NoSelf – Human – Cyborg Relatons : Episode II

Un secondo disco convincente ed un album piacevole che va oltre il nu metal e durerà anche oltre l’estate.

Secondo disco per gli americani No Self, e secondo episodio delle relazioni fra umani e compters , fautori di un nu metal virato verso il metalcore con forti influenze elettroniche, che narra di umani e macchine.

Il loro groove è molto a stelle e strisce, carico e melodico, hanno un ottimo passo che li contraddistingue da molti altri gruppi dello steso genere. Una delle loro peculiarità maggiori è l’intensità delle loro canzoni, che sono dense di musica e di concetti. Non si perde mai di vista la riuscita melodica, nel perfetto stile americano che riesce a coniugare molto bene melodia e potenza. La loro musica è un qualcosa di futuribile che prende le mosse da un passato molto prossimo, attingendo dalle tradizione di molto generi, quali il nu metal, ma anche il post hardcore e il metalcore. Le canzoni sono costruite molto bene e sono incentrate su linee di chitarra molto ben scritte, ai quali poi si aggiunge molto bene tutto il resto del gruppo, con la chicca della doppia voce che rende molto bene in termini di varietà e di originalità. L’ascolto del disco è molto piacevole e scorre molto bene, grazie anche agli inserti di elettronica che servono a rendere maggiormente cyborg il tutto, una vera e propria delle possibili e quanto ami attuali relazioni fra uomo e macchina. Certamente il gruppo nelle sue visioni futuristiche si spinge molto in là rispetto ai tempi che viviamo, ma non si creda che siamo tanto lontani dalle storie narrate dal gruppo.
Un secondo disco convincente ed un album piacevole che va oltre il nu metal e durerà anche oltre l’estate.

Tracklist:
1.Signal Flares
2.ratD4GG3R
3.Order_66
4.#RAGE
5.Master Manipulator
6.A Dying Star
7.Nothing
8.Glow

Line-up:
Dylan Kleinhans – VOX
Justin Dabney – Guitar
Drew Miller – Drums
Glenn Desormeaux – Bass

https://www.facebook.com/NoSelf/

Shuffle – Won’t They Fade?

Won’t They Fade? è un album che ha bisogno però di orecchie allenate all’ascolto di generi diversi tra loro per essere apprezzato, pena il rischio di apparire un minestrone fine a sé stesso: a voi l’ardua sentenza…

Secondo lavoro sulla lunga distanza per gli Shuffle, quintetto transalpino che ha già all’attivo un ep di debutto licenziato nel 2012 (Desert Burst), ed il primo full length datato 2015 (Upon The Hill).

Il gruppo cerca di uscire dai soliti cliché del metal moderno creando un sound vario ed alternativo, partendo da una base post rock e progressiva e ristrutturandola con iniezioni neanche troppo velate di metal alternativo, post rock e nu metal.
Ne esce un lavoro vario con i brani che si differenziano uno dall’altro uscendo dai confini di un genere preciso, a volte forzando un po’ troppo nel variare a tutti i costi la formula.
Gli Shuffle convincono di più quando l’anima progressiva prende il sopravvento e ne escono brani potenti ed a loro modo estremi, con uno scream dai rimandi core che violenta l’elegante spartito di cui può vantarsi questo lavoro.
Won’t They Fade? risulta così un ascolto piacevolmente vario nel suo mescolare input e generi di cui si compone il metal/rock degli ultimi anni, passando per brani come Paranoia Of The Soul, brano che dal nu metal in stile P.O.D. ed Hed PE passa agevolmente all’alternative progressivo di band come A Perfect Circle e Porcupine Tree.
Won’t They Fade? è un album che ha bisogno però di orecchie allenate all’ascolto di generi diversi tra loro per essere apprezzato, pena il rischio di apparire un minestrone fine a sé stesso: a voi l’ardua sentenza.

Tracklist
1. Spoil The Ground
2. Switch To The Otherside
3. Checkmate Fool
4. Faded Chalk Lines
5. Oh Glop D’Eternitat
6. Paranoia Of The Soul
7. Behind Ur Screen
8. Wintertide
9. Virtual Hero

Line-up
Jordan – Lead Voice, Guitars
Sullivane – Keyboards, Backing Vocals
Jonathan – Bass, Backing Vocals
Antoine – Samples, Backing Vocals, Percussions
Grantoine – Drums, Percussions

SHUFFLE – Facebook

Alpha Wolf – Fault

Gli Alpha Wolf non inventano nulla, ma riescono a fondere fra loro in maniera molto originale degli elementi che sono esistenti ma che non sempre facili da legare.

Alpha Wolf sono un gruppo australiano che pone in maniera notevole la violenza in musica.

Fault è il titolo del loro ultimo ep, pubblicato dopo vari demo e dopo il debut album Mono del 2017 su Greyscale Records. Mettiamo subito una cosa in chiaro: questi australiani sono una delle cose più interessanti uscite negli ultimi anni in campo metalcore, il loro groove è devastante e hanno anche un pizzico di deathcore nel loro suono, e qualcosa anche del nu metal. Ogni canzone è una lama affilata che taglia chirurgicamente l’obiettivo, non scappa nulla, tutto è molto intenso e studiato per creare devastazione dal vivo. Gli Alpha Wolf non inventano nulla, ma riescono a fondere fra loro in maniera molto originale degli elementi che sono esistenti ma che non sempre facili da legare. Non manca la melodia nelle loro composizioni, tutto è funzionale ad una violenza sonora che si manifesta in forme e modi differenti a seconda del momento e delle cose che si vogliono esprimere. La tensione è sempre alta, succede sempre qualcosa nelle loro canzoni, la voce graffia e culla in maniera ossessiva, ci sono repentini cambi di tempo, la cadenza non è velocissima ma è devastante. Nell’affollato panorama attuale del metalcore gli Alpha Wolf sono uno dei gruppi dalle maggiori peculiarità e dalle molte possibilità che le mostrano in questo ep che dovrebbe essere quello che li farà notare nel mondo, anche grazie al fatto che esce per una sussidiaria della Nuclear Blast, la Sharptone Records. Come biglietto da visita non è per niente male anzi, finalmente un disco metalcore molto potente e con influenze diverse. Fault è un ep da gustare fino in fondo, magari andando anche a riscoprire il loro disco precedente.

