Auroch – From Forgotten Worlds

Ispirato nei testi dall’immaginario lovecraftiano, From Forgotten Worlds è un furioso assalto senza soluzione di continuità, oscuro e mefistofelico, estremo e profondo, tanto da lasciare un’impressione notevole nell’ascoltatore specialmente per l’impatto devastante del sound.

Uscito originariamente nel 2012, From Forgotten Worlds è il primo full length dei canadesi Auroch, ristampato dalla Krucyator Productions in versione musicassetta.

La band, attiva dal 2008, dopo altri due lavori sulla lunga distanza (Taman Shud del 2014 e Mute Books, uscito lo scorso anno) ed una manciata di lavori minori, ha avuto nel frattempo qualche cambio in line up, ora composta da Sebastian Montesi (chitarra e voce), Shawn Hache (basso e voce) e Zack Chandler (batteria).
From Forgotten Worlds ai tempi dell’uscita confermava le ottime impressioni suscitate dai due precedenti demo, con il loro metal estremo che prendeva forza tanto dal death metal quanto dal black, sconfinando addirittura nel grind.
Ispirato nei testi dall’immaginario lovecraftiano, From Forgotten Worlds è un furioso assalto senza soluzione di continuità, oscuro e mefistofelico, estremo e profondo, tanto da lasciare un’impressione notevole nell’ascoltatore specialmente per l’impatto devastante del sound.
Licenziato dalla Hellthrashers Productions in cd, l’album fu ristampato in vinile lo scorso anno via 20Buckspin e ora in musicassetta, a ribadire l’assoluta attitudine underground del progetto.
Siamo al cospetto di un sound senza compromessi, marcio ed estremo, occulto e misantropico, un muro sonoro attraverso il quale la luce non passa ed il buio regna sul mondo governato dagli Auroch.
Morbid Angel e Deicide, rafforzati da tempeste di thrash e black metal, sono gli ispiratori di brani davvero mostruosi come Fleshless Ascension (Paths Of Dawn) e Terra Akeldama, i migliori di un lavoro sicuramente da non perdere per gli amanti del metal estremo più oscuro e maligno.

Tracklist
1. From Forgotten Worlds
2. Fleshless Ascension (Paths of Dawn)
3. Slaves to a Flame Undying
4. Dregs of Sanity
5. Pathogenic Talisman (For Total Temporal Collapse)
6. Terra Akeldama
7. Bloodborne Conspiracy
8. Tundra Moon

Line-up
ALBUM LINEUP:
Sebastian Montesi — Guitars, Vocals, Bass, Lyrics
Paul Ouzounov— Guitars, Vocals
Zack Chandler— Drums

Current Line Up :
Sebastian Montesi — Guitars, Vocals
Shawn Hache— Bass, Vocals
Zack Chandler— Drums

AUROCH – Facebook

Under Siege – Under Siege

Gli Under Siege conoscono bene il genere e lo addomesticano a loro piacimento e a quello degli ascoltatori, alternando cavalcate cadenzate ed epiche a sfuriate estreme dove le melodie hanno la loro importanza.

Gli Under Siege sono una nuova realtà formatasi un paio di anni fa e che, con questo primo assalto sonoro, si presenta in tutta la sua natura guerresca.

Il quintetto di Palestrina aggiunge al genere un epico incedere ed ottime atmosfere folk con un’opera fornita della personalità necessaria per non farsi dimenticare dopo pochi ascolti.
Partiamo dunque per incontrare la morte o la gloria nei vari scontri che ci guideranno fino alla fine di questi quaranta minuti, dove il death metal melodico scandinavo incontra il power ed il folk: il gruppo si presenta con due brani che rispecchiano in toto il suo credo, Blàr Allt Nam Bànag, dall’intro lasciato alle note folk della cornamusa per poi trasformarsi in un veloce brano melodic death, mentre l’epico accordo iniziale di Warrior I Am si trasforma in una cavalcata death/power che centra il bersaglio e si rivela uno dei brani cardine dell’album.
Gli Under Siege conoscono bene il genere e lo addomesticano a loro piacimento e a quello degli ascoltatori, alternando cavalcate cadenzate ed epiche (Beyond The Mountains) a sfuriate estreme (Invaders) dove le melodie hanno la loro importanza, così come gli interventi della cornamusa che regala un tocco folk/fantasy a tracce come la superba One To Us.
L’album si chiude con le note della ballad d’altri tempi Bright Star Of Midnight, e a noi non rimane che consigliare l’ascolto agli amanti del genere e di gruppi come Amon Amarth ed Ensiferum, dei qiali gli Under Siege sono fieri eredi.

Tracklist
1.Blàr Allt nam Bànag
2.Warrior I Am
3.Time for Revenge
4.Beyond the Mountains
5.Invaders
6.Sotto assedio
7.One to Us
8.Bright Star of Midnight

Line-up
Paolo Giuliani – Vocals, Bagpipes
Daniele Mosca – Guitars, Backing Vocals
GianLuca Fiorentini – Guitars, Backing Vocals
Livio Calabresi – Bass, Backing Vocals
Marzio Monticelli – Drums

UNDER SIEGE – Facebook

Azziard – Metempsychose

Di Metempsychose colpisce la potenza che viene sprigionata da ogni singola nota , con i rari rallentamenti vicini al doom che hanno la funzione di una breve sosta, utile per riprendere il fiato prima che che la macchina si rimetta in moto con tutto il suo carico di malevola oppressione.

Terzo full length per i francesi Azziard, band alle prese da una quindicina d’anni con un’interessante interpretazione della materia black/death.

