Uncledog – Passion Obsession

Gli Uncledog ripartono per un excursus musicale sul rock alternativo che ha caratterizzato gli ultimi venticinque anni di musica, tramite dieci brani, assolutamente perfetti, convincenti, zeppi di melodie e urla elettriche che tornano a far parlare di grunge rock, senza per forza trasformarsi in copie sbiadite di più famose e riconoscibili canzoni provenienti dall’altra parte dell’oceano.

Tornano i grunge rockers padovani Uncledog con il secondo lavoro sulla lunga distanza, successore di Russian Roulette licenziato nel 2014.

Prodotto da Pietro Foresti e sul mercato sempre tramite la Vrec, Passion Obsession è un concept sulle passioni, come ben evidenziato dal cuore in copertina, strapazzato da chi appunto vive di emozioni in una vita sempre più piatta e materiale.
Da qui il gruppo riparte per un excursus musicale sul rock alternativo che ha caratterizzato gli ultimi venticinque anni di musica, tramite dieci brani, assolutamente perfetti, convincenti, zeppi di melodie e urla elettriche che tornano a far parlare di grunge rock, senza per forza trasformarsi in copie sbiadite di più famose e riconoscibili canzoni provenienti dall’altra parte dell’oceano.
Gli Uncledog invero le loro personali influenze le manipolano facendo proprie quelle caratteristiche che permettono a Passion Obsession di tenerci ben salde le cuffie alle orecchie, componendo una tracklist che non trova ostacoli, per cui sembra proprio che il cuore in copertina cominci a battere sotto i nostri occhi, mentre O.E.K.E., i ritmi di matrice Funky/reggae del singolo Four Leaf Clover, Wow (brano bellissimo, ed apice del disco) e il crescendo di tensione che si respira in Anything Else ci accompagnano in questo sunto sul rock alternativo firmato dal gruppo padovano.

Tracklist
1.O.E.K.E.
2.Let Me Dive
3.Four Leaf Clover
4.First Time
5.Wow
6.Take a Look
7.Anything Else
8.Blush
9.Thoughtful
10.Her

Line-up
Nico – Lead and Backing Vocals, Guitar
Karma – Lead Guitar, Backing Vocals
Fiore – Keyboards, Backing Vocals
Lele – Bass, Backing Vocals
Silvio – Drums & Percussions

UNCLEDOG – Facebook

Kings Destroy – Fantasma Nera

La musica dei Kings Destroy è fatta per durare, si può ascoltare molte volte, ed ogni volta è come fosse la prima.

Dal 2010 i Kings Destroy fanno musica pesante di gran classe, coniugando sonorità vicino allo stoner, all’hard rock e al noise con melodia e grande tecnica.

Fantasma Nera è un disco pieno di canzoni entusiasmanti, che cominciano con un motivo per poi andare davvero lontano, portando l’ascoltatore a spasso per mondi fatti di melodia e grazia musicale. Questi nativi di Brooklyn sono andati a Toronto per collaborare con David Bottrill, già al lavoro con Tool, King Crimson, Stone Sour, ed infatti qui troviamo molto del suono progressivo delle prime due band di cui sopra. Rispetto a Maynard e soci e alla creatura di Fripp, i Kings Destroy hanno una grande facilità nel rendere maggiormente immediata la loro musica, con passaggi molto melodici e fantastici ritornelli. Questo loro quarto album differisce dagli altri, come ogni altro album che hanno fatto gli americani, sempre differente da quello precedente, in una continua ricerca sonora. La musica dei Kings Destroy è fatta per durare, si può ascoltare molte volte, ed ogni volta è come fosse la prima. Dentro alle loro canzoni c’è qualcosa che riesce a dare una notevole pace, come se ci si ricongiungesse con un’altra parte di noi stessi che avevamo perduto. Ogni canzone è una nuova scoperta, si viene avvolti da una grande quantità di luce, anche se la tenebra non è sconosciuta. Nella bella ed esoterica copertina c’è quello che potrebbe sembrare un lago od un mare, comunque tanta acqua, e proprio la sensazione di stare nell’elemento acqueo è una della grandi emozioni che ci regala questo gruppo. Possiamo anche trovare un po’ di grunge in chiave hard rock, ma i Kings Destroy non appartengono ad un genere ben preciso. Ci sono moltissime cose qui dentro e sono tutte da scoprire in un lavoro che è molto superiore e non lo nasconde.

Tracklist
1.The Nightbird
2.Fantasma Nera
3.Barbarossa
4.Unmake It
5.Dead Before
6.Yonkers Ceiling Collapse
7.Seven Billion Drones
8.You’re The Puppet
9.Bleed Down The Sun
10.Stormy Times

KINGS DESTROY – Facebook

Hauméa – Unborn

La voce, il suono, l’essere portati lontani, una musica coinvolgente, veloce e dura, il metal nel suo lato più melodico e la speranza di essere salvati. Un debutto di sole quattro canzoni ma gigantesco.

L’underground metal è un mondo bellissimo, nel quale le sorprese stanno dove meno te lo aspetti e in cui si possono trovare dischi come questo ep di debutto dei normanni Hauméa, una piccola meraviglia di metal melodico.