Tracklist
1. No Name
2. Spirit Breaker
3. Russian Roulette
4. Fault
5. Sub Zero
6. The Lonely Bones

Line-up
lochie
scottie
john
sabian
mitch

ALPHA WOLF – Facebook

Almøst Human – XS2XTC

Gli Almøst Human cercano di giocare le loro carte proponendoci tanta musica, forse troppa, e risultando alla lunga prolissi; il materiale proposto risulta comunque un buon esempio di nu metal, anche se arriva con qualche anno di ritardo.

Attivi già dagli anni ma ritornati effettivamente in pista solo una decina d’anni fa, gli svizzeri Almøst Human debuttano sulla lunga distanza con questi ottanta minuti di metal moderno intitolati XS2XTC .

Potenza e melodie, metal e soluzioni rock fanno del sound del gruppo il classico esempio di quello che a cavallo dei due secoli veniva chiamato nu metal.
Con questo lavoro infatti entriamo nel mondo del metal moderno a stelle e strisce che fece sfracelli in quegli anni, quindi non aspettatevi soluzioni core tanto di moda oggigiorno e concentratevi sui suoni che fecero la fortuna dei gruppi americani in quel periodo.
Growl e clean vocals si dividono il compito di accompagnare una musica che poggia le sue basi sulle tastiere sempre presenti, chitarre potenti ma mai fuori rotta e melodie elettroniche, in una buona alchimia tra metal e rock.
Gli Almøst Human cercano di giocare le loro carte proponendoci tanta musica, forse troppa, e risultando alla lunga prolissi; il materiale proposto risulta comunque un buon esempio di nu metal, anche se arriva con qualche anno di ritardo.
XS2XTC parte alla grande con una manciata di brani che dall’opener System Of Beliefs mettono in mostra tanta grinta e buone melodie, poi, dopo ancora un paio di buone tracce (What Make You So Hard, Divine Comedy) perde qualche colpo, cosa abbastanza normale per un debutto che rimane comunque un ascolto piacevole per gli orfani del metal moderno di un ventennio fa.

Tracklist
1.System Of Beliefs
2.Warpigs
3.Naked Now
4.What Makes You So Hard?
5.Chemical Breakfast
6.Divine Comedy
7.Baby Glued
8.Clowned
9.Beloved Pet
10.Promised Paradies
11.In The Name(s) Of God(s)
12.Fucktory Of Illusions
13.From Womb 2 Tomb
14.Welcome 2 Neverland
Line-up

Ben Plüss – Vocals
Chris Matthey – Guitars, Vocals
Gilles Bonzon – Guitars
Jan Peyer – Bass
Olivier Perdrizat – Guitars, Vocals
Rosario Fullone – Drums

ALMOST HUMAN – Facebook

Slot – 200 кВт

200 кВт è composto da una dozzina di brani che ripercorrono l’alternative nu metal in tutti i suoi cliché, animati dalla giusta grinta e da una Nookie indomabile, con titoli e testi rigorosamente in lingua madre e un impatto da band navigata.

La Sliptrick Records, dopo il best of con il meglio dei sette album pubblicati dalla band, licenzia il nuovo album degli Slot, gruppo alternative metal capitanato dalla cantante Nookie, famosa in patria per aver partecipato con successo alla versione russa di The Voice, nonché leader della band che porta il suo nome.

Il nuovo album, intitolato 200 кВт, vede sempre la talentuosa singer duettare con il suo alter ego Cache in quaranta minuti che si specchiano nel nu metal di matrice statunitense, un modern che si allontana dal metalcore di moda in questo periodo per tornare a suonare rock su parti campionate, accenni rap e groove a palla.
Nookie è ancora una volta l’arma in più del quintetto russo, una tigre dalla versatilità sorprendente, una vera calamita per l’ascoltatore, comunque tenuto per le palle da un sound elettrizzante, moderno, melodico, cattivo e graffiante il giusto per non restare ad appannaggio di fans under quattordici.
200 кВт è composto da una dozzina di brani che ripercorrono l’alternative nu metal in tutti i suoi cliché, animati dalla giusta grinta e da una Nookie indomabile, con titoli e testi rigorosamente in lingua madre e un impatto da band navigata.

Tracklist
01. 200 кВт
02. Кукушка
03. ЗОЖ
04. Я выберу солнце
05. Естественный отбор
06. Сколько денег
07. На марс!
08. Не все равно
09. #ЯЩЕТАЮ
10. Система
11. Ильич (Son Of A Bitch)
12. Вселенная

Line-up
Nookie – Female Vocal
Cache – Male Vocals, Programming
ID – Guitar
Vasiliy GHOST Gorshkov – Drums
Nikita Muravyov – Bass

SLOT – Facebook

Crystal Lake – Helix

In questo disco ci sono in dosi fortissime, potenza, melodia, qualche stiloso accenno di rap e tanto metal moderno.

Definire metalcore i giapponesi Crystal Lake è alquanto riduttivo, anche se il genere di partenza è quello, però la potenza che sprigionano questi giapponesi è assai notevole.

