gatherum, ma finire l’articolo con i soliti paragoni non darebbe il giusto risalto al grande lavoro svolto dai quattro musicisti nostrani che hanno dato vita ad un’opera davvero molto suggestiva e matura già al debutto.

Tracklist
1.Dark Winds
2.The Black Death
3.Dawn of a New Era
4.Captain’s Log
5.Confession
6.In the Name of the Lord
7.Waves of Sorrow
8.Battle of Lepanto
9.The Hanged Man
10.On the Moon

Line-up
Federico Palmucci – Guitars
Davide Tomazzoni – Vocals
Francesco Messina – Bass
Rolando Ferro – Drums

CREMISI – Facebook

Chaos Factory – Horizon

Settantacinque minuti di musica e parole divisi in due cd, Perception e Myth, per un’opera mastodontica e sorprendente per una band al debutto, di non facile assimilazione proprio a causa della durata e degli interventi vocali che spezzano il ritmo e la scorrevolezza della parte musicale.

Ambiziosa e oltremodo coraggiosa la proposta dei nostrani Chaos Factory, al debutto per Underground Symphony con Horizon, opera metal che unisce power, heavy e spunti sinfonici progressivi in un concept “raccontato” da Luca Ward, voce di Russel Crowe nel Il Gladiatore, capolavoro cinematografico di Ridley Scott.

Settantacinque minuti di musica e parole divisi in due cd, Perception e Myth, per un’opera mastodontica e sorprendente per una band al debutto, di non facile assimilazione proprio a causa della durata e degli interventi vocali che spezzano il ritmo e la scorrevolezza della parte musicale.
Sono dettagli, questi, che potrebbero far perdere qualche punto ad un lavoro che merita la giusta attenzione, perché la band ha creato un sound che, pur evidenziando le sue molteplici influenze, ha la personalità per uscire dall’anonimato in un genere nel quale in termini musicali si è detto tutto o quasi.
Concept a parte (una serie di riflessioni sulla condizione umana), Horizon musicalmente è un piccolo gioiello di metal classico, i brani sono tutti benedetti da un ottimo appeal, trattandosi di una serie di cavalcate power alternate a magniloquenze sinfoniche, atmosfere progressive e hard & heavy, con il gruppo sugli scudi sia per la ricerca del chorus e del refrain perfetto che per il buon uso degli strumenti.
Human Orogeny, We Believe, Juggernaut Is Coming e Running Wild valorizzano il primo cd, mentre sul secondo la band si lascia prendere la mano dalla parte recitata, atmosferica e sinfonica di cui si compone l’album.
Horizon rimane comunque un lavoro da ascoltare con l’impegno che merita, ricco com’è di atmosfere e sfumature che avvicinano la band a icone del genere come Rhapsody, Stratovarius, Labyrinth ed alle colonne sonore di Ennio Morricone.

Tracklist
CD1
01. Human Orogeny
02. Crystalline
03. We Believe
04. Juggernaut Is Coming
05. Affinità Morenti
06. Whispers in the Dark
07. Universal Flow
08. Horizon
09. Come Lacrime Nella Pioggia
10. Running Wild
11. Sins of the Lambs
12. Polychrome Glows
CD2
01. And Zarathustra Said: Horizon
02. Sento La Morte Nel Sogno Che Viene
03. Drying Her Tears
04. In the Depths of the Void
05. L’ultima Madre
06. The Doom of Destiny
07. Nel Profondo Dell’universo
08. Blue Steams
09. Al Calar Della Luce
10. Chaos Variation XVIII

Line-up
Francesco Vadori – Vocal
Luca Moser – Guitar
Mattia “HeadMatt” Carli – Guitar
Diana Aprile – Drums
Fabio Sartori – Bass

CHAOS FACTORY – Facebook

Dispnea – Incitement To Self Destruction

Questo ep d’esordio intitolato Incitement To Self Destruction potrebbe rivelarsi uno dei classici degli ultimi anni del genere in Italia: chi ama il black metal qui troverà molte perle nere, confermando la scuola napoletana del nero metallo fra le più efficaci.

Autore – Titolo

Testo Recensione
I Dispnea sono un gruppo di Napoli all’esordio con questo ep uscito a maggio.