In questi quattro brani che compongono il primo atto discografico di questo gruppo nato nel 2018, sono concentrati molte delle cose che rendono piacevole un disco di metal melodico. Melodia per l’appunto, belle aperture e la sensazione di trovarsi di fronte ad una band mai banale e di talento. Non c’è una netta appartenenza ad un genere, quanto piuttosto la volontà di fare musica ben fatta e piacevole, con molta melodia che si lega alla durezza di un metal che è qualcosa in più di un hard rock. Colpisce la grande maturità di un gruppo formatosi da poco, ma le canzoni di Unborn sono una testimonianza di talento e versatilità. Il pathos è molto alto, le canzoni sono costruite in maniera da rimanere impresse nella testa degli ascoltatori, non sono musiche per un ritornello o per un motivo musicale, ma sono composizioni che vanno ascoltate e degustate nella loro interezza. La direzione è dettata dalle emozioni e da una costruzione che risente molto del gusto grunge, quell’andare su e giù con chitarroni distorti, rendendo bene il gusto di un certo gotico moderno che è qualcosa ci difficile da maneggiare, ma qui è nelle mani giuste. Gli Hauméa sono un gruppo che già al primo colpo ha una fisionomia ed un suono assolutamente precisi e personali, basta ascoltare il primo minuto dell’iniziale Unborn che già si è dipendenti ed assuefatti senza speranza. La voce, il suono, l’essere portati lontani, una musica coinvolgente, veloce e dura, il metal nel suo lato più melodico e la speranza di essere salvati. Un debutto di sole quattro canzoni ma gigantesco.

Tracklist
1.Unborn
2.Not Usual
3.Dad Is Fool
4.Here I am

HAUMEA – Facebook

Flying Disk – Urgency

Ascoltare Urgency dà l’idea che il noise e il grunge si possano ancora incontrare per fare ottime cose, con un pezzo come Hammer che è nei dintorni dei migliori Unsane.

I Flying Disk sono giovani, vengo da Fossano provincia di Cuneo e suonano divinamente.

Con questo secondo lavoro i ragazzi superano il già buon esordio del 2014 Circling Further Down, che li ha portati all’attenzione di chi ama le sonorità pesanti ben strutturate e con una melodia solida e che si snoda per tutta la canzone. Il gruppo fossanese ha un tiro micidiale, una naturalezza nel muoversi che rende piacevole e solido tutto ciò che fa. Urgency è il disco perfetto fatto da chi sta in provincia, ma possiede una grande apertura mentale, per quanto riguarda la musica, di chi ha talento e vuole suonare. Ci sono momenti di estrema goduria nell’ascoltare questo disco, e alcuni pezzi hanno un deciso retrogusto grunge, nel senso che si ha quello stato di grazia fra melodia e pesantezza che solo i grandi gruppi possiedono. Sulla risposta alla domanda se i Flying Disk siano appunto un grande gruppo, la risposta è un sì molto deciso. Ascoltare il loro nuovo disco ti da l’idea che il noise e il grunge si possano ancora incontrare per fare ottime cose: un pezzo come Hammer è nei dintorni dei migliori Unsane, creando quella bella tensione musicale che solo il noise sa fare, con mille rivoli che vanno a formare un unico fiume lavico. Inoltre ci sono dei momenti di grazia vera e propria dove sembra di trovarsi con loro in saletta a suonare come se fuori ci fosse l’apocalisse. La chitarra sale e scende, il basso pulsa e la batteria è bella pulita con una voce che è pressoché perfetta per questo tipo di musica. Chi vedrà dal vivo questa band capirà quanta passione e dedizione abbia: i Flying Disk fanno fluire la musica in una provincia che non ti dà molto ma ti dà la spinta e il giusto inquadramento, nel senso che sai che probabilmente non farai mai i soldi, ma resterai sempre te stesso e potrai fare dischi bellissimi come questo Urgency, album che non conosce data di scadenza, e che a ogni nuovo ascolto regala sempre qualche sorpresa.

Tracklist
1. One Way to Forget
2. On the Run
3. Straight
4. Dirty Sky
5. Night Creatures
6. Hammer
7. Young Lizard
8. 100 Days

Line-up
Simone Calvo – Guitars, Vocals
Enrico Reineri – Drums
Luca Mauro – Bass

FLYING DISK – Facebook

Jack Brain – The Seeker

The Seeker è un buon lavoro, interessante per chi ha amato gli impulsi dettati dal rock americano degli anni novanta e ancora freme per le uscite di quelle band e artisti che hanno portato il genere nel nuovo millennio.

Giacomo “Jack” Casile, alias Jack Brain, è un musicista e compositore calabrese noto nella scena underground per aver fondato realtà come Insomnia Creep, Greetings From Terronia,H.S. e No More Nothing.

Lo scorso anno è uscto il suo primo lavoro, da lui stesso interamente registrato, composto e arrangiato nei Lex Audiolab ed intitolato Epic Spleen, ora raggiunto dalla prima parte di The Seeker, opera che vede il nostro alle prese con diciotto brani divisi in due album.
Il sound del disco si rifà al rock alternativo dei primi anni novanta, e la Seattle del grunge è presente con una manciata di icone ad ispirare il musicista nostrano in questa raccolta di brani diretti.
Suoni distorti e chitarre sature di elettricità sono le peculiarità di brani che si muovono tra Alice In Chains, Nirvana e Screaming Trees, con l’unica variante newyorkese rappresentata dai seminali Sonic Youth.
Dalla title track, passando per Relive, Out Of The Box e The Frame, l’alternanza tra il grunge e l’alternative rock è ben in evidenza e sapientemente dosata da Jack Brain, il quale non rinuncia ad una dose di urgenza punk noise in Higher e qualche scarica elettrica di matrice Nine Inch Nails in Dissolute Guy.
The Seeker risulta un buon lavoro, interessante per chi ha amato gli impulsi dettati dal rock americano degli anni novanta e ancora freme per le uscite di quelle band e artisti che hanno portato il genere nel nuovo millennio.