Nati nell’ormai lontano 2002, provenienti dalla fertile scena punk hardcore di Tokyo, i Crystal Lake non hanno nemmeno quasi il tempo di rilasciare il loro demo Freewill che vengono subito contattati per un concerto in Corea Del Sud, paese che condivide con il Giappone un’immensa passione per i fumetti e il metalcore. Nel 2006 esce il loro primo disco su lunga distanza Dimension, e continuano a suonare molto in giro per l’estremo Oriente. Dopo altri dischi, cambi di formazione e moltissimi concerti pubblicano questo Helix che è il punto più alto della loro carriera. In questo disco ci sono in dosi fortissime, potenza, melodia, qualche stiloso accenno di rap e tanto metal moderno. Ascoltando i Crystal Lake si recupera molto fiducia nel metal dei giorni nostri, cosa che con tanti altri gruppi non è proprio possibile. Il loro suono è una mazzata con spiragli melodici, e quando riescono ad amalgamare i due aspetti si raggiunge un risultato molto vicino all’ottimo. La centralità è riservata alla potenza e alla nitidezza del suono come quello della parola, dato che si distingue ogni nota e ogni verso scritto, e arriva tutto all’ascoltatore. Inoltre Helix è un disco che può essere ascoltato ed apprezzato anche da chi non è più giovane e quindi un ascoltatore medio di metalcore, perché contiene molti elementi che piaceranno a chi ha un po’ di mentalità aperta e amore per il metal moderno. Una delle cose migliori dei Crystal Lake è che da buoni giapponesi creano un suono pieno che funziona anche scenicamente, e infatti dal vivo sono molto apprezzati, sia in patria che all’estero. Come detto prima ci sono anche elementi di hip hop che spuntano qui e là, non dimentichiamoci che il Giappone è un paese dove il nu metal è ancora ben vivo, come nella traccia Outgrow che dimostra che questo gruppo può fare molte cose diverse, e tutte bene. Un notevole disco di metal moderno, da parte di un gruppo assolutamente peculiare.

Tracklist
1. Helix
2. Aeon
3. Agony
4. +81
5. Lost In Forever
6. Outgrow
7. Ritual
8. Hail To The Fire
9. Devilcry
10. Just Confusing
11. Apollo
12. Sanctuary

Line-up
Ryo – Vocals
YD – Guitar
Shinya – Guitar
Bitoku – Bass / Support
Gaku – Drums / Support

CRYSTAL LAKE – Facebook

Mountain Eye – Roads Uncharted

La band olandese ci scaraventa per mezzora nel bel mezzo della scena nu metal che fu, e lo fa con una raccolta di brani assolutamente riusciti: se il genere è ancora nelle vostre corde l’ascolto dell’album è consigliato anche se può sembrare sorpassato rispetto alle mode del momento.

Un sound alternativo ispirato alla scena nu metal di qualche anno fa è la musica suonata dai Mountain Eye, band olandese formata nel 2017 ed arrivata al debutto con questi otto brani racchiusi in Roads Uncharted.

La band segue le linee tracciate dai gruppi statunitensi a cavallo dei due secoli, quindi in questa raccolta di brani non troverete una nota riconducibile ai suoni modaioli degli ultimi tempi, ma solo nu metal ispirato dai vari Mudvayne, Korn, Sevendust, American Head Charge: gli otto brani risultano delle mazzate niente male, ricamate da linee melodiche perfette, tanto che brani come Take Control o Verge avrebbero fatto la fortuna del gruppo una ventina d’anni fa.
I Mountain Eye ci provano, anche se fuori tempo massimo, grazie ad un buon songwriting (i brani sono tutti potenziali singoli), un cantante che nel genere si rivela un vero talento sfoggiando growl, scream e clean vocals eccellenti ed assecondato da un gruppo compatto che crea muri sonori possenti (vedi brani come Black Flood, Verge, Singularity), tellurici ed inespugnabili.
La band olandese ci scaraventa per mezzora nel bel mezzo della scena nu metal che fu, e lo fa con una raccolta di brani assolutamente riusciti: se il genere è ancora nelle vostre corde l’ascolto dell’album è consigliato anche se può sembrare sorpassato rispetto alle mode del momento.

Tracklist
1.Misery
2.Take Control
3.Diamonds On Your Tongue
4.Black Flood
5.Verge
6.Singularity
7.Hidasher
8.Y(our) Masquerade

Line-up
Arthur – Vocals
Omar – Guitar
Tim – Guitar
Kieft – Bass
Matthijs – Drums

MOUNTAIN EYE – Facebook

Slot – 15 (The Best Of)

Una buona raccolta per conoscere una realtà importante del metal/rock russo, una scena ancora parzialmente da scoprire e ricca di band e musicisti di grande valore.

Gli Slot sono una delle band russe più famose, essendo attivi dal 2002 e con sette full length pubblicati, oltre alla partecipazione a festival importanti dividendo il palco con le icone occidentali a cui la loro musica si ispira come Korn, Limp Bizkit e Guano Apes.

Nookie ne è la cantante, famosa in patria per aver partecipato con successo alla versione russa di The Voice, nonché leader della band che porta il suo nome e qui impegnata al microfono accanto all’alter ego maschile Cache.
Il sound si ispira all’alternative/nu metal statunitense, tra parti rap, scream, doppia voce e raffiche metalliche colme di groove che si alternano a campionamenti e spunti elettronici.
15 (The Best Of) celebra appunto i quindici anni del quintetto con una compilation dei brani più famosi, un inedito e quattro versioni alternative.
Rispetto ai Nookie, gli Slot sono più crossover, perché il metal qui è manipolato ad uso e consumo dell’anima rap, con i duetti tra i due cantanti che sono fondamentali per la riuscita di brani che, per il fan della scena statunitense di inizio secolo, potrebbero risultare abbastanza scontati.
E’ Nookie a fare la differenza, trattandosi di un’interprete che, nonostante la sua piccola stazza, esprime una forza ed una grinta da leonessa nel corso di diciannove brani dal buon appeal interpretati in maniera ispirata e convincente in ogni passaggio; grazie a lei la band non sfigura affatto al confronto con i colleghi a stelle e strisce, anche in virtù di brani che se non brillano per originalità originalità non mancano in impatto e attitudine crossover.
Una buona raccolta per conoscere una realtà importante del metal/rock russo, una scena ancora parzialmente da scoprire e ricca di band e musicisti di grande valore.

