Havukruunu – Kelle Surut Soi

Leggermente più estremo del passato full length, Kelle Surut Soi, lascia indietro i passaggi folk per un approccio più estremo e black, mentre cori declamatori invitano ad alzare i boccali e brindare ad un giorno in più concesso alla vita.

La tradizione scandinava per il pagan black metal epico è consolidata per merito di una manciata di gruppi diventati famosi seguendo la lezione dei maestri Bathory, ma tra i boschi delle fredde lande del nord si aggirano magnifiche creature che mantengono ben salde le fondamenta del genere.

Come in un castello sperduto tra le nevi dove si forgiano menestrelli guerrieri, la penisola scandinava (terra di leggende pagane) non tradisce elargendo musica epica dai tratti black di altissima qualità.
Gli Havukruunu provengono dalla Finlandia, e ci avevano regalato un album magnifico nel 2015 (Havulinnaan) ed un ep (Rautaa ja tulta), ora seguiti dopo due anni da Kelle surut soi, nuovo bellissimo lavoro che conferma il talento di Stefan (chitarra, batteria) questa volta accompagnato da Noitavalo alle pelli, entrato in formazione un anno fa.
Lasciate ancora una volta le vostre ormai inseparabili diavolerie tecnologiche, copritevi di pelli, armatevi con spadone ed arco, ed immergetevi nelle foreste della terra dei mille laghi alla ricerca di questo duo, maestro nel saper trasmettere in musica l’atmosfera fredda, epica, a tratti desolante, ma fiera e scaldata dal sangue di nemici o prede di quelle terre lontane.
Il metal epico ed estremo degli Havukruunu è pura magia, con una serie di cavalcate metalliche che raccontano di oscurità, lunghi inverni, misteri e micidiali pericoli in lingua madre.
Leggermente più estremo del passato full length, Kelle Surut Soi, lascia indietro i passaggi folk per un approccio più estremo e black, mentre cori declamatori invitano ad alzare i boccali e brindare ad un giorno in più concesso alla vita.
Per i fans dei Bathory un lavoro irrinunciabile, prodotto da uno dei migliori gruppi in circolazione nel genere.

TRACKLIST
1.Jo näkyvi pohjan portit
2.Vainovalkeat
3.Noidanhauta
4.Vainajain valot
5.Vaeltaja
6.Myrskynkutsuja
7.Verikuu
8.Kelle surut soi

LINE-UP
Stefan – Acoustic & Electric Guitars, Bass Guitar, Voice
Noitavalo – Drums & Percussion

HAVUKRUUNU – Facebook

Integral – Resilience

Il disco viaggia benissimo ed è una bellissima sorpresa in un panorama a volte troppo appiattito su certe sonorità, mentre qui si vola davvero alti, e si può tranquillamente dire che in ambito pesante sia uno dei dischi dell’anno.

Debutto molto interessante per questo gruppo di giovani bergamaschi, nato nel 2013 dalla comune passione per generi musicali metallici e proponendo un death metal molto crossover.

Il minimo comune denominatore è la bravura tecnica e l’ ottimo gusto musicale, perché gli Integral possiedono entrambi in gran misura. Il disco è un tentativo riuscitissimo di fondere insieme sonorità molto differenti fra loro, partendo da un death metal moderno di base, per poi fare in maniera incisiva cose vicino al migliore metalcore, o avere momenti di calma e di ottimo ambient o addirittura vicino alla psichedelia. L’album viaggia benissimo ed è una bellissima sorpresa in un panorama a volte troppo appiattito su certe sonorità, mentre qui si vola davvero alti, e si può tranquillamente dire che in ambito pesante sia uno dei dischi dell’anno. Resilience ha una potenza ed una fluidità davvero notevoli, che lo rendono un disco godibile e con una capacità compositiva notevole. Si rimane piacevolmente stupiti nel sentire che ci siano gruppi come gli Integral capaci di fare proposte intelligenti, pesanti e che riescono a far sembrare facile il difficile. Un disco che mostra il presente ed il futuro del migliore death metal.

TRACKLIST
1.Blank Claustrophobia
2.Collapsed Cubes
3.In(Earth)
4.Realm of Atlantis
5.Mac Brazel
6.Hieroglyphica
7.Room with a View
8.Self-made Oblivion
9.Mechanical Existence Construction
10.Out There in Silence (Eclipse)

LINE-UP
Alessio Moraschini – vocals
Riccardo Maccarana – guitar
Jacopo Farina – guitar
Marco Morandi – bass
Agostino Buttarelli – drums

INTEGRAL – Facebook

Origin – Unparalleled Universe

Dieci brani che sono altrettante atomiche che esplodono all’unisono nei padiglioni auricolari

Torna in questa metà dell’anno quella che per molti è la più grande band di technical brutal death metal in attività, gli Origin.

Unparalleled Universe è il settimo brutale sigillo che il quartetto americano pone come prova inconfutabile della grandezza di un genere, il death metal, estremizzato al limite dell’umano, tecnicamente inattaccabile e devastante, una tempesta di note e suoni che valicano barriere per altri neanche avvicinabili.
Licenziato tramite Agonia Records in Europa e Nuclear Blast Records in Nord America, il disco è stato masterizzato da Colin Marston presso i Menegroth – The Thousand Caves, mentre la copertina è stata creata da Filip Ivanovic (Dismember, Crytopsy, Gorguts).
Da una band con vent’anni di attività alle spalle non ci si può certo aspettare chissà quali novità, anzi, Unparalleled Universe suona Origin al 100%, brutale ed estremo fino alla totale distruzione, un macigno di death metal tecnico travolgente, come sempre valorizzato da un songwriting sopra la media.
E si, perché il gruppo di Paul Ryan, oltre a rappresentare quanto di più estremo e tecnico ci sia sulla scena, ha un talento inumano nello scrivere brani che non lasciano scampo, in un girone infernale dove la sei corde scende e sale in vortici e uragani sonori devastanti, ed il growl profondo e gutturale viene a tratti spazzato via da uno screaming bestiale.
I dieci brani sono altrettante atomiche che esplodono all’unisono nei padiglioni auricolari: il fungo si forma sopra le nostre teste ed il vento nucleare spazza via tutto, in uno tsunami belligerante, mentre Jason Keyser vomita morte e rabbia nel microfono, Ryan fa il fenomeno con chitarra e la coppia ritmica(John Longstreth alle pelli e Mike Flores al basso) erige un monumento alla’apocalisse.
Che dire d’altro, se non invitarvi a far vostro Unparalleled Universe? Gli Origin sono tornati e vi faranno tanto male, colpendovi senza pietà con armi micidiali come Cascading Failures,Diminishing Returns Invariance Under Transformation o gli spettacolari dieci minuti del capolavoro brutal progressive death Unequivocal: di meglio nel genere diventa davvero difficile trovarlo.