Metempsychose è cantato interamente in lingua madre ed è incentrato a livello di tematiche sull’opera del noto psicologo svizzero Carl Jung; vista la materia trattata la musica procede di conseguenza, con l’esibizione di sonorità opprimenti, claustrofobiche ma anche denotate da una produzione efficace, capace di restituire al meglio tale turbinio di sensazioni senza farlo apparire un coacervo di rumori ovattati.
Questo, a mio avviso, aumenta non poco il valore di un album la cui componente death fa approdare a più di un passaggio contraddistinto da riff piuttosto geometrici, ai quali fanno da contraltare ritmiche tipicamente black con il drumming di Anderswo decisamente in evidenza.
Musicalmente gli Azziard non sono sperimentali come gran parte delle band provenienti dalla Francia, ma non per questo il loro black metal si può considerare di semplice assimilazione: le dissonanze non mancano e comunque non viene mai meno in ciascun brano un’aura inquieta e drammatica; anche l’interpretazione vocale del fondatore della band A.S.A. è davvero molto efficace, trovando un’espressiva via di mezzo tra growl e screaming, senza dimenticare in tal senso anche l’apporto degli ospiti Julien Truchan (Benighted) e Psycho (Antilife).
Il quadro complessivo delinea senza ombra di dubbio un album dal notevole impatto e che, sicuramente, è in grado di spingersi fino alle orecchie di chi apprezza il metal estremo, pesante e pensante, al di là delle barriere di genere: Metempsychose è alla fine una gragnuola di colpi che si abbatte sull’ascoltatore senza particolare misericordia, disturbando il giusto il suo già inquieto sonno.
Così, se L’Enfer sembra da subito uno dei brani più impattanti ascoltati quest’anno, Ascension e Unus Mundus ne raggiungono puntualmente la forza dirompente e allo stesso tempo evocativa, rappresentando i picchi di un lavoro di qualità spaventosa, come lo sono la convinzione e la competenza con le quali viene gestito l’approccio al genere.
Se gli Azziard non possono essere considerati degli innovatori, nessuno può togliere loro la patente di interpreti di livello assoluto di un black/death che non ha proprio nulla da invidiare a nomi più celebrati come lo possono essere i per esempio i Behemoth: di Metempsychose colpisce la potenza che viene sprigionata da ogni singola nota , con i rari rallentamenti vicini al doom che hanno la funzione di una breve sosta, utile per riprendere il fiato prima che che la macchina si rimetta in moto con tutto il suo carico di malevola oppressione.
Un gran bel disco, per una band che pare aver trovato la sua definitiva e matura forma espressiva.

Tracklist:
1. Premier Jour
2. L’Enfer
3. L’Anachorète, Dies
4. Ascension
5. Le Meurtre du Héros
6. Second Jour
7. Archétype
8. Unus Mundus
9. Psyché
10. Le Sacrifice

Line-up:
A.S.A. : Vocals
Nesh : Guitars
Anderswo : Drums
Gorgeist : Guitars
Sarnath : Bass

AZZIARD – Facebook

Myth Of A Life – Chimera

La caratteristica principale del sound del gruppo di Sheffield è la capacità di mantenere un approccio di ispirazione scandinava (primi In Flames, At The Gates), lasciando che ritmiche e sfumature guardino al più moderno metal estremo statunitense senza snaturare l’approccio nordico, come appunto negli In Flames post Clayman.

I Myth Of A Life sono una band di stanza nel Regno Unito, ma di fatto da considerare una band internazionale.

I musicisti coinvolti si rincorrono in una line up volubile, tanto che lo scorso album (She Who Invites) era stato registrato da una formazione che al momento dell’uscita era cambiata di ben quattro elementi con il solo Phil Dellas unico superstite, dietro al microfono.
Il gruppo torna sul finire dell’anno e ancora una volta troviamo non pochi cambiamenti, con il numero di musicisti ridotto a due (Dellas, viene affiancato da William Price al basso e alla chitarra).
Un anno è passato dal precedente full length e i Myth Of Life confermano con questi tre brani più intro la bravura con cui si approcciano al death metal melodico.
Dura poco più di dieci minuti ma Chimera risulta di un’intensità pazzesca: il sound della band mantiene inalterato il mood che aveva caratterizzato i brani di She Who Invictes, quindi grande impatto, ottima tecnica, cavalcate furiose e tanta melodia, con un Dellas sugli scudi tra un rabbioso screaming e un profondo growl.
La chitarra impazza prendendoci per i capelli e trascinandoci senza pietà, i solos melodici suonati a velocità sostenute esaltano, così che la title track si dimostra subito un gran pezzo di granito melodic death.
La caratteristica principale del sound del gruppo di Sheffield è la capacità di mantenere un approccio di ispirazione scandinava (primi In Flames, At The Gates), lasciando che ritmiche e sfumature guardino al più moderno metal estremo statunitense senza snaturare l’approccio nordico, come appunto negli In Flames post Clayman.
Le due tracce che completano l’EP (God Within e The True Face Of Death) confermano l’ottimo trend del gruppo britannico e Chimera non fa che alzare le aspettative sul prossimo full length.

Tracklist
1. Omen
2. Chimera
3. God Within
4. The True Face Of Death

Line-up
Phil ‘’Core’’ Dellas – vocals
William Price – guitars, bass

MYTH OF A LIFE – Facebook

Spoil Engine – Stormsleeper

Stormsleeper, senza far gridare al miracolo, risulta una bella mazzata di modern metal dalle influenze core e, come molte realtà del vecchio continente, con un occhio al death metal melodico, punto fermo del sound europeo in simili contesti.

Quando si parla di metal moderno viene naturale guardare aldilà dell’oceano, mercato che ha sempre vissuto le varie contaminazioni subite dal metal con interesse, decretandone il successo.

Questa volta però parliamo di una band europea, precisamente belga, che ha ottenuto un discreto successo con un paio di lavori passati (Skinnerbox v.07 e Antimatter, usciti rispettivamente nel 2007 e nel 2009) e che dopo varie difficoltà, dovute soprattutto a molti cambi in formazione, torna con un nuovo album (Stormsleeper) licenziato dalla Arising Empire, costola specializzata nelle sonorità moderne del colosso metallico Nuclear Blast.
Stormsleeper, senza far gridare al miracolo, risulta una bella mazzata di modern metal dalle influenze core e, come molte realtà del vecchio continente, con un occhio al death metal melodico, punto fermo del sound europeo in simili contesti.
Valorizzato dall’ottima prestazione della singer Iris Goessens, una leonessa arrivata nel gruppo nel 2015 e diventata in poco tempo il fulcro del sound degli Spoil Engine, l’album si lascia ascoltare lasciando la sensazione d’essere al cospetto di un gruppo magari poco originale, ma assolutamente in grado di catturare l’attenzione dei giovani metallari del nuovo millennio.
Metalcore, melodic death metal e alternative in piccole dosi riempiono di ferocia brani dal tiro micidiale come Disconnect, Doomed To Die e Black Sails, con la Goessens che fa la Gossow in versione modern metal.
Prodotto benissimo, l’album non manca di alternare rabbia estrema e melodia, un saliscendi metallico in cui la cantante fa il bello e cattivo tempo con il picco nella splendida The Verdict, la canzone più sfacciatamente scandinavo di tutto il lavoro.
Se riusciranno a tornare al successo che assaporarono dopo l’uscita di Antimatter lo vedremo, sicuramente Stormsleeper si rivela per il gruppo belga un ritorno assolutamente convincente.