Tracklist
01.Khaos (Demo 2002)
02.Odni
03.2 voyny
04.7 zvonkov
05.Myortvye zvyozdy
06.Oni ubili Kenni
07.Sloy pepla
08.Doska (Live 2008)
09.Kukla Vudu
10.Alfa Romeo Beta Dzhulyetta
11.Zerkala (Live 2011)
12.Sumerki
13.Odinokie lyudi
14.Esli | 15. Prostochelovek
16.Boy! (Remaster 2015)
17.Mochit, kak hochet!
18.Strakh i agressiya
19. Krugi na vode (Radio Version)

Line-up
Nookie – Female Vocal
Cache – Male Vocals, Programming
ID – Guitar
Vasiliy GHOST Gorshkov – Drums
Nikita Muravyov – Bass

SLOT – Facebook

Rise Of The Northstar – The Legacy Of Shi

Un disco che è meravigliosamente devastante dall’inizio alla fine, e che conferma i Rise Of The Northstar come il miglior gruppo di crossover al mondo, sia per originalità che per resa.

I Rise Of The Northstar sono un caso unico nel panorama metal mondiale.

Nati nel 2008 nell’area di Parigi, i Rise Of The Northstar hanno sviluppato una poetica totalmente legata al crossover e alla cultura giapponese anni ottanta e novanta.
Unicamente con le loro forze hanno promosso i due ep autoprodotti come il primo disco su lunga distanza Welcame, che verrà poi ristampato dalla Warner Bros. I francesi hanno dimostrato di avere una visione molto precisa di come sarebbe stata la loro carriera, rifiutando qualche contratto e continuando ad autopromuoversi, soprattutto con i loro devastanti concerti. Alla fine è riuscita ad accaparrarseli la Nuclear Blast, una delle poche major metal rimaste. Il loro stile musicale è un crossover furioso e assolutamente originale, con una grande dose di hip hop, soprattutto nel cantato. Il precedente Welcame era un disco che aveva mostrato molto bene chi erano i Rise Of The Northstar, ovvero uno dei gruppi più clamorosi del nuovo metal. Quando erano usciti i primi singoli del nuovo album, ovvero Boom e This Is Crossover, era stata la netta sensazione che si sarebbero superati con il nuovo disco, e così è stato. Legacy Of Shi è un’opera devastante con tantissime cose dentro. La maturazione dal già ottimo Welcame è stata notevole, essendosi giovati anche della grande produzione di Joe Duplantier (Goijra)
Poi ci sono molti motivi che rendono unico questo disco. Innanzitutto l’unione tra Giappone e occidente, con la cultura del Sol Levante che domina ancora i testi, con le storie dei Furyos e dei Bosozoku, i teppisti di strada che hanno grossa importanza per i Rise Of The Northstar. Musicalmente il disco è più maturo e composto in maniera più fine rispetto a Welcame, ma la potenza è rimasta intatta, anzi forse è maggiore. Questo gruppo ha un tiro micidiale, come impatto si può paragonare alle prime cose degli Slipknot, perché sono una ventata di aria freschissima. Pochi gruppi hanno il controllo totale del suono e dello sviluppo della canzone come i Rise Of The Northstar. In questo nuovo disco sono maggiori i riferimenti musicali agli anni ottanta, soprattutto per quanto riguarda le chitarre, mentre il cantato compie un ulteriore passo in avanti. Tutte le canzoni sono di ottimo livello, non ci sono riempitivi o cose fatte con minore convinzione. Ce n’è per tutti i gusti, da chi ama il crossover anno novanta a chi apprezza il nu metal più virato al rap. Legacy Of Shi racconta una storia che l’ascoltatore dovrà scoprire, ovviamente in pieno stile giapponese. Un disco che è meravigliosamente devastante dall’inizio alla fine e che conferma i Rise Of The Northstar come il miglior gruppo di crossover al mondo, sia per originalità che per resa. Saranno a breve in tour con gli olandesi Dope D.O.D. uno dei gruppi hip hop migliori degli ultimi tempi, anche loro abituati a saltare fra i generi come i Rise Of The Northstar.

Tracklist
1 – The Awakening
2 – Here Comes The Boom
3 – Nekketsu
4 – Kozo
5 – Teenage Rage
6 – Step By Step
7 – This Is Crossover
8 – Cold Truth
9 – All For One
10 – Furyo’s Day
11 – The Legacy Of Shi

Line-up
VITHIA – Vocals
EVANGELION-B – Lead Guitar
AIR ONE – Guitar
FABULOUS FAB – Bass
PHANTOM – Drums

RISE OF THE NORTHSTAR – Facebook

Like A Storm – Catacombs

Catacombs è un lavoro costruito per provare il definitivo salto, almeno per quanto riguarda la popolarità: se la band ci sarà riuscita si vedrà più avanti, sicuramente non mancherà di trovare estimatori tra il popolo del rock in rotazione sui canali audio/visivi più popolari.

Terzo album per la band neozelandese Like A Storm, formata dai fratelli Brooks (Chris, Matt e Kent) più il batterista Zachary Wood.

Il gruppo, dopo il debutto uscito nel 2009 (The End of the Beginning), ha raggiunto una discreta popolarità con Awaken The Fire, lavoro che gli ha dato la possibilità di suonare in giro per il mondo di supporto alle star dell’ alternative rock Alter Bridge.
Il sound del gruppo è un post grunge animato da scariche nu metal, niente di nuovo quindi, ma perfetto per fare breccia nei cuori del fans del rock radiofonico, anche se leggermente in ritardo sulla tabella di marcia.
I fratelli Brooks hanno sicuramente il vantaggio di saper scrivere canzoni melodiche, ruffiane ma dure ed alternative quel tanto che basta per non apparire troppo adolescenziali: il rock di matrice post grunge (Alter Bridge, Nickelback) si allea con il metal moderno tra metalcore e nu metal e ne esce un album piacevole anche se non troppo personale.
I Linkin Park sono la terza band che forma il triumvirato artistico ispiratore della musica dei Like A Storm, che partono benissimo con l’opener The Devil Inside per poi inserire il pilota automatico, così da viaggiare ad andature standard, senza troppi scossoni e senza grossi sbandamenti.
All’ascolto di Catacombs si evince la ricerca di una perfezione formale, tutto è carino e al posto giusto, le sferzate metalliche, così come le melodie pop rock, si prendono a turno la scena: l’intenzione di costruire una raccolta di hits porta i Like A Storm a perdere molto in genuina attitudine e personalità, un peccato che chi segue i trend saprà perdonare ai tre fratelli neozelandesi.
Catacombs è dunque un lavoro costruito per provare il definitivo salto, almeno per quanto riguarda la popolarità: se la band ci sarà riuscita si vedrà più avanti, sicuramente non mancherà di trovare estimatori tra il popolo del rock in rotazione sui canali audio/visivi più popolari.

