In Aevum Agere – Canto III

Con Canto III, gli Aevum Agere si confermano, per personalità e talento, una delle massime espressioni per quanto riguarda il classic doom.

Per gli amanti dell’epic doom metal di stampo classico, il ritorno dei nostrani In Aevum Agere è un appuntamento immancabile grazie ad una reputazione che col tempo si è consolidata, non solo per il valore dei lavori precedenti, ma anche per l’ottima qualità delle opere che vedono protagonista il suo leader Bruno Masulli, dai Annihilationmancer, ai Power Beyond, passando per i Miti Eterni.

Un artista senza dubbio di spessore, con un debole per la storia e la cultura dei popoli che hanno vissuto nel corso dei secoli sul suolo italico e che hanno trovato in lui uno dei cantori più accreditati nel mondo del metal underground.
Gli In Aevum Agere sono attivi da ormai quindici anni e oggi, con Piersabato Gambino al basso e Claudio del Monaco alla batteria, sono un trio potentissimo, dal sound classico che amalgama alla perfezione mid tempo doom metal e sferzate hard & heavy di matrice old school.
Il nuovo album dal titolo Canto III, ispirato ovviamente al poema dantesco, è composto da sette brani più tre intermezzi recitati, per tre quarti d’ora in compagnia di quelle sonorità che hanno fatto la storia del doom metal classico.
Il sound poggia le sue basi sulla tradizione, e da lì si muove, inesorabile, verso la montagna sacra del genere dove ci si imbatte nella nobiltà di un genere immortale come il doom epico.
La voce evocativa di Masulli interpreta e racconta le vicende del leggendario cantico con la personalità dei grandi, la chitarra sfodera riff mastodontici, splendidamente classici e fortemente heavy; il viaggio prende avvio con il doom debordante di L’Uom S’Etterna, seguita dalla tellurica No Hope Of Death, una coppia di pachidermiche tracce che traccia le linee guida di un album suggestivo e affascinante, che non cade nel tranello della prolissità e mantiene alta l’attenzione di chi ascolta grazie ad un songwriting di altissimo livello.
Nello spartito di The Great Refusal (Ignavus), Anti-Inferno/Limbus Animae e Voices Of My Solitude, si trovano non pochi riferimenti al sound di Candlemass, Solitude Aeturnus e Solstice, con il valore aggiunto di una personalità ed un talento che fanno degli In Aevum Agere una delle massime espressioni per quanto riguarda il classic doom.

Tracklist
1. L’uom s’etterna
2. No Hope of Death
3. Intro I
4. The Great Refusal (Ignavus)
5. Intro II
6. Minòs
7. Anti-Inferno / Limbus Animae
8. Epigrafe
9. Canto III
10. Voices of My Solitude

Line-up
Bruno Masulli – Guitars/ vocals
Piersabato Gambino – Bass
Claudio Del Monaco – Drums

IN AEVUM AEGERE – Facebook

Nautha – Tutti I Colori del Buio

I Nautha producono un debutto che è molto maturo e che, cosa ancora più importante, traccia una rotta totalmente personale ed indipendente, senza seguire nessuno, aprendo un sentiero che è insieme di valore e coraggioso.

Il suono degli italiani Nautha è qualcosa di fresco ed innovativo che però nasce dalla tradizione musicale del rock anni settanta e dall’immortale lezione del progressive italiano.

Il trio romano macina un suono assolutamente non convenzionale, a partire dal fatto che è stato registrato in presa diretta senza mediazioni tra amplificatori e mixer, uscito così come esce il suono dal vivo. La visione musicale è assai complessa e stratificata, per un risultato convincente ed originale. Brevemente lo si potrebbe definire un approccio moderno ad una materia antica e bellissima come il prog italiano. Infatti le radici dei Nautha risiedono in quel periodo dorato di incontro sonoro fra il progressive e la psichedelia, in più di loro aggiungono una grande dose di suoni alternativi moderni, con un cantato in italiano che funziona benissimo, così come la scelta di lavorare il meno possibile il loro suono. Le nostre orecchie sono abituate a produzioni super elaborate, come uno zucchero dalla lavorazione complessa, che si rivela dolcissimo ma lasciando scorie nel nostro organismo. Invece Tutti I Colori Del Buio è scarno e minimalista quanto basta, e grazie a questa forma risulta addirittura più diretto e potente. Certamente all’inizio sembra manchi qualcosa, mentre quando si entra in sintonia con il sound si capisce l’assoluta bontà della scena di produzione. L’impasto sonoro è convincente e sono semi sparsi in molti territori musicali, a partire dal prog, passando per la psichedelia per andare verso uno stoner disidratato. I Nautha producono un debutto che è molto maturo e che, cosa ancora più importante, traccia una rotta totalmente personale ed indipendente, senza seguire nessuno, aprendo un sentiero che è insieme di valore e coraggioso. Un’altra peculiarità importante sono i testi, qualcosa che merita attenzione e che anche dal punto di vista della metrica sono molto particolari, quasi surrealisti. Il gruppo romano firma un disco che è peculiare e speciale, da ascoltare molte volte perché muta moltissimo, e siamo sicuri che in questo momento i Nautha siano già oltre questo disco, spostati sempre in avanti.

Tracklist
1.Serpentine
2.Libra
3.La danza immobile
4.Un modo di essere esseri umani
5.Ragazzi perduti
6.La Rivoluzione
7.Millenovecentottanta
8.Storia del cabalista
9.Nos da
10.Akhenaton

Line-up
Antonio Montellanico – Voice, Bass and Guitar
Pierpaolo Cianca – Guitar
Giorgio Pinnen – Drums

NAUTHA – Facebook

Alberto Rigoni – Prog Injection

Un album alquanto sperimentale, ma comunque orecchiabile anche per chi non è abituale frequentatore di questo tipo di lavori, grazie a brani fluidi e facilmente leggibili, che riesce ad unire la grande tecnica esecutiva dei protagonisti ad un buon talento compositivo.

Ennesima opera strumentale per il talentuoso bassista e compositore nostrano Alberto Rigoni (BAD As, Vivaldi Metal Project, The Italians, ex Twinspirits), questa volta accompagnato alla batteria da Thomas Lang (Glenn Hughes, Paul Gilbert e Peter Gabriel) e da Alessandro Bertoni, tastierista residente a Los Angeles dove lavora come insegnante di musica e session in studio e dal vivo.