TRACKLIST
1. Infinitesimal to the Infinite
2. Accident and Error
3. Cascading Failures, Diminishing Returns
4. Mithridatic
5. Truthslayer
6. Invariance Under Transformation
7. Dajjal
8. Burden of Prescience
9. Unequivocal
10. Revolucion

LINE-UP
Paul Ryan – Guitars, Vocals
John Longstreth – Drums
Mike Flores – Bass, Vocals
Jason Keyser – Vocals

ORIGIN – Facebook

Hjarnidaudi – Psykostarevoid

Psykostarevoid offre una visione del doom che non ha nulla di rassicurante, rovistando incessantemente tra le viscere con il suo incedere distorto e fragoroso.

La Dead Seed Productions ha realizzato le versioni in vinile dei due album pubblicati nello scorso decennio dagli Hjarnidaudi, progetto solista drone doom del musicista norvegese Vidar “Voidar” Ermesjø, altresì noto per la sua militanza nei Koldbrann.

Quello che prendiamo brevemente in esame è il secondo dei due, nonché ultima uscita a nome Hjarnidaudi  in ordine temporale, Psykostarevoid.
L’album si snoda lunga quattro tracce di natura strumentale, dalla lunghezza media di 10 minuti ed ovviamente il genere prescelto e lo stile con cui viene proposto non sono materia proprio per tutti.
Il doom, nella lettura di Ermesjø, è un qualcosa di ancora più criptico e disturbante rispetto a quanto normalmente siamo soliti ascoltare, e la sua bravura sta, a mio avviso, nel non indulgere in interminabili sperimentazioni droniche bensì nel lanciarsi in reiterazioni ossessive ma terribilmente avvolgenti, come avviene in maniera mirabile nella traccia II, autentico monolite di sofferenza dai suoni distorti, asfissianti ma non del tutto privi di una parvenza melodica.
Questa caratteristica rende peculiare la proposta anche nei restanti brani, che continuano ad offrire una visione del doom che non ha nulla di rassicurante, rovistando incessantemente tra le viscere con il suo incedere distorto e fragoroso.
Peccato che ormai da otto anni non pervenga più nuovo materiale marchiato con questo monicker, perché un album simile rappresenta una lettura del genere non convenzionale, pur senza sconfinare nella cacofonia; spesso, però, queste riedizioni sono propedeutiche al ritorno in auge di progetti accantonati da tempo, quindi non resta che sperare che questo possa valere anche per gli Hjarnidaudi.

Tracklist:
1. I
2. 2. II
3. 3. III
4. IV

Line up:
Vidar “Voidar” Ermesjø

HJARNIDAUD – Facebook

Primal Attack – Heartless Oppressor

Se vi piace il thrash metal classico ma potenziato da una potente dose di groove, cercate questo piccolo oggetto dinamitardo e fatelo vostro.

Thrash metal tra tradizione e modernità, tradotta in una dose massiccia di groove che non inficia la riuscita di ritmiche veloci come il vento.

Tornano a quattro anni dall’esordio (Humans) i thrashers portoghesi Primal Attack, una macchina da guerra proveniente da Lisbona potente come un carro armato, veloce e devastante come una raffica di mitra.
Il quintetto portoghese non guarda in faccia a nessuno e parte per questi quaranta minuti scarsi di metal estremo impressionante per impatto ed ottima conoscenza della materia: l’alternanza tra groove moderno e thrash old school risulta l’arma vincente di brani come Halfborn e le dichiarazioni di guerra Truth And Consequence, Hypersonic Generation, delle bombe atomiche con la scritta thrash sulla fiancata che la band lancia senza pietà.
Il brano più sperimentale del gruppo (Heart And Bones) è quello che più si avvicina ai Voivod, nei passaggi dalle reminiscenze progressive, mentre il mood dell’album mantiene l’approccio diretto e molto americano, tra Exodus, ultimi Slayer e Pantera.
Buona la prova dei musicisti, su tutti una sezione ritmica debordante (Miranda al basso e Mike alle pelli), ben coadiuvate da una coppia d’asce tellurica (Miguel e Tiago) ed una fiera indomabile dietro al microfono (Pica).
Heartless Oppressor è una bomba, e se vi piace il thrash metal classico ma potenziato da una potente dose di groove, cercate questo piccolo oggetto dinamitardo e fatelo vostro.

TRACKLIST
1.Red Silence
2.Halfborn
3.The Prodigal One
4.Truth and Consequence
5.Strike Back
6.Heart and Bones
7.Hypersonic Generation
8.Above the Live
9.XXI Century Curse

LINE-UP
Miranda – Bass
Mike – Drums
Miguel – Guitars
Tiago – Guitars
Pica – Vocals

PRIMAL ATTACK – Facebook

Ancient – Trolltaar

Nell’ep si può sentire benissimo il grande talento degli Ancient nel coniugare un cuore black metal classico con parti melodiche davvero notevoli, che fanno di questo ep un disco piacevole da ascoltare, tenendo sempre l’ascoltatore incollato allo stereo.

Un’oscura e ghiacciata discesa nel cuore nero delle terre del nord, ed è solo una piccola parte di ciò che troverete dentro questo ep.

La greca Sleaszy Rider Records, nata come distribuzione e spinta dalla passione dei ragazzi che ci sono dentro, è diventata un’ottima etichetta, e questa ristampa è una buona occasione per conoscere il suo bel catalogo. Gli Ancient provengono dalla Norvegia e sono stati uno dei gruppi principali della seconda ondata del black metal norvegese. Capitanati da Magnus Aphazel Garvik, hanno avuto una carriera altalenante, anche perché legata alle vicissitudini di vita del leader, che dopo il contratto con la Metal Blade girovagò in Italia e Grecia. Il loro debutto su lunga distanza Svartalvheim è considerato uno disco importante per il black metal, e anche il successivo Trolltaar illustra bene le peculiarità di questo gruppo. Proprio Trolltaar è l’ultimo disco che vede la formazione originale, poiché il socio di Magnus , Grimm, lascerà il gruppo dopo questo ep, nel quale si può sentire benissimo il grande talento degli Ancient nel coniugare un cuore black metal classico con parti melodiche notevoli, che ne fanno un’opera piacevole da ascoltare, tenendo sempre l’ascoltatore incollato allo stereo. Il formato del disco breve fa risaltare ulteriormente i punti di forza del gruppo, che si inserisce sia stilisticamente che ideologicamente nel black metal norvegese, ma fa una cosa tutta sua e di qualità. La carriera del gruppo è ancora lontana dal finire, e degna di nota è stata anche la partecipazione dee cantante degli Ancient al concerto anniversario dei Mortuary Drape. Inoltre questa ristampa ha i brani originali rimasterizzati, tre brani bonus registrati dal vivo in Norvegia e due remix. Un disco importante e restaurato molto bene.

