Aftermath – There Is Something Wrong

Thrash metal e hardcore, progressive e crossover, sono dunque le anime che vivono nel sound degli Aftermath, che continuano la loro denuncia contro politiche dannose ed una società allo sfascio tramite una musica estrema che non manca di sorprendere per l’ottima preparazione strumentale dei protagonisti, che tra Devin Townsend e Voivod ci investono con il loro metal fuori dagli schemi e non poco riottoso.

Con There Is Something Wrong sembra di essere tornati a metà degli anni novanta, quando nel metal imperversavano le sonorità crossover e non era così raro trovarsi al cospetto di band dal sound che univa un deflagrante thrash metal, progressive e hardcore, ad accompagnare testi di denuncia politica e sociale.

Ed infatti gli Aftermath arrivano proprio da quel periodo, essendo attivi addirittura dalla seconda metà degli anni novanta, ma con l’unico album Eyes of Tomorrow licenziato (oltre a vari demo) nel 1994.
Un lungo silenzio nel corso del quale il nome del gruppo di Chicago era accomunato ad un paio di compilation ed ora il ritorno con questo nuovo e fiammante There Is Something Wrong, che con un po’ di ritardo sulla storia del crossover metal torna a far parlare di Kyriakos “Charlie” Tsiolis e compagni.
Thrash metal e hardcore, progressive e crossover, sono dunque le anime che vivono nel sound degli Aftermath, che continuano la loro denuncia contro politiche dannose ed una società allo sfascio tramite una musica estrema che non manca di sorprendere per l’ottima preparazione strumentale dei protagonisti, che tra Devin Townsend e Voivod ci investono con il loro metal fuori dagli schemi e non poco riottoso.
Partenza dallo spirito hardcore con le potenti ma lineari FFF (FalseFlagFlying), Diethanasia, Scientists And Priest e Smash, Reset, Control, poi l’album comincia a solcare lidi progressivi molto vicini ai Voivod di Angel Rat e The Outer Limits con una serie di brani che mantengono un impatto estremamente hardcore come Gaslight, Pseudocide e la title track.
Il nuovo album della storica band statunitense non troverà certo tutti gli estimatori del periodo di uscita del primo album, ma sicuramente non tradirà quei fans che non si sono dimenticati del gruppo e dell’ormai storico Eyes Of Tomorrow.

Tracklist
1.Can You Feel It?
2.False Flag Flying
3.Diethanasia
4.Scientists and Priest
5.Smash Reset Control
6.Gaslight
7.A Handful of Dynamite
8.Temptation Overthrown
9.Pseudocide
10.There Is Something Wrong
11.Expulsion

Line-up
Kyriakos “Charlie” Tsiolis – Vocals
Steve Sacco – Guitar
Ray Schmidt – Drums
George Lagis – Bass

AFTERMATH – Facebook

Ferris Mc – Wahrscheinlich Nie Wieder Vielleicht

Ferris Mc confeziona un ottimo disco crossover, mischiando hip hop, punk, hardcore ed elettronica, il tutto in maniera orecchiabile ma con testi abrasivi, ironici e fuori dal comune.

Munitevi di traduttore, ancora meglio se sapete il tedesco, perché vale davvero la pena di capire i testi del disco di Ferris Mc, con un nuovo lavoro solista fuori dai Mongo Clikke, un collettivo hip hop che ha fatto scuola nella florida scena rap di lingua tedesca.