Tracklist
1.The Devil Inside
2.Out Of Control
3.Catacombs
4.Complicated (Stitches & Scars)
5.Solitary
6.The Bitterness
7.Until The Day I Die
8.Hole In My Heart
9.Bullet In The Head
10.These Are The Bridges You Burned Down
11.Pure Evil

Line-up
Chris Brooks – Lead vocals, guitar, didgeridoo, keys/programming
Matt Brooks – Vocals, lead guitar, keys/programming
Kent Brooks – Bass, vocals, keys/programming
Zachary Wood – Drums

LIKE A STORM – Facebook

Viperium – Antropofobia

Maturo quel tanto che basta per non lasciare nulla di facile all’ascoltatore, Antropofobia è un grido lancinante diviso in nove capitoli, una linea musicale che ci separa dal baratro.

Il sound che sul finire degli anni novanta scalzò definitivamente il grunge dal trono della musica rock ha ispirato molte più band di quelle che i suoi detrattori potessero pensare.

Il nu metal, tacciato come semplice moda, è diventato uno dei modi più convincenti per descrivere l’animo umano, sempre in lotta con i propri demoni, le proprie paura e la follia.
I Viperium provano a raccontarcelo, tramite Antropofobia, debutto licenziato dalla Volcano Records, composto da nove brani di oscuro e pesante metallo moderno ispirato alle band che fecero tremare il mercato sul finire degli anni novanta.
Korn e Deftones sono le maggiori influenze della band foggiana che ci travolge con un sound ossessivo e claustrofobico, dominato dalla sezione ritmica, massiccia ed in evidenzia, ed un cantato che sembra davvero uscire dall’anima tormentata di un uomo moderno, in conflitto perenne con le sue fobie.
Maturo quel tanto che basta per non lasciare nulla di facile all’ascoltatore, Antropofobia è un grido lancinante diviso in nove capitoli, una linea musicale che ci separa dal baratro.
I Viperium ci martellano per più di mezzora, ci investono con la forza di tracce che producono dolore come Evil Inside, Insanity (e qui Jonathan Davis si impossessa dell’anima del singer Valeriano Castelgrande) ed il singolo I’m Drug, un lacerante brano che deflagra in mille dissonanze.
Un esordio interessante per questa giovane band nostrana, assolutamente in grado di tenere botta con un album pesantissimo e per niente scontato di questi tempi.

Tracklist
1.Nituwe
2.Evil Inside
3.Fear
4.Despair
5.Deaf Dumb
6.Insanity
7.I’m Drug
8.Brainwash
9.Eyes Of The Devil

Line-up
Valeriano Castelgrande – Vocals
Alessandro Sarni – Drums
Antonio Quatrale – Guitars
Francesco Catalano – Guitars
Aurora Corcio – Bass

VIPERIUM – Facebook

Hot Box – White Trash

Se cercate un bel disco di rapcore nu metal, divertente, diretto e che garantisca molti ascolti avete trovato il titolo giusto.

Il nu metal è un genere strano, che è comparso quasi dal nulla, anche se i suoi prodromi ci sono da tempo: sembra morto ma riesce sempre a rispuntare da qualche parte, seppure non in ambito mainstream.

Questa volta il nu metal, o forse meglio rapcore in questo caso, ci porta in Israele, paese che musicalmente riserva molte sorprese e gli Hot Box sono sicuramente una di queste. Il loro sound è sinuoso, bello potente e deciso, con dei bei giri funky, che aprono la strada a chitarre in puro stile rapcore. I ragazzi cominciano a fare musica nel 2012 nelle città di Arad e Be’er Sheva, facendosi presto un nome nell’underground isrealiano che è molto vivo e ha una grande passione per l’hip hop. Ascoltando White Trash ci si accorge subito che questi israeliani hanno un flow ed un passo molto diverso rispetto alla maggioranza dei gruppi rapcore. La loro musica sembra rimbalzare, con un groove continuo ed incessante, guidati da un basso davvero potente e che struttura tutta le loro composizioni. I pezzi di questo ep sono un ottimo biglietto di visita per questo gruppo che diverte moltissimo e che ha un suono davvero interessante. Dispiace che questo sia solo un ep, ma ripensandoci meglio così perché un lavoro ristretto come questo è ancora più dirompente. Gli Hot Box hanno molte soluzioni sonore e possiedono anche un’attitudine hardcore politicamente scorretta che è un ulteriore valore aggiunto. Se cercate un bel disco di rapcore nu metal, divertente, diretto e che garantisca molti ascolti avete trovato il titolo giusto. I ragazzi israeliani riescono a cambiare registro con facilità e sono sempre in controllo e soprattutto fanno musica con il cuore, e il loro è un cuore grande. Con un disco così la sconfitta non esiste.

Tracklist
1.Intro (sketch – not mixed)
2.Rap Guillotine
3.Big Bag Johnny
4.ShellShock
5.Ugh!
6.Use a friend

Line-up
Dave AKA Cise2 – Vocals
Eddie AKA Flippa – Guitars
Elick AKA SixPack – Bass
Danny AKA Skinny – Drums

HOT BOX – Facebook

Various Artists – New Nu Metal, Vol. 1

Se ancora nel vostro mp3 circolano quei due o tre nomi che guidarono l’invasione nu metal sul finire del secolo scorso, questa raccolta di band sconosciute ma meritevoli d’attenzione è assolutamente consigliata.

Uno dei generi più discussi, amati e odiati degli ultimi vent’anni ha ormai lasciato le classifiche e le prime pagine delle riviste di settore, scaraventato ai margini del mercato dalle spallate inferte dai suoni core e dall’alternative metal .