TRACKLIST
1. Trolltaar (remastered)
2. Nattens Skjonnhet (remastered)
3. Fjellets Hemmelighet (long version)
4. Eerily (Pre Prod 93)
5. Likferd (reverb mix)
6. Eerily Howling Winds (live)
7. The Call Of The Absu Deep (live)
8. Det Glemte Riket (live)

LINE UP
Aphazel – Guitars, Bass, Keyboards
Grimm – Vocals, Drums, Lyrics

ANCIENT – Facebook

Akatharta – Spiritus Immundus

Spiritus Immundus si rivela un lavoro che dovrebbe lasciare il segno in chi apprezza sonorità a cavallo tra il funeral ed il death doom più crudo.

Dopo quasi un ventennio di gestazione trova finalmente il proprio sbocco questo notevole progetto concepito da Kam Lee, storico singer dei seminali Massacre, nonché coinvolto in diverse altre band tra le quali spiccano i The Grotesquery, in compagnia di un altro stakanovista del metal estremo come Rogga Johansson.

Proprio da quest’ultima band è opportuno partire per definire il sound degli Akatharta: infatti, se già in occasione del sodalizio con il chitarrista svedese veniva mostrata una propensione ad un death dai frequeinti rallentamenti ed inserito in un immaginario orrorifico di ispirazione lovecraftiana, messosi in proprio Lee accentua la componente doom del sound, mentre a livello lirico l’attenzione si sposta alle EVP (Electronic Voice Phenomena) e alla possessione da parte degli “pneuma akatharta” (spiriti impuri) di biblica memoria.
Ne scaturisce così un album di grande compattezza, sviluppato su otto brani (più la cover di Dethroned Emperor dei Celtic Frost) morbosamente efficaci che trovano la loro apoteosi in tracce magnifiche come Pneumata, non a caso uscita precedentemente come singolo, e Nocturnal Interment, con la sua rituale evocazione dell “spirito immondo”; il resto non è comunque da meno e viene espresso tramite un death doom ottimamente equilibrato tra le due componenti con la ruvidezza e l’impatto della prima che confluisce con naturalezza nelle ritmiche bradicardiche della seconda.
Kam Lee, poi, va a nozze con tale sonorità, potendo esibire il proprio growl che porta a scuola molti dei suoi più giovani emuli, ben coadiuvato dal pregevole chitarrista/bassista Aaron Whitsell (assieme al vocalist anche nella band che ne porta il nome, oltre che nei Cropsy Maniac) e dal metronomico batterista Travis Ruvo (anch’egli nei Cropsy Maniac, e negli Echelon).
Spiritus Immundus si rivela così un lavoro che dovrebbe lasciare il segno in chi apprezza sonorità a cavallo tra il funeral ed il death doom più crudo, trovandomi solo parzialmente d’accordo con le note di presentazione quando vengono accreditati, quali possibili riferimenti, Thergothon e Mournful Congregation, mentre ritengo perlomeno fuorviante citare i My Dying Bride (non c’è alcuna traccia del romanticismo gotico e decadente della band inglese) o addirittura gli Skepticism (cosa improbabile, non fosse altro che per l’assenza di uno strumento basilare nel sound dei finnici come l’organo).
Molto meglio farsi un’idea propria del contenuto dell’album ascoltandolo, e se si è appassionati di doom l’apprezzamento verrà naturale, perché qui il genere viene esibito da un gruppo di musicisti esperti e sufficientemente ispirati, capaci di maneggiare tutt’altro che banalmente la materia e restituendola sotto forma di una pesantissima ed opprimente pietra tombale …

Tracklist:
1. Macabre Reflections In The Dark
2. Onryō (Wrath Of A Vengeful Ghost)
3. Tenebrarum In Aeternum
4. Nocturnal Interment
5. Phantasmagories
6. Transpierce The Umbra
7. Possessione Diabolica
8. Pneumata
9. Dethroned Emperor (Celtic Frost Cover)

Line-up:
Kam Lee – vocals
Aaron Whitsell – guitars, bass
Travis Ruvo – drums

AKATHARTA – Facebook

Scars Of Tears – Just Dust

Nel genere Just Dust è un lavoro riuscito, abbastanza personale nel rievocare un sound inflazionato e per questo meritevole di interesse da parte dei fans del genere.

Periodo di ottime proposte in arrivo dalla Sliptrick Records alle quali si aggiungono i gothic metallers greci Scars Of Tears, con il loro nuovo e secondo lavoro Just Dust, successore del debutto omonimo licenziato tre anni fa, che offre un alternative gothic/dark metal sulla scia dei nostrani Lacuna Coil, anche se la band greca a tratti risulta più estrema del gruppo italiano.

Ottimo l’uso delle voci, che si alternano come di moda in questo periodo tra voce femminile, growl e clean, variando quel tanto che basta l’atmosfera dei brani che si mantengono su di una buona qualòità.
In un genere inflazionato come quello suonato dalla band di Kastoria , le melodie ed il songwriting fanno tutta la differenza del mondo ed infatti Just Dust risulta un album composto da buone canzoni, melodiche, metalliche ma ruffiane il giusto per farsi apprezzare da chi mastica con frequenza queste sonorità.
Just Dust parte forte con un paio di brani potenti e metallici come la title track e Darkest Hour, il growl rabbioso si scontra con l’ ottima voce femminile, molto rock e che ricorda la nostra Cristina Scabbia, ma con il passare del tempo il sound da alternativamente metallico si sposta su coordinate elettro dark, fino al brano più intenso dell’album, la ballad Love And Soul, sinfonica ed evocativa.
Si torna ad alternare metal alternativo moderno e gothic metal nelle restanti canzoni, che portano l’album verso la fine, confermandone la buona riuscita nel suo complesso.
Nel genere Just Dust è un lavoro riuscito, abbastanza personale nel rievocare un sound piuttosto battuto di questi tempi e per questo meritevole di interesse da parte dei fans del genere.