Ferris Mc confeziona un ottimo disco crossover, mischiando hip hop, punk, hardcore ed elettronica, il tutto in maniera orecchiabile ma con testi abrasivi, ironici e fuori dal comune. Per questo suo nuovo disco solista Ferris Mc è tornato alle origini, ripescando nella tradizione punk hc tedesca, con riferimenti ai Die Toten Hosen, Die Artze, e anche anglosassone come Exploited e Ramones. La decisione di fare cose diverse rispetto all’hip hop nasce dalla considerazione che con quel genere Ferris ha raggiunto la saturazione e quindi non riuscirebbe più a proporre cose interessanti come in questo disco in cui ripesca dal passato per proiettarsi nel futuro. Il lavoro è molto piacevole, con melodie gradevoli che sono alla base di ritornelli che rimangono impressi nella mente, tutto è al suo posto. Wahrscheinlich Nie Wieder Vielleicht è un disco che parla delle contraddizioni che sono nella nostra società, facendolo con una maturità assai rara, e soprattutto della Germania come in un pezzo come Fuer Deutschland Reicht’s, che analizza la pericolosa voglia di sovranismo in voga in Germania come altrove. Il disco è molto fresco, ben prodotto e ha la caratteristica molto importante di parlare ai giovani in maniera molto particolare, con una musica che piacerà a pubblici diversi, perché ha molte soluzioni sonore diverse. Molto importante è anche la questione del titolo, che significa Probabilmente Mai Più: anni fa si sarebbe detto solo “Mai Più”, e sappiamo tutti cosa non si vorrebbe accadesse mai più in Germania e non solo, ma visto come sta andando in tutto il mondo oggi si deve aggiungere il “probabilmente” e questo non è affatto una bel segnale. Un disco musicalmente molto potente e piacevole, con una marcia in più nei testi.

Tracklist
01. Allianz Der Außenseiter
02. Wahrscheinlich Nie Wieder Vielleicht
03. Was Ist Aus Mir Geworden
04. Die Normalen
05. Für Deutschland Reicht’s
06. Shitstorm
07. Der Teufel Tanzt weiter
08. Scherben Bringen Glück
09. Krank
10. Mein Herz Hat ‘Ne Knarre
11. Amok Amok Amok
12. Niemandsland
13. Friedhof Der Kuscheltiere
14. Fake News

FERRIS MC – Facebook

Rise Of The Northstar – The Legacy Of Shi

Un disco che è meravigliosamente devastante dall’inizio alla fine, e che conferma i Rise Of The Northstar come il miglior gruppo di crossover al mondo, sia per originalità che per resa.

I Rise Of The Northstar sono un caso unico nel panorama metal mondiale.

Nati nel 2008 nell’area di Parigi, i Rise Of The Northstar hanno sviluppato una poetica totalmente legata al crossover e alla cultura giapponese anni ottanta e novanta.
Unicamente con le loro forze hanno promosso i due ep autoprodotti come il primo disco su lunga distanza Welcame, che verrà poi ristampato dalla Warner Bros. I francesi hanno dimostrato di avere una visione molto precisa di come sarebbe stata la loro carriera, rifiutando qualche contratto e continuando ad autopromuoversi, soprattutto con i loro devastanti concerti. Alla fine è riuscita ad accaparrarseli la Nuclear Blast, una delle poche major metal rimaste. Il loro stile musicale è un crossover furioso e assolutamente originale, con una grande dose di hip hop, soprattutto nel cantato. Il precedente Welcame era un disco che aveva mostrato molto bene chi erano i Rise Of The Northstar, ovvero uno dei gruppi più clamorosi del nuovo metal. Quando erano usciti i primi singoli del nuovo album, ovvero Boom e This Is Crossover, era stata la netta sensazione che si sarebbero superati con il nuovo disco, e così è stato. Legacy Of Shi è un’opera devastante con tantissime cose dentro. La maturazione dal già ottimo Welcame è stata notevole, essendosi giovati anche della grande produzione di Joe Duplantier (Goijra)
Poi ci sono molti motivi che rendono unico questo disco. Innanzitutto l’unione tra Giappone e occidente, con la cultura del Sol Levante che domina ancora i testi, con le storie dei Furyos e dei Bosozoku, i teppisti di strada che hanno grossa importanza per i Rise Of The Northstar. Musicalmente il disco è più maturo e composto in maniera più fine rispetto a Welcame, ma la potenza è rimasta intatta, anzi forse è maggiore. Questo gruppo ha un tiro micidiale, come impatto si può paragonare alle prime cose degli Slipknot, perché sono una ventata di aria freschissima. Pochi gruppi hanno il controllo totale del suono e dello sviluppo della canzone come i Rise Of The Northstar. In questo nuovo disco sono maggiori i riferimenti musicali agli anni ottanta, soprattutto per quanto riguarda le chitarre, mentre il cantato compie un ulteriore passo in avanti. Tutte le canzoni sono di ottimo livello, non ci sono riempitivi o cose fatte con minore convinzione. Ce n’è per tutti i gusti, da chi ama il crossover anno novanta a chi apprezza il nu metal più virato al rap. Legacy Of Shi racconta una storia che l’ascoltatore dovrà scoprire, ovviamente in pieno stile giapponese. Un disco che è meravigliosamente devastante dall’inizio alla fine e che conferma i Rise Of The Northstar come il miglior gruppo di crossover al mondo, sia per originalità che per resa. Saranno a breve in tour con gli olandesi Dope D.O.D. uno dei gruppi hip hop migliori degli ultimi tempi, anche loro abituati a saltare fra i generi come i Rise Of The Northstar.

