Engulf – Subsumed Atrocities

Estremi, violentissimi ma assolutamente in grado di farvi innamorare al primo ascolto, questi due ottimi esempi della musica creata da Hal Microutsicos vi collocheranno in trepida attesa di un più sostanzioso full length.

Gli Engulf dal New Jersey non sono altro che una one man band dietro a cui si agita lo spirito estremo di Hal Microutsicos.

Il death metal proposto dal polistrumentista e cantante statunitense risulta assolutamente old school, ma ricco di cambi di tempo, tecnicamente ineccepibile e devastante guardando alla scena estrema dei primi anni novanta, tra approccio statunitense e piglio europeo.
Ne esce un ep di due brani, il primo di una trilogia che dovrebbe fungere da antipasto per un futuro full length dalle buone aspettative create dall’ascolto di Aeons Of Hate e Graviton.
Una ragnatela di riff pesanti come macigni, un growl dal sapore antico e tanta aggressione fanno di Subsumed Atrocities un ascolto consigliato agli amanti del genere, richiamando ovviamente i maestri del genere (su tutti i primi Death).
Estremi, violentissimi ma assolutamente in grado di farvi innamorare al primo ascolto, questi due ottimi esempi della musica creata da Hal Microutsicos vi collocheranno in trepida attesa di un più sostanzioso full length.

Tracklist
1.Aeons Of Hate
2.Graviton

Line-up
Hal Microutsicos – All Instrumentation, vocals, and drum programming.

ENGULF – Facebook

Blinded By Yellow Sunbeams – Heart Denied

Le musiche dei Blinded By Yellow Sunbeams sono qualcosa di originale per i suoli italiani, perché si vanno a posizionare al confine fra industrial, metal e pop, in quelle belle zone grigie di contaminazione.

Blinded By Yellow Sunbeams è l’ambizioso progetto musicale del triestino Christian Thomas Castorina, precedentemente fautore dei At The Funeral My Violet Rabbit.

Conclusa questa esperienza, comincia il percorso dei Blinded By Yellow Sunbeams, giunto ora al quarto album con Heart Denied. Le coordinate musicali sono quelle dell’industrial metal, con molte escursioni nei territori dell’ebm e dell’elettronica altra. La passione che Castorina mette dentro a questo progetto è tangibile, e la sua capacità compositiva gli permette di raggiungere buoni risultati. La musica di Heart Denied, come quella dei tre album che lo precedono, nasce per dare qualcosa all’ascoltatore, provando ad elevare la sua coscienza, o almeno la sua percezione. Nel disco troviamo luce e ombra, dolcezza e violenza, lo ying e lo yang che tutti ci portiamo dentro, ed è un esplorare, una ricerca approfondita dentro e fuori da noi. Le musiche dei Blinded By Yellow Sunbeams sono qualcosa di originale per i suoli italiani, perché si vanno a posizionare al confine fra industrial, metal e pop, in quelle belle zone grigie di contaminazione. Christian fa quasi tutto da solo e lo fa bene, imparando molto bene la lezione dei maestri per cercare una sua via originale, riuscendovi. Maneggiare molti registri diversi non è indice di confusione se lo si fa con cognizione di causa e con una progettualità, come succede qui. Vi sono molte atmosfere diverse e tante suggestioni, le idee vanno in molte direzioni e sono tutte valide.

Tracklist
1.2Sec4You
2.Negative
3.The Heart Denied
4.Unusual System Breakdown
5.I Have No ID
6.M.I.T.M.A.
7.Ctrl+Alt+Del

Line-up:
Christian Thomas Castorina

BLINDED BY YELLOW SUNBEAMS – Facebook

Marc Vanderberg – Highway Demon

Highway Demon è un album ricco di suoni metallici di stampo classico, dall’hard rock all’heavy metal, vario nelle atmosfere, suonato e cantato bene, in buona sostanza un ascolto soddisfacente per chi ama il genere.

Secondo lavoro per il chitarrista tedesco Marc Vanderberg che, aiutato dal solo Raphael Gazal, cantante dei Bulletback e dei Tailgunners, ci invita all’ascolto di questa raccolta di brani dal taglio hard & heavy, ovviamente di ispirazione classica, dove il buon Vanderberg oltre alla sei corde suona tutti gli strumenti.