Ovviamente si parla del nu metal che, dopo il successo mondiale a cavallo del nuovo millennio e dopo aver arricchito un buon numero band ed addetti ai lavori, di questi tempi si deve accontentare d’essere ricordato da quegli appassionati che continuano a prediligere le sonorità crossover, tanto care a Korn, P.O.D, Deftones, Disturbed e Limp Bizkit (tanto per nominarne alcune).
Noah “Shark” Robertson, oltre ad essere il batterista di Motograter e The Browning, è pure fondatore della Zombie Shark Records (label specializzata nel genere), ed ha contribuito in maniera importante al libro Nu Metal: Resurgence, scritto da Matt Karpe.
New Nu Metal Vol.1 è una compilation, curata da Robertson e dalla sua label, che offre una piccola panoramica sulle realtà nu metal che si muovono nell’underground odierno, radunando band da ogni parte del mondo, alcune della quali trattate qualche tempo fa come i floridiani NoSelf ed i texani Addiction.
Undici brani per undici gruppi di classico nu metal di fine secolo scorso, quindi sonorità metal e rap che si incontrano tra reminiscenze industrial, qualcuna più estrema, altre molto più melodiche ed un tempo cool.
Ne esce una panoramica ovviamente limitata per ora a queste realtà, che comunque fornisce un assaggio della salute di cui gode il genere, anche fuori dal music biz con almeno un altro paio di band di notevole caratura,  oltre alle due citate, come i Keychain dal Canada, che aprono l’album con l’irresistibile funky new metal di Prime Time, e gli Amerakin Overdose, provenienti dall’Oregon e che con Cyber Superstar danno vita ad un mix di Marilyn Manson, P.O.D e Limp Bizkit.
In mezzo tanti  buoni gruppi che mantengono in vita lo spirito crossover degli anni che furono, magari fuori tempo massimo, ma di qualità maggiore di molti gruppi che all’epoca cavalcarono l’onda e si persero alla prima caduta dal surf, nel mare del crudele mercato discografico.
Se ancora nel vostro mp3 circolano quei due o tre nomi che guidarono l’invasione nu metal sul finire del secolo scorso, questa raccolta di band sconosciute ma meritevoli d’attenzione è assolutamente consigliata.

Tracklist
Keychain – “Prime Time” (Canada)
Frontstreet – “Bad Habit” (Netherlands)
Come to Dolly – “Prevent the Cure” (New Zealand)
NoSelf – “Outatime” (Florida)
Dirty Machine – “Discord” (California)
Amerakin Overdose – “Cyber Superstar” (Oregon)
Lethal Injektion – “Blinding Light” (Arizona)
HotBox -“Rap Guillotine” (Israel)
Natas Lived – “Good Dope” (Utah)
Add1ction – “Crashing Down” (Texas)
10/31 – “The Wrath” (Michigan)

ZOMBIE SHARK RECORDS – Facebook

L’Ora X – Sottovoce

E’ innegabile il fatto che i fratelli Mangano siano riusciti ad usare in modo assolutamente perfetto la lingua italiana in un sound dal taglio internazionale, tra rabbiosi growl, sentite parti melodiche e ritmati passaggi rap metal, così da creare un lavoro piacevole, duro, melodico e composto da undici bellissime canzoni.

In ritardo sull’uscita targata 2017, il primo lavoro dei fratelli Mangano (Gabriele e Ilario, degli Yattafunk) merita sicuramente di essere portato all’attenzione dei lettori di MetalEyes dai gusti alternativi.

Sottovoce, infatti,  è un album composto da dieci brani (più la cover di Non é Francesca di Battisti) che formano un concept sull’amore e le sue sfumature, raccontato dal duo tramite un sound che si nutre di quel nu metal che fece sfracelli tra la fine del secolo scorso e l’alba del nuovo millennio, senza perdere di vista l’alternative rock tricolore.
Cantato (benissimo) in lingua madre, Sottovoce vede la partecipazione in studio di Wahoomi Corvi (responsabile degli arrangiamenti), che i lettori conoscono per il suo importantissimo lavoro in tante opere targate Wormholedeath, e Mika Jussila, alle prese con il master ai Finnvox Studios in Finlandia.
L’album mantiene le promesse, in un susseguirsi di atmosfere che vanno dalla rabbia alla malinconia, dalla disperazione alla gaudente felicità che l’amore porta inevitabilmente con sé, e la musica accompagna questo saliscendi emozionale tra esplosioni metalliche, rock e rap.
E’ innegabile il fatto che i fratelli Mangano, con il marchio L’Ora X, siano riusciti ad usare in modo assolutamente perfetto la lingua italiana in un sound dal taglio internazionale, tra rabbiosi growl, sentite parti melodiche e ritmati passaggi rap metal, così da creare un lavoro piacevole, duro, melodico e composto da undici bellissime canzoni.
Difficile trovare brani meritevoli d’attenzione più di altri, Sottovoce va ascoltato nella sua interezza, e se magari può sembrare in ritardo di qualche anno a livello di sound, vi apparirà davvero intenso se godete della musica aldilà delle mode del momento.
Ed allora, tra le trame di Lebbracadabra, Io Ci sarò, Quello Che I Miei Occhi Non vedono e Daimyo troverete splendide note accostabili a Limp Bizkit, Adema, Non Point e Timoria, quindi niente di originale, ma davvero ben fatto.

Tracklist
1.Animae
2.Lebbracadabra
3.Gaius Baltar
4.Non é Francesca
5.Io Ci sarò
6.Quello Che I Miei Occhi Non vedono
7.Sweet Home Roma est
8.Che Sarà Di Noi
9.Daimyo
10.X
11.Sottovoce

Line-up
Gabriele Mangano- Voce, Chitarra, Batteria, Tastiere
Ilario Mangano – Chitarra, Basso

Arrangiamenti: Ilario Mangano, Gabriele Mangano, Wahoomi Corvi

L’ORA X – Facebook

Wild Mighty Freaks – Guns N’ Cookies

Il gruppo fa un rapcore notevolmente influenzato dal nu metal, con sprazzi di dancehall ed una solida base pop. Il suono è potente, melodico ed esaltato da una sapiente produzione.