TRACKLIST

1.Just Dust
2.Darkest Hour
3.Infeasible
4.Slayer
5.Icefall
6.Love and Soul
7.Wait
8.Here and Now
9.Need to Flight
10.We Are the Same
11.Endless Sky
12.Ashes of a Draw

LINE-UP

Petros Nikolaou – Guitars
Salagiannis Thanasis – Bass
Chris Polizos – Drums
Charitini Anastasiadou – Vocals
Babis Stefanidis – Vocals

SCARS OF TEARS – Facebook

Plague Throat – Human Paradox

I Plague Throat sono uno dei migliori gruppi death mai usciti dall’India, e questo album di debutto ne rimarca tutte le potenzialità.

Finalmente esce il molto atteso album di debutto sulla lunga distanza per i death metallers indiani Plague Throat, che arrivano a questo disco dopo l’ottimo ep An Exordium To Contagion.

Il trio indiano fa un death metal potente e debitore della scena americana anni novanta, ed è presente anche un pizzico di scuola svedese.
Il disco fila via a briglie sciolte, grazie alla notevole intensità delle canzoni, che non scemano mai,e che hanno crescendi impetuosi arrivando ad essere notevoli cavalcate che tracimano a volte nel death metal tecnico. Se l’intensità è forse il maggior punto di forza del gruppo, anche la tecnica fa la sua parte, dato che i tre si intendono molto della materia trattata. In mezzo a tutta questa intensità troviamo anche ottime melodie che costituiscono le fondamenta di questa costruzione. In India c’è una scena metal che si è sviluppata negli anni e non può essere più considerata una sorpresa. I Plague Throat sono uno dei migliori gruppi death mai usciti da quella penisola, e questo album di debutto ne rimarca tutte le potenzialità. Dato che si può migliorare ancora, vi sono elementi che saranno aggiustati col tempo, ma è davvero poco il disavanzo da limare, tanto è buona la sostanza. Quando un disco death metal esce come Human Paradox non c’è molto da dire ma tanto da sentire.

TRACKLIST
1.Inherited Failure
2.Dominion Breach
3.Fallible Transgression
4.The Human Paradox
5.Hour of Darkness
6.Corporeal
7.Truth In Silence
8.Conception Subjection
9.Conflict Resolution
10.Ma Nga

LINE-UP
Nangsan – Vocals, Guitar
Malice – Drums
Jerry Nelson Ranee – Bass

PLAGUE THROAT – Facebook

Turma – Kraken

Solo ventitré minuti ma vissuti alla mercé della leggendaria piovra gigante, una prova di forza davvero niente male per il gruppo napoletano.

Un passato nell’heavy/thrash ed un presente nel technical brutal death, non male il passo nell’estremo che i nostrani Turma hanno compiuto in questi anni.

Attivo infatti da quasi dieci anni, il gruppo partenopeo diede alle stampe nel 2011 l’ album Tearless, dal sound heavy/thrash che trascinò la band sul palco insieme a Necrodeath e Arthemis (tra gli altri).
La trasformazione nella creatura mostruosa che abbiamo davanti è figlia dei tanti cambi di line up, con un singolo (Brothers) che cominciava a presentare i sintomi del virus estremo che si è impossessato dei Turma, ed un altro, licenziato dalla Agoge Records quest’anno e che anticipava questo nuovo lavoro dal titolo Kraken.
Ed il kraken, entità mostruosa, spunta dal profondo degli abissi e non lascia scampo con una serie di brani di death metal brutale e moderno, influenzato dalla corrente djent e core e formando un muro sonoro di tentacoli la cui morsa fatale vi ridurrà in pezzi.
Solo ventitré minuti ma vissuti alla mercé della leggendaria piovra gigante, una prova di forza davvero niente male per il gruppo napoletano, bravo nel mantenere la tensione altissima con cambi di tempo ritmici, growl profondi ed una notevole personalità nel produrre musica estrema moderna, ma violentissima.
Lasciate quindi che il deathcore dei Turma vi travolga, lontano dal sound da classifica caro ai più giovani ed estremo come un pezzo di granito death metal che provocherà non pochi danni sotto i colpi inferti dalla title track o ancora dalle devastanti e belligeranti Mortal Kombat, Forgotten e Rebecca Shield.
Un lavoro intenso e durissimo, consigliato agli amanti del metal estremo moderno che con i Turma trovano un’ottima realtà tutta italiana.

TRACKLIST
1.Feel no Pain
2.Mortal Combat
3.Destroyer
4.Fifth Joint
5.Kraken
6.Forgotten
7.Rebecca’s Shield
8.Magam

LINE-UP
Raffaele Berisio – Growl Vocals
Lello Di Lorenzo – Guitars
Giuseppe Cipollaro – Guitars
Fabrizio La Manna – Bass
Ciro Troisi – Drums

TURMA – Facebook

Område – Nåde

Gli Område ribaltano le abitudini di buona parte del metal rock avanguardista, dando la priorità alla sostanza più che all’apparenza.

Due anni dopo l’ottimo Edari si ripresenta il duo francese Område, sempre sotto l’egida della My Kingdom.

Nulla è cambiato nella approccio musicale di Arsenic e Bargnatt XIX e questo è solo un bene, anche perché chi interpreta la materia musicale con tale ispirazione ed originalità non potrà mai apparire né scontato né ripetitivo: infatti, il particolare insieme di stili che aveva favorevolmente impressionato nella precedente occasione viene riproposto con uguale freschezza.
Il viaggio che l’ascoltatore deve compiere attraverso le striature dell’album non è semplice né privo di controindicazioni, specie se non si è disposti naturalmente ad accogliere tutte le contaminazioni provenienti da generi che, normalmente, esulano dalle sfere di competenza del metal e del rock, con il trip hop, l’elettronica più soffusa o il jazz a recitare un ruolo fondamentale.
Tanto per fornire un parametro puramente indicativo, chi apprezza il percorso tortuoso ma affascinante tracciato dagli Ulver avrà di che nutrirsi in abbondanza, alla luce di una profondità che non viene mai meno a livello di contenuti, e di un connubio tra tecnica esecutiva e produzione che esalta ogni singolo momento di Nåde, questo anche perché il duo ricorre ad una manciata di ospiti in grado di fornire un valore aggiunto con il loro apporto strumentale.
Gli otto brani che compongono l’album sono tutti belli e degni di menzione, certo però che le linee melodiche di Styrking Leið si fanno ricordare, così come il trip hop dell’opener Malum costituisce l’ideale porta d’accesso al lavoro, con la delirante The Same For The Worst, con tromba e tastiere ad impazzare sovrastando uno screaming alternato a vocalizzi femminili, a suggellare un lavoro che impressiona nuovamente per qualità.
Perché la bravura degli Område sta proprio in un aspetto in cui falliscono spesso gli sperimentatori, ovvero nel riuscire a conferire ad ogni brano la forma canzone, eliminando del tutto passaggi che non siano funzionali all’economia di ogni brano.
In buona sostanza, questi due francesi ribaltano le abitudini di buona parte del metal rock avanguardista, dando la priorità alla sostanza più che all’apparenza: un senso melodico sempre ben radicato nel sound ed una chiarezza d’intenti che si percepisce anche nei passaggi più intricati sono le chiavi di lettura che rendono Nåde un altro ottimo esempio di musica genialmente obliqua.