Highway Demon, pur senza picchi clamorosi, risulta un buon album: i brani mostrano un piglio aggressivo, sono cantanti bene e il nostro musicista mantiene un approccio funzionale alle tracce senza stancare con evoluzioni da guitar hero.
Si passa così da brani hard rock ad altri heavy metal con facilità, mentre a tratti sfumature epiche ci portano in pieni anni ottanta confermando la natura classica dell’album.
Bad Paradise graffia a dovere e mette subito in risalto la bravura tecnica del polistrumentista tedesco, che fino alla ballad How Do You Feel mette la quarta a brani dal piglio aggressivo con un Gazal che si dimostra un singer capace.
Ci si destreggia nei quaranta minuti scarsi di metallo classico con buona alternanza di atmosfere e la power metal song When I Turn The Key si rivela una cavalcata metallica dirompente, mentre You’re Like Poison risulta un brano dai forti impulsi hard rock.
Il mid tempo epico di The Last Battle si avvicina a quanto fatto dal compianto Ronnie James Dio con il suo gruppo, mentre Vanderberg ci delizia con un brano strumentale e dal piglio neoclassico vicino a sua maestà Malmsteen come la conclusiva Total Eclipse.
Highway Demon è un album ricco di suoni metallici di stampo classico, dall’hard rock all’heavy metal, vario nelle atmosfere, suonato e cantato bene, in buona sostanza un ascolto soddisfacente per chi ama il genere.

Tracklist
01. Highway Demon
02. Blue Eyes
03. Bad Paradise
04. The Last Battle
05. How Do You Feel
06. Indispensible
07. You´re Like Poison
08. When I Turn the Key
09. The Final Chapter
10. Total Eclipse (Instrumental)

Line-up
Mak Vanderberg – All Instruments
Raphael Gazal – Vocals

MARC VANDERBERG – Facebook

Æsthetica – Sonorus Æon

Sicuramente una band che rappresenta una gradevolissima novità, direttamente dalla tundra norvegese. Energia, impegno grande qualità sono le parole chiave.

Gli Æsthetica si distinguono ancora una volta, nel vastissimo e intricato panorama doom, per la loro evidente versatilità e apertura mentale nel trattare questo genere. Non occorrono comunque eccessivi ornamenti per potersi differenziare, e questo non è sicuramente il loro intento.

Sonorus Æon è un album che si presenta senza troppe formalità, giusto per far capire a chi non conoscesse questi ragazzi norvegesi di che pasta sono fatti. Infatti, già dal brano di apertura dell’album Haze si ha l’impressione, poi confermata, che il sound della band abbia come punto di forza quello dell’energia, della vitalità e di un doom pulito.
Come sappiamo, però, la cosiddetta pulizia può essere un limite per chi si approccia a questo genere, nel quale sporcarsi le mani è quasi un battesimo. Gran parte di questo limite è la voce, che in molti frangenti non è abbastanza “malata” per stare al passo di una parte strumentale, soprattutto rispetto all’ottima chitarra, che invece ci dà un immaginario diverso e quasi perfetto.
Ma dato che anche la parte vocale ha delle qualità indubbie, ecco che vengono fuori al 100% nel brano Worshipper, forse il più riuscito di tutto il disco. Qui tutto è esattamente in simbiosi e ci vengono restituiti i tratti sacrali ed anche un po’ immortali dei primi Black Sabbath. Un pezzo di cui sicuramente i fan del genere potranno godere a pieno, e nel quale la band trova la quadratura del cerchio.
In chiusura, sicuramente un lavoro di alto livello per questa band scandinava, pur essendo ancora in chiara fase di sperimentazione.

Tracklist
1. Haze
2. Todesfuge
3. La Paz
4. Gates
5. Worshipper
6. Ekstasis

Line-up
Tobias Brynildsbakken Huse
Simon Dahl Okoniweski
Vetle Bråten Rian
Petter Rosendahl Moland

AESTHETICA – Facebook

Antigama – Depressant

Pensate ai Brutal Truth di Need To Control sconvolti da venti apocalittici provenienti da Ministry e Devin Townsend, e poi immergetevi tra le note estreme e futuriste, letali e impietose di Depressant.

I polacchi Antigama non sono certo un nome nuovo nel panorama death/grind europeo.

Nato all’alba del nuovo millennio, il quartetto originario della capitale Varsavia può contare su una discografia numericamente importante con sette lavori sulla lunga distanza, una marea di split e lavori minori ed un passato con la gloriosa Relapse, etichetta che è sempre stata un punto di riferimento per queste sonorità.
La proposta degli Antigama risulta un metal estremo e violentissimo, contaminato da fredde digressioni industriali, per niente caotico nel suo tsunami di watt, ma chirurgico quel tanto che basta per annoverarlo tra i meandri dell’ala moderna del genere: venti minuti di devastazione sonora senza soluzione di continuità, continui passaggi parlati che introducono alla violenza industriale e core che si  sprigiona da questi sette brani, che nulla tolgono e nulla aggiungono alla tradizione musicale del quartetto polacco.
Pensate ai Brutal Truth di Need To Control sconvolti da venti apocalittici provenienti da Ministry e Devin Townsend, e poi immergetevi tra le note estreme e futuriste, letali e impietose di Depressant, così che l’esperienza con il sound del gruppo sia totalmente spiazzante.
Gli Antigama sono una band che negli anni ha mantenuto una sua precisa identità, confermata da queste sette scariche nucleari.