Tracklist
1. Disconnect
2. Silence Will Fall
3. Doomed To Die
4. Weightless
5. Stormsleeper
6. Hollow Crown
7. Black Sails
8. The Verdict
9. Singing Sirens
10. Wastelands

Line-up
Iris Goessens – Vocals
Steven ‘gaze’ Sanders – Lead guitars
Bart Vandeportaele – Guitars
Kristof Taveirne – Bass
Matthijs Quaars – Drums

SPOIL ENGINE – Facebook

017 Modern Metal/Melodic Death 7.70

Stillborn – Mirrormaze & Die in Torment 666

Un’opera di ripescaggio assolutamente solo per i fans del gruppo o per chi ama il verbo nero nella sua versione più underground e senza compromessi.

La Godz Ov War ci presenta i primi due album licenziati dagli Stillborn, realtà anticristiana di stanza a Mielec, in Polonia.

Usciti originariamente tra il 1999 ed il 2001, i due lavori in questione risultano l’inizio della carriera musicale del combo polacco, che in seguito darà alle stampe un paio di lavori minori e ben cinque full length di cui Testimonio de Bautismo è l’ultimo malefico parto uscito lo scorso anno.
Vecchi ormai di quasi vent’anni, i due demo difettano di una produzione old school, ma il death/black metal di cui sono portatori tiene bene lo scorrere del tempo. risultando sempre cattivo, maligno ed oscuro.
Una raccolta di brani che ben presenta il sound del gruppo polacco, in linea con la scena estrema dell’est europeo e che alterna sfuriate black metal a più possenti trame death.
L’attitudine e l’impatto sono perfettamente in simbiosi con la nera fiamma che brucia ininterrottamente tra le note di brani  diretti e senza fronzoli e che sputano veleno in pochi minuti.
Un growl più profondo ed uno scream diabolico si danno il cambio portando il verbo satanista in musica, mentre l’oscurità regna tra lo spartito di Crave For Killing e Mirrormaze (da Mirrormaze) o Keep Dying e Millennium Of Hatred (da Die In Torment 666).
Un’opera di ripescaggio assolutamente solo per i fans del gruppo o per chi ama il verbo nero nella sua versione più underground e senza compromessi.

Tracklist
1.Crave For Killing
2.Hefaystos
3.Die In Torment
4.Nailed Hessus
5.Mirrormaze
6.Morphine Laboratory
7.Stillborn
8.Artror City
9.Molestation*
10.Iconoclast* (Mirromaze Era version)
11.Keep Dying
12.Blasphemous Perversion
13.Whore
14.Millenium of Hatred
15.Blood, Chains & Whips
16.Iconoclast (D.I.T.666 Era version)
17.God Is Good

Line-up
Line Up Mirrormaze:
Killer – Guitars, Bass, Vocals
Rafał R. – Drums
Grzegorz O. – Guest Growling
Łukasz P. – Sample

Line Up Die In Torment 666:
Killer – Guitars, Vocals
Rafał R. – Drums
Andrzej T. – Bass
Łukasz M. – Vocals

STILLBORN – Facebook

Desecrated Grounds – Lord Of Insects

Lord Of Insects è un album per gli amanti del death/thrash senza compromessi ed è a loro che va consigliato, con tutte le perplessità del caso.

Una nuova band si affaccia sul panorama estremo underground, i finlandesi Desecrated Grounds, quintetto proveniente dalla capitale attivo da tre anni e di questi tempi fuori con il primo album Lord Of Insects.

Death thrash metal con un taglio hardcore è quello che ci propongono i cinque guerrieri, una tempesta senza soluzione di continuità che unisce la potenza del death metal old school e la velocità e violenza del thrash metal suonati con un’attitudine hardcore che ne accentua la pericolosa indole estrema.
Lord Of Insects è un lavoro devastante, ma anche una prova solo a tratti convincente, così che la proposta non può che essere consigliata ai soli fans della violenza in musica.
I difetti non mancano, perché alla lunga l’album soffre di una leggera ripetitività, tipica di quando il sound è un mostro musicale estremo e senza compromessi: manca infatti nei brani quel quid che faccia in modo di ricordarsi di loro, mentre l’album si presenta come un muro sonoro invalicabile.
Il groove fa capolino solo  a tratti (Stabwound Addict) rendendo ancora più profondo il suono, mentre il growl rabbioso risulta monocorde.
Un album che per gli amanti del genere risulterà sicuramente una randellata notevole ed è solo a loro che va consigliato, con tutte le perplessità del caso.

Tracklist
1.The Story Untold
2.Awaken
3.Lord of Insects
4.Stabwound Addict
5.Sewing the Head Back
6.Filth
7.The Death in Me
8.The Manifest
9.Valve

Line-up
Keijo Loisa – Guitars
Erno Hulkkonen – Guitars
Jere Sjöblom – Bass
Jussi Salminen – Vocals
Tapio Christiansen – Drums

DESECRATED GROUNDS – Facebook

Land Of Damnation – Demon

Primo ep per i campani Land Of Damnation, band dal sound ispirato sia dal death metal melodico che dal più tradizionale heavy metal.

Metal classico e melodic death metal, due generi uniti dal lavoro e dal talento delle storiche band scandinave che, nei primi anni novanta diedero vita alla scena death metal melodica.