Tracklist
1.The Seeker
2.Relive
3.Roger Rabbit
4.Out Of The Box
5.Higher
6.The frame
7.Dissolute Guy
8.Zen
9.Oroboro

Line-up
Giacomo Jack Casile – Voce,chitarre,basso,drum programming

JACK BRAIN – Facebook

Backwoods Payback – Future Slam

Due ragazzi ed una ragazza che fanno uno stoner molto particolare a forti tinte grunge ed hard rock, una miscela molto interessante e assai godibile.

I Backwoods Payback sono due ragazzi ed una ragazza che fanno uno stoner molto particolare a forti tinte grunge ed hard rock, una miscela molto interessante e assai godibile.

La formula scelta dal gruppo della Pennsylvania è un qualcosa che si potrebbe avvicinare al modus operandi dei Kylesa, ma in realtà è assai più complesso. L’amore per il suono di Seattle (anche qui una semplificazione agghiacciante dire che il grunge viene principalmente da lì), è dichiarato apertamente con la copertina di Softer Than Love, un singolo del 2017, che è il contrario di Louder Than Love, uno dei migliori episodi del gruppo del mai troppo compianto Chris Cornell. I ragazzi sono in giro da un bel po’ e sono uno dei gruppi più interessanti dell’universo stoner e più in generale della musica pesante, perché la loro proposta è molto originale. Innanzitutto mettono al centro la melodia con una fine e mai sdolcinata ricerca di essa. Potrebbe sembrare una bestialità ma questo disco ha un suono che sembra uno shoegaze stoner a stelle e strisce, ma ovviamente ascoltarlo è la maniera migliore per capire. Ogni canzone è diversa dalla precedente e dalla successiva, e c’è sempre qualcosa di diverso dentro ognuna di esse, come se ogni gradazione di sentimento avesse un suo colore, una sua sfumatura sonora. Ci sono molti echi britannici anche se l’impianto è fortemente a stelle e strisce, la composizione è assai differente dalla moltitudine dei gruppi stoner. Anche la voce è usata in un modo che non è canonico, ed insieme agli strumenti concorre a raggiungere un suono che è un sentire esso stesso. Si può venire facilmente catturati dalla bellezza e dalla sensualità di questo Future Slum, che è un disco che ha più livelli di ascolto e di comprensione, ed è tutto da gustare. I Backwoods Payback hanno uno dei muri sonori più belli, e andare a sbatterci contro è bellissimo.

Tracklist
1.Pirate Smile
2.Lines
3.Whatever
4.It Ain’t Right
5.Threes
6.Cinderella
7.Generals
8.Big Enough
9.Alone
10.Lucky

Line-up
Jessica Baker – Bass
Mike Cummings – Guitars, Vocals
Erik Larson – Drums

BACKWOODS PAYBACK – Facebook

Soul Attrition – Vashon Rain

L’impianto è minimale ma potentissimo, il cantato si avvicina a quello cantilenante del vecchio indie, la musica è assai curata ed è un concentrato di grunge, slowcore, esplosioni noise e tantissima melodia che scorre benissimo.

Epifanie, satori, chiamatele un po’ come volete, ma l’ascolto di Soul Attrition può risvegliare in molti di noi antichi ricordi, vecchi sapori legati allo slowcore e in generale a quella magnifica stagione indie che ti faceva stupire ad ogni disco.

Soul Attrition è il progetto solista di Josh Palette, bassista della band sludge di Chicago Escape Is Not Freedom. Josh ha passato l’inverno fra il 2017 ed il 2018 a dipingere la sua tela sonora, che stiamo ascoltando, ed è una tela notevolissima. L’impianto è minimale ma potentissimo, il suo cantato si avvicina a quello cantilenante del vecchio indie, la musica è assai curata ed è un concentrato di grunge, slowcore, esplosioni noise e tantissima melodia che scorre benissimo. Il risultato è un disco che vorrebbe sussurrare, ma che per la validità di mezzi ed argomenti ti grida nelle orecchie ed arriva a grondarti dentro. Vashon Rain si inserisce perfettamente in quella tradizione americana che mischia rumore e melodia, fatta in una maniera che solo oltreoceano fanno alla perfezione. L’ovvietà e mestiere qui non stanno di casa, la meraviglia riempie i solchi del disco e porta l’ascoltatore nella personale visione di Josh, che è comune a molti di noi. Il passo di Palette è quello di chi sa cosa vuole dire e lo vuole fare con urgenza, producendo un disco davvero notevole e dalla forte capacità di attrazione. I sette pezzi che compongono Vashon Rain sono canzoni che richiedono e che meritano un ascolto approfondito che vi darà delle grandi gioie, e sinceramente si era persa la speranza di ascoltare dischi così. Un debutto di lacrime, sudore e sangue dal sapore buonissimo.

Tracklist
1.Sinking
2.Thirteen
3.Remission
4.Fatal Flaw
5.Vashon Rain
6.Unexpected Affront
7.Euclid

Line-up
Josh Parlette – Guitars, Bass, Percussion Programming, and Vocals

SOUL ATTRITION – Facebook

Exalt Cycle – Vindicta

L’amalgama funziona molto bene, e il risultato è un suono che ha parti di Deftones, un po’ di groove metal, una forte impronta grunge e tanta melodia che si sposa benissimo con un’oscura durezza.

Violenza, melodia e una grossa ispirazione dagli anni novanta e duemila.