Prog Injection è composto da otto brani di rock strumentale progressivo, con il basso di Rigoni che detta ritmiche su cui la batteria di Thomas Lang ha il suo ruolo importantissimo e le tastiere ricamano melodie di diverso approccio e sfumature; un album alquanto sperimentale, ma comunque orecchiabile anche per chi non è abituale frequentatore di questo tipo di lavori, grazie a brani fluidi e facilmente leggibili, che riescono ad unire la grande tecnica esecutiva dei protagonisti ad un buon talento compositivo.
Bellissima Omega, la traccia più “leggera” dell’album, dove gli strumenti scorrono liberi sullo spartito progressivo scritto da Rigoni, ed altrettanto notevole la successiva Liquid, dalle tastiere che in alcuni momenti ricordano i Goblin più psichedelici.
Il resto di Prog Injection veleggia leggero su acque di rock progressivo di alto livello, assolutamente consigliato agli amanti del rock strumentale, conferma il talento del bassista e dei suoi bravissimi ospiti.

Tracklist
1. XYX
2. Metal Injection
3. Blood Shuga
4. Death Stick
5. Omega
6. Liquid
7. Low and Disorder
8. Iron Moon

Line-up
Alberto Rigoni – Bass and Chapman stick
Thomas Lang- Drums
Alessandro Bertoni – Keyboards
Jeff Hughell – Bass on track 4.

ALBERTO RIGONI – Facebook

Norse – Norse

Calma, distorsioni e melodie molto ben delineate, nella decadenza e nel destino immanente che ci aspetta i Norse sono la perfetta banda della nave che nemmeno affonda, ma vive perennemente sotto la minaccia di farlo.

Debutto per i Norse, giovane gruppo italiano formatosi da poco.

I Norse fondamentalmente fanno noise con forti influenze post metal e tanti altri post, hanno delle linee melodiche da paura e il loro suono è qualcosa che mancava alle nostre latitudini. Tante realtà alternative poi si rivelano solo un insieme di pose, preoccupate più della loro immagine che delle note, mentre qui al centro di tutto c’è la musica. L’aria è bassa e umida, e i Norse ci portano in giro attraverso una decostruzione costante e potente della realtà: la musica diventa un cuneo nel quale insinuarsi e andare a scoprire cose nuove, esplorando paesaggi disidratati e ancora più aderenti alla loro natura. Calma, distorsioni e melodie molto ben delineate, nella decadenza e nel destino immanente che ci aspetta i Norse sono la perfetta banda della nave che nemmeno affonda, ma vive perennemente sotto la minaccia di farlo. Tutto il disco è costruito molto bene, ci sono tracce con improvvise sfuriate che vengono da lontano, da quella tradizione hardcore italiana che ha saputo cambiare e diventare un seme che feconda molte cose diverse fra loro. La traccia finale Manca è un qualcosa che ti scava dentro, un Don Caballero molto più variopinto ed urgente. Nel disco omonimo del gruppo si può trovare anche molto emo declinato nella maniera giusta, perché l’emo in Italia è stato spesso sublimato, e anche qui ce n’è un esempio. Un disco moderno, intelligente e musicalmente molto emozionante, senza difetti e che vi regalerà molti ascolti. Se volete un clic ed un ascolto veloce questo disco non fa per voi, ma se invece avete voglia di un’immersione in qualcosa di ben fatto e di corrosivo, questo è il posto giusto (l’album è in download libero dal bandcamp dei Norse).

Tracklist
1.collezione
2.aral
3.baratto
4.debacle
5.manca

NORSE – Facebook

Tyrants – Union

Union è un ottimo lavoro, consigliato agli amanti del metal sinfonico di stampo black e che (non solo per l’utilizzo della lingua) ha molto della tradizione italica per la musica dalle tinte oscure.

La storia dei Tyrants è iniziata nel 2001 e li ha visti stampare un paio di demo e il primo full length, uscito nel 2011 ed intitolato Ruchus.

La band in questi anni, oltre a qualche variazione in line up, ha reso la sua proposta molto più melodica rispetto al passato, ed il frutto di questa evoluzione è Union, ottimo lavoro di symphonic black metal dai suoni puliti, più di una sferzata heavy/thrash e solos perfettamente incastonati in un sound che convince a più riprese.
Il cantato in italiano non appare forzato come capita spesso, la coraggiosa scelta ripaga la band alzando un tasso di originalità che, a causa del genere suonato, non può essere il punto di forza del gruppo.
Union è un’opera estrema ben delineata, le caratteristiche principali sono quelle che hanno fatto innamorare del genere: cavalcate black/thrash, orchestrazioni che dettano atmosfere e fanno da tappeto alle scorribande metalliche dei protagonisti, attimi di intimistica tensione oscura che esplodono in una furia estrema tenuta sotto controllo dalla componente melodica, sempre ben presente nel sound di questa raccolta di brani. Diversi sono i picchi compositivi, come l’opener Eutanasia, la devastante Io Ti Maledico, Menzogne e la conclusiva Cordoglio, brano che raggiunge i venti minuti di durata, diviso in cinque capitoli che riassumono gli stati emozionali di chi subisce una perdita e risulta un suggestivo quanto perfetto sunto del credo musicale del gruppo nostrano.
Union è un ottimo lavoro, consigliato agli amanti del metal sinfonico di stampo black e che (non solo per l’utilizzo della lingua) ha molto della tradizione italica per la musica dalle tinte oscure.

Tracklist
1.Eutanasia
2.The cry of sin
3.Io ti maledico
4.The keys of our chains
5.Menzogne
6.Cordoglio
I. Negazione
II. Rabbia
III. Contrattazione
IV. Depressione
V. Accettazione

Line-up
Marco Gulluni – Guitars/Orchestration/ Bass
Andrea Di Nino – Vocals
Diego Tasciotti – Drums
Giovanni Brandolini – Guitars

TYRANTS – Facebook


Descrizione Breve

Painqirad – Empires’ Sema’yi

Qui tutto ha il suo tempo, la crescita di melodie molto diverse da come le intendiamo è graduale e credibile, portando avanti l’essenziale concetto che ascoltare la musica di popoli diversi fa parte del processo di comprensione della loro cultura.