La proposta musicale è un black metal di tipo depressive di buona qualità, non necessariamente confinato nel recinto di quel sottogenere. Infatti, a differenza di altri gruppi simili, i partenopei producono composizioni di più ampio respiro, andando ad esplorare tutto il black metal, essendo legati a quello classico come punto di partenza. Il disco è un fiume in piena di dolore sublimato attraverso il genere, che in questo caso è il veicolo ed il codice migliore per esprimersi. I quattro brani dell’ep trattano di cose che viviamo quotidianamente sulla nostra pelle, di eventi che ci vengono contrabbandati per normali ma che normali non sono affatto. La nostra vita quotidiana è un potentissimo generatore di dolore, un continuo allontanamento dalla nostra vera natura, in un loop senza speranza. I Dispnea mettono tutto ciò in questo ep attraverso un black metal che picchia forte e contiene una melodia di qualità superiore, con una composizione molto semplice e molto efficace che fa di questo gruppo uno dei migliori della nuova legione italiana di black metal. Ascoltando i Dispnea si viene condotti in un viaggio molto bello e particolare nel black maggiormente ortodosso e classico, che però non essendo un dogma qui viene innestato anche di momenti meno tradizionali. Come prima prova è sicuramente buona e questo ep d’esordio potrebbe rivelarsi uno dei classici degli ultimi anni del genere in Italia: chi ama il black metal qui troverà molte perle nere, confermando la scuola napoletana del nero metallo fra le più efficaci.

Tracklist
1.Winter Suicide
2.Distorted Thoughts
3.AB Negative
4.Perpetua Pena

Line-up
I. – LYRIC, SCREAMS
E. – SONGWRITING, INSTRUMENTS
T. – SESSION BASS

DISPNEA – Facebook

Aldi Dallo Spazio – Quasar

Quasar è un ottimo lavoro, opportunamente riproposto, che non mancherà di soddisfare la fame di progressive rock degli amanti del genere classico, magari in attesa di una nuova opera targata Aldi Dallo Spazio.

Dopo tanto progressive moderno e metallico, arriva un ottimo lavoro che guarda sfacciatamente alla tradizione senza timori reverenziali, ispirandosi quindi alle grandi band del passato ed a quel rock progressivo degli anni settanta diventato ormai storia.

Gli Aldi (Awesome Lysergic Dream Innovation) Dallo Spazio il loro bellissimo esordio Quasar lo avevano licenziato due anni fa in regime di autoproduzione, e ora viene ristampato, remixato e rimasterizzato in vinile, cd e digitale da parte della Jolly Roger.
Il quintetto ravennate dà vita ad un’opera affascinante di rock progressivo che si confronta con i grandi lavori del passato ed i suoi creatori, cinque lunghe jam che spaziano tra il progressive, il rock psichedelico e sfumature space, per un viaggio nel mondo del rock classico rivisitato da un giovane quintetto dotato di una buona personalità.
I brani sono cinque capitoli di un viaggio nel mondo di quel rock che non smette neanche nel nuovo millennio di influenzare generazioni di musicisti, confondendosi e amalgamandosi con svariati generi in barba ai suoi detrattori.
Tuffatevi dunque senza timore nelle trame dell’opener Long Time Lover o nei lunghi fluidi musicali di The Distance o Epiphany: vi troverete al cospetto di cinque progsters che, senza alcun tentennamento, percorrono le strade colorate di grande musica tracciate da capisaldi del progressive nazionale ed internazionale come PFM, Pink Floyd, Tangerine Dream, Yes con in più una componente melodica e psichedelica che a tratti avvicina la band ai The Beatles (era Sgt Pepper’s) e T.Rex.
Quasar è un ottimo lavoro, opportunamente riproposto, che non mancherà di soddisfare la fame di progressive rock degli amanti del genere classico, magari in attesa di una nuova opera targata Aldi Dallo Spazio.

Tracklist
01. Long Time Lover
02. THe Distance
03. Little Piggy Will
04. Santana (A Freedom Song)
05. Ephipany

Line-up
Dario Federici – Vocals, Keyboards
Simone Sgarzi – Guitars
Davide Mosca – Guitars
Marco Braschi – Bass
Lorenzo Guardigli – Drums

ALDI DALLO SPAZIO – Facebook

Holy Tide – Aquila

Aquila ha tutte le carte in regola per fa innamorare gli amanti dei suoni hard & heavy, melodici e dal taglio sinfonico e progressivo.

Un’altra notevole opera di metallo classico, melodico e progressivo licenziato dalla My Kingdom Music arriva dagli Holy Tide , band internazionale che vede il compositore e bassista italiano Joe Caputo coadiuvato dai brasiliani Gustavo Scaranelo (chitarra) e Fabio Caldeira (voce) e dal britannico Michael Brush (batteria).