Tutte cose positive se si vuole fare un disco di metal moderno come questo Vindicta degli Exalt Cycle da Milano. Il disco arriva quattro anni dopo il precedente Revelations ed è un passo molto importante per il gruppo, il cui zoccolo duro è formato dal duo Zack e Andy, rispettivamente cantante e bassista, ai quali si sono aggiunti Aimer alla chitarra e Marco alla batteria. L’amalgama funziona molto bene, e il risultato è un suono che ha parti di Deftones, un po’ di groove metal, una forte impronta grunge e tanta melodia che si sposa benissimo con un’oscura durezza. La dolcezza c’è ma bisogna trovarla in questo ciclo di vendette che chiamiamo vita. L’incedere del disco è molto piacevole, e la terra d’elezione è sicuramente l’America, ma il progetto è originale e pressoché unico almeno alle nostre latitudini. I ragazzi sanno come si va veloci, ma sanno anche mettere su molta melodia ed un grande impianto sonoro. In certi momenti ci si avvicina al metalcore, ma poi si torna sempre su posizioni originali, di ricerca musicale. Le varie stratificazioni sonore sono frutto di un grande lavoro in fase di composizione e di produzione. Ci sono ancora alcuni punti da rivedere, come la durata eccessiva di certe canzoni, ma il risultato è notevole e di qualità. Gli Exalt Cycle ci mostrano come la melodia possa sposare un’oculata durezza ed essere assolutamente non commerciali o peggio, piacioni. Questo disco sarebbe andato fortissimo su Rock Fm, perché il suono di gruppi come questo è ancora importante, ma a quell’epoca era praticamente quotidiano.

Tracklist
1. Welcome To The Circus Of Hell
2. Vindicta
3. Black Butterfly
4. Lions
5. Sickened
6. Resistence
7.VS
8.Gravity
9. Predator
10. My Last Day
11.The War Of Nowhere
12.Babylon

Line-up
Zack : Voice
Keine : Bass
Marco : Drum
Aimer : Guitar

EXALT CYCLE – Facebook

Beesus – Sgt. Beesus And The Lonely Ass Gangbang

Sgt. Beesus And The Lonely Ass Gangbang è un disco dalle mille sfaccettature, possiede un amplissimo respiro vitale, e riporterà indietro ai fasti degli anni novanta, quando questo noise bastardo ha sfornato opere molto particolari, con i Beesus che non avrebbero sfigurato nemmeno allora.

I Beesus sono un gruppo che suona un noise grunge con attitudine punk hardcore, ed il risultato è molto buono e vario, come si usava fare ai tempi dei dischi dei Primus o compagnia rumoreggiante.

Il bello di questo disco è il suo essere sinuoso, totalmente musicale ed immediato, anche se ha soluzioni sonore davvero originali e di altro livello. I Beesus non suonano solo per stupire con repentini cambi di genere o di tempo, ma fanno musica per generare sensazioni, e lo fanno in maniera zappiana, portando l’ascoltatore su di un livello lisergico e di piacere, dove la percezione cambia e si amplia. I riferimenti musicali sono moltissimi, da Zappa appunto ai Beastie Boys, ma il tutto è molto Beesus. Il gruppo ci porta in un territorio caleidoscopico, che cambia come in un viaggio psichedelico, ma non c’è tanto di questo ultimo genere, quanto una musicalità molto pronunciata che si espande ad ogni ascolto, tanto da far diventare davvero difficile eleggere un genere prevalente, e non sarebbe nemmeno giusto farlo. Il presente disco è stato scritto e prodotto soprattutto in tour, dopo l’uscita di Rise Of The Beesus, e quindi riporta molta della caoticità che viene introdotta anche dal titolo. L’uscita è stata possibile grazie alla campagna di raccolta fondi fatta su Pledgemusic, e bisogna dire che gli ascoltatori ci hanno visto molto bene, premiando gli sforzi di un grande gruppo. Sgt. Beesus And The Lonely Ass Gangbang è un disco dalle mille sfaccettature, possiede un amplissimo respiro vitale, e riporterà indietro ai fasti degli anni novanta, quando questo noise bastardo ha sfornato opere molto particolari, con i Beesus che non avrebbero sfigurato nemmeno allora.

Tracklist
1.Intro
2.El Dude
3.Dubblegum Boom Metla
4.Ñuña Y Freña
5.Reichl
6.I Don’t Wanna Be
7.Junk Around
8.Beaux
9.Outro

Line-up
Jaco – Vocals
Pootchie – Guitars/Vocals
Johnny – Bass
Mudd – Drums/Vocals

BEESUS – Facebook

Escape is Not Freedom / dusk Village – Split

Stringato ma interessante split album che vede impegnate due band statunitensi, Escape is Not Freedom e dusK Village.

Stringato ma interessante questo split album che vede impegnate due band statunitensi, Escape is Not Freedom e dusK Village.

Il territorio entro il quale entrambe si muovono è un luogo trasversale che sta fa qualche parte tra noise, sludge e grunge, anche se in effetti le differenze tra le due band appaiono abbastanza marcate, almeno in base a quanto ci è dato ascoltare in questo frangente.
Gli Escape is Not Freedom mostrano due volti piuttosto diversi nella copia di brani a loro disposizione: Boiling Nails è qualcosa di molto vicino ad un noise/sludge dalla buona intensità e con un tiro davvero notevole, mentre We’re Wrecked cambia decisamente le carte in tavola rivelandosi un brano di proto-grunge con voce femminile, bello ma che non aiuta molto a capire quale sia il vero volto della band.
In tal senso appaiono un po’ più leggibili i dusk Village, in virtù di una propensione più ruvida e diretta anche se le differenze tra i due brani offerti sono evidenti anche in questo caso: infatti, se Exolife Civilization Leak si muove su coordinate più rallentate e fangose, rivelandosi il mio brano preferito tra quelli offerti nello split, mentre A Self Fan parte sparato con venature punk hardcore e così si spinge sino al termine.
In sostanza, l’uscita offre più di un motivo di interesse soprattutto perché, inconsciamente o meno, nella proposta di entrambe le band assume un ruolo determinante un’anima grunge sporca e distorta che dimostra ai posteri, qualora ce ne fosse ancora bisogno, quanto quel movimento abbia marchiato non solo gli anni novanta, lasciando un’impronta anche nei decenni a venire e trovando spazio anche in uscite dalle disparate matrici musicali.