Nel sottobosco musicale ci sono spesso vere e proprie gemme da scoprire e da cullare, come questo lavoro del multistrumentista Damiano Notarpasquale sotto il nome Painqirad.

Damiano è uno studioso della musica in tutte le sue forme e si è sviluppata in maniera binaria: l’universo metal è sempre stata la sua passione, mente ha portato avanti studi classici musicali al conservatorio studiando inizialmente clarinetto e trombone, per poi avvicinarsi al jazz, al sassofono e alle musiche del mondo, in special maniera quella araba. Questo lavoro è infatti una bellissima dichiarazione d’amore in musica per il mondo e la sue diversità. Damiano si è innamorato della musica araba nel 2014 e la sua seconda tesi di conservatorio è un metodo per trombone per suonare musica araba e turca. Nasce da queste sonorità, unite ad una certa visione del metal, questo disco che è qualcosa di magnifico, un’eruzione musicale, un’unione di stili e di ritmi diversi che si incontrano nel deserto e proseguono ben oltre. Preponderante è la parte della musica araba, che possiede una metrica molto diversa dalla nostra, e che in questo caso viene supportata da intarsi metal molto adeguati. Il disco è stato registrato in soli dieci giorni, ma c’è un lavoro immenso dietro, con una produzione maestosa che ne rende al meglio le atmosfere. Empires Sema’Yj è un disco dall’immaginario potentissimo, trasporta in un futuro, o forse un passato in cui le dune incontravano il silicio, montagne di sabbia da attraversare senza posa, un miraggio nel caldo soffocante del deserto e tanto altro. Damiano riesce a rendere della atmosfere magiche ed uniche, unendo alla perfezione tutte le componenti e facendolo non in maniera fragorosa e caciarona nella quale ci si imbatte altrove in più di un qualche caso. Qui tutto ha il suo tempo, la crescita di melodie molto diverse da come le intendiamo è graduale e credibile, portando avanti l’essenziale concetto che ascoltare la musica di popoli diversi fa parte del processo di comprensione della loro cultura. E qui l’ascolto è ricchissimo, per un risultato unico nel suo genere.

Tracklist
1.Tahmila
2.Saz Temple
3.Nubah No. 10
4.Dunes
5.Allayl Nahawand
6.Taksim
7.Nawakht
8.Iron, Far Away

Line-up
Damiano Notarpasquale – soprano clarinet, G clarinet, alto sax, tenor sax, trombone, ney, zurna, bağlama, algerian mondol, mandolin, keyboards, guitars, bass, bendir, darbuka

PAINQIRAD – Facebook

Ranter’s Groove – Haiku

Forse ambient, forse field recording, decisamente Kaczynski Editions, musica che non può essere solo musica, fatta per spiazzare e per fermare il nostro sguardo schizofrenico su qualcosa di sensato.

Ritorna Ranter’s Groove, uno dei nomi di punta della squadra della toscana Kaczynski Editions, etichetta tra le più anticonformiste e fresche che abbiamo in Italia.

Come al solito per i loro lavori qui non ci sono confini, la musica è un elemento come un altro per raggiungere degli obiettivi, sono presenti anche rumori e vibrazioni che provengono sia dal mondo esteriore che da quello interiore. La cifra stilistica di questo lavoro è l’Haiku, una breve composizione poetica giapponese che risponde a determinati requisiti di metrica e che ha come scopo la brevità e la potenza delle immagini. E questi componimenti, o meglio registrazioni di alterazioni del silenzio, sono appunto haiku sonori, brevi appunti che colgono alla perfezione l’essenza di un attimo che è già passato e che non sarà mai più. Nei suoi lavori precedenti Ranter’s Groove ci aveva abituati alla pressoché totale assenza della forma canzone e qui si va ancora più a fondo in quella direzione, perfezionando la resa e soprattutto regolando ancora di più verso il magma interiore le sue antenne. In questo viaggio composto da tante piccole stazioni sentirete una voce narrante giapponese che parlerà di cose che abbiamo già visto, ma che non abbiamo capito. Il vero inconoscibile non è il cosmo o il senso della vita, cose che forse non esistono, ma è il quotidiano, quello stormo di emozioni e piccole cose che ci passano davanti e che cambiano radicalmente la nostra esistenza e che qui si palesano molto bene. Sia il caldo di un muro screpolato di campagna in una torrida estate, o una processione di organizzatissime formiche, Ranter’s Groove ci porta sempre al nocciolo del problema, sottoponendoci aspetti inediti di piccole e grandi cose. Forse ambient, forse field recording, decisamente Kaczynski Editions, musica che non può essere solo musica, fatta per spiazzare e per fermare il nostro sguardo schizofrenico su qualcosa di sensato.

Tracklist
1.行きあひし人
2.川渡りけり
3.うしろの
4.独り往き
5.日一日
6.藪の中
7.出水のあと
8.一つ落ちて
9.蟻の道
10.雲の峯硯
11.石垣崩す
12.人なし
13.釣鐘撞く
14.平家亡びし
15.血を印す
16.行燈消えて

Embrace of Disharmony – De Rervm Natvra

Questa nuova fatica firmata dal gruppo romano è un’opera difficilmente eguagliabile non solo all’interno dei confini nazionali, a dimostrazione del valore ormai altissimo della scena metallica tricolore

Sono passati cinque anni da Humananke, esordio su lunga distanza degli Embrace Of Disharmony, quintetto di progsters estremi provenienti dalla capitale, un lasso di tempo che porta a De Rervm Natvra, nuovo splendido lavoro che non solo conferma ma alza ulteriormente il livello già altissimo espresso in passato.