Tracklist:
1. Malum
2. XII
3. Enter
4. Hänelle
5. Styrking Leið
6. The Same For The Worst
7. Baldar Jainko
8. Falaich

Line Up:
Arsenic (Jean-Philippe Ouamer): Drums, Electronics & Keys
Bargnatt XIX (Christophe Denhez): Guitars & Vocals

Special Guest:
Bass guitar by Julien ‘Jiu’ Gebenholtz
Additional vocal on “The Same For The Worst” by L. Chuck D
Additional guitar on “XII” by Bernard-Yves Querel
Additional guitar on “Styrking Leið” & “Falaich” by Edgard Chevallier
Clarinet on “Hänelle” by Jonathan Maronnier
Sax on “XII” & “The Same For The Worst” by Leo Sors

OMRADE – Facebook

Voice Of Ruin – Purge And Purify

Un lavoro potentissimo, un buon esempio di come anche il metal estremo moderno, quando decide di far male, non è secondo a nessuno.

Death/thrash dal groove potentissimo, una meteora di metal estremo moderno lanciate a folle velocità sul pianeta, pronta a portare la terra all’anno zero.

Purge And Purify senza tanti mezzi termini è tutto questo, una devastazione biblica di metal estremo, un assalto senza soluzione di continuità, irruento ed indomabile come l’acqua che travolge tutto dopo il cedimento di una diga.
Questo monolite di metal estremo moderno arriva dalla Svizzera per mano dei Voice Of Ruin, quintetto attivo da una decina d’anni e con due demo, un full length (Morning Wood) ed un ep, alle spalle.
Per la Tenacity Music esce Purge And Purity, un album diretto e devastante, ben saldo nel death/thrash di ultima generazione, con un lotto di brani che sono frustate metalliche, dove il groove e la potenza sono ben bilanciate da solos melodici, ed il growl è cattivo, rabbioso, animalesco.
Disgust comincia a disegnare crepe sulla parete della diga, Horns è colpevole delle prime scosse, che si fanno più forti e telluriche con il passare dei minuti sotto i riff delle roboanti Blood of Religions e della micidiale Snakes in My Head.
Lamb Of God, Machine Head e Devil Driver sono i riferimenti tra i solchi di queste dieci detonazioni metalliche, mentre le prime infiltrazioni si avvertono dopo il passaggio di I Confess.
Un boato, ed una immensa valanga d’acqua si abbatte su tutto quello che si trova nel raggio di molti chilometri, un muro devastante che si fa spazio tra foreste e paesi sotto i colpi delle inumane Voices From The Ruins e Time For The Revenge.
Quando l’infernale massa d’acqua si stende sul territorio circostante la devastazione è completa, ma i Voice Of Ruin hanno ancora Piracy, colpo da sparare a bruciapelo quando tutto sembra finito.
Un lavoro potentissimo, un buon esempio di come, anche il metal estremo moderno quando decide di far male non è secondo a nessuno.

TRACKLIST
1.Disgust
2.Horns
3.Blood of Religions
4.Snakes in My Head
5.All Hail the King
6.I Confess
7.Voices from the Ruins
8.Animal Kingdom
9.Time for Revenge
10.Piracy

LINE-UP
Randy Schaller – Vocals
Erwin Bertschi – Bass
Dario Biner – Drums
Nicolas Haerri – Guitars
Darryl – Guitars

VOICE OF RUIN – Facebook

Apocalypse Orchestra – The End Is Nigh

Un’orchestra di metal sinfonico e doom altro, con una fortissima presenza di strumenti e ritmi medievali, per un album che è una lenta e decadente danza sopra l’abisso.

Un’orchestra di metal sinfonico e doom altro, con una fortissima presenza di strumenti e ritmi medievali, per un album che è una lenta e decadente danza sopra l’abisso.

Durante il medioevo avevano ben presente la caducità, la velocità e la fragilità delle nostre vite, un’apocalisse con conseguenti dies irae era attesa, anzi data per sicura. La vita era descritta con toni cupi o esageratamente festosi, e di quelle descrizioni possiamo ritrovare molto in questo debutto degli svedesi Apocalypse Orchestra, fondati da Mikael Lindström e da Erik Larsson qualche anno or sono nella provincia svedese. Il loro incedere ha una costruzione fortemente medievale, con una poetica musicale con elementi vicini agli Opeth. specialmente per la voce, ma questo è solo un punto di partenza perché poi il risultato è molto originale e convincente. Ascoltando The End Is Nigh si ha l’impressione di stare su di un promontorio incolonnato con altre anime dannate verso il tuffo nel mare in tempesta, per sfuggire al giudizio divino, o molto peggio, è solo la descrizione di paradigmi umani che si coniugano dalla sofferenza e dalla inadeguatezza del nostro essere umani. Questi svedesi scavano in profondità, fanno della lentezza un punto di forza, prendendo qualcosa dal doom, ad esempio dei riff notevoli, ma poi si va oltre. Il disegno che sorregge questa opera è ampio e possente, anche grazie alle incursioni degli strumenti medievali, usati sempre in maniera molto adeguata. Non è un disco folk metal o un disco doom, è il debutto di un gruppo che ha delle ben precise caratteristiche e fa un discorso musicale ambizioso e molto forte, anche perché il talento è presente in abbondanza. Un disco da sentire assolutamente, perché è un qualcosa che piacerà a molti ascoltatori di generi diversi, ed è una delle cose più originali e ben fatte ascoltate quest’anno.

TRACKLIST
1.The Garden of Earthly Delights
2.Pyre
3.Flagellants’ Song
4.Exhale
5.Theatre of War
6.The Great Mortality
7.To Embark
8.Here Be Monsters

LINE-UP
Andreas Skoglund – Drums and percussions, backing vocals
Jonas Lindh – Guitars, backing vocals
Mikael Lindström – Hurdy gurdy, bagpipes, rauschpfeife, backing vocals
Rikard Jansson – Bass, backing vocals
Erik Larsson – Guitars, mandola, cittern, rauschpfeife, vocals

APOCALYPSE ORCHESTRA – Facebook

Dogmate – Dual

In questo lavoro l’ hard rock alternativo ha preso le redini del sound del gruppo, mettendo leggermente più in ombra le sfumature stoner del primo album.