Tracklist:
1.Boiling Nails – Escape Is Not Freedom
2.We’re Wrecked – Escape Is Not Freedom
3.Exolife Civilization Leak – dusK Village
4.A Self Fan – dusK Village

Line-up:
Escape Is Not Freedom:
Mike – guitar, vocals
Darrin – drums
Josh – bass

Guest Vocals on “We’re Wrecked” by Emily Jancetic

dusK Village:
SLAV
GIL
FUKS

ESCAPE IS NOT FREEDOM – Facebook

DUSK VILLAGE – Facebook

Kayleth – Colossus

Il disco è molto piacevole da ascoltare e lo si può fare a lungo e ripetutamente senza che susciti mai noia o pesantezza auricolare: i Kayleth sono un gruppo davvero capace e producono il loro album migliore, che piacerà molto a chi ama la musica pesante che viaggia in alta atmosfera.

Nuovo disco per una delle realtà italiane più interessanti per quanto riguarda il panorama stoner, i veneti Kayleth.

Secondo disco su Argonauta Records per questi veterani attivi dal 2005. Colossus sancisce una maturazione molto completa e che regala un gruppo al suo apice creativo, dopo essere cresciuti disco dopo disco, attraverso un miglioramento costante e potente. Il disco si snoda attraverso uno space stoner delicato, dove le melodie sono sviluppate con grande gusto e consapevolezza di poter sempre suonare la cosa giusta. Il disco suona Kayleth al cento per cento, e anche grazie ad un’ottima produzione riesce ad arrivare molto bene nel cervello e nel cuore di chi lo ascolta. I Kayleth sviluppano gli argomenti che hanno sempre trattato e li portano ad un altro livello, dove la loro musica possa elevarsi ulteriormente. Ci sono momenti del disco che sono pervasi da un sentire stoner molto vicino al grunge, con ottimi ritornelli e canzoni molto al di sopra della media. In apparenza la musica dei Kayleth potrebbe sembrare semplice e priva della benché minima complessità, mentre invece non è affatto facile produrre questo tipo di suono senza avere il discorso molto chiaro in testa. Uno degli aspetti che rendono molto interessante il tutto è il grande lavoro delle tastiere e dei synth, un elemento che è arrivato nel divenire del gruppo, perché in partenza non era presente, e porta ulteriore profondità al suono. Il disco è molto piacevole da ascoltare e lo si può fare a lungo e ripetutamente senza che susciti mai noia o pesantezza auricolare: i Kayleth sono un gruppo davvero capace e producono il loro album migliore, che piacerà molto a chi ama la musica pesante che viaggia in alta atmosfera.

Tracklist
01 – Lost in the swamp
02 – Forgive
03 – Ignorant Song
04 – Colossus 05 – So Distant
06 -Mankind’s Glory
07 – The Spectator
08 – Solitude
09 – Pitchy Mantra
10 – The Angry Man
11 -The Escape
12 – Oracle

Line-up
Massimo Dalla Valle: Chitarra
Alessandro Zanetti: Basso
Daniele Pedrollo: Batteria
Enrico Gastaldo: Voce
Michele Montanari: Synth

KAYLETH – Facebook

Fish Taco – Il Suono Dei Campi

I Fish Taco traggono ispirazione dal grunge e dal rock alternativo anni novanta, eruttando in una maniera del tutto inaspettata, anche grazie a testi che si possono definire sconvolgenti per sincerità e potenza.

Ci sono momenti nei quali, pur ascoltando molta musica la maggior parte della quale senza molto gusto, ci si trova a pensare a quale disco, a quale commistione di suoni farebbe piacere dedicare uno o più ascolti.

Missione non semplice, perché raramente arriva il colpo di fulmine, oppure l’innamoramento dopo un lungo corteggiamento. E invece, quando meno te lo aspetti arriva nelle tue orecchie un disco gigantesco, un insieme di opera parole e musiche che ti danno una scossa. I fautori di tutto ciò sono i Fish Taco da Ardea, e il disco si chiama Il Suono dei Campi. Il disco suona benissimo, con la prepotenza ed i sentimenti del rock, una fortissima ossatura grunge e molti sconfinamenti nello stoner. La produzione fa risaltare un rock distorto che nasce da un impasto sonoro molto bene congegnato, che è davvero personale. I Fish Taco traggono ispirazione dal grunge e dal rock alternativo anni novanta, eruttando fuori in una maniera del tutto inaspettata, anche grazie a testi che si possono definire sconvolgenti per sincerità e potenza. Ci sono dei passaggi sull’immigrazione, che viene vista da noi solo come tale, ovvero come entrata nel nostro paese, e mai come uscita degli individui dal loro habitat e dai loro affetti. I testi ci portano a ragionare, sono amari e spronano a vivere come pochi altri gruppi. In Italia è difficile avere un gruppo come i Fish Taco, sia per la loro bravura musicale, sia per la loro brutale sincerità, perché chi racconta la verità in maniera cruda dura poco in Italia, la patria del meglio non vedere o sentire. Qui entra in gioco l’ascoltatore, che ascoltando e valorizzando questo disco ha innanzitutto la possibilità di godere di un disco notevolissimo, ed inoltre può effettuare una precisa scelta di campo, schierandosi dalla parte di chi si guarda dentro e fuori anche se ciò fa male.
Un album che in un’altra galassia sarebbe un disco epocale, o anche in un mondo normale.
Attenzione, questo disco vi guarda dentro, e non vi lascia come eravate prima d’averlo sentito.