Mixato agli Outer Sound Studios di Giuseppe Orlando e masterizzato presso i Finnvox Studios da Mika Jussila, l’album è un’opera estrema progressiva di una bellezza che lascia senza fiato, con le tematiche ispirate al poema di Lucrezio “De Rervm Natvra” e alla sua teoria dell’universo, con un sound che non è più “solo” progressive death metal, ma si spinge verso territori teatrali ed orchestrazioni care ai maestri Arcturus.
De Rervm Natvra è composto di fatto da otto movimenti che formano un’opera musicale avanguardistica di notevole spessore: metal estremo di livello superiore, dunque, orchestrato a meraviglia, pregno di arrangiamenti classici, inserti elettronici, death e black metal che si uniscono e si avvolgono come un groviglio di serpenti in una tana.
L’uso della doppia voce, con l’inarrivabile interpretazione di Gloria Zanotti, supportata dal bravissimo Matteo Salvarezza, completa un album che arriva senza indugi alle soglie del capolavoro, intenso, imprevedibile, emozionante e superbo nel mantenere una tensione estrema altissima eppure assolutamente consigliato, per la quantità di musica di vario genere al suo interno, a chiunque ami il mondo delle sette note.
De Rervm Natvra non è solo un lavoro che segue le coordinate stilistiche dell’avanguardistico gruppo norvegese, perché al suo interno troviamo decine di dettagli che portano gli Embrace Of Disharmony verso uno dei punti più alti del metal estremo progressivo, in brani di una bellezza fuori categoria come De Primordiis Rervm o De Infinitate Orbivm (ma sarebbero da nominare tutti), tra pulsazioni orchestrali che ricordano i Therion, si avvalgono di parti progressive di matrice Opeth il tutto perfettamente incastonato in un sound forte di una personalità enorme.
Questa nuova fatica firmata dal gruppo romano è un’opera difficilmente eguagliabile non solo all’interno dei confini nazionali, a dimostrazione del valore ormai altissimo della scena metallica tricolore.

Tracklist
1. Prohoemivm / Lavdatio Epicvri
2. De Primordiis Rervm
3. De Motv Primordiorvm Rervm
4. De Infinitate Orbivm
5. De Mortalitate Animae
6. De Pavore Mortis
7. De Captionibvs Amoris
8. De Formatione Orbis

Line-up
Gloria Zanotti – Vocals
Leonardo Barcaroli – Bass
Matteo Salvarezza – Guitars, Vocals, Programming
Emiliano Cantiano – Drums

Spoken voice on songs 4 & 5 by Marco Migliorelli

EMBRACE OF DISHARMONY – Facebook

Barbarian – To No God Shall I Kneel

Ormai in sella ad un destriero infernale da una decina d’anni, la band toscana irrompe con il suo speed/heavy metal che a tratti sfora nel thrash di scuola tedesca, esaltante nelle tante cavalcate metalliche di cui è pregno To No God Shall I Kneel.

I Barbarian tornano con il loro quarto lavoro sulla lunga distanza che ne ribadisce l’assoluta devozione per i suoni old school.

Ormai in sella ad un destriero infernale da una decina d’anni, la band toscana irrompe con il suo speed/heavy metal che a tratti sfora nel thrash di scuola tedesca, esaltante nelle tante cavalcate metalliche di cui è pregno To No God Shall I Kneel, uno dei dischi migliori che mi sia capitato di ascoltare nel genere da diverso tempo.
La voce cartavetrata a ribadire lo spirito battagliero, la vocazione estrema del sound ed un buon uso delle melodie nei solos, fanno da cornice a veloci ripartenze speed/thrash e tellurici mid tempo metallici.
Nella sua mezzora abbondante l’album non ha un attimo di tregua nel suo totale impatto distruttivo, i brani si susseguono uno più efficace dell’altro, con attimi di puro e travolgente heavy metal old school che richiama un numero infinito di gruppi storici senza che si perda un’oncia di convincente personalità.
Dall’opener Obtuse Metal, passando per Birth And Death Of Rish’Ah, il crescendo maideniano di The Old Worship of Pain e la conclusiva title track, To No God Shall I Kneel è un esaltante tuffo nel metal guerriero e senza fronzoli che mise a ferro e fuoco gli anni ottanta, con lo speed/thrash e l’heavy metal che vengono uniti sotto il drappo insanguinato dei Barbarian.

Tracklist
1.Obtuse Metal
2.Birth and Death of Rish’Ah
3.Hope Annihilator
4.Sheep Shall Obey
5.The Beast Is Unleashed
6.The Old Worship of Pain
7.To No God Shall I Kneel

Line-up
Borys Crossburn – Guitars, Vocals
Blackstuff – Bass
Sledgehammer – Drums

BARBARIAN – Facebook

Sepolcro – Amorphous Mass

In Amorphous Mass si rinviene fondamentalmente un armageddon di labirintici suoni estremi, a formare un vortice di musica a tratti anche solenne, ma per lo più dal putrido e malvagio incedere.

Attivi dal 2011 i Sepolcro danno alle stampe l’ep Amorphous Mass, ennesimo lavoro di una discografia che finora si è dipanata con opere concentrate in pochi ed intensi minuti.

Scelta che si apprezza anche per la proposta assolutamente estrema del gruppo con base a Verona, trattandosi di un death metal old school oscuro e catacombale con produzione che segue in tutto e per tutto il clima soffocante dei cinque brani prodotti.
Ispirato al Necronomicon lovecratftiano, il sound dei Sepolcro è quanto di più underground si possa trovare oggi nel genere: i suoni ovattati creano atmosfere abissali di puro terrore, un metal estremo che affonda le sue radici nella melma infernale prodotta a suo tempo da Incantation e Demigod, resa ancora più oscura e malevola in tempi in cui anche nel genere si cerca più la perfezione che l’attitudine e l’impatto.
Certo è che a un brano come Sulphurous Eruption From The Depths, dall’approccio assolutamente fuori da ogni pretesa commerciale, l’atmosfera di soffocante terrore non manca di certo: in Amorphous Mass si troverà fondamentalmente un armageddon di labirintici suoni estremi, a formare un vortice di musica a tratti anche solenne, ma per lo più dal putrido e malvagio incedere.

Tracklist
1.The Malevolent Mist
2.Sulphurous Eruption from the Depths
3.Unnamed Dimension
4.An Ancient Summoning
5.Amorphous Mass

Line-up
Hannes – Drums, Vocals
Nor – Bass
Simone – Guitars, Vocals

SEPOLCRO – Facebook

Green Oracle – Green Oracle

I brani sono tre viaggi che fanno parte di un disegno più grande che ognuno coglierà in maniera diversa, perché qui si va a toccare il subconscio profondo di ognuno

I Green Oracle sono uno di quei gruppi che appartengono alla schiera degli sciamani musicali, iniziati che mettono in musica riti per accedere a dimensioni diverse dalla nostra.