In Francia sanno fare molto bene la commistione fa vari generi, con un respiro fumettistico che non hanno neppure in America.

I Wild Mighty Freaks sono di Parigi, sono nati nel 2015 e questo disco è il loro ep di debutto che denota una notevole chiarezza di intenti. Il gruppo fa un rapcore notevolmente influenzato dal nu metal, con sprazzi di dancehall ed una solida base pop. Il suono è potente, melodico ed esaltato da una sapiente produzione. L’ep ha la giusta lunghezza che permette di gustare la meglio le peculiarità di questi ragazzi parigini, i quali non inventano nulla di nuovo, ma fanno le loro cose molto bene, con passione e cura per i particolari. Oltre alla musica c’è una grande attenzione per la parte visuale, grazie all’uso di costumi e maschere, come dal vivo o nel video. Il suono diventa fisico e diventa un fumetto, fatto di sangue e di supereroi, un grande videogioco per adulti, molto divertente e fatto molto bene. Il disco è autoprodotto è ciò è un punto in più per questo giovane gruppo che rinverdisce i fasti di un suono che pareva morto, ma che invece grazie a gruppi come questi continua a divertire. Certamente non sono i tempi di maggior successo per questo tipo di suono, ma si deve dare una possibilità agli Wild Mighty Freaks, una band che vi divertirà lasciandovi  un buon gusto mentre affilate le katane.

Tracklist
1. The Last Time
2. Freaks
3. Empty Skies
4. High
5. Jungle
6. Get Out

Line-up
Crazy Joe
Flex
Tonton
Yaboy

WILD MIGHTY FREAKS – Facebook

Ozaena – Necronaut

Necronaut è un susseguirsi di assalti sonori, di canzoni sempre interessanti per tutta la loro durata, di buone intuizioni sonore e di grande affiatamento, che si esprime in un disco di notevole cattiveria metallica e di ottime melodie.

Gli Ozaena sono un gruppo che va subito al sodo e, dopo un brano di introduzione, il gruppo romano ci mostra subito quali siano le sue intenzioni, proponendo un groove metal da primi anni duemila, potente e preciso, con belle linee sonore.

Gli Ozaena sono stati fondati nel 2015 dal chitarrista Stefano Bussadori, e dopo qualche cambio si sono assestati nella loro attuale formazione. Dopo un’intensa attività dal vivo hanno pubblicato per la L.A. Riot Survival Records il loro debutto sulla lunga distanza intitolato Beneath The Ocean. Questo secondo disco migliora ulteriormente il loro percorso musicale la cui colonna vertebrale è formata da un suono che ci riporta al primi anni del secolo se non addirittura più indietro, perché oltre al groove metal qui si possono trovare alcune reminiscenze di un tipo di nu metal che si è perso, ovvero quello più pesante e legato al metal, con timbriche vocali che godono comunque della giusta libertà, anche perché il nuovo cantante Valerio Cascone è molto valido. Il disco è di buona qualità e regala momenti eccellenti, di puro godimento metallico, tra cavalcate e saturazioni atmosferiche, perché gli Ozaena sono un gruppo che compone e suona cose al di sopra della media, soprattutto per la personalità che pervade la loro musica e li rende riconoscibili, con questo tiro un po’ vecchia scuola che non ha quasi nessuno al giorno d’oggi. Necronaut è un susseguirsi di assalti sonori, di canzoni sempre interessanti per tutta la loro durata, di buone intuizioni sonore e di grande affiatamento, che si esprime in un disco di notevole cattiveria metallica e di ottime melodie.

Tracklist
01. Phase One
02. From The Hollow
03. Ghost Inside
04. Pale Light
05. Necronaut
06. Second Sight
07. Highest Wall
08. Kneel Down
09. We Are One

Line-up
Valerio Cascone: vocals
Stefano Bussadori: guitars
Eugenio Carreri: bass
Shadi Al Amad: drums

OZAENA – Facebook

No Self – Human​-​Cyborg Relations Episode 1

Aiutato dal mastermind della label Noah “Shark” Robertson (Motograter), il quartetto floridiano aggiunge una buona tacca sulla cintura del nu metal con questi sette brani duri, moderni e diretti, un concentrato di metal pesante, dalle ritmiche groove, con l’impatto di un carro armato e chitarroni che fanno male tra mid tempo e tappeti elettronici.

Nu metal che ormai si può definire classico, quindi nessuna deviazione core ma moderno come si usava a cavallo tra i due millenni, è quello che ci propongono i No Self, band in arrivo dalla Florida, in pista da quindici anni ma con solo due ep ed un album omonimo rilasciato nel 2014.

Molti problemi di line up ed un ritorno che si preannuncia in ritardo di un bel po’ di anni su rullino di marcia del genere, ma poco importa visto il buon risultato ottenuto, riscontrabile su Human​-​Cyborg Relations Episode 1, album licenziato dalla Zombie Shark Records e registrato da Matt Johnson ai Revelation Studios.
Aiutato dal mastermind della label Noah “Shark” Robertson (Motograter), il quartetto floridiano aggiunge una buona tacca sulla cintura del nu metal con questi sette brani duri, moderni e diretti, un concentrato di metal pesante, dalle ritmiche groove, con l’impatto di un carro armato e chitarroni che fanno male tra mid tempo e tappeti elettronici;
Human​-​Cyborg Relations Episode 1, dalle chiare ispirazioni sci-fi e una prossima seconda parte suggerita dal titolo, non fa prigionieri e nei suoi espliciti riferimenti a gruppi come Deftones, Spineshank, Adema e Nothingface farà solleticare i palati di più di un appassionato di metal moderno, ormai abituato a farsi sconvolgere i padiglioni auricolari dal metalcore e dall’alternative metal: sette brani, sette pugni nello stomaco guidati dal singolo Frisco e dall’opener Casting Stone per un ritorno ad un sound che a suo modo ha fatto epoca.