Con gli anni il sound ha preso altre direzioni, amalgamandosi con i suoni moderni nati negli States grazie alle svolte stilistiche di Soilwork e, principalmente, In Flames, ma gruppi che continuano ad ispirarsi ai primi esempi di questo storico sodalizio non ne mancano certo, specialmente nell’underground.
I Land Of Damnation, per esempio, debuttano con Demon, ep di quattro brani più intro che esprime tutto l’amore dei musicisti campani per il genere: un buon inizio per il gruppo, visto il tiro dei brani che compongono l’opera.
Nata per volere dei due chitarristi che rispondono ai nomi di Adrian Beppe e Dark Tranquillo nel 2014, la band arriva solo ora al debutto con questo ep che non fa nulla per nascondere la sua natura classica, abbinata al death metal melodico dei primi In Flames e Dark Tranquillity e ad un tocco di oscurità power/thrash alla Iced Earth.
Demon, nella sua attitudine classicheggiante, riesce a toccare le corde giuste specialmente se ad avvicinarsi alla musica di cui è composto sono i fans dei gruppi citati, più ovviamente gli Iron Maiden, padrini del lato più classicamente heavy della title track e della splendida Tearing The Veil, brano top dell’album, perfetto nell’alternare atmosfere maideniane a più oscure e pressanti parti melodic death (grazie anche al growl dell’ospite Gioele Di Giacomo).
E’ più diretta la cavalcata Die, mentre il finale è lasciato alla lunga Harmonia, traccia che tanto sa di Iced Earth periodo Something Wicked This Way Comes.
In conclusione, questo si può definire un inizio promettente: Demon sa come accontentare gli amanti del genere e riesce a rappresentare al meglio un abbondante antipasto al più ricco piatto sulla lunga distanza

Tracklist
1. [Infernal] Intro
2. Land of Damnation
3. Tearing the veil
4. Die
5. Harmònia

Line-up
Adrian Peppe “Smith” – Guitar and Voice
DarkTranquillo J. “Murray” – Guitar
Michele “Svalfio” Alfano – Drums
Luigi “Towt” Smilzo – Bass

Gioele di Giacomo – Growl Vocals in “Tearing the veil”

LAND OF DAMNATION – Facebook

Loch Vostok – Strife

Non credo che con questo settimo album i Loch Vostok troveranno il successo, ma sicuramente vanno tenuti in considerazione per la buona qualità dei loro lavori ed un pizzico di originalità che nel genere certo non guasta.

Poco conosciuti dalle nostre parti, tornano i death metallers svedesi Lock Vostok con il settimo lavoro della loro già lunga carriera.

Una band dal sound che per molti non sarà né carne né pesce, ma se avete buone orecchie per sentire vi troverete al cospetto di una band di death metal melodico, dal taglio progressivo e moderno alternato a rabbiose e devastanti parti più classicamente estreme.
Nato all’alba del nuovo millennio il quintetto di Uppsala, capitanato dal cantante e chitarrista Teddy Möller, ha attraversato questi primi anni del nuovo secolo creando musica estrema di buon livello con album che, senza essere, dei capolavori hanno sempre mantenuto una buona qualità.
Anche questo nuovo Strife viaggia sui binari di un sound che unisce in modo sagace le atmosfere descritte in precedenza, mantenendo un impatto estremo ed un appeal melodico sufficiente a non perdersi all’interno del platter, arrivando tranquillamente alla fine tra ritmiche core che si alternano a veloci ripartenze, solos di estrazione classica, atmosfere progressive e metallo dal piglio doom che affiora tra i brani più oscuri.
Ottimo l’uso delle voci: come ormai di prassi in questi generi si alternano growl, scream rabbiosi e clean vocals molto belle a seconda del mood dei brani in continuo sviluppo così da non dare (come la musica) sicuri punti di riferimento.
Non ci si annoia tra le note di Strife, i Loch Vostok sono aperti ad ogni ispirazione, mantenendo un’attitudine estrema che risulta l’arma vincente delle ottime Summer, Yurei, Ventilate e Consumer.
A tratti la band sembra ispirata da una versione melodic death dei Nevermore, ma sono attimi di un songwriting vario ed interessante.
Non credo che con questo settimo album i Loch Vostok troveranno il successo, ma sicuramente vanno tenuti in considerazione per la buona qualità dei loro lavori ed un pizzico di originalità che nel genere certo non guasta.

Tracklist
1. Babylonian Groove
2. Summer
3. The Apologists Are The Enablers
4. Cadence
5. Forever
6. Yurei
7. Purpose
8. Ventilate
9. Consumer
10. Expiry Date Of The Soul Of Man

Line-up
Teddy Möller – Lead vocals, guitars
Jimmy Mattson – Bass, vocals
Niklas Kupper – Guitars, vocals
Fredrik Klingwall – Keyboards
Lawrence Dinamarca – Drums

LOCH VOSTOK – Facebook

Tribulation – Down Below

Un album per le anime notturne, ispirato e coinvolgente, sempre in bilico tra death metal melodico e dark rock.

Una gradita sorpresa è questo nuovo album degli svedesi Tribulation, attivi dall’alba del nuovo millennio prima come Hazard e poi dal 2004 con l’attuale monicker, con il quale hanno dato alle stampe una manciata di lavori minori e quattro full length di cui questo Down Below è sicuramente il migliore.

Il death metal pregno di attitudine black degli esordi infatti si è trasformato in un metal dalle tinte horror, che prende dal death l’oscurità e la pesantezza in qualche ritmica, ma lascia alle melodie dark il compito di rendere sempre più convincente la proposta del gruppo.
Il sound di questo lavoro, infatti, si potrebbe tranquillamente annoverare tra il death metal melodico, ricamato di neri pizzi dark rock, valorizzato da riff doom dark ed atmosfere melanconicamente horror.
A tratti nei brani affiora una raffinatezza compositiva che non ti aspetti e che fa di brani come The Lament o Lady Death dei perfetti esempi di dark rock appesantiti dalla componente metal, quel tanto che basta per accontentare i fans dei primi Katatonia, dei Sentenced o dei Sisters Of Mercy.
La band lascia fuori dal suo mondo inutili parti in clean per lasciare ad uno scream profondo il compito di accompagnare la musica, e la scelta non può che risultare felice, mantenendo intatta la parte estrema che lotta con le splendide melodie dark/evil di Cries From The Underworld e soprattutto Lacrimosa, brano top di questo nuovo lavoro targato Tribulation.
Death metal e dark rock, un connubio di certo non originale ma che nel sound di Down Below trova una dimensione consona, nobilitato dalle splendide melodie create da una band che mantiene alta la qualità della sua proposta con The World, brano alla Fields Of The Nephilim che lascia spazio al gran finale, con Here Be The Dragon e le sue oscure sinfonie dark.
Un album per le anime notturne, ispirato e coinvolgente, sempre in bilico tra death metal melodico e dark rock, pregno di splendide atmosfere horror ed oscuro quanto basta per piacere incondizionatamente a chi si bea del freddo abbraccio delle tenebre.