Tracklist
1.Empty Paths
2.Anchors
3.Division of Lonely Crows
4.Now
5.Room 7
6.Depressant
7.Shut Up

Line-up
Łukasz Myszkowski – vocals, electronics
Sebastian Rokicki – guitars
Sebastian Kucharski – bass
Paweł ‘Pavulon’ Jaroszewicz – drums, percussions

ANTIGAMA – Facebook

American Standards – Anti Melody

Gli American Standards sono un grande gruppo di hardcore non convenzionale o artefatto, questa è musica che sanguina per davvero.

Gli ultimi tempi sono stati davvero difficili per questo gruppo americano di hardcore che sfocia nel metalcore.

Il chitarrista e membro fondatore Cody Conrad si è suicidato recentemente ed il padre del cantante Brandon Kallum è morto di cancro. Da qui parte la genesi di questo disco, un vero pugno nella faccia, fatto di hardcore potente e dalle molte sfaccettature, un suono che si sviluppa in molte direzioni. I ragazzi sono maturati molto ed il loro suono ha preso una direzione ben precisa, andando verso quel nuovo ibrido hardcore che i Converge hanno fatto nascere anni fa. Il suono è crudo, violento, veloce e senza fronzoli, molto americano nel suo essere hardcore moderno. Il disco è figlio del dolore, della perdita e della separazione da chi amiamo, e l’hardcore è l’abito perfetto per descrivere queste sensazioni. Non rimane molto tempo per perdersi in commiserazioni, non abbiamo la possibilità di schiacciare il tasto rewind o di riportare indietro la linea di avanzamento. Possiamo solo andare veloci e cercare di non farci male o di non procurarlo, sballottati dalla vita. Gli American Standards hanno preso dei bei colpi, e hanno riversato il loro dolore nella musica, facendo un notevole album di hardcore moderno. Ci sono momenti veloci ma anche passaggi più lenti ancora più devastanti di quelli veloci. Ci sono molti riferimenti all’opera dei maestri Converge, ma gli American Standards trovano una maniera personale ed efficace di fare musica. Anti Melody è un disco molto maturo e completo, che non segue l’attuale tendenza al metalcore di certi gruppi hardcore specialmente americano. L’hardcore è un linguaggio dalle molte applicazioni, ed in questo caso serve per gridare, per piangere chi non c’è più in una maniera diversa e positiva, urlando la rabbia condividendola con le altre persone. Cosa ancora più importante di tutte, è che gli American Standards sono un grande gruppo di hardcore non convenzionale o artefatto, questa è musica che sanguina per davvero.

Tracklist
1.Writers Block Party
2.Carpe Diem, Tomorrow
3.Church Burner
4.Bartenders Without Wings
5.Danger Music #9
6.Cancer Eater
7.Broken Culture
8.Chicago Overcoat

Line-up
Brandon Kellum- Vocals
Corey Skowronski- Guitar
Steven Mandell- Bass
Mitch Hosier- Drums

AMERICAN STANDARDS – Facebook

Satanic – Architecture Of Chaos

I Satanic sono la classica band di genere, prendere o lasciare, eroi di un certo modo di fare metal per alcuni, troppo ancorati a vecchi ed ormai obsoleti cliché per altri, ma come sempre la verità sta nel mezzo.

Questo gruppo proveniente dal Quebec licenzia l’esordio tramite Brutal Records intitolato Architecture Of Chaos, incentrato su un thrash metal old school che non disdegna di bersi una birra con il death e finire per le strade a far casino.

Dall’attitudine anni ottanta, così come il proprio sound, i Satanic ci propongono dunque la loro versione di metal estremo: i cliché utilizzabili ci sono tutti, le soluzioni a livello di songwriting risultano poco fantasiose e il sound procede spedito con il pilota automatico verso il muro dove si schianterà producendo un boato metallico assordante.
Sodom/Kreator/Destruction si danno il cambio con Possessed e Venom tra lo spartito di questa raccolta di brani fatti di ritmiche velocissime, batteria a mitraglia e solos taglienti come rasoi.
Architecture Of Chaos è tutto qui, i brani si susseguono senza soluzione di continuità, ignoranti e d’impatto e sono la perfetta colonna sonora di una serata alcolica a base di metallo pesante, con un paio di tracce che permettono al lavoro di alzare la testa come Armageddon e la conclusiva Tchernobyl86, più lunghe e varie delle restanti della tracklist.
I Satanic sono la classica band di genere, prendere o lasciare, eroi di un certo modo di fare metal per alcuni, troppo ancorati a vecchi ed ormai obsoleti clichè per altri, ma come sempre la verità sta nel mezzo.