Avevamo incontrato i romani Dogmate in occasione del primo lavoro sulla lunga distanza, uscito tre anni fa dal titolo Hate, una mazzata pesantissima di hard groove stoner.

Li ritroviamo con il nuovo album, Dual, licenziato questa volta dalla Murdher Records e con un nuovo cantante, Michele ‘197’ Allori, che sostituisce Massimiliano Curto.
Le novità non si fermano qui, il sound infatti pur mantenendo un forte impatto groove risulta più alternativo rispetto all’atmosfera generale che si respirava sul precedente lavoro, che appariva molto più desertica e diretta.
I brani attuali sono più vari a livello ritmico e il gruppo non fa venire meno la sua carica, mantenendo un approccio non dissimile, ma è fuor di dubbio che in Dual l’ hard rock alternativo abbia preso le redini del sound del gruppo, mettendo leggermente più in ombra le sfumature stoner del primo lavoro.
Non manca il gran lavoro alla sei corde di Stefano Nuccetelli, sempre vicino allo stile di Zakk Wilde, mentre la sezione ritmica si ritaglia una performance da applausi per varietà e potenza (Ivan Perres alle pelli e Roberto Fasciani al basso).
Il nuovo arrivato dietro al microfono rende giustizia al lavoro ritmico così vario e dinamico con una prestazione che passa agevolmente da toni melodici a rabbiose e potenti frustate, ed il risultato non può che essere apprezzato.
Un salto nell’hard rock moderno e groovy del nuovo millennio, con una dose di rock alternative a legare il tutto, ed un lotto di canzoni potenti e perfette per spezzare colli in sede live: questo è Dual, sostenuto da brani come Mules Of Society, Who Knew e l’alternativa, con echi di System of A Down, Disembodied Understanding.
Era buona la prima e si continua su un buon livello con la seconda, confermando i Dogmate come ottima realtà da scoprire per gli amanti del genere.

TRACKLIST

1.Dual Mind
2.Mules Of Society
3.The Way It Is
4.Who Knew
5.The Only Thing I Failed
6.(Un)firm Act
7.Disembodied Understanding
8.Story Told
9.Stygian
10.Xàpwv

LINE-UP

Michele ‘197’ Allori – Vocals
Stefano ‘Sk’ Nuccetelli – Guitars
Ivan ‘Ivn’ Perres – Drums
Roberto ‘Jeff’ Fasciani – Bass

DOGMATE – Facebook

In Tormentata Quiete – Finestatico

Quella degli In Tormentata Quiete è una magia che si perpetua da diversi anni con una frequenza che egoisticamente vorremmo maggiore ma che, come l’apparizione nella volta celeste di una cometa ad intervalli di decenni, continua a meravigliare ogni volta e, proprio per questo, porta con sé il dono dell’eccezionalità.

Quella degli In Tormentata Quiete è una magia che si perpetua da diversi anni con una frequenza che egoisticamente vorremmo maggiore ma che, come l’apparizione nella volta celeste di una cometa ad intervalli di decenni, continua a meravigliare ogni volta e, proprio per questo, porta con sé il dono dell’eccezionalità.

L’accostamento di un album come Finestatico ad un evento cosmico non è affatto casuale, visto che l’universo e le sue stelle sono protagonisti del racconto messo in musica dalla band, che procede sulla sua personalissima strada con sempre maggior fermezza e chiarezza d’intenti, in virtù di un talento compositivo che nel nostro paese ha ben pochi termini di paragone.
Il tema lirico affrontato dall’ensemble bolognese è affascinante anche grazie allo stratagemma di dar voce ai corpi celesti, attribuendo loro sentimenti umani che affiorano via via tra unioni indissolubili, allontanamenti, moti di orgoglio, sensi di isolamento e di frustrazione.
Tutto questo, poi, trova il suo naturale approdo in un tessuto musicale talmente vario e cangiante da mettere in crisi anche il più tenace e fantasioso dei classificatori: la realtà è che gli In Tormentata Quiete sono portatori di arte musicale con la a maiuscola, che può essere assimilata al metal per qualche retaggio estremo che oggi, tutto sommato è più che altro riscontrabile nello screaming di Marco Vitale, fondamentale nel creare il peculiare intreccio con le due voci pulite, maschile a femminile (rispettivamente affidate a Simone Lanzoni ed Irene Petitto).
L’idea stessa di provare a descrivere, sia pure a grandi linee, i contenuti di Finestatico, mi appare a tratti un esercizio vano se non addirittura un atto di presunzione: come si può raccontare a parole, infatti, quello che invece è un accumulo di emozioni e sentimenti derivanti dall’ascolto di un’opera che si dipana con magica fluidità tra black, death, folk, doom, cantautorato e symphonic metal, senza che nessuna di tali componenti prevalga mai nettamente sull’altra ?
Mi limiterò solo, quindi, a consigliare vivamente a chiunque voglia farsi un’idea dell’ennesimo capolavoro firmato dagli In Tormentata Quiete di guardare ed ascoltare lo splendido video di R136a1, che non è la canzone più bella dell’album semplicemente perché lo sono tutte (anche se è una di quelle che prediligo assieme a Sirio, brano nel quale la componente folk si manifesta in maniera più netta).
Finestatico è un lavoro imprescindibile, offerto da una band unica il cui operato, in un paese normale, dovrebbe essere divulgato nelle scuole, invece di restare confinato ad un ambito underground, comunque mai così vivo e ricco di talenti che attendono solo ‘d’essere portati in superficie da una comunicazione più attenta e da un pubblico meno appiattito sui soliti nomi …

Tracklist:
1. Zero
2. Sole
3. R136a1
4. Eta Carinae
5. Sirio
6. RR Lyrae
7. Demiurgo

Line up:
Irene Petitto: Female Voice
Marco Vitale: Scream
Simone Lanzoni: Clean Vocals
Lorenzo Rinaldi: Guitars
Maurizio D’Apote: Bass
Antonio Ricco: Keyboards
Francesco Paparella: Drums

Special guests:
Clarinet by Irene Panfili
Music on “Demiurgo” by Luca Gherardi

IN TORMENTATA QUIETE – Facebook

King Satan – King Fucking Satan

La musica del gruppo finlandese risulta più adatta ai fans della musica sintetica che ai blacksters, quindi più congeniale ad una dimensione da locale dark/gothic che al palco di qualche festival dedicato a Lucifero.