Il disco omonimo è il loro debutto, esce per Argonauta Records e le tre canzoni sono già un proclama fin dai titoli, Please, Do, Hallucinogens. E infatti la loro musica è molto forte ed evocativa, con lunghe jam che sono canali di chiamata per spiriti interdimensionali ma che, alla fine, hanno lo scopo ultimo di cambiarci e di non lasciarci come prima. Musicalmente non ci sono frontiere ma solo limiti da superare, la musica è totale e avviluppa ogni cosa con potenza e dolcezza. Di fondo si potrebbe definirli degli Zu maggiormente rituali e profondi, ad esempio i giochi che fanno con le voci sono profondamente sciamanici, un esempio di qualcosa di molto antico che giace ancora dentro di noi se lo si vuole guardare. Le litanie musicali di Green Oracle sono vicine alla tradizioni ritual doom, ma vanno oltre. Le canzoni qui diventano altro, mutando a seconda delle intenzioni plasmatrici del creatore, offrendo una visione della musica rituale a trecentosessanta gradi. Sono presenti in maniera molto interessante e feconda dei sintetizzatori, che sono dei mezzi molto adeguati per indurre una trance. Incredibili anche le sezioni delle canzoni in cui le chitarre in drone si uniscono con le percussioni. La produzione è primitiva e raccoglie tutto il furore e l’urgenza di composizioni che vanno oltre la forma canzone. I tempi si dilatano e il sangue scorre meno velocemente, mentre il nostro cervello acquista potere ed una superficie psichica maggiore. Sono tre viaggi che fanno parte di un disegno più grande che ognuno coglierà in maniera diversa, perché qui si va a toccare il subconscio profondo di ognuno. Una bella congiunzione fra musica rituale e musica pesante, operata da un collettivo che ha ottime idee.

Tracklist
1. Please
2. Do
3. Hallucinogens

Line-up
Thomas Santarsiero
Matteo Anguillesi
Vanni Anguillesi
Giulia Mannocci

GREEN ORACLE – Facebook

Moonlight Haze – De Rerum Natura

Da esperti del genere arriva un nuovo progetto made in Italy di Symphonic Metal moderno, dinamico ed estremamente curato; un mix di classico e di nuovo, unito in un concept accattivante e seducente.

Qui si va sul sicuro ed è un buon punto di partenza: i Moonlight Haze sono una nuova realtà italiana nata nel 2018 da membri o ex componenti di Temperance, Elvenking, Sound Storm, Teodasia and Overtures, quindi è facile intuire che la proposta sia inserita nell’ambito di un Symphonic Metal fresco, moderno ed estremamente curato a livello di arrangiamenti e produzioni.

Si sente infatti il tocco dell’ottimo producer Simone Mularoni che regala grande vivacità ed un suono grandioso ed impeccabile. De Rerum Natura si presenta alla grande fin dall’artwork di copertina che unisce elementi naturistici ad altri più futuristici e tecnologici, ed è perfetto per descrivere la musica all’interno contenuta. Merito certamente della voce versatile e squillante di Chiara Tricarico, del mare di tastiere di Giulio Capone, che riesce a stratificare il sound della band con grande sapienza, della coppia prodigiosa di chitarristi Marco Falanga ed Alberto Melinato, sempre a servizio delle canzoni e mai strabordanti, e della sezione ritmica di Giulio Capone alla batteria (ancora lui) e Alessandro Jacobi al basso, di grande intensità esecutiva, che riesce a “contenere” e valorizzare le performance di tutto il gruppo. Un perfetto lavoro di squadra che culmina in piccole grandi perle musicali come A Shelter From The Storm, ballata dal feeling notturno e quasi fatato, oppure nella galoppante Goddess, dove la melodia non si perde nella vorticosa velocità di esecuzione. Grandi cori ed armonie vocali che si ripetono nella magistrale To The Moon and Back, manifesto perfetto della solidità dei Moonlight Haze. Se Odi et Amo riesce ad essere romantica e sensuale insieme, The Butterfly Effect possiede un refrain catchy e difficilmente dimenticabile, degno dei migliori Nightwish. Time invece, anche grazie al contributo degli ospiti Mark Jansen (Epica e MaYaN) e Laura Macrì (MaYaN), offre sprazzi imperiosi dove si fondono prog metal, musica operistica e classica, per un connubio di grande fascino e forza. I Moonlight Haze passano anche l’esame della suite, perché Dark Corners Of Myself (posta stranamente a metà album) è un racconto di più di nove minuti che non annoia mai e tocca anche lidi musicali del tutto inaspettati, dimostrazione della grande maturità della band. De Rerum Natura è un esordio di grandissima qualità lirica e musicale, noi speriamo che questo non sia solo un progetto estemporaneo ma il primo capitolo di un lungo e glorioso cammino a sette note.

Tracklist:
1. To The Moon and Back
2. Ad Astra
3. Odi et Amo
4. The Butterfly Effect
5. Time
6. Dark Corners of Myself
7. A Restless Mind
8. Deceiver
9. A Shelter from the Storm
10. Goddess

Line-up:
Chiara Tricarico – vocals
Giulio Capone – drums, keyboards
Marco Falanga – guitars
Alberto Melinato – guitars
Alessandro Jacobi – bass

MOONLIGHT HAZE – Facebook

Wildroads – No Routine Lovers

Riding On a Flamin’ Road è un lavoro riuscito e un notevole passo avanti per il quintetto di rockers nostrani che avranno di che far divertire i rockers in giro per i palchi della penisola in questa calda estate metallica.

Tornano i toscani Wildroads con il secondo lavoro su lunga distanza: il gruppo guidato dal chitarrista e produttore Nick Capitini torna in forma smagliante con questa nuova raccolta di brani che unisce attitudine tradizionale ed impatto moderno, dando vita ad un lavoro spumeggiante.

No Routine Lovers, licenziato dalla Volcano Records, risulta infatti una detonazione rock’n’roll, una graffiante botta di vita divisa in una decina di brani che uniscono hard rock, sleaze metal e classic rock.
La band non risparmia energia, parte in quarta con Bad Girls Got The Fire, brano diretto e melodico il giusto per catturare fin da subito l’attenzione, continuando nella sua personale riproposizione di stilemi cari alla scena hard & heavy statunitense degli anni ottanta, in una versione più moderna e catchy.
Melodie, sferzate metalliche ed attitudine street rock’n’roll fanno parte del dna di questa raccolta di brani che non concedono tregua, tenendo alta la tensione con scariche elettriche in un sound che, oltre ad una serie di mitragliate rock/metal, regala perle come Way To God, cavalcata metallica dalle atmosfere arabeggianti molto suggestiva.
No Routine Lovers è un lavoro riuscito e un notevole passo avanti per i Wildroads che avranno di che far divertire i rockers in giro per i palchi della penisola in questa calda estate musicale.