Tracklist
1.Mephistophelian
2.World Of Chaos
3.Procesing The Undead
4.Architecture Of Apocalypse
5.Armageddon
6.Systematic Fear
7.Biotech Warfare
8.Tchernobyl86

Line-up
Martin Carle – Drums
Guillaume Petit – Guitars, Vocals
Izaac Baaudoin – Bass, Vocals

SATANIC – Facebook

Under The Church – Supernatural Punishment

Gli svedesi Under The Church fanno tornare il sorriso agli amanti del death metal scandinavo con una serie di brani che sono l’abc di quel sound che fece tremare il mondo.

Swedish death metal di origine controllata, impatto, riff ed un’attitudine old school che riportano inevitabilmente indietro nel tempo di almeno venticinque anni: niente di più e niente di meno, ma assolutamente in grado di entusiasmare chi ancora è posseduto dai demoni entrati nel corpo dopo il morso virale di uno zombie.

Ecco cosa si trova in questo ottimo album degli Under The Church, accompagnato da una splendida copertina che riassume quello che troverete tra i solchi di Supernatural Punishment, il secondo full length dopo Rabid Armageddon uscito nel 2015, a formare una discografia che si compone anche di un ep omonimo, un live ed uno split.
Ma veniamo a questo ottimo esempio di death metal scandinavo, licenziato dalla Pulverised Records, che arriva alla fine di un anno avaro di uscite del genere, specialmente se confrontato con quello precedente.
Niente di male, ci pensano gli Under The Church a far tornare il sorriso agli amanti del genere con una serie di brani che sono l’abc di quel sound che fece tremare il mondo: riff malati, velocità sostenuta, stop and go micidiali e quella melodia nascosta tra le corse sui manici delle sei corde, ma importantissima per marchiare a fuoco il sound di questo gioiellino.
Allora, amanti degli Edge Of Sanity, Entombed e compagnia, fatevi travolgere dalla forza di Supernatural Punishment e delle sue nove devastanti tracce, di cui The Stygian Horror è il perfetto benvenuto che gli Under The Church vi danno prima di venire inseguiti da zombie famelici al suono delle varie Ancient Ritual, Vitalizing Funeral e Wretched Disfigurement.

Tracklist
1. The Stygian Horror
2. Supernatural Punishment
3. Ancient Ritual
4. Staircase To Hell
5. Vitalizing Funeral
6. The Death Of Innocence
7. Crypt Of Pelvises
8. Wretched Disfigurement
9. Silence Of The Shadows

Line-up
Erik Qvick – drums
Lars Henriksson – bass
Erik Sahlström – vocals
Erik Wallin – guitars
Marcus Klack – guitars

UNDER THE CHURCH – Facebook

Sartegos / Balmog – Split 7″

Uno split che mette in luce due realtà interessanti, contigue per appartenenza geografica ma differenti per l’approccio al black metal.

Uno split album dallo spirito ben poco natalizio, questo edito dalla Caverna Abismal: l’etichetta portoghese attinge dai vicini confini spagnoli proponendo l’accoppiata galiziana formata da Sartegos e Balmog.

I primi sono una one man band guidata da Rou Sartegos, con all’attivo un ep ed un altro split, e la traccia presente sul lato A del 7”, Lume do Visitante – Morrer no Nas, mette in mostra il black death che ci si aspetta da queste uscite che provengono dagli strati più profondi dell’underground metal: un growl rantolante sovrasta ritmiche martellanti che si aprono però, sorprendentemente, allorché la chitarra solista prende campo, regalando intuizioni tutt’altro che banali e una certa imprevedibilità all’interno di un mood tanto naif quanto oscuro.
I Balmog sono invee un trio afferente in maniera più ortodossa al black metal, quindi risultando di maggiore impatto nell’immediato ma leggermente più prevedibile alla lunga rispetto a Sartegos; Venomous è comunque un bel brano dal pregevole sviluppo melodico, che conferma quanto di buono già fatto da una band dalla storia abbastanza lunga e disseminata di uscite, inclusi due full length nel 2012 e nel 2015.
In sostanza, questo split mette in luce due realtà interessanti, contigue per appartenenza geografica ma differenti per l’approccio al genere: due aspetti che, nonostante la sua brevità, rendono il lavoro appetibile agli estimatori di un black iberico che mostra da tempo un certo fermento.

Tracklist:
Side A
1. Sartegos – Lume do Visitante – Morrer no Nas
Side B
2. Balmog – Venomous

Line-up:
SARTEGOS
Rou Sartegos – Everything

BALMOG
Morg – Bass
Virus – Drums
Balc – Vocals, Guitars

BALMOG – Facebook

Mhönos – LXXXVII

Per poco più di quaranta minuti tutto il dolore ed il male che ci scrolliamo dalle spalle, considerandolo solo frutto di paure ancestrali, viene evocato dai Mhönos fino a mostracelo con il suo sinistro carico di ineluttabile morte e disfacimento.