Tracklist
01. The Lament
02. Nightbound
03. Lady Death
04. Subterranea
05. Purgatorio
06. Cries From The Underworld
07. Lacrimosa
08. The World
09. Here Be Dragons

Line-up
Johannes Andersson – Bass, Vocals
Adam Zaars – Guitars
Jonathan Hultén – Guitars
Jakob Johansson – Drums

TRIBULATION – Facebook

 

Avatar – Avatar Country

Gli Avatar si confermano gruppo assolutamente sui generis, forse anche troppo per l’orecchio conservatore di molti ascoltatori di musica metal, i quali potranno sempre rivolgersi ai gruppi che difendono la vera fede metallica in altre sedi, ma qui si fa musica bella ed originale senza barriere né confini.

Siamo arrivati al settimo album della saga targata Avatar, una delle band più originali e sorprendenti che il metal possa annoverare tra le sue fila.

Nato come melodic death metal band, infatti, il gruppo svedese ha cambiato pelle non solo tra un album e l’altro ma addirittura all’interno della stessa opera, lasciando pochissimi punti di riferimento stilistici e passando tra i generi dei più disparati come un ape in un bellissimo prato fiorito.
Capitanati dall’incredibile ugola del singer Johannes Michael Gustaf Eckerström, capace come la musica di trasformarsi a suo piacimento in un singer death ed un attimo dopo lanciare il suo grido di battaglia dai toni power metal, per poi avanzare marziale come un cantante industrial metal, la band ci consegna un concept incentrato sulla storia di un uomo destinato a diventare un re, arrivato nell’arida terra di Avatar per regnare a colpi di metal, vario, alternativo e soprattutto fuori dagli schemi.
L’album parte magnificamente con l’intro Glory To Our King, che lascia spazio al power metal della poderosa Legend Of The King per poi aprirsi al modern southern rock di The King Welcome You To Avatar Country; King’s Harvest è un brano moderno e dalle reminiscenze industrial, mentre A Statue Of The King è un massacro alla Slipiknot, fino al chorus che torna al metal più classico.
Avatar Country è una continua altalena di sorprese, un luna park di emozionante musica moderna che non conosce barriere né confini, suonata in modo impeccabile e non potrebbe essere altrimenti visto i continui cambiamenti di umori e velocità.
King After King è una semi ballad dal tiro tradizionalmente heavy, attraversata da un assolo nella parte centrale, mentre le due parti di Silent Song Of The King concludono l’album: la prima, Winter Comes When the King Dreams of Snow è un’intro atmosferica che ci accompagna verso la seconda parte, The King’s Palace, traccia strumentale che conclude questo ottimo e variopinto lavoro.
Gli Avatar si confermano gruppo assolutamente sui generis, forse anche troppo per l’orecchio conservatore di molti ascoltatori di musica metal, i quali potranno sempre rivolgersi ai gruppi che difendono la vera fede metallica in altre sedi, ma qui si fa musica bella ed originale senza barriere né confini.

Tracklist
1. Glory to Our King
2. Legend of the King
3. The King Welcomes You to Avatar Country
4. King’s Harvest
5. The King Wants You
6. The King Speaks
7. A Statue of the King
8. King After King
9. Silent Songs of the King Pt. 1: Winter Comes When the King Dreams of Snow
10. Silent Songs of the King Pt. 2: The King’s Palace

Line-up
Johannes Michael Gustaf Eckerström – Vocals
John Alfredsson – Drums
Kungen – Guitars
Tim Öhrström – Guitars
Henrik Sandelin – Bass

AVATAR – Facebook

Wojczech / Krupskaya – Wojczech / Krupskaya

La 7 Degrees Records ci presenta uno split in versione 12″ che vede alternarsi due band attive nella scena underground estrema: i tedeschi Wojczech e i britannici Krupskaya.

La 7 Degrees Records ci presenta uno split in versione 12″ che vede alternarsi due band attive nella scena underground estrema: i tedeschi Wojczech e i britannici Krupskaya.

I primi si possono ormai considerare dei veterani della scena death/grind:  la loro data di inizio delle belligeranze risulta il 1993 ed in tutti questi anni il quartetto non è stato certo a guardare, pubblicando una vagonata di split insieme ad altrettante band provenienti dai più svariati paesi e due full length, Sedimente, uscito nel 2005 e Pulsus Letalis, targato 2010.
Il loro sound è un massacrante e moderno death/grind supportato dalla doppia voce, e si spinge in territori vicini al black metal per una buona alternanza di ritmiche ed umori estremi che favoriscono l’ascolto.
Sickening Discretion sa di death metal scandinavo, portato alle estreme conseguenze da un massacro ritmico tipico del grind risultando un brano davvero interessante; una band da seguire e senz’altro da rivalutare per gli amanti del genere che avranno di che sorridere mentre la propria testa comincerà a sanguinare per i colpi inferti dai Krupskaya e dai loro quattro potentissimi brani.
Meno conosciuto e poco incline a lasciare informazioni è invece il gruppo proveniente da Stoke-on-Trent, attivo da una dozzina d’anni, con un curriculum fatto di un paio di lavori e varie compilation, più gli immancabili split da tradizione nel genere, che si rifà ai maestri inglesi Napalm Death.
Quindi eccoci di fronte ad un grind devastante e feroce, suonato da una macchina da guerra estrema che non fa prigionieri e che nella sua poca originalità ha nell’impatto la sua travolgente forza.
La band ci presenta quattro brani,tra i quali Frozen Bodies Against The Wire e Skin Of The Cruciform To Ash risultano devastanti esempio di grind, tra rallentamenti al limite dello sludge e ripartenze fulminee e letali.
Due gruppi molto diversi tra loro ma allo stesso tempo portatori di musica estrema senza compromessi.