Tracklist
1 – The Awakening
2 – Here Comes The Boom
3 – Nekketsu
4 – Kozo
5 – Teenage Rage
6 – Step By Step
7 – This Is Crossover
8 – Cold Truth
9 – All For One
10 – Furyo’s Day
11 – The Legacy Of Shi

Line-up
VITHIA – Vocals
EVANGELION-B – Lead Guitar
AIR ONE – Guitar
FABULOUS FAB – Bass
PHANTOM – Drums

RISE OF THE NORTHSTAR – Facebook

Forgery System – Distorted Visions

Esordio d’eccezione per questi ragazzi assolutamente da seguire nel loro percorso thrash e crossover, sperando che non si separino più.

I pavesi Forgery System debuttano sulla lunga distanza con Distorted Visions, un più che buon disco di thrash e crossover.

Questi ragazzi hanno molte idee e le sviluppano tutte bene, dando vita a composizioni thrash metal molto varie e con sconfinamenti nel crossover. Stupisce, essendo un disco di esordio, la padronanza della materia e la bravura tecnica, oltre alla capacità di poter usare diversi registri della musica pesante. Distorted Visions è un lavoro che ha fortissime radici nel metal anni ottanta e novanta, e questi ragazzi hanno una conoscenza dell’argomento che, se non li sapessi così giovani e di Pavia, avrei tranquillamente giurato sulla loro provenienza a stelle e strisce. Nel disco si sente quella freschezza di groove molto anni novanta, quella bella scorrevolezza di generi metal che concorrono tutti allo stesso risultano, ovvero quello di arrivare a divertire l’ascoltatore attraverso la durezza e la melodia. Unico appunto può essere la produzione, perché, e non è facile, con suoni più potenti questo disco sarebbe ancor più gigantesco.
Esordio d’eccezione per questi ragazzi, assolutamente da seguire nel loro percorso thrash e crossover, sperando che non si separino più.

TRACKLIST
1.Metal Ain’t Gonna Die
2.Swimming In A Bowl
3.Instrumetal
4.New Sensation
5.Yellow Line
6.Eclipse Of Wrath
7.She
8.Ebola
9.2016

LINE-UP
Gabriele Orlando – Guitar/Vocals
Daniele Maggi – Guitar
Pablo Dara – Bass/Vocals
Federico Fava – Drums

FORGERY SYSTEM – Facebook

Almassacro – Ostilità

Uno dei migliori dischi underground italiani dell’anno, ed uno dei migliori lavori in ambito rapcore.

La musica ha molti usi, ognuno dentro di sé ne conosce il più intimo, quello più adatto a lui, ma sicuramente è il veicolo migliore della propria rabbia, e qui in Ostilità dei sardi Almassacro di rabbia ce n’è tanta.