Per i francesi Mhönos si ripropone l’eterno dilemma che attanaglia chi deve esprimere un parere su musica decisamente fuori dagli schemi, che è quello di capire se si tratta di vera genialità oppure di un’accozzaglia di suoni messi assieme senza un’apparente logica.

A mio modo di vedere, ogni forma di sperimentazione musicale deve anche mantenersi in un alveo entro il quale l’ascoltatore possa percepire un qualche disegno che consenta di assimilare opere, altrimenti, a forte rischio d’essere considerate un’esibizione di rumore fine a sé stesso.
LXXXVII oscilla pericolosamente su questo confine e immagino che la sua collocazione, dall’una o dall’altra parte, dipenda non solo dalla predisposizione dei diversi soggetti a simili ascolti ma, addirittura, dall’umore specifico di una stessa persona nel momento in cui il sound dei Mhönos viene si fa strada  senza alcuna misericordia.
Cercando d’essere asettici ed obiettivi il giusto, credo che questo sia un lavoro di notevole spessore, perché qui il male cessa d’esser un qualcosa che ci accompagna in maniera subliminale per proporsi in uno stato quasi solido, tramite una forma di black metal stravolta da un approccio rituale che porta il tutto su un piano ambient drone, con l’aggiunta di vocals quanto mai malevole a completare il quadro.
I Mhönos offrono un’opera che rischia seriamente di finire derubricata a sottobicchiere se acquistata in formato cd da qualcuno che non ha ben chiaro quali siano le finalità di questi misteriosi “frati” transalpini; viceversa, se si possiede un minimo di masochistica familiarità con certi suoni, è difficile restare indifferenti a questa esibizione di velenosa ed oscura follia musicale.
Per poco più di quaranta minuti tutto il dolore ed il male che ci scrolliamo dalle spalle, considerandolo solo frutto di paure ancestrali, viene evocato dai Mhönos fino a mostracelo con il suo sinistro carico di ineluttabile morte e disfacimento: il tutto senza fare neppure troppo rumore, ma affidandolo a sonorità minimali ed artifici vocali che da sgradevoli si fanno via via insinuanti fino a non poter essere più scacciati dalla memoria.
LXXXVII va sicuramente ascoltato, sia pure a proprio rischio e pericolo …

Tracklist:
1. I
2. II
3. III
4. IV

Line-up:
Frater Erwan: basso, cori
Frater Nikaos: percussioni
Frater Samuel: percussioni
Frater Nehluj: basso, coro
Frater Alexandre: basso, cori
Necropiss: voce

MHÖNOS – Facebook

Master/Dehuman – Decay into Inferior Conditions

Un buon split da parte della Xenokorp, che non deluderà gli amanti di queste iniziative assolutamente underground, alle prese con una band storica (Master) ed un ottimo gruppo di outsider (Dehuman).

Per gli amanti del death metal la Xenokorp licenzia questo sanguinoso split che vede scendere in campo i veterani Master e i molto più giovani Dehuman.

Registrati in Finlandia lo scorso anno i quattro storici brani proposti dai Master ci presentano un trio ancora sul pezzo per grinta ed attitudine estrema: quello della band di Paul Speckmann (ultimamente alle prese con Cadaveric Poison, Death Strike, Johansson & Speckmann), attiva fin dalla metà degli anni ottanta,  è un thrash/death old school che possiede lo stesso marchio di quello storico suonato da Possessed e compagnia di estremisti sonori.
Le tracce sono prese da un bootleg ufficiale, il suono non è un granché, ma l’atmosfera underground e old school rendono il tutto molto gustoso per i fans dei Master che, nell’occasione, festeggiavano i trentacinque anni di carriera nel mondo del metal estremo.
I Dehuman sono invece un quartetto belga: nati una decina di anni fa, hanno rilasciato due full length e si presentano con questi tre devastanti brani suonati live in studio; il sound delle varie Morbid Sound, Sepulcher Of Malevolence e Apocalypse And Perdition segue la lezione dei maestri europei che devastarono il vecchio continente ormai trentanni fa.
Ill gruppo ci travolge con un death metal battagliero e senza compromessi, tra Bolt Thrower e Napalm Death, oscuro e selvaggio, lasciando un’ottima impressione e la consapevolezza di essere al cospetto di una band tripallica e dall’impatto notevole.
Un buon split da parte della Xenokorp, che non deluderà gli amanti di queste iniziative assolutamente underground, alle prese con una band storica (Master) ed un ottimo gruppo di outsider (Dehuman).