Le vie del metal estremo sono infinite e tra i suoi esponenti molti non hanno paura di sperimentare forme di musica che, prendendo spunto dai due generi più importanti (death e black), cercano nuove vie, anche se poi tanto nuove a ben sentire non sono.

Poco male, anche perché la cosa molte volte funziona, come per esempio questo progetto industrial death/black metal di King Aleister Satan, frontman della black metal band Saturnian Mist, nel 2015 fondatore dei King Satan, partiti come progetto solista ma col tempo trasformati dal leader in gruppo vero e proprio.
King Fucking Satan è l’album di debutto che poggia le sue fondamenta sull’industrial e l’EBM e sopra vi costruisce un sound con riferimenti ai generi estremi, soprattutto black metal.
Il lavoro effettivamente strega al primo ascolto, dopo due brani si comincia a battere il piede come forsennati, l’elettronica è ben amalgamata al metal industriale che risulta più vicino a gruppi come gli Swamp Terrorists che ai Ministry, con qualche accenno alla dark wave ottantiana.
La parte estrema poi fa il resto, con scream e growl da demoni intrippati per i locali di Tampere (città di origine del gruppo) e qualche chorus accattivante che rende il tutto ancora più cool.
La musica del gruppo finlandese risulta più adatta ai fans della musica sintetica che ai blacksters, quindi più congeniale ad una dimensione da locale dark/gothic che al palco di qualche festival dedicato a Lucifero, ma se la curiosità vi assale e non avete grossi problemi con la musica elettronica un ascolto è consigliato.

TRACKLIST
1. Dance With The Devil
2. As Above So Below
3. Enter Black Fire
4. Psygnosis
5. Sex Magick
6. Satanized (Praise Hail Satan!)
7. Of Internal, Eternal & Spiritual War
8. Spiritual Anarchy
9. Destroy The World Or How To Combine Love And Misantrophy
10. Kali Yuga Algorithm

LINE-UP
King Aleister Satan – vox & all instruments
Kate Boss – vox, synths, piano
John Oscar Dee – guitars, bass
Martin Shemhamforash – synths, bass
Magister Demaniac – beats, additional instruments, programming

KING SATAN – Facebook

Avatarium – Hurricanes And Halos

Sin dal primo pezzo si capisce che questo disco è qualcosa di diverso, le immagini messe in musica sono forti e suscitano emozioni nell’ascoltatore.

Gli Avatarium sono un gruppo dai diversi punti forti, hanno una grande potenza e sanno bilanciare molto bene con un suono contaminato dagli anni 70 .

Il gruppo svedese ha saputo sviluppare una propria poetica molto appropriata nel trattare il doom classico, ma non c’è soltanto questo bensì una moltitudine di sensazioni e di musiche diverse, che entrano nel cuore dell’ascoltatore attraverso canzoni che lasciano il segno.
Questo disco è sicuramente un lavoro da sentire con molta cura e molta curiosità, perché nel panorama odierno l’offerta di questo tipo di musica non manca, ma la qualità degli Avatarium è assai difficile da trovare in giro. Sin dal primo pezzo si capisce che questo disco è qualcosa di diverso, le immagini messe in musica sono forti e suscitano emozioni nell’ascoltatore, la voce femminile di Jeannie-Ann Smith riesce a toccare vette molto alte, soprattutto nella drammatizzazione della musica. Una cosa che può sembrare ovvia, ma non lo è affatto, è la corretta e ottima pronuncia inglese della cantante che, a differenza di quanto accade in molti altri gruppi, riesce ad essere davvero credibile. Un altro elemento molto importante della musica degli Avatarium è l’organo, che dà un tocco di anni 70 sempre molto elegante ed incisivo, riesce a coinvolgere e trasforma le canzoni in qualcosa di unico. Troviamo anche nelle canzoni un pizzico di magia metal, nel senso di epicità della canzone, e momenti con melodie molto aperte ed epiche. Dentro questo gruppo convivono molti generi ma soprattutto il punto di forza degli Avatarium è il riuscire a fare un disco originale con elementi che non lo sono, ma che per essere proposti al meglio necessitano di un’ottima rielaborazione. Questo lavoro può essere ascoltato da persone con gusti differenti, perché una musica così può mettere tutti facilmente d’accordo, e il risultato è una vera e propria altalena di emozioni. Per rendersi conto della grandezza di questo disco basta ascoltare la traccia che dà il titolo al disco, Hurricanes And Halos, un manuale di cosa si può fare di veramente originale in un genere che dà possibilità, a chi ne ha il talento e la capacità, di creare determinate atmosfere. Questo disco è consigliabile a tutti quelli che vogliono sentire qualcosa di ben fatto e composto, non tanto per la tecnica ma quanto per il sentire, perché le sensazioni che offre sono quelle che ci fanno amare questo tipo di musica, sia esso doom o metal o blues, basta che questa fiamma bruci ancora.

TRACKLIST
01. Into The Fire / Into The Storm
02. The Starless Sleep
03. Road To Jerusalem
04. Medusa Child
05. The Sky At The Bottom Of The Sea
06. When Breath Turns To Air
07. A Kiss (From The End Of The World)
08. Hurricanes And Halos

LINE-UP
Jennie-Ann Smith: Vocals
Marcus Jidell: Guitar
Lars Sköld: Drums
Mats Rydström: Bass
Rickard Nilsson: Organ

AVATARIUM – Facebook

Wednesday 13 – Condolences

Per Wednesday 13 un album pienamente riuscito ed un un passo che piacerà non poco ai rockers dai gusti più metallici.

A Wednesday 13 bisogna riconoscere il merito di aver riportato in auge lo shock rock, quella mistura di horror punk, hard rock e glam che fece la fortuna di molte band (una fra tutte, i Misfits) nel passato, con i Frankenstein Drag Queens from Planet 13 prima, i Murderdolls poi, e per finire con la sua carriera solista, aggiungendovi un tocco di alternative metal quel tanto che basta per tramutare in zombie ubbidienti un bel po’ di rocker in giro per il mondo.