Tracklist
1.Wojczech – Burning Solids
2.Wojczech – Sickening Discretion
3.Wojczech – Stunde des Wolfes
4.Krupskaya – Frozen Bodies Against the Wire
5.Krupskaya – A Dawn of Shattered Silence
6.Krupskaya – Theosophical Separation of Earth
7.Krupskaya – Skin of the Cruciform to Ash

Line-up
Krupskaya:
Alex – vocals
Tim – guitar
Ed – drums

Wojczech:
Stephan Gottwald – Drums
Stephan Kurth – Guitars, Vocals
Danilo Posselt – Vocals
Andy Colosser – Vocals, Bass

WOJCZECH – Facebook

KRUPSKAYA – Facebook

Bleeding Gods – Dodekathlon

L’ascoltatore si rimbocca le maniche ed aiuta Ercole nelle sue leggendarie dodici fatiche, tra sfuriate death/thrash e atmosfere oscure che le orchestrazioni epico guerresche rendono ancora più mastodontiche.

Puntuale arriva la prima bomba death metal del nuovo anno.

A lanciarla è la Nuclear Blast che prende tra le sue fila gli olandesi Bleedings Gods e licenzia il loro nuovo album, Dodekathlon, un epico e monumentale lavoro di death metal old school, tra ritmiche thrash, orchestrazioni e tanto metal estremo made in Netherlands.
Le dodici fatiche di Ercole sono raccontate da questi cinque dei dell’olimpo estremo di chiara ispirazione orange, ma senza tralasciare (specialmente in questo album) di richiamare altri nomi immortali del death epico ed oscuro come i Septic Flesh, gli Hypocrisy, i nostrani Fleshgod Apocalypse e gli ultimi micidiali Kreator.
La band, al secondo lavoro, sforna un gioiellino che nel genere fa piazza pulita, essendo suonato con l’esperienza di musicisti in giro da anni a martoriare strumenti sui palchi di mezzo mondo.
L’ascoltatore si rimbocca le maniche ed aiuta Ercole nelle sue leggendarie dodici fatiche, tra sfuriate death/thrash, atmosfere oscure che le orchestrazioni epico guerresche rendono ancora più mastodontiche: From Feast To BeastBirds Of Hate, dove i Kreator incontrano la band olandese per una jam estrema nella dimora degli dei, Savior Of Crete, l’intermezzo strumentale Tyrannical Blood, che con le sue armonie acustiche accompagnate da un recitato ci introduce alle ultime quattro fatiche, e la sinfonia estrema di Tripled Anger che non lascia scampo, sono i brani da sottolineare in una tracklist che non ha cedimenti.
Con Hound Of Hell si concludono le fatiche del nostro eroe e questo bellissimo lavoro, ma il leggendario guerriero è destinato a fare gli straordinari perché premere nuovamente il tasto play è inevitabile.
Dodekathlon è un’opera bellissima ed emozionante, suonata divinamente e nobilitata da un songwriting di un’altra categoria.

Tracklist
1.Bloodguilt
2.Multiple Decapitation
3.Beloved By Artemis
4.From Feast To Beast
5.Inhuman Humiliation
6.Birds Of Hate
7.Saviour Of Crete
8.Tyrannical Blood
9.Seeds Of Distrust
10.Tripled Anger
11.Hera´s Orchard
12.Hound Of Hell

Line-up
Mark Huisman – Vocals
Ramon Ploeg – Guitar
Gea Mulder – Bass & Backing vocals
Rutger van Noordenburg – Guitar
Daan Klemann – Drums

BLEEDING GODS – Facebook

Funeral Chant – Funeral Chant

Il lavoro scorre via feroce e d’impatto, con la traccia d’apertura che mostra il meglio dei Funeral Chant ed il resto dei brani che si attestano su un livello non dissimile, con il pregio non da poco di rifuggire per quanto possibile la ripetitività.

Esordio per i Funeral Chant, quintetto californiano nato dalle ceneri di un’altra band denominata Dead Man.

Il genere offerto in questi quattro brani abbraccia lo spettro delle sonorità estreme, con il black metal a fungere da base per escursioni su territori death e thrash: il sound è diretto ma non privo di una certa ricercatezza, anche se a livello di produzione la voce sembra provenire dall’abituale sgabuzzino adiacente la sala di registrazione, ma si tratta di un’evenienza cosi frequente che fa pensare più ad una precisa scelta che non ad imperizia.
Detto ciò, il lavoro scorre via feroce e d’impatto, con la traccia d’apertura che mostra il meglio dei Funeral Chant ed il resto dei brani che si attestano su un livello non dissimile, con il pregio non da poco di rifuggire per quanto possibile la ripetitività.
Chiaramente, per emergere in maniera più decisa al prossimo giro sarà necessario approdare ad un sound maggiormente identificabile, oltre che ritoccare alcune sbavature che non impediscono a questo primo passo dei Funeral Chant di rivelarsi piuttosto godibile.

Tracklist:
1. Spiral into Madness
2. Cacophony of Death
3. Flood of Damnation
4. Cosmic Burial
5. Morbid Ways (Repugnant cover)
6. Funeral Chant

Line-up:
Cruel Force: drums
Doom of Old: guitar
† Voidbringer: vocals, guitar
Vomitor: bass guitar

FUNERAL CHANT – Facebook

Inner Hate – Reborn Through Hate

Se gli Inner Hate dovessero mantenere questo livello per un intero full length sarebbe davvero un colpo notevole, quindi il consiglio è quello di non perdersi questo ep attendendo al più presto altre buone nuove da parte di questa ennesima notevole realtà nazionale.

La Sicilia è terra di rock e di metal: i gruppi delle varie scene sparse sul territorio sono stati ampiamente trattati da MetalEyes, che da anni ha dedicato la giusta attenzione alle più meritevoli realtà nate a sud dello stretto.