Questo disco è una cosa rara, nel senso che musicalmente siamo nei sobborghi della New York anni novanta, dove il rap si abbracciava mortalmente al metal, o nella Los Angeles dei Downset, stessi codici facce diverse, come nella Sardinia del 2016. Gli Almassacro fanno un disco fantastico di metal e di rap, di cuore e di stomaco, testi bellissimi e una musica che viaggia benissimo. Il loro è un rapcore esplosivo, nemmeno politico, è rabbia che viene dal basso, contro i capi e i loro sgherri. Ostilità è proprio ciò che dice il titolo, ed è un lavoro esplosivo fatto benissimo, che fa il paio con un’altra meraviglia, ovvero il disco dei La Furia, altro capolavoro. Qui rispetto ai La Furia c’è più metal, più rapcore, anche perché i ragazzi del gruppo provengono da altre esperienze con gruppi prevalentemente hardcore, per cui le coordinate sono quelle ma si va oltre. Fa tantissimo anche l’essere sardi, perché sull’isola la rabbia gioca sempre in champions league. Colpisce durissimo questo disco, a partire da A.c.a.b.che non è la solita canzone contro le guardie, ma è molto di più, perché certi schemi in Italia si ripetono sempre e sono immutabili: leggete qui , e vedete se non vi ricorda Stefano Cucchi e molti altri, ma è un omicidio poliziesco del 1897…
Una delle cose migliori di questo disco sono i testi, davvero notevoli e intrisi di poesia urbana (che è un termine di merda ma è per intenderci), ed è uno dei migliori dischi underground italiani dell’anno nonchè in ambito rapcore. Qui non troverete salvezza, democrazia come la intendete voi, ma rabbia e voglia di vendetta di chi sulla strada c’è si è fatto le nocche dure; inoltre va a continuare una linea rossa che va dai Tear Me Down fino agli Almassacro, per continuare con gruppi come i Coru e Figau, e passa per spazi liberati, morti e carceri e non si interrompe mai, ma grida ancora.

TRACKLIST
1. Per Chi Sputa Sangue
2. Maschere di Cera
3. Atena Suicida
4. Colpo di Grazia
5. A.c.a.b.
6. Attitude
7. Nervi Tesi

LINE-UP
Ese – voice-
Yari – voice-
Sgrakkio – guitar-
Deddu – drum-
Safety – bass-

ALMASSACRO – Facebook

Noise Pollution – Unreal

Tutto è a suo posto e funziona, molto radiofonico e godibile, quasi troppo pulito.

Secondo disco per questo gruppo italiano di metal moderno.

Metal per l’appunto, con l’aggiunta di un piglio punk e reminiscenze di crossover. Tutto è a suo posto e funziona, molto radiofonico e godibile, quasi troppo pulito. La produzione è molto buona e fa risaltare il gruppo, ma su questo disco non c’è molto da dire. Ascoltare Unreal è un qualcosa che potrebbe piacervi, soprattutto se vi piace il metal che non fa male, ma è anche qualcosa che lascia indifferenti. I Noise Pollution sono bravi, suonano bene e hanno genuina passione, ma evidenziano il lato debole del metal cosiddetto moderno, ovvero quello di essere radiofonico ma in fondo vacuo, evanescente.
Questa recensione non è una stroncatura e nemmeno un elogio, ma una semplice constatazione. Se fossero americani venderebbero molto di più, perché questo suono oltre oceano è particolarmente apprezzato. Il consiglio è sempre lo stesso, ed è quello che dovrebbe sottinteso ad ogni recensione: ascoltate con orecchie vostre, fatevi un’idea, date a tutti una possibilità, le recensioni sono indicazioni e nella maggior parte dei casi sono indicazioni sbagliate, l’importante è stare sulla strada.

TRACKLIST
1.Breaking Down
2.MAD
3.Gone Forever
4.Shame
5.Unreal
6.God of Sadness
7.Hole inside me
8.Two Faced
9.We Can’t forget
10.Full of dreams

LINE-UP
Amedeo ‘Ame’ Mongiorgi – vocals
Tony Cristiano – guitar
John ‘Line’ Virzì – guitar, vocals
Lorenzo ‘Wynny’ Magni – bass, vocals
Chris ‘Labo’ Albante – drums

NOISE POLLUTION – Facebook

Under The Bed – Two Is A Lie

Una piacevole sorpresa in un genere dove gli standard sono ben consolidati e molte volte la noia prende il sopravvento.