Tracklist
1.Bad Girls Got The Fire
2.Rollercoaster
3.Rules Of The World
4.Bring You To The Stars
5.Lords Of Babylon
6.Mindfucked
7.Way To God
8.Mr. Grey
9.Love Song
10.The Night Belongs To The Wild

Line-up
Nik Capitini – Guitars
Giulio Antonelli – Guitars
Kenny Carbonetto – Bass
Michael Cavallini – Voices
Stefano Morandini – Drums

WILDROADS – Facebook

Thunder Brigade – Spirit Of The Night

I Thunder Brigade offrono un personale rilettura del rock americano, lasciando per una volta le solite e scontate ispirazioni post grunge e stoner per inoltrarsi in sonorità dai tratti talvolta cantautorali.

Spirit Of The Night è il primo album dei Thunder Brigade, band formata da Stefano Cascioli (voce e chitarra), Stefano Bigoni (chitarra e lapsteel) e Stefano Lecchi (batteria e percussioni) che ha dato vita ad una raccolta di brani bellissimi in bilico tra rock, blues, southern e psych rock.

L’album, intitolato Spirit Of The Night e licenziato dalla Bagana Records/Pirames International, ci regala una personale rilettura del rock americano, lasciando per una volta le solite e scontate ispirazioni post grunge e stoner per inoltrarsi in sonorità d’autore o ancor meglio cantautorali, se mi si permette il termine.
Un rock acustico dalle atmosfere country, in un clima di tensione emotiva che è uno degli assi nella manica di questa raccolta di brani, un viaggio che riempie di polvere la gola.
Spirit Of The Night lascia un forte sapore di rock classico, assolutamente a stelle e strisce fin dalle prime battute dell’opener Rattlesnakes, nella qualee l’atmosfera è elettrica e southern.
I brani dalle trame acustiche avvicinano i Thunder Brigade al rock di Johnny Cash e Tom Petty, mentre Set You Sails rilassa l’atmosfera dopo una Redemption Road da brividi, tra Lynyrd Skynyrd e Urge Overkill.
La title track è un’altra traccia acustica che unisce il rock sudista al blues e al country, intrisa di atmosfere notturne che trovano un contraltare nelle più ariose e vitali Boogie #7 e soprattutto Rust & Gold, un blues rock d’autore e brano sanguigno oltre misura.
Un plauso va alla sentita interpretazione del cantante Stefano Cascioli, bravo nel saper donare con la sua voce sporcata di attitudine blues/rock il feeling perfetto ad una raccolta di brani da non perdere assolutamente se si è amanti del rock classico a stelle e strisce.

Tracklist
1.Rattlesnakes
2.Beat a Dead Horse
3.Redemption Road
4.Set Your Sails
5.Spirit of the Night
6.Boogie #7
7.Rust & Gold
8.The Wanderer
9.Alright (in the end)

Line-up
Stefano Cascioli – Vocals, Guitars
Stefano Bigoni – Guitars, Lapsteel
Stefano Lecchi – Drums, Percussions

THUNDER BRIGADE – Facebook

Directo – … Al Infierno

…Al Infierno è quello che vuole essere, una corsa verso le regioni a sud del paradiso, una perdizione sonora per fans dello stoner, dell’hard rock e del metal più stradaiolo, ed è un disco piacevole ed un ottimo inizio discografico per un gruppo che ha cose da dire ma soprattutto da suonare.

Ascoltare i Directo è come trovare o ritrovare dei compagni di vizi che si credevano perduti, qualcuno che capisce le fiammate che a volte ci ardono dentro senza rimedio e che le hanno messe in musica.

I Directo nascono a Città di Castello provincia di Perugia nel 2010, fondati da ragazzi che amano le sonorità di Black Sabbath e Kyuss, ed infatti i loro concerti si basavano agli inizi sulla discografia del gruppo desertico. Questo …Al Infierno è il loro esordio ed è un disco che contiene uno stoner desert con molte influenze diverse di grande qualità, e che rilascia molte emozioni mai scontate; ascoltandolo si viene trasportati in un luogo molto caldo e con gente non proprio raccomandabile, le chitarre disegnano riff fumosi e sabbiosi, la sezione ritmica spinge in maniera lussuriosa come dei lombi, e la voce è molto adeguata a questo tipo di musica. Nel mondo ci sono moltissimi gruppi simili ai Directo, ma pochi hanno una loro impronta originale, che qui invece è molto marcata e ne rappresenta la natura più profonda. Ascoltando il disco ci si accorge che alla fine questo loro suono così affascinante si può annoverare sotto la dicitura blues, sì questo potrebbe essere blues del deserto, perché il deserto non è per forza quello popolato da scorpioni e bestie varie, ma anche qualsiasi delle nostre provincie italiane, dove non succede mai nulla ma in realtà solo il brutto accade, e dove ci sono forze che ti spingono a fare musica più forte e i Directo ne sono una dimostrazione molto forte.
… Al Infierno è quello che vuole essere, una corsa verso le regioni a sud del paradiso, una perdizione sonora per fans dello stoner, dell’hard rock e del metal più stradaiolo, ed è un disco piacevole ed un ottimo inizio per un gruppo che ha cose da dire ma soprattutto da suonare.

Tracklist
1. Enter The Darkness Gate
2. Electric Phoenix
3. Immortal King
4. Planet’s Dying. Pt.1 (Empty Oceans)
5. Planet’s Dying. Pt.2 (Burning Metal)
6. Bitches, Whorses and Other Furnishings
7. Satan Is A Friend Of Mine
8. Memories Of A Dead Star

Line-up
Zyus (Igor Laurenzi) – Voice
Rado (Simone Radicchi) – Lead Guitar
Bechi (Alberto Rubechi) – Rhythm Guitar
Gaglia (Gabriele Gagliardini) – Bass
Razzola (Stefano Razzolini) – Additional Bass
Bracco (Giacomo Bracchini) – Drums

DIRECTO – Facebook

Hornwood Fell – Damno Lumina Nocte

Quarta opera per la band laziale, formata dai fratelli Basili, i quali portano a compimento un percorso molto personale con il loro Black Metal sperimentale, abrasivo, disturbante e dissonante.