Con la collaborazione di un buon numero di ospiti tra cui Tilo Wolf, singer dei dark/gothic tedeschi Lacrimosa, sul brano Lamentation, e Don Airey, tastierista dei Deep Purple, su The Shepherd’s Stone, Aquila ha tutte le carte in regola per fa innamorare gli amanti dei suoni hard & heavy, melodici e dal taglio sinfonico e progressivo; si tratta di un’opera a sfondo biblico che, se nulla aggiunge alle tante uscite che si sono succedute nel corso degli anni a livello di originalità, merita un plauso per un songwriting molto ben bilanciato tra potenza e melodia, drammaticamente teso nelle atmosfere ricche di sfumature evocative e di epici quadri musicali.
Aperto da una suggestiva intro orchestrale, Aquila prosegue con l’epica cavalcata Exodus, tra ritmiche power che accompagnano un hard & heavy valorizzato da splendidi arrangiamenti orchestrali che non inficiano la potenza del brano.
L’album viaggia su coordinate non lontane dal power sinfonico di Rhapsody et similia, anche se gli Holy Tide dalla loro hanno una maggiore predisposizione per melodie di stampo melodic hard rock, anche quando la forza metallica esce prorompente come in Chains Of Enoch.
L’hammond di Don Airey in The Sheperd’s Stone e la voce di Tilo Wolf nell’oscura Lamentation sono i valori aggiunti di un lavoro affascinante e suggestivo, da gustare in tutti i suoi settanta minuti intrisi di ottimo metallo classico.

Tracklist
1. Creation – The Divine Design
2. Exodus
3. Chains Of Enoch
4. Godincidence
5. Curse And Ecstasy
6. Eagle Eye
7. The Crack Of Dawn
8. Lord Of The Armies
9. Sunk Into The Ground
10. The Age Of Darkness
11. The Shepherd’s Stone
12. Lamentation
13. Return From Babylon
14. The Name Of Blasphemy

Line-up
Joe Caputo – bass
Michael Brush – drums
Fabio Caldeira – vocals
Gustavo Scaranelo – guitars

Guests:
Tilo Wolff (LACRIMOSA): voice on “Lamentation”
Don Airey (DEEP PURPLE): hammond on “The Shepherd’s Stone”
Assunta Caputo: Harp on “Curse And Ecstasy” & “The Crack Of Dawn”
Gabriele Stotuti: Trumpet on “Curse And Ecstasy”
Peppe Frana: Oud on “Return From Babylon”
Patricia Klein Caputo: Speaking voice on “Sunk Into The Ground”
Nico Falco: Orchestrations
Kris Laurent: Arrangements. Kris Laurent played all guitars on “Aquila”

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Black Flame – Necrogenesis : Chants From The Grave

Spesso si ascoltano dischi black death metal che sono appena sufficienti, per non dire altro, poi arrivano i Black Flame e mettono a posto tutto, forse perché oltre al talento hanno quella marcia in più che deriva dal credere per davvero in ciò che si sta facendo.

Sesto disco per questa storica band italiana di black death metal, sempre una garanzia per chi ama le sonorità nere.

Nato nel 1998 nella Torino che non vive sotto la luce del sole, con l’avanzare dei dischi e degli anni il gruppo è diventato una delle perle del sottobosco black metal italiano e con questa nuova opera lo ribadiscono molto bene. Lo stile dei Black Flame è un black con un death molto pulsante, per sfuriate prepotenti e marce, con un passo che molti altri gruppi dello stesso sottogenere non possiedono affatto. Le otto tracce del disco sono un manuale su come fare un black death underground di alto valore, senza mai tradire i propri valori e dando tantissimo all’ascoltatore. Il gruppo torinese rende tangibile la sua passione per queste sonorità, il sudore che da venti e passa anni viene profuso per queste sonorità, che sono un qualcosa che se ti inquinano il cuore non vanno più via. Il disco è forse il punto più alto di questa band che non ha bisogno di presentazioni nel sottoterra musicale, e che ha sempre una qualità ben definita. Per questo nuovo lavoro il gruppo ha scavato nella propria occulta bestialità ancora più a fondo e raccoglie i risultati di questa blasfemia. Otto canzoni che rimangono ben impresse nella mente delle teste metalliche, e che sicuramente non sono l’atto finale di una carriera davvero onorevole. Spesso si ascoltano dischi black death metal che sono appena sufficienti, per non dire altro, poi arrivano i Black Flame e mettono a posto tutto, forse perché oltre al talento hanno quella marcia in più che deriva dal credere per davvero in ciò che si sta facendo. Un gruppo estremo che fa musica estrema e non sbaglia un disco.

Tracklist
1. Necrogenesis
2. Atra Mors
3. Morbid Worship
4. Reverse Chants And Rusty Nails
5. The Breath Of The Mud
6. From My Depths
7. Mater Larvarum
8. A Grave Full Of Serpents

Line-up
Cardinale Italo – Guitars & Vocals
m:A Fog – Drums
Silent – Bass
Tiorad – Guitars

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