E’ quindi con piacere che vi presentiamo i thrashers Inner Hate, trio proveniente da Caltanissetta composto da Daniel Ferrara (voce, chitarra), Matt Amodeo (basso) e l’ex Thrash Bombz Vincenzo Lombardi (batteria).
La band si è formata nel 2013 ed ha già dato alle stampe un primo ep, First Hate To The World: Reborn Through Hate, anche per l’entrata in formazione di Lombardi, è un nuovo inizio per gli Inner Hate che, quattro anni dopo, tornano a mietere vittime con il loro metal estremo che si nutre di thrash come di death metal di matrice scandinava, costruendosi un sound personale ed assolutamente coinvolgente.
I quattro brani risultano altrettante esplosioni di adrenalinico metal estremo, old school nell’attitudine, violentissimo nell’impatto e valorizzato da un ottimo lavoro strumentale: nei riff di scuola scandinava troviamo la perfetta commistione con le ritmiche thrash, a formare una sacra alleanza che affianca i Kreator agli Entombed e ai primi Edge Of Sanity.
Funziona alla grande questa fusione di note nata sulle rive del mediterraneo, un patto mortale tra generi “nordici” nel caldo delle terre siciliane, mentre la devastante Time To Kill lascia spazio alla conclusiva title track, un brano perfetto per attendere l’armageddon.
Se gli Inner Hate dovessero mantenere questo livello per un intero full length sarebbe davvero un colpo notevole, quindi il consiglio è quello di non perdersi questo ep attendendo al più presto altre buone nuove da parte di questa ennesima notevole realtà nazionale.

Tracklist
1.Sentenced to Damnation
2.Unholy Cross of Death
3.Time to Kill
4.Reborn Through Hate

Line-up
Mattia Amodeo – Bass
Daniel Ferrara – Guitars, Vocals
Vincenzo Lombardi – Drums

INNER HATE – Facebook

Marginal – Total Destruction

Total Destruction convince, il sound rimane ancorato al death metal anche se hardcore e grind lo violentano esaltandone la parte distruttiva, mentre i rallentamenti classici del genere si alternano a sfuriate devastanti come una pioggia di napalm.

L’attivissima Transcending Obscurity ci presenta i Marginal, gruppo belga la cui proposta estrema è un grindcore/crust davvero ben fatto, distruttivo e senza compromessi.

Il quintetto, nato quattro anni fa rilascia questo devastante lavoro composto da mezzora scarsa di metal estremo old school, influenzato dall’hardcore e considerato dal gruppo come la colonna sonora della distruzione totale.
Testi di denuncia contro il sistema corrotto che, come un virus, infetta i governi mondiali e un approccio altamente esplosivo fanno di questo massacro in musica un’ottima sorpresa per i fans del genere, attirati dall’artwork che ricorda non poco i Discharge, idoli incontrastati dei musicisti della scena grindcore (Napalm Death, Extreme Noise Terror).
Total Destruction convince, il sound rimane ancorato al death metal anche se hardcore e grind lo violentano esaltandone la parte distruttiva, mentre i rallentamenti classici del genere si alternano a sfuriate devastanti come una pioggia di napalm.
Il growl è tipico del metallo di morte, profondo e abissale, niente a che vedere con i grugniti a cui ci hanno abituato molte delle band nate negli ultimi tempi, e i brani mantengono una perfetta forma canzone così da essere apprezzati anche dagli amanti del death metal old school.
I dodici brani superano a stento i due minuti, a parte Red Kebab, che per metà della sua durata viaggia nel lento incedere del doom/death per poi cambiare marcia e, come un vento atomico, spazzare via tutto.
Total Destruction, nel genere, è un lavoro riuscito e perfettamente in grado di reggere il confronto con le opere dei colleghi più famosi, sta a voi dargli una chance.

Tracklist
1. Barbarians
2.Delirium Tremens
3.Ruination
4.Impaled
5.Useless Scum
6.I Used to be Intelligent
7.Rat Kebab
8.The Violent Way
9.Leech Invader
10.Fucked Up Society
11.Atom Sapiens
12.Total Destruction

Line-up
Johan – Vocals
Timmy – Guitar
Martin – Guitar/Vocals
Steven – Drums
Rui – Bass

MARGINAL – Facebook

Nephren-Ka – La Grande Guerre De L’èpice

L’album è un ottimo esempio di quello che nel genere specifico si dovrebbe trovare: tanta tecnica al servizio di un sound coinvolgente e che non dimentica i semplici ascoltatori, lasciando ad altri la mera tecnica da sfoggiare tra musicisti.

Negli ultimi tempi ho avuto modo di ascoltare una manciata di lavori estremi nei quali la mera tecnica esecutiva soffocava letteralmente il lato più atmosferico ed emotivo, creando solo un’insieme di suoni tecnicamente ineccepibili ma freddi e fuori da ogni minima forma canzone.

Questo non succede con l’ultimo lavoro dei Nephren-ka, gruppo transalpino che suona del technical death metal brutale e old school.
Siamo al secondo full length di una carriera iniziata dieci anni fa e che ha visto la band produrre il classico demo di debutto, un ep ed il primo lavoro sulla lunga distanza rilasciato nel 2013 (The Fall Of Omnius).
Ispirato come sempre dai romanzi che formano il ciclo di Dune scritto da Frank Herbert, La Grande Guerre De L’èpice è un ottimo esempio di metal estremo e brutale, tecnicamente ineccepibile ma ben legato ad una trama sonora stabile, così che i brani non scappano all’ascolto a cavallo di cervellotici passaggi strumentali.
Il gruppo francese sa come gestire al meglio un genere come il death metal più tecnico e quindi tutto funziona a meraviglia facendo di La Grande Guerre De L’èpice un lavoro altamente riuscito.
Brani come The Demise of Ix o New Melange For The Real God sono attraversati da un’aura epica che avvicina non poco il sound ai maestri Nile, una delle maggiori influenze del gruppo insieme a Origin e, per la parte maggiormente old school, i Bolt Thrower.
L’album è un ottimo esempio di quello che nel genere specifico si dovrebbe trovare: tanta tecnica al servizio di un sound coinvolgente e che non dimentica i semplici ascoltatori, lasciando ad altri la mera tecnica da sfoggiare tra musicisti: i Nephren-Ka ci sono riusciti dove altri gruppi più blasonati hanno invece fallito, complimenti al gruppo francese.

Tracklist
1.Watch and Learn
2.Plan to Master the Universe
3.The Demise of Ix
4.Proditoris Gloriosa
5.Idar Fen Adijica
6.New Melange for the Real God
7.The Great Spice War
8.Fenring’s Test
9.From High Hopes to Failure Complete
10.Mirror Mirror (Candlemass cover)

Line-up
Laurent Chambe – Vocals/Guitars
Sebastien Briat – Guitars/Backing vocals
Thibault « Zakk » Gosselin – Bass
Thibaud Pialoux – Drums

NEPHREN-KA – Facebook

In Vain – Currents

Currents esplode in fuochi artificiali progressivamente metallici e alterna splendide atmosfere avanguardiste a sfuriate estreme.