Non più siamo così lontani come si può pensare da quell’America patria del metal moderno e la conferma arriva da Two Is A Lie, secondo album del gruppo toscano Under The Bed.

La band poggia il proprio sound su fondamenta che richiamano il metalcore, ma le manipola a suo piacimento inglobando più generi, ed il risultato, oltre ad apparire vario e mai prevedibile, riesce ad essere personale quel tanto da non finire nel solito calderone di quei gruppi che cavalcano l’onda prima che la tempesta si plachi.
Il quintetto originario di Montecatini alterna aggressive sferzate metalliche ad atmosfere rock (che qualcuno continua a chiamare post grunge), inserendo ottimi interventi elettronici e lasciando che il growl tipico del genere si alterni alle clean vocals: niente di nuovo direte voi, ma il tutto funziona, anche grazie alla bravura di Armando (voce pulita oltre che chitarra e programming) e Joshua, alle prese con le tonalità estreme.
Disperato, rabbioso, intimista, furioso, delicato, sono tutte le sensazioni derivanti dall’ascolto della musica del combo nostrano e che si susseguono nei vari passaggi di Two Is A Lie e dei suoi vari capitoli, di cui Something In The River Of Blood!, il rock cantautorale della sognante Keep Daydreaming, il rock’ n’n roll nascosto tra le pieghe di Florence On Friday e la rabbia a stento trattenuta di Crack A Selfish Open (brano che sprigiona ispirazione crossover da tutti i pori), sono i migliori esempi del credo compositivo degli Under The Bed.
Una piacevole sorpresa questo lavoro, in un genere dove ormai gli standard sono ben consolidati e molte volte la noia prende il sopravvento: una ventata di freschezza compositiva da parte di un gruppo italiano era quello che ci voleva.

TRACKLIST
01. Diatryma Paddock
02. Hatespeare
03. Something In The River Of Blood!
04. The Time
05. Aphelion / Perihelion
06. Keep Daydreaming (’til You Make It Real)
07. Florence On Friday
08. One Plus One
09. Crack A Selfish Open
10. Golden Railings

LINE-UP
Armando Marchetti – vocals, guitar, programming
Federico Morandi – bass, backing vocals
Joshua Pettinicchio – raw and backing vocals
Michele Bertocchini – guitar, backing vocals
Andrea Bruciati – drums, backing vocals

UNDER THE BED – Facebook

Fabiano Andreacchio & The Atomic Factory – Living Dead Groove

Un sound non da tutti, specialmente se si è ancorati ai soliti cliché.

Esce sotto l’ala della Sliptrick Records il nuovo lavoro del bassista Fabiano Andreacchio dopo le fatica strumentale dello scorso anno intitolata Bass R-Evolution.

Il nuovo progetto si chiama Fabiano Andreacchio & The Atomic Factory, dove il musicista è dedito, insieme a Mikahel Shen Raiden (chitarra e voce) e Nicola De Micheli (batteria), ad una sorta di industrial metal dalla forte impronta techno, valorizzato da scorribande progressive con sempre in evidenza il gran lavoro della sezione ritmica condotta dal basso, usato dal protagonista non solo come strumento di accompagnamento ma vero propulsore del sound alquanto originale dell’album, intitolato Living Dead Groove.
Un sound non da tutti, specialmente per chi è ancorato ai soliti cliché, perché la musica spazia senza freni tra frenetiche ritmiche industrial, con toni vocali che richiamano la musica elettronica in stile Kraftwerk, e metal che ha tanto di estremo, moderno, ma pur sempre convogliato in un’espressione sonora che richiama i Cynic ed i gruppi totalmente slegati dalle briglie dettate dai generi.
Quattordici brani in quasi cinquanta minuti di musica senza freni, dove l’elettronica ha comunque la maggior parte dei pregi nel rendere l’ascolto molto vario ed assolutamente appagante, grazie anche ai suoni che escono potenti e cristallini, in overdose industriale e con il progressive a spezzare la tensione con atmosfere dilatate e ariose.
Geniale la cover di Smell Like Teen Spirit dei Nirvana, qui intitolata Smell Like a Corpse, da bass heroes le neanche troppe divagazioni strumentali, dove tutto il talento di Andreacchio è ben in evidenza, mentre sono da applausi un paio di tracce che mettono in risalto l’anima death prog del lavoro (Hypocrsy e Cangrene).
Non mancano gli ospiti che vanno a valorizzare molti dei brani dell’album, come Jeff Hughell (Six Feet Under), Brian Maillard (Dominici, Solid Vision), Dino “Bass Shred” Fiorenza (Y. Malmsteen, E. Falaschi), Gabriels, Francesco Dall’O’ e altri.
Un album che dividerà critica e pubblico,ma che ha nella sua anima crossover il vero punto di forza: dategli un ascolto.