Fino dalla copertina della nuova opera dei gemelli Basili, Marco e Andrea, ci si immerge in un mondo non confortante, anzi assolutamente claustrofobico e soffocante.

L’evoluzione sonora degli Hornwood Fell giunge a compimento con l’ultimo nato Damno Lumina Nocte uscito per l’etichetta Third I Rex, da sempre attenta alle band che percorrono strade non usuali e spesso molto personali. Attivi dal 2014 con l’omonimo disco, i due fratelli hanno sviluppato una personale idea di black metal moderno, deviato e dalla forte identità spinta sull’esplorazione di territori selvaggi, visionari e estremamente affascinanti. Sette brani, tutti nominati Vulnera, distinti solo da numerazione romana, che indagano nel profondo le “vulnera\wounds” della società in cui noi vegetiamo. Non ci sono momenti di luce, tutto è denso, abrasivo, ogni brano ci scaglia contro dissonanze ritmiche forsennate, bagliori di un universo diverso e multidimensionale, dove ci si inabissa lentamente senza poter avere la possibilità di risalire. Opera di black metal sperimentale, fortemente visionaria e ipnotizzante fino dall’opener I, che con largo uso di synth, ci apre le porte di mondi dove tutto è sinistro e disturbante, prima di immergerci in visioni allucinatorie, in cui il riffing è distruttivo, ma capace di aprire la mente verso “dark landscapes”, dove ritroviamo un black metal mutante e gelido secondo coordinate che non sono usuali. Una coltre dissonante e spessa ricopre tutti i brani che, dopo diversi ascolti, rivelano un universo assolutamente non confortevole ma che ci attrae senza possibilità di poterne uscire. In scarsi quaranta minuti si compie il percorso abrasivo e disturbante della band laziale, che per la grande capacità compositiva e le atmosfere create potrebbe ricordare alcuni suoni dei Blut Aus Nord di Vindsval, da sempre affascinato da una visione “altra “ del black metal. Opera non destinata agli usuali fruitori del genere, perché qui ci sono stimoli e sensazioni che solo persone “open minded” possono cogliere nella sua più pura essenza.

Tracklist
1. Vulnera Pt. I
2. Vulnera Pt. II
3. Vulnera Pt. III
4. Vulnera Pt. IV
5. Vulnera Pt. V
6. Vulnera Pt. VI
7. Vulnera Pt. VII

Line-up
Andrea Basili – Drums, Percussion, Keyboards, Vocals (additional)
Marco Basili – Guitars, Vocals, Bass, Keyboards

HORNWOOD FELL – Facebook

Malauriu / Fordomth – Twin Serpent Dawn

Twin Serpent Dawn è un riuscito tentativo con il quale le due band confluiscono verso uno stesso punto d’arrivo, rappresentato da un black metal sulfureo e comunque poco ammiccante.

Ritroviamo Malauriu e Fordomth, due band siciliane delle quali avevamo già avuto modo di parlare poco tempo fa, unite in questo split album la cui pubblicazione è prevista tra qualche giorno in formato mini-cdr a cura della Masked Dead Records, mentre in seguito vedrà la luce anche in vinile 7” per mano della Black Mourning Productions.

Questo lavoro, seppure breve, si rivela quanto mai interessante poiché i due brani offerti mostrano qualche scostamento rispetto alle più recenti uscite dei due gruppi.
Per quanto riguarda i Malauriu, per esempio, trovo che il black metal qui esibito sia decisamente più corposo e ben focalizzato rispetto a quello proposto nel recente split con Vultur, Inféren e A Répit, senza che nel contempo ne venga smarrita la carica abrasiva; ciò avviene in parte grazie ad una migliore produzione ma non solo: infatti, Ancient Spirits è una canzone che gode di un certo tiro al quale vengono coniugati interessanti rallentamenti volti a stemperare l’aggressività del sound. Se questo è un indizio della strada che i Malauriu intendono perseguire in futuro non si può che esprimere una certa soddisfazione.
Se la band di Sciacca rallenta l’andatura, i catanesi Fordomth, al contrario, accelerano non poco i ritmi esibiti nel full length d’esordio I.N.D.N.S.L.E. grazie ad un brano che nella sua prima metà si dipana all’insegna di un feroce black metal, lasciando solo uno sporadico spazio al doom metal che rappresentava in toto la linea guida stilistica della band in quell’occasione; se, in effetti, in prima battuta c’era da chiedersi come avrebbero convissuto in uno split album due realtà simili per attitudine ma diverse per l’approccio alla materia estrema, ecco che una traccia come The Chanting Void fornisce la risposta, con le sue sonorità decisamente più sbilanciate verso il black metal.
Di fatto, Twin Serpent Dawn rappresenta un riuscito tentativo con il quale le due band confluiscono verso uno stesso punto d’arrivo, rappresentato da note sulfuree e comunque poco ammiccanti; vedremo se poi questo resterà un caso isolato oppure se, come probabile, sia indicativo di sviluppi futuri, quel che è certo è che questo split album offre a chi vuole sostenere tangibilmente queste due realtà provenienti dall’antica Trinacria la possibilità di godere di una decina di minuti di valido metal estremo.

Tracklist:
1. Malauriu – Ancient Spirits
2. Fordomth – The Chanting Void

MALAURIU – Facebook

FORDOMTH – Facebook

Tenebra – Gen Nero

Si prendono le mosse dalla tradizione dei sessanta e dei settanta, ma in mano ai Tenebra diventa qualcosa di nuovo che si rinnova dentro le nostre orecchie.

I Tenebra da Bologna sono composti da Claudio al basso, Emilio alla chitarra e Mesca alla batteria, elementi dalla scena hardcore e post-hardcore cittadina (Settlefish, Ed, Gravesite, Assumption) che gravitava intorno allo spazio Atlantide Occupata, un vero posto per la cultura e tanto altro, chiuso dalla mano bieca del capitalismo.