Tracklist
1.Lampedusa
2.Ardea
3.Zero gradi
4.Confine
5.Magnete
6.L’aratro
7.Lorenzo
8.Polyphemus
9.La prospettiva di chi perde
10.1992

Line-up
Salvatore Tortora
Matteo Gherardi
Daniele Picchi
Umberto Andreacchio
John Mezza

FISH TACO – Facebook

Supernaughty – Vol.1

Hard rock, stoner e sonorità novantiane nate dalle parti di Seattle, fanno parte del background dei nostri, ottimi interpreti di un sound che può essere sicuramente annoverato tra gli esempi più riusciti di alternative metal/rock dell’ultimo periodo.

Nati come cover band degli dei Black Sabbath, i nostrani Supernaughty giungono al debutto sulla lunga distanza tramite l’Argonauta Records.

La band toscana si impone all’attenzione del pubblico underground con questi sette brani che formano una raccolta di umori ed ispirazioni che, pur partendo da una base sabbathiana, si crogiolano nel pieno dell’ultimo decennio del secolo scorso.
Hard rock, stoner e sonorità novantiane nate dalle parti di Seattle, fanno parte del background dei nostri, ottimi interpreti di un sound che può essere sicuramente annoverato tra gli esempi più riusciti di alternative metal/rock dell’ultimo periodo.
L’elemento sabbathiano alla quale la band si ispira per il monicker (Supernaut, da Vol.4) è un’influenza che rimane soggiogata dalle forti ispirazioni stoner/grunge, almeno all’ascolto dei brani presenti sull’album, che succhiano linfa vitale dai Queen Of The Stone Age, Kyuss ed Alice In Chains.
L’album parte al meglio con il singolo Mistress, un brano dai riff pesantissimi e che mette subito in chiaro le intenzioni dei quattro rockers toscani: prendere per mano l’ascoltatore e portarlo in giro per il deserto della Sky Valley, mentre è già tempo di Bad Games, traccia che bilancia dosi di Alice In Chains e stoner rock in egual misura.
Il cantato di Angelo Fagni è melodico quel tanto che basta per aiutare i brani ad entrare in testa con facilità, in contrasto con i riff a tratti monolitici come in The Slicers e nel lento incedere di Andy’s Abduction.
Notevole e acida Kiss Of Death, che si muove lasciva tra le dune del deserto, psichedelica ed a tratti ipnotica, mentre Y.A.T. lascia a Fuck’n Drive il compito di chiudere tra fuochi d’artificio stoner & roll questo ottima mezzora di rock di battente bandiera tricolore.
Un buon esordio che non mancherà di soddisfare gli amanti del genere ed occhio ai live del gruppo, qualcosa mi dice che sul palco i Supernaughty siano una bomba.

Tracklist
1. Mistress
2. Bad Games
3. The Slicers
4. Andy’s Abduction
5. Kiss the Death
6. Y.A.T.
7. Fuck’n Drive

Line-up
Filippo Del Bimbo – Guitars
Alessio Franceschi – Drums
Angelo Fagni – Vocals, Guitars
Luca Raffon – Bass

SUPERNAUGHTY – Facebook

Zom – Nebulos

Nebulos è un disco di incontro e di sintesi di diverse maniere di intendere la musica pesante e non solo, ed è un tentativo molto riuscito.

Gli Zom sono una macchina di riff chitarristici potenti e contenenti un elevato tasso di groove dal gusto forte.

I tre americani provenienti da Pittsburgh non sono certamente un gruppo giovanile e lo si sente molto forte nel disco, hanno una grande esperienza e la usano tutta ed in maniera adeguata. In buona sostanza siamo dalle parti dello stoner fortemente imparentato con il grunge, e non tutti sanno fare questo ibrido, che è tale solo a parole, perché poi viene tutto molto naturale, siamo noi che dobbiamo sempre delimitare il territorio. Il trio è composto da Gero Von Dehn, anche nei Monolith Wielder, gruppo che abbiamo già potuto apprezzare sempre su Argonauta Records, Andrew D’Cagna dei Brimstone Coven e da Ben Zerbe, anche lui gravitante intorno ai Monolith Wielder. Gli Zom sono attivi dal 2014, questo è il loro debutto e sono molto chiari su cosa vogliono essere. Il loro suono è composto da un’importante base chitarristica, con la voce che va ad incastonarsi perfettamente con il lavoro del resto del gruppo, creando un groove molto coinvolgente, che seppur non rappresentando nulla di nuovo riesce ad essere molto incisivo e godibile. Nebulos si rivolge ad una platea ampia di amanti della musica pesante ma non solo, perché anche la componente grunge è ben presente e forma il dna di questo disco. Tutto il disco è pervaso da una consapevole malinconia di fondo, messa mirabilmente in musica e ogni passaggio ha un filo logico. Nebulos è un disco di incontro e di sintesi di diverse maniere di intendere la musica pesante e non solo, ed è un tentativo molto riuscito.