RACKLIST
1.Zombie’s Breakfast
2.Not Dead Yet
3.Corpse’s Hill
4.Splatter Head feat. Gabriels
5.S.o.S. feat. Dino Fiorenza
6.Hypocrisy
7.Cangrene feat. Brian Maillard
8.X-Cape feat. Francesco Dall’O’
9.End of Abomination feat. Jeff Hughell
10.Smell Like a Corpse
11.Creepy Groove feat. G. Tomassucci
12.Hypocrisy Francesco Zeta Rmx
13.Corpses Hill Smoke DJ Rmx
14.End of Abomination Acoustic

LINE-UP
Fabiano Andreacchio-Bass and Vocals
Mikahel Shen Raiden-Guitar and Backing Vocals
Nicola De Micheli-Drums

ATOMIC FACTORY – Facebook

Insil3nzio – Insil3nzio

La marcia in più che si rinviene in questo lavoro, rispetto a molti altri tentativi analoghi, la fa proprio lo spessore stilistico derivante da una maturità che impedisce di scivolare nei luoghi comuni, sia a livello lirico che compositivo.

Si dirà: ma non è il tuo genere, uno impelagato di norma nel doom più oscuro e funereo come può occuparsi di una band che propone un crossover di stili che, spesso, si spingono fin nei territori del famigerato rap ?

Faccio mio il motto di un bel disturbatore musicale dei nostri tempi, il mascherato Red Sky: “la musica è una” e, aggiungo io, la suddivisione per generi è più una necessità di incasellare ed ordinare le cose che è comprensibile nella logica di un un supermercato, un po’ meno se si parla di arte musicale
Così è molto bello scapocciare su brani che non disdegnano riff metallici perfettamente intersecati con pulsioni elettroniche sulle quali, poi, si stagliano le due voci, una rappata dalla timbrica non dissimile a Caparezza ed una più tradizionale. Una formula, questa, che non è in assoluto una novità, ma che di rado viene proposta così ben focalizzata e, sostanzialmente, priva di forzature nella (non facile) convivenza tra le sue varie anime.
Gli autori di tutto ciò sono i fermani Insil3nzio, una band composta da musicisti esperti che stanno cercando di imporsi in maniera graduale, senza fare passi più lunghi della gamba e cercando di ottenere la giusta visibilità tramite la partecipazione a vari contest, il che ha già consentito loro non solo di fregiarsi di diversi premi (sempre e comunque ambiti) ma soprattutto di condividere il palco con band di grande nome come Lacuna Coil e Deep Purple, sfruttando così al meglio l’occasione di mettersi in mostra di fronte a platee vaste.
Una bella differenza, anche a livello strategico, rispetto a gruppi di giovincelli che, presi dall’entusiasmo, sfornano musica magari in maniera compulsiva disperdendo le proprie idee ed ottenendo un’attenzione inversamente proporzionale rispetto alla quantità di materiale immesso sul mercato.
Questo ep autoprodotto comprende cinque brani emblematici del potenziale del gruppo marchigiano, con un picco rappresentato dal singolo Minotauro, brano per il quale è stato girato anche un video al quale partecipa l’attore Giorgio Montanini: qui troviamo ben rappresentate tutte le anime degli Insil3nzio che, partendo da una forma di rap anomala, inseriscono nervosi passaggi che vanno dal nu metal, al noise fino all’elettronica, il tutto senza mai perdere di vista l’idea di forma canzone.
Una formula che viene mantenuta sempre con una certa brillantezza anche nelle restanti tracce, con menzione d’obbligo per la composita e dirompente Ruggine, brano che possiede il miglior testo, peraltro in un contesto complessivo corrosivo e mai banale.
La marcia in più che si rinviene in questo lavoro, rispetto a molti altri tentativi analoghi, la fa proprio lo spessore stilistico derivante da una maturità che impedisce di scivolare nei luoghi comuni, sia a livello lirico che compositivo.
Per gli Insil3nzio, quindi, potrebbe essere molto vicino il momento di compiere il passo dell’album su lunga distanza, per provare a fare il colpo grosso a livello commerciale, visto che il loro sound sembrerebbe capace di accontentare ed attrarre fasce di ascoltatori trasversali ai diversi generi; insomma, non è poca la curiosità nei confronti delle mosse future di questo interessante combo marchigiano.