Tracklist
1. MASTER – Master
2. MASTER – Subdue the Politician
3. MASTER – All We’ve Become
4. MASTER – Slaves to Society
5. DEHUMAN – Morbid Sun
6. DEHUMAN – Sepulcher of Malevolence
7. DEHUMAN – Apocalypse and Perdition

Line-up
Master:
Paul Speckmann – Bass, Vocals
Alex Nejezchleba – Guitars
Zdenek Pradlovsky – Drums

DEHUMAN:
Andrea Vissol – Bass & Vocals
Rafaël Sellekaerts – Guitars
Lou-Indigo Triagone – Guitars
Laye Louhenapessy – Drums

MASTER – Facebook

DEHUMAN – Facebook

Degial – Predator Reign

Un sound infernale creato per destabilizzare e rubare anime da portare all’oscuro signore in un’atmosfera di indicibile caos.

Se verrete risucchiati nel vorticoso maelstrom creato dai Degial, difficilmente riuscirete a tornare indietro restando imprigionati in un oscuro e personale inferno.

I Degial sono un quartetto svedese attivo da ormai più di dieci anni, hanno dato alle stampe un ep e due full length (Death’s Striking Wings uscito nel 2012 e Svage Mutiny licenziato un paio di anni fa), e tornano con il terzo album sotto Sepulchral Voice Records, questo massacro sonoro dal titolo Predator Reign, fatto di corse lungo i binari del black metal e cavalcate sul destriero death, in un’atmosfera apocalittica e rigorosamente old school.
Riff che creano vortici di male in musica, ritmiche devastanti, scream/growl da orco ferito e dunque (come un animale) ancora più rabbioso e crudele, vanno a comporre un sound infernale creato per destabilizzare e rubare anime da portare all’oscuro signore.
La title track, posta in apertura, e la successiva Thousand Spears Impale, vi danno il benvenuto nel regno della violenza e del caos primordiale, dove non ci sono rallentamenti o aperture a qualsivoglia melodia, solo terrore e rabbia, un massacro che continua imperterrito con Devil Spawn Hellstorm, cuore nero dell’album che pulsa al ritmo inumano di un sound bestiale e senza compromessi.
Clangor Of Subjugation mette la parola fine al massacro con sei minuti di black death epico ed oscuro che trascina a forza verso il fondo dell’inesorabile gorgo.

Tracklist
1.Predator Reign
2.Thousand Spears Impale
3.The Savage Covenant
4.Crown Of Fire
5.Devil Spawn
6.Hellstorm
7.Heretical Repugnance
8.Annihilation Banner
9.Triumphant Extinction
10.Clangor Of Subjugation

Line-up
H. Death – Vocals/Guitar
R. Meresin – Guitar
E. Forcas – Drums
P.J. Vorum – Bass

DEGIAL – Facebook

Begerith – A.D.A.M.

Chi ama il death metal più intenso e veloce qui troverà davvero un bel disco.

In fondo al 2017 arriva questo gran disco di death metal dei Begerith.

Questi ultimi sono dei russi di Vladivostok che si sono trasferiti in Polonia, ed effettivamente il loro suono è molto influenzato dalla scuola polacca del death metal, fatta conoscere nel mondo da gruppi come Behemoth, Vader e Hate, per citare quelli maggiormente conosciuti.
I Begerith sono al loro secondo lavoro sulla lunga distanza, e con A.D.A.M. Mettono in mostra tutte le loro qualità. Il suono, come detto sopra, è un death metal molto polacco, e ci sono anche forti influenze black metal, quello delle origini. Trovano anche molto spazio dei virtuosismi chitarristici mai fini a loro stessi, che potenziano la struttura dei brani. I Begerith mettono al centro di tutto la musica e ciò che veicolano con essa, infatti non si sanno i nomi dei componenti del gruppo, che sono indicati come Begerith e numerati da 1 a 4. Non si perde nemmeno tempo con i titoli delle canzoni, come potete notare. Il disco funziona davvero molto bene, è molto potente e bilanciato, ha un’ottima produzione e riesce a tenere sempre alta la tensione. Pur venendo da un ambiente musicale ben preciso i Begerith sono unici e il loro death è molto personale e devastante. Il disco è incentrato sulla figura di Adamo, scagliato da Dio sulla Terra, mostrando tutta la sua tracotanza. I testi sono molto interessanti, come spesso succede nel death metal, e non sono solo un contorno. I Begerith sono un gruppo affermato nella scena death metal, ed impressioneranno ancora di più grazie a questa prova, che è davvero buona.
Chi ama il death metal più intenso e veloce qui troverà davvero un bel disco.

Tracklist
1.Nome Fatas Hiss Mortus
2.A.D.A.M. I
3.A.D.A.M. II
4.A.D.A.M. III
5.A.D.A.M. IV
6.A.D.A.M. V
7.A.D.A.M. VI
8.A.D.A.M. VII
9.A.D.A.M. VIII
10.A.D.A.M. IX
11.A.D.A.M. X

Line-up
Begerith I – vocals, guitars
Begerith II – guitars
Begerith III – bass
Begerith IV – drums

BEGERITH – Facebook

Nucleus / Macabra – Fragmented Self

Fragmented Self è un’uscita di buona fattura che consente di fissare il punto sul progresso di queste due interessanti band estreme.