Tracklist
1. Nebulos/Alien
2. Burning
3. Gifters
4. Solitary
5. The Greedy Few
6. There’s Only Me
7. Bird On a Wire
8. Final Breath
9. New Trip

Line-up
Gero von Dehn
Andrew D’Cagna
Ben Zerbe

ZOM – Facebook

Circo Boia – Circo Boia

I Circo Boia sono un duo che non fa mai quello che ti aspetteresti e, cosa più importante, fanno un rock duro, molto vicino al grunge, guidato dalla splendida voce di Erika Fassari e dal basso di Joey Chiarello.

I Circo Boia sono un duo che non fa mai quello che ti aspetteresti e, cosa più importante, fanno un rock duro, molto vicino al grunge, guidato dalla splendida voce di Erika Fassari e dal basso di Joey Chiarello.

Il gruppo si divide tra Italia e Usa, dove hanno già fatto due tour di concerti, e il suono è molto vicino a quello a stelle e strisce, con riff potenti e una melodia ben definita che traspare dagli strati di chitarre e batteria. Circo Boia è il debutto del duo, che ha già molto chiaro cosa fare, e che sta andando in una direzione ben definita. Le influenze sono tante e tutte di buona qualità, si va dai Cure al grunge, con una sintesi molto convincente. L’ottima produzione è di Gian Maria Accusani, il deus ex machina di Prozac + e Sick Tamburo, una persona con un orecchio molto fine per ruvide melodie, e qui fa scaturire il meglio dal gruppo, riuscendo ad amalgamare le diverse influenze insieme al gran talento del duo per il grunge, quello spirito melodico e potente che non vuole andare via e continua sottotraccia. Il tiro dei Circo Boia è notevole, sinceramente in Italia è molto difficile sentire dischi musicalmente vari e belli come questo; infatti il loro debutto uscirà anche negli Usa per la Wiener’s Records e sarà molto interessante vedere come sarà accolto.
I generi toccati sono molti, senza però mai perdere una visione d’insieme molto forte ed interessante; il duo di Grosseto è pronto, e il Circo Boia è appena partito

Tracklist
1.Doppler
2.Fight For Love
3.Ye!Ho!
4.She Walks Into The Fire
5.The World Of Tomorrow
6.Lick The Hell
7.Hellride
8.I Think You’re Right
9.Negen
10.Liar

Line-up
Erika Fassari: chitarra, voce
Joey Chiarello: basso, backing vocals

Guest members:
Matteo Maggi: batteria
Gian Maria Accusani: backing vocals, chitarra, synth

CIRCO BOIA – Facebook

Jellygoat – Eat The Leech

Secondo lavoro in studio per i Jellygoat da Milano, un gruppo che riesce a fondere molto bene l’hard rock, lo stoner e forti influenze grunge.

Secondo lavoro in studio per i Jellygoat da Milano, un gruppo che riesce a fondere molto bene l’hard rock, lo stoner e forti influenze grunge.

Il loro suono è molto scorrevole e piacevole, si può apprezzare la cura dei partico0ari e la solidità delle strutture compositive. La forza del gruppo sta nel fare un rock duro e graffiante con gusto, passione e  coivolgimento; negli ultimi tempi l’hard rock è uno dei generi che riesce a stare meglio a galla, ma molte uscite sono davvero dimenticabili, mentre i Jellygoat ci regalano un ep di ottime canzoni. La voce è nello stile Vedder, ma non è pura imitazione, perché da ciò escono cose buone ed originali. Eat The Leech è la dimostrazione che uno spirito hard rock tendente al grunge vive anche nelle generazioni che non hanno vissuto direttamente il periodo delle camicie a quadri di Seattle, ma ne hanno assorbito il gusto. Questo disco avrebbe fatto un’ottima figura nel palinsesto della defunta Rock Fm, che tanta nostalgia ci ha lasciato: Eat The Leech è una buona continuazione del discorso intrapreso con il precedente ep e fa prevedere un gran futuro per questo gruppo.

Tracklist
1. Perfect
2. Hate you
3. My song
4. Morning light
5. The devil’s slice
6. Brand new start
7. Out thrown (outro)

Line-up
Alessio Corrado (voce, chitarra)
Davide Borroni (chitarra, cori)
Ramona Orsenigo (basso)
Gianluca Carioti (batteria, cori)

JELLYGOAT – Facebook

Jaw Bones – Wrongs On A Right Turn

Quarantacinque minuti in pieno deserto, anche se le sfumature psichedeliche sono ridotte al lumicino in favore di soluzioni melodiche dirette e sostenute, questo sì, dalle ormai irrinunciabili ritmiche groove.

Stoner rock, e grunge, due dei generi che più hanno condizionato il mercato negli amati/odiati anni novanta, sono indubbiamente fonti inesauribili di influenze d ispirazioni per il novanta per cento delle rock band del nuovo millennio.