Tracklist:
1.Ruggine
2.Lou Reed
3.Minotauro
4.Fiore Violanet
5.Imbanditi

Line-up:
Marco Bagalini – batteria
Samuele Spalletti – basso / synth
Luca Detto – chitarra
Mirko Montecchia – voce
Andrea Braconi – voce

INSIL3NZIO – Facebook

Violent Revolution – State of Unrest

L’urlo di protesta che parte con l’opener Resist e prosegue con la titletrack richiama la vecchia scuola americana

Capitanati dall’ex Agent Steel George Robb irrompono sul mercato, tramite Iron Shield, i thrashers statunitensi Violent Revolution.

Il gruppo proveniente dall’Arizona, attivo da appena due anni, solca le strade falciate dalla protesta politico sociale, gli scontri sono inevitabili nel grigiore del fumo provocato dai lacrimogeni e dalle bombe carta, il sangue che sgorga dalle teste spaccate dai manganelli sporca le vie e non serve vivere negli States per vedere scene di guerriglia urbana comuni in ogni parte del mondo, specialmente di questi tempi dove l’ingiustizia dilaga e salgono i moti di ribellione.
La colonna sonora per descrivere questo allucinante quadro non può che essere un violentissimo e velocissimo thrash metal, fortemente influenzato dal punk, old school nell’approccio, diretto ed assolutamente in your face.
L’urlo di protesta, che parte con l’opener Resist e prosegue con la titletrack, richiama la vecchia scuola americana, con ritmiche velocissime, una voce che grida disagio e lancinanti solos metallici che rincorrono l’urgenza ritmica dei brani.
Siamo a cavallo tra il decennio ottantiano e quello successivo, dove i gruppi metal della scena ambivano ad un crossover tra la forza metallica del thrash e l’irruenza sociale che il punk si portava dietro dagli ultimi sgoccioli del periodo settantiano: è forte, infatti, il richiamo hardcore nei brani dei Violent Revolution (il nome della band è una chiara dichiarazione d’intenti), ed in poco più di mezzora State Of Unrest spara le proprie cartucce, veloci, infallibili e senza compromessi.
Il gruppo è formato da musicisti di provata esperienza e sotto l’aspetto tecnico nulla da dire, anche se le sonorità lasciano un leggero senso di stantio.
Poco male, il genere è questo, prendere o lasciare, e State Of Unrest non mancherà di far proseliti tra gli amanti del crossover thrash/punk di fine anni ottanta, dunque se siete orientati verso sonorità più moderne probabilmente non fa per voi.

TRACKLIST
1. Resist
2. Violent Revolution
3. Damaged
4. State of Unrest
5. Final Vow
6. Wake Up
7. All Hail
8. Code of Conduct
9. Sudden Death
10. Trainwreck

LINE-UP
George Robb – Bass, Vocals (backing)
John Gilleland – Drums
Nate Garduno – Guitars
Don Funk – Guitars, Vocals (lead)

VIOLENT REVOLUTION – facebook