La cantante Silvia è la più giovane del gruppo e con la sua voce ci porta per mano in una nuova stagione dell’amore occulto. Il loro disco d’esordio è composto da una buona miscela di hard blues, psych e fuzz con momenti molto stoner. La forza della loro proposta sta nel grande vigore musicale e nella bellezza di jam che sono diventate canzoni. Il disco è in download ad offerta libera sul loro sito, e come affermato molto correttamente da loro fotografa la forma che il gruppo aveva nel febbraio 2018, poiché ora è sicuramente altro. In teoria i dischi dovrebbero essere proprio questo, foto di un preciso momento di un gruppo, ma non dovrebbero essere nulla di pienamente caratterizzante, perché già dalla seduta successiva in sala prove potrebbe essere già tutto diverso e mutato radicalmente. Gen Nero è un bella dichiarazione musicale di amore per la musica pesante con l’animo blues, di cui vi sono molti esempi ma pochi possiedono la profondità dei Tenebra, che possono anche vantare una voce davvero adeguata al tutto. Ciò che colpisce è il grande senso del ritmo e della sinuosità che ha questa band, che riesce a rendere interessante ognuna della sei tracce di questo esordio. Si prendono le mosse dalla tradizione dei sessanta e dei settanta, ma in mano ai Tenebra diventa qualcosa di nuovo che si rinnova dentro le nostre orecchie. Molto forte è il lato occulto ed oscuro di un lavoro che si rifà apertamente all’alchimia, in una maniera molto intelligente ed adeguata. Un esordio molto positivo, aspettando la prossima mutazione.

Tracklist
1.In Tenebra
2.Cornered
3.Nostalgia
4.Scarlet Woman
5.Solve Et Coagula
6.Ex Tenebra

Line-up
Silvia: vocals
Emilio: guitar
Claudio: bass
Mesca: drums

TENEBRA – Facebook

Imperials – Imperials

Il suono degli Imperials è qualcosa di moderno ma che rimanda ad un antico sentore, quella voglia di coniugare diverse culture underground e cittadine che non abbandonerà mai certi ragazzi.

L’omonimo disco d’esordio degli Imperials è un bellissimo e godibilissimo concentrato di hardcore beatdown, rapcore e testosterone con dj al seguito, il tutto fatto con uno stile ed un’impronta davvero notevole.

Innanzitutto i nostri decidono di cimentarsi in un genere che in Italia non è mai stato amato come nei paesi anglosassoni, ma questo gruppo dimostra di potersela giocar benissimo in tutti i campionati. Il loro suono è un concentrato di potenza, di velocità e di incisività che faranno impazzire chi ama i ritmi malati dell’hardcore beatdown, quegli stop and go che trasudano pesantezza, o i passaggi a bassa quota che si spera non finiscano mai. Il disco degli Imperials arriva abbastanza inaspettato nel panorama undergound dell’hardcore italiano ed è quindi bellissima sorpresa. Ascoltare questi chitarroni con sotto degli scratch è rigenerante e mette in guerra con il mondo intero. La musica degli Imperials parte da riferimenti ben precisi, come i Rise Of The Northstar soprattutto per i cori e l’arroganza positiva, i Drowning e tutto quell’hardcore beatdown a stelle e strisce che spinge impetuoso. I ragazzi usano molto bene la gamma del loro suono, sfruttando in maniera molto adeguata dj Buio, un vero valore aggiunto per il gruppo che porta in dote varietà e maggiore profondità. Ascoltando l’esordio è chiaro che ci sono ancora ampi margini di miglioramento, ci sono alcune cose da migliorare, ma il gruppo è valido e potrà stupire in futuro come ha stupito con questo disco. Qui dentro c’è tantissima energia e tanta voglia di spaccare tutto, ma la violenza non è cieca ci vede benissimo, approntando intelaiature sonore di matrice hardcore con elettronica fatta molto bene, per un risultato pressoché unico in Italia. Il suono degli Imperials è qualcosa di moderno ma che rimanda ad un antico sentore, quella voglia di coniugare diverse culture underground e cittadine che non abbandonerà mai certi ragazzi. Per fortuna.

Tracklist
1.Imperials 2k19
2.Cuntz
3.DJ Buio
4.Worms
5.We Are Imperials
6.Deep Down In My Sleep
7.Stick To The Plan
8.BELLINFERNO
9.Negativity
10.Credits

IMPERIALS – Facebook

Reatzione – Sopravvissuti

Con le sue undici esplosioni di rabbia senza soluzione di continuità, Sopravvissuti non lascia scampo: drammatico, violento, rabbioso, grazie a brani potentissimi, a tratti veloci o pervasi da mid tempo possenti come un colosso musicale che avanza lento ed inesorabile.

I Reatzione sono un quartetto di musicisti provenienti dalla Sardegna e Sopravvissuti è il loro manifesto sonoro, licenziato da Dark Hammer Legion / Volcano Records.

La band, nata nel 2015 da un’idea del chitarrista Alessandro Ciuti, crea un muro sonoro invalicabile di thrash/groove metal, con la particolarità del cantato in lingua sarda, in alternanza a quella italiana.
Sopravvissuti è composto da undici mazzate metalliche potentissime, il gruppo dopo vari aggiustamenti di line up risulta un compatto carro armato musicale, che in poco più di mezzora spazza via ogni cosa al suo passaggio.
I testi affrontano vari argomenti, dai problemi politico/sociali a livello europeo, agli incendi che da sempre devastano la vegetazione dell’isola, con il metal di matrice thrash/groove metal a fare da colonna sonora.
Con le sue undici esplosioni di rabbia senza soluzione di continuità, Sopravvissuti non lascia scampo: drammatico, violento, rabbioso, grazie a brani potentissimi, a tratti veloci o pervasi da mid tempo possenti come un colosso musicale che avanza lento ed inesorabile.
In un contesto così compatto e possente spiccano, la title track, il lento incedere stoner /doom di Accabadora e la thrashy Fizu, sunto compositivo di un lavoro il cui muro sonoro trae le sue maggiori ispirazioni da Sepultura, Soulfly, Hatebreed e Down.

Tracklist
1.Raikinas
2.Inferru
3.Sopravvissuti
4.Bestia
5.Incubi
6.Fame
7.Acabbadora
8.L’inizio Della Fine
9.Rispetto
10.Fizu
11.Meno di un Verme

Line-up
Mex – Vocals
Alessandro Ciuti – Guitars
Salvatore Sechi – Bass
Mauro Carta – Drums

REATZIONE – Facebook