L’invasione del nuovo stoner che guarda al southern da una parte ed al grunge dall’altra, per trovare strade alternative alla solita formula, non ha risparmiato la vecchia Europa, ed in particolare i paesi che si affacciano sul mediterraneo, tradizionalmente più “americani” dei metallici stati centro/nord europei.
Da Salonicco arrivano i Jaw Bones, al primo full length licenziato dalla Sliptrick, con un concentrato di esplosivo stoner metal dalle sfumature grunge ed alternative.
Quarantacinque minuti in pieno deserto, anche se le sfumature psichedeliche sono ridotte al lumicino in favore di soluzioni melodiche dirette e sostenute, questo sì, dalle ormai irrinunciabili ritmiche groove.
on voce urlata ed un’attitudine che non nasconde una certa vena hardcore, i Jaw Bones si sono costruiti il loro muro sonoro di pietra stonerizzata e pesante, metal/rock diretto, forse leggermente monocorde, ma perfetto per sbattere capocciate a destra e a manca sotto il palco di qualche festival estivo.
Da segnalare, tra i brani, Communication, The Ride To Nowhere e la conclusiva Song Of The Nightingale, il brano più ricercato dell’album, valorizzato da sfumature che rimandano ai Tool e che chiudono con un’atmosfera progressiva Wrongs On A Right Turn.

Tracklist
01. Communication
02. Disciple
03. Ego Tripper
04. Don’t Bring Me Down
05. Fear
06. Sugar Daddy
07. The Ride to Nowhere
08. Should Know Better
09. Song of the Nightingale

Line-up
George Cobas – Vocals
Jelly Nano – Guitar
Bill – Guitar
Michael Tzoumas – Bass
Vangelis – Drums

JAW BONES – Facebook

Red Beard Wall – Red Beard Wall

Per chi vuole sentire qualcosa di veramente diverso in un panorama a volte un po’ scontato.

I Red Beard Wall sono in due, chitarra e basso, e fanno uno stoner sludge molto potente ed incisivo.

La loro proposta musicale è molto originale non tanto nei mezzi ma nel risultato, poiché riescono a trovare una formula sonora non comune. Nel loro disco d’esordio confluiscono epiche distorsioni di chitarra, batteria che non pesta solo ma disegna melodie, sludge, stoner, un pizzico di southern rock, e anche un po’ di grunge, che chi ha talento e memoria usa sempre. Nati nel 2014 in Texas dalla volontà di Aaron Wall che recluta Robert Truijo dietro le pelli, esordiscono ora per Argonauta Records con un disco decisamente fuori dal comune. L’incedere di questa bestia texana, pur avendo elementi in comune con le band dei generi di cui sopra, ha una musicalità molto diversa. Il disco non dura moltissimo, e questo è un altro pregio, perché le idee vengono sviluppate bene senza tirarla troppo per le lunghe, cosa che in alcuni casi è sinonimo di aridità creativa. I Red Beard Wall producono un buon disco, ma hanno un potenziale ancora maggiore, e sicuramente non finisce qui. Nel panorama attuale della musica pesante si trovano ottime cose, ma poche hanno un tasso di originalità come questo esordio, nel quale anche la produzione accurata ma minimale diventa un punto di forza. Per chi vuole sentire qualcosa di veramente diverso in un panorama a volte un po’ scontato. Le note sono sette, i Red Beard Wall sono in due, e questo è un ottimo disco.

Tracklist
1. Beauty In
2. I Am
3. Switching Circuits
4. Alive
5. Born with a Hammer
6. Top of the Mountain
7. Bottom of a Well
8. March in Time
9. Beauty Out

Line-up
Aaron Wall – Vocals/ Guitar
George Trujillo – Drums

RED BEARD WALL – Facebook

Fuzz – A.R.T.

A.R.T. è quello che vuole essere, un ottimo disco di musica rumorosa in italiano, con un gusto particolare che abbiamo solo qui nello stivale per il noise grunge, ma che abbiamo tirato fuori poche volte, e questa è una di quelle.

I Fuzz vengono da Torino e fanno un gran bel rumore. Il loro suono è una interessante summa fra Verdena, Queens Of The Stone Age, Marlene Kuntz e Fluxus per citarne solo alcuni.

Nati nel 2010 i Fuzz portano avanti un discorso incentrato sulla libertà sonora, coniugando cattiveria e qualità, rumore e inusuali melodie. In Italia non ci sono molto gruppi capaci di sintetizzare in questa maniera la lezione della migliore musica alternativa italiana con gli esempi di rumore che arrivano da oltreoceano. Al centro dei Fuzz sta la possente e inviperita voce di Luca, che sciorina le giuste rimostranze contro il cielo, e il gruppo stende un ottimo tappeto sonoro, con molte influenze ma estremamente personale. Il disco è semplicemente bello, con molte soluzioni sonore distorte, un’ottima rabbia di fondo che ci riporta a quel sentire che si poteva provare nel migliore momento della musica cosiddetta alternativa italiana. Che poi diciamolo una volta per tutte : la musica non è mai alternativa, è sempre e solo musica. A.R.T. (Andare Restare Tornare) è quello che vuole essere, un ottimo disco di musica rumorosa in italiano, con un gusto particolare che abbiamo solo qui nello stivale per il noise grunge, ma che abbiamo tirato fuori poche volte, e questa è una di quelle. Il disco è un grido armonioso, una musica che incrocia deserto, New York e vie acciottolate di qualche centro storico, come impersonali rotonde e prati di periferie. I Fuzz fanno un disco che è davvero un piacere ascoltare, con una grossa punta di veleno, che è il giusto antidoto alla nostra merda quotidiana. A.R.T. in definitiva, è un lavoro molto interessante, cattivo e dolce al tempo stesso, e soprattutto c’è tanto bel rumore.

TRACKLIST
1 Suononero
2 Immobile
3 Ebola
4 Sasha
5 Linoeranza
6 Isola Blu
7 A Testa Bassa
8 La Parola Chiave
9 Noia
10 Io Ho In Mente Te

LINE-UP
Luca – chitarra,voce;
Marco – basso;
Paolo – chitarra;
Luca – batteria;

FUZZ – Facebook