La nuova scena progressiva che accomuna metal estremo e classico in una più ampia visione musicale, accoglie da più una decina d’anni gli In Vain, gruppo che nello spazio di tre lavori sulla lunga distanza ed un ep si è costruito una solida reputazione, tanto da prestare quattro quinti della band agli storici Solefald nella versione live!

La band norvegese torna con un nuovo album, appunto il quarto, intitolato Currents, un’opera che si avvicina inesorabile alla definizione di capolavoro, un bellissimo quadro musicale che mai come questa volta unisce in maniera quasi perfetta death metal melodico, progressive, epicità e sfumature post rock.
Prodotto da Jens Bogren (Opeth, Dimmu Borgir, Katatonia, Devin Townsend, Kreator, etc) ai Fascination Street Studios e con l’artwork curato dall’artista Costin Chioreanu (Paradise Lost,Enslaved, At The Gates, etc), Currents esplode in fuochi artificiali progressivamente metallici già dall’opener Seekers Of The Truth e alterna splendide atmosfere avanguardiste a sfuriate estreme, dove death e black metal vengono ricamati e colorati di sfumature epiche, armonie e sinfonie orchestrali, così come di riff classici e melodici.
Una serie di ospiti valorizzano con la loro presenza questo inno al progressive moderno di scuola nordica, e tra questi vanno citati Baard Kolstad (Leprous, Borknagar) alla batteria e Matthew Kiichi Heafy (Trivium) e Kristian Wikstøl (From Strength to Strength) alla voce.
Bellissimo ed emozionante, l’album regala momenti di grande musica moderna in Blood We Shed come in As The Black Horde Storms, estrema e matura, varia nel combinare atmosfere differenti in un unico sound, mentre Origin è il brano più rock del lotto ed il sax crimsoniano della conclusiva Standing On The Grounds Of Mammoths fa da prologo ad una parte semiacustica nell’unica traccia spiccatamente settantiana, almeno per i canoni estremi del gruppo norvegese.
Il resto, come scritto, è quanto di meglio il genere possa offrire, con la band che gioca a suo piacimento con ispirazioni legate a nomi come Amorphis, Leprous, Opeth e Solefald, in un vortice di note entusiasmante.

Tracklist
1. Seekers of the Truth
2. Soul Adventurer
3. Blood We Shed
4. En Forgangen Tid (Times of Yore Pt. II)
5. Origin
6. As The Black Horde Storms
7. Standing on the Ground of Mammoths

Line-up
Johnar Håland – Guitars, synth pads, bgv
Sindre Nedland – Lead vocals and clean vocals
Alexander Bøe – Bass
Kjetil Domaas Petersen – Solo guitar
Andreas Frigstad – Vocals

Guest musicians:
Baard Kolstad (Leprous, Borknagar) – Drums
Kristian Wikstøl (From Strength to Strength) – Hardcore vocals
Matthew Kiichi Heafy (Trivium)– Vocals
Simen Høgdal Pedersen – Vocals
Audun Barsten Johnsen – B3 Hammond and church organ
Magnhild Skomedal Torvanger – Violin and viola
Ingeborg Skomedal Torvanger – Cello
Line Falkenberg – Saxophone

IN VAIN – Facebook

Druid Lord – Grotesque Offerings

Un lavoro che saggiamente mantiene la sua natura underground, rendendo i Druid Lord un gruppo da seguire, almeno per chi ama il genere ed il death metal rallentato e appesantito da cascate di watt che si trasformano in magma infernale.

Quando si avvicina la fine dell’anno succede spesso di ritrovarsi al cospetto di band notevoli, che in Zona Cesarini (come si dice in gergo calcistico), piazzano i loro splendidi lavori come un goal all’ultimo secondo di un’avvincente partita.

Quest’anno, parlando di death metal dalle chiare influenze doom, la plastica rovesciata che vale un campionato la fanno gli statunitensi Druid Lord con questo Grotesque Offerings, monumentale esempio di musica del destino potenziata da sua maestà il death e resa ancora più estrema ed affascinante da un concept horror preso in prestito dalla cultura cinematografica e fumettistica degli anni settanta.
Il quartetto nasce in Florida nel 2010 e di quell’anno è l’esordio sulla lunga distanza Hymns for the Wicked, seguito da una serie di ep e split che accompagnano la band fino al mastodontico Grotesque Offerings, che nasce e prende forma in qualche profondità infernale e torna in superficie a trasformare questo fine 2017 in una marcia inesorabile verso la perdizione ed il puro terrore.
Il lavoro saggiamente mantiene la sua natura underground, rendendo i Druid Lord un gruppo da seguire, almeno per chi ama il genere ed il death metal rallentato e appesantito da cascate di watt che si trasformano in magma infernale.
Composto da una serie di brani atmosfericamente perfetti per notti da incubi (l’opener House Of Dripping Gore, Night Gallery, il capolavoro doom/horror Evil That Haunts This Ground e la discesa nel pozzo delle anime dannate intitolata Last Drop Of Blood) l’album è una notevole opera estrema, lenta ed inesorabile e composta da attimi davvero suggestivi.
Immaginate gli Asphyx, i primi Cathedral e i primi Paradise Lost amalgamati con il doom classico di Pentagram e Candlemass, ed ispirati dai film della Hammer (la nota casa di produzione britannica, molto attiva negli anni settanta): ecco gli ingredienti che rendono Grotesque Offerings imperdibile.

Tracklist
1.House of Dripping Gore
2.Night Gallery
3.Spells of the Necromancer
4.Evil That Haunts This Ground
5.Black Candle Seance
6.Creature Feature
7.Into the Crypts
8.Murderous Mr. Hyde
9.Last Drop of Blood
10.Final Resting Place

Line-up
Pete Slate- Lead & Rhythm Guitar
Tony Blakk- Vocals & Bass
Ben Ross- Rhythm & Lead Guitar
Elden Santos – Drums

DRUIUD LORD – Facebook