Inutile, almeno per chi segue da tempo le vicende di Mr.Joseph Poole, segnalare i due bellissimi album condivisi con Joey Jordison degli Slipknot con il monicker Murderdolls, ma pure la sua carriera solista non ha deluso, specialmente con i primi due lavori, ispirati comunque da uno stesso immaginario.
Condolonces, titolo di quest’ultima uscita ispirata dalla morte di Bowie, porta almeno due novità non da poco: la firma per Nuclear Blast e la produzione affidata a Zeuss (Hatebreed, Shadows Fall ed Emmure).
Il sound, detto della lunga title track, che rappresenta una sorta un record per il genere (più di sei minuti), e delle influenze metalliche ben marcate e neanche tanto distanti dai nostri confini (ultimi Death SS), continua la tradizione del cantante statunitense, con una serie di brani che uniscono l’attitudine horror/punk ad un rock alternativo pesante e ,come già espresso, più indirizzato verso lidi metallici, quasi estremi se consideriamo il genere suonato.
E allora aspettatevi un disco serio nell’approccio, meno strutturato su film e fumetti di serie B, ma reso oscuro e malato da una forte connotazione oscura, come a volere esorcizzare la morte, non solo a livello visuale.
Wednesday 13 allora se ne esce con una serie di brani dall’impatto pesantissimo, a tratti al limite del thrash (You Breathe, I Kill, Omen Amen e Prey For Me) altri in linea con le vecchie releases (What The Night Brings e Cadaverous), altri ancora con il dark metal che vela di malinconia tracce come la title track e la conclusiva Death Infinity.
Per Wednesday 13 un album pienamente riuscito ed un un passo che piacerà non poco ai rockers dai gusti più metallici.

TRACKLIST
01.Last Rites
02.What The Night Brings
03.Cadaverous
04.Blood Sick
05.Good Riddance
06.You Breathe, I Kill
07.Omen Amen
08.Cruel To You
09.Eulogy XIII
10.Prey For Me
11.Lonesome Road To Hell
12. Condolences
13. Death Infinity

LINE-UP
Troy Doebbler – Bass
Roman Surman – Guitar
Kyle Castronovo – Drums
Jack Tankersley – Guitar
Joseph Poole “Wednesday 13” – Vocals, Guitar

WEDNESDAY 13 – Facebook

Fäulnis – Antikult

In Antikult ci sono parti più rabbiose, ma la maggioranza del disco è occupata da ottimi mid tempo, con chitarre che sono molto vicine all’atmospheric black metal, però la musica dei Faulnis è meno caricata da distorsioni e più limpida e chiara.

Nuovo disco per i veterani tedeschi Fäulnis, con il loro black metal tendente al depressivo e all’atmosferico.

Antikult non si discosta molto dagli episodi precedenti, confermando l’ottima capacità compositiva del gruppo. Dentro Antikult si dipanano storie di disagio e di dolore, raccontate in tedesco, ma molto comprensibili. Per mezzo del black metal il gruppo di Amburgo costruisce una sorta di film scena per scena, mettendo l’ascoltatore al centro della narrazione. Definire poi questo disco black metal è riduttivo, si potrebbe quasi definirlo post black, perché i Fäulnis mostrano uno dei futuri possibili per questo genere che non è solo tale ma un modi di sentire la vita. In Antikult ci sono parti più rabbiose, ma la maggioranza del disco è occupata da ottimi mid tempo, con chitarre che sono molto vicine all’atmospheric black metal, però la musica dei Fäulnis è meno caricata da distorsioni e più limpida e chiara. Non mancano i momenti più classici, dove il black metal scorre in maniera più antica e vicina al verbo originale. Chi li conosce già sa cosa aspettarsi, mentre per chi non li ha mai sentiti saranno un’ottima sorpresa. I Fäulnis fanno parte della sottostimata scuola tedesca del black metal, che è stata fondamentale per lo sviluppo del genere, e che è stata anche più aderente allo spirito originale di molte altre scene. Dischi come Antikult, come detto sopra, sono anche innovativi e portano in avanti la crescita di un qualcosa che sta diventando davvero grande, ovvero il black metal altro. Storie, dolore ed empatia.

TRACKLIST
1.Metropolis
2.Block 19, Mahlstrom
3.Galgen, Kein Humor
4.MS Fäulnis
5.Im Auge Des Sturms
6.Kadaver
7.Arroganz Von Unten
8.Das Nagelkratzen
9.Der König

LINE-UP
Seuche – vocals
HP – drums
CW – bass
MRM – guitar
NN – guitar

Fäulnis – Facebook

Noumena – Myrrys

Il songwriting è l’arma in più di Myrrys, un album fresco, con i Noumena sempre attenti a piazzare melodie vincenti e bravi nell’alternare cavalcate death/dark a parti più intimiste, e con la lingua finlandese che dona un tocco di magia ad un sound già di per sé affascinante.

Quando nelle informazioni su di una band si legge la collaborazione del sommo Dan Swanö, si parte con la consapevolezza di essere al cospetto di un ottimo lavoro, perché troppa è l’esperienza e la bravura del musicista e compositore svedese per permettersi di sbagliare un colpo.

Ed infatti Myrrys, nuovo album dei finlandesi Noumena, non tradisce le aspettative che l’ingombrante padrino alla consolle crea, risultando un album di ottimo death metal melodico dalle tinte dark, pregno di sinfonie oscure e buona alternanza tra metal estremo e melodie.
Il gruppo è attivo da quasi vent’anni dunque non si parla di novellini, con una discografia vede quattro full length già editi più una manciata di lavori minori, così che il lavoro dell’ospite d’onore non è che l’ombrellino sul cocktail, che prevede metal classico potenziato dal death melodico e tanta malinconia che sfiora il gothic, in brani che saltellano qua e là tra metal estremo, folk e sinfonia.
Il songwriting è l’arma in più di Myrrys, un album fresco, con i Noumena sempre attenti a piazzare melodie vincenti e bravi nell’alternare cavalcate death/dark a parti più intimiste, e con la lingua finlandese che dona un tocco di magia ad un sound già di per sé affascinante.
Le ispirazioni sono da ricercare nei soliti nomi nati nella terra dei mille laghi, Amorphis e Sentenced su tutti, quindi se il death melodico dai richiami dark, epici e melanconici sono i vostri ascolti abituali, tracce come Kirouksen Kantaja e, soprattutto, la splendida Roihu non vi deluderanno di certo.

TRACKLIST
1.Kohtu
2.Metsän viha
3.Kirouksen kantaja
4.Sanat pimeydestä
5.Sanansaattaja
6.Roihu
7.Murhehuone
8.Pedon veri
9.Syvällä vedessä

LINE-UP
Hannu Savolainen – Bass
Ilkka Unnbom – Drums
Ville Lamminaho – Guitars
Tuukka Tuomela – Guitars
Antti Haapanen – Vocals
Suvi Uura – Vocals

NOUMENA – Facebook