Tracklist
1.Casting Stones
2.Save Me
3.Nudisease
4.Through Your Eyes
5.Outatime
6.Frisco
7.Ctrl-Z

Line-up
Dylan Hart Kleinhans – Vocals
Justin Dabney – Guitars
Drew Miller – Drums
Joey Bivo – Bass

NO SELF – Facebook

Prophets Of Rage – Prophets Of Rage

Qui ci sono appunti di viaggio, canzoni che scorrono bene, sicuramente il concerto sarà carino, viste le capacità istrioniche di tutti loro, ma sembra un’occasione sprecata per poter spostare gli equilibri ancora una volta, dando una nuova veste alla rabbia che monta quotidianamente.

I Prophets Of Rage sono il gruppo che gli amanti della congiunzione carnale fra rap e metal avrebbero sempre voluto ascoltare, essendo composti dai Rage Against The Machine con unico escluso Zack De La Rocha (lo potete incontrare di sicuro quando i Lakers giocano in casa), B–Real dei Cypress Hill e Dj Lord e Chuck D dei Public Enemy.

Viste le premesse di questo super gruppo ci si aspettava un super disco, anche se il precedente ep The Party’s Over aveva fatto capire che c’era ancora bisogno di calibrare le forze. Prophets Of Rage è un buon disco, regge bene l’impatto ed è stato composto e costruito per essere suonato dal vivo, anche perché il concerto è ormai l’unica fonte di introito per un musicista. La struttura musicale fondamentale è quella dei RATM, anche perché in pratica chi suona gli strumenti in questo gruppo viene da lì, con Tom Morello che conduce le danze, essendo il vero deus ex machina del gruppo. Quindi compare il funk nella costruzione della canzone, con quel saliscendi tipico della band; buono è anche l’apporto della parte hip hop, e una delle cose migliori del disco è la sapiente regia di Dj Lord dei Public Enemy, uno dei meno conosciuti ma maggiormente bilanciati dj del mondo. Tutto funziona al meglio, ma l’impressione è che ci sia limitati a fare un compitinom seppur buono e al di sopra della media, ma ci si sarebbe aspettato qualcosa di diverso dall’unione di tali titani. Prophets Of Rage sembra quasi un disco dei Rage Against The Machine, senza certe asperità e ruvidezze che li avevano resi famosi, con tutti gli altri come ospiti. Questa gente ha creato pietre miliari nei loro generi inventando stili e musiche che hanno influenzato moltissime band; qui ci sono appunti di viaggio, canzoni che scorrono bene, sicuramente il concerto sarà carino, viste le capacità istrioniche di tutti loro, ma sembra un’occasione sprecata di poter spostare gli equilibri ancora una volta, dando una nuova veste alla rabbia che monta quotidianamente. Bene, ma si poteva fare decisamente meglio.

Tracklist
1. Radical Eyes
2. Unf–k the World
3. Legalize Me
4. Living on the 110
5. The Counteroffensive
6. Hail to the Chief
7. Take Me Higher
8. Strength in Numbers
9. Fired a Shot
10. Who Owns Who
11. Hands Up
12. Smashit

Line-up
Tom Morello – Guitar
Tim Commerford – Bass
Brad Wilk – Drums
Chuck D – Voice
B-Real – Voice
DJ Lord – Turntables

PROPHETS OF RAGE – Facebook

Motograter – Desolation

Desolation, pur non arrivando alle vette artistiche degli album storici del genere, risulta un’oasi di metal moderno in mezzo al deserto di proposte metalcore che inondano il mercato discografico odierno. 

Gli americani non solo hanno inventato il metal moderno ma lo sanno suonare dannatamente bene, anche se il nu metal ormai non è più cosa per il mercato mondiale ed album come Desolation rischiano di non avere più i riscontri di una quindicina di anni fa.

Eppure i Motograter non sono un nome così famoso, almeno per chi, gli anni d’oro del genere li ha vissuti superficialmente: attivi dalla metà degli anni novanta, non sono mai stati prolifici per quanto riguarda le uscite che si fermano a tre ep ed un full length prima di questo nuovo lavoro.
Un’autentica tribù di musicisti si sono dati il cambio tra le fila del gruppo proveniente da Santa Barbara (California), forse anche per questo che la band non ha mai trovato quella stabilità utile per definire sound ed impegni, ma ci riprova con una formazione nuova di zecca ed un lavoro che, di fatto, non delude, risultando melodico e metallico, moderno ma radicato nella scuola nu metal.
Quindi dimenticate suoni e ritmi core e concentratevi su quello che suonavano nella scena statunitense a cavallo del millennio, aggiungendo reminiscenze alternative rock che si muovono come fantasmi tra le sfuriate di Desolation, album che si fa ascoltare, melodicamente sopra le righe, magari non d’impatto come le uscite a cui siamo abituato oggi, ma duro quanto basta per non mollare la presa sui genitali di chi ama il sound che rese famosi gente come i Korn, gli Spineshank, i P.O.D. e i Papa Roach.
Un buon lavoro, dunque, che utilizza le caratteristiche peculiari del genere, ci aggiunge alternative rock e post grunge a piccole dosi ed ogni tanto ci va giù duro, accontentando un po’ tutti i gusti.
Bisogna essere capaci a rendere la propria proposta varia senza lasciare che la tensione scenda, e questo succede in brani come l’opener Parasite, la potente Victim eLa notevole Misanthropical, traccia che sembra uscita dalle session del discusso The Burning Red dei Machine Head.
Prodotto da Ahrue Luster (Ill Nino/Ex-Machine Head), Desolation, pur non arrivando alle vette artistiche degli album storici del genere, risulta un’oasi di metal moderno in mezzo al deserto di proposte metalcore che inondano il mercato discografico odierno.

Tracklist
1.Parasite
2.Dorian
3.Victim
4.Paragon
5.Bleeding Through
6.Misanthropical
7.Daggers
8.Portrait of Decay
9.Locust
10.Rise (There Will Be Blood)
11.Shadows

Line-up
Matt “Nuke” Nunes – Guitar
James Anthony “Legion” – Vocals
Mylon Guy – Bass
Noah “The Shark” Robertson – Drums
Joey “Vice” – Back Vocals, Percussions, Programming

MOTOGRATER – Facebook