Menzione d’obbligo con diversi mesi di ritardo sull’uscita per questo split album, che vede alle prese due realtà piuttosto consolidate della scena death statunitense, i Nucleus ed i Macabra.

I Nucleus provengono da Chicago ed in questo quinquennio di attività si sono già messi in buona evidenza con il full length Sentient dello scorso anno; i tre brani presentati confermano quanto detto passando dal brutal di Fragment al putrido death doom di Assimilation (brano davvero notevole) per ritornare di nuovo ad infierire con il triturante incedere di Beacon, traccia comunque meno brillate delle precedenti anche in virtù di qualche scelta ritmica opinabile.
I Macabra sono guidati dal ben noto Mark Riddick (Fetid Zombie) che fin dalla fondazione della band, risalente al 2011, si accompagna al vocalist franco belga Adrian Weber; a differenza dei compagni di split la forma di death che viene proposta è più composita e dissonante e, di conseguenza, più dispersiva.
In tal senso, se Ellipsis of Self non è che convinca moltissimo, si rivela senza’altro più interessante Breath Thief, che possiede spunti più ariosi grazie al prevedibilmente ottimo lavoro di chitarra di Riddick; Handle with Pain vede un notevole rallentamento dei ritmi ed anche qui, come nel precedente brano, appaiono rimembranze, non so quanto volute, dei primissimi Septic Flesh.
In sostanza, Fragmented Self è un’uscita di buona fattura che consente di fissare il punto sul progresso di queste due interessanti band estreme: personalmente preferisco i Nucleus, che magari sono meno imprevedibili ma più compatti nella loro proposta rispetto ai Macabra, ai quali non mancano certo sprazzi di notevole brillantezza, a tratti opacizzati a livello ritmico dall’assenza di una batteria “umana”, cosa che in ambito death più che in altri generi si fatica a digerire.

Tracklist:
1. Nucleus – Fragment
2. Nucleus – Assimilation
3. Nucleus – Beacon
4. Macabra – Ellipsis of Self
5. Macabra – Breath Thief
6. Macabra – Handle with Pain

Line-up:
NUCLEUS
Dave Muntean – Vocals, Guitars
Dan Ozcanli – Vocals, Guitars
Ryan Reynolds – Bass
Pat O’Hara – Drums

MACABRA
Adrien “Liquifier” Weber – Vocals and text
Mark Riddick – Guitar, bass, drum programming, keyboard, and visuals

NUCLEUS – Facebook

MACABRA – Facebook

Twingiant – Blood Feud

La progressione è incessante e senza scadimenti o cedimenti, anzi più ci si addentra dentro il disco più si viene ammaliati da questo suono, che renderà felice chi ama la musica pesante e pensante.

Devastazione completa operata mediante un uso massiccio di sludge e stoner all’ennesima potenza.

I Twingiant vengono dalla calda Phoenix, Arizona, sono attivi dal 2010 e questo è il loro terzo album sulla lunga durata. Il loro suono è molto pesante, un riuscito connubio fra potenza, lentezza ed una maestosità tipica di quei gruppi che hanno un passo differente rispetto alla maggior parte degli altri. Ascoltandoli si può percepire nettamente la grande capacità compositiva, che li porta a scrivere ed a suonare canzoni di ampio respiro, che ampliano la mente dell’ascoltatore mediante un potente rumore. Blood Feud è il racconto di un massacro, che procede ora lento ora veloce, ma che inesorabilmente spezza tendini e mette fine a molte vite. La progressione è incessante e senza scadimenti o cedimenti, anzi più ci si addentra dentro il disco più si viene ammaliati da questo suono, che renderà felice chi ama la musica pesante e pensante. I Twingiant hanno un tocco personale e riconoscibile, essendo uno dei migliori gruppi del genere, e il loro disco sarà una gioia per molte tormentati sonori. Le tracce si susseguono in maniera mirabile, costruendo un filo narrativo che le unisce in modo ben strutturato e complesso, granitico e terribile. Ci sono vari livelli in questo disco, e pur apprezzandolo fin dal primo ascolto, si riesce a cogliere sempre qualcosa di diverso ad ogni passaggio successivo. Alcuni momenti sono epici, come se ci trovassimo davvero nel Giappone medioevale, e la vita fosse solo una questione di affilatura della spada.

Tracklist
1.Throttled
2.Poison Control Party Line
3.Ride The Gun
4.Re-fossilized
5.Shadow of South Mountain
6.Formerly Known As
7.Last Man Standing
8.Kaishakunin

Line-up
Jarrod – Bass/Vocals
Nikos – Lead/Rhythm Guitar/Backup Vocals
Tony- Lead/Rhythm Guitar/Backup Vocals
Jeff – Drums

TWINGIANT – Facebook

Igorrr – Savage Sinusoid

C’è tantissimo qui, e descriverlo è davvero impossibile, deve essere un’esperienza personale, basti dire che è una delle migliori cose musicali che vi potrebbe capitare fra le mani, un unicum al mondo, forse nell’universo, perché è a quest’ultimo che Savage Sinusoid si riferisce.

Come in un immenso videogioco musicale o un divertissement molto corposo e di valore, ecco il nuovo disco di Igorrr, il progetto del geniale multi strumentista francese Gautier Serre.

La sua musica è completamente libera, slegata da ogni pregiudizio di genere, o per accontentare il pubblico, ma scaturisce libera dalla sua genialità. Che Gautier sia geniale non lo si scopre certamente oggi, ma con questo Savage Sinusoid potrebbe aver toccato il suo apice creativo fino ad oggi almeno. Il disco non ha uno sviluppo, ma è caos messo in musica. Il caos ha solo per noi piccoli occidentali un’accezione negativa, mentre in molte altre culture è sinonimo di creatività e di sviluppo, come lo è in natura, si veda la relativa teoria. E in questo disco è esattamente così, si passa dall’oltranzismo in quota Meshuggah, alla drum and bass più scalciante, dal djent maggiormente spinto al death metal futurista. Parlare di generi non ha però molto senso qui, perché ci si trova di fronte ad un potentissimo flusso di coscienza sonoro, un vento che soffia impetuoso e e fortissimo, un’ordalia di suoni che grazie alla bravura di Gautier acquista un senso compiuto e non diventa mai confusione. Non ci vuole una mente aperta bisogna solo aprirla di fronte a tanta abbondanza e ad un disegno totalmente differente, una potente visione ed un immaginario floridissimo. C’è tantissimo qui, e descriverlo è davvero impossibile, deve essere un’esperienza personale, basti dire che è una delle migliori cose musicali che vi potrebbe capitare fra le mani, un unicum al mondo, forse nell’universo, perché è a quest’ultimo che Savage Sinusoid si riferisce.

Tracklist
1.Viande
2.ieuD
3.Houmous
4.Opus Brain
5.Problème d’émotion
6.Spaghetti Forever
7.Cheval
8.Apopathodiaphulatophobie
9.Va te foutre
10.Robert

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Persecutory – Towards The Ultimate Extinction

Towards The Ultimate Extinction è un lavoro che definire estremo è un eufemismo: gli amanti del true black metal probabilmente sono i più indicati all’ascolto ma, pane per i loro denti, lo troveranno pure i fans del thrash metal old school.

Una tempesta musicale senza compromessi, black metal feroce che si allea con il thrash ed il death per tormentarvi fino a che le vostre già deboli resistenze crolleranno sotto i colpi dei quattro demoni turchi chiamati Persecutory.

Towards The Ultimate Extinction è un attacco delle forze del male contro il mondo, le urla delle anime dannate trasformate in guerrieri oscuri arrivano direttamente dall’inferno, mentre accelerazioni pazzesche, mid tempo distruttivi ed impatto devastante sono solo alcune delle armi usate dalla band proveniente da Istanbul.
I Persecutory non conoscono pietà, ma solo la crudele e sadica rabbia con cui travolgono già dall’opener Pillars Of Dismay, seguita dagli undici minuti in pieno inferno descritti dalla title track un brano lunghissimo che passa da litanie black/doom a ripartenze true black metal e devastanti e potentissime iniezioni thrash old school.
Quattro loschi demoni al servizio del metal estremo, un’efferata prova di forza che non lascia scampo e non fa prigionieri con Awakening The Depraved Era e la conclusiva Maelstroms Of Antireligious Chaos che, come un vento oscuro ed atomico, spazza via gli ultimi sopravvissuti, anime che vengono spazzate via dalla forza dei Persecutory.
Towards The Ultimate Extinction è un lavoro che definire estremo è eufemismo: gli amanti del true black metal probabilmente sono i più indicati all’ascolto ma, pane per i loro denti, lo troveranno pure i fans del thrash metal old school.

Tracklist
1.Pillars Of Dismay
2.Towards The Ultimate Extinction
3.Till Relentless Salvation Comes
4.Along The Infernal Hallways
5.Awakening The Depraved Era
6.Hegemony Of The Ruinous Impurity
7.Maelstroms Of Antireligious Chaos

Line-up
Tyrannic Profanator – Vocals
Infectious Torment – Guitars, Bass
Vulgargoat – Guitars, Vocals
A.D.B – Drums

PERSECUTORY – Facebook