Fear Theories – The Predator

The Predator convince, la produzione lascia qualche pecca ma sono dettagli, il classico pelo nell’uovo nel contesto di una valutazione più che positiva

Heavy metal old school, ipervitaminizzato da ritmiche che richiamano il thrash made in Bay Area, questo il sound proposto dai norvegesi Fear Theories, metallo fiero, ruvido e grintoso, una mazzata che varia tra cavalcate veloci e mid tempo epici e dalla forza bruta, insomma, un album dedicato alle sonorità che più ci hanno fatto innamorare, parlando di metal classico.

Nord europeo, ma dalla forte impronta statunitense nel sound, il gruppo di Haugesund, molto giovane, promette davvero bene, The Predator sa come far male, nel suo alternare il metal old school britannico (Judas Priest e Maiden), alle più estreme performance delle realtà thrash d’oltreoceano (Metallica), così da formare un compatto e piacevole esempio di musica pesante, dove le ritmiche inchiodano al muro, i solos non mancano di essere melodici il giusto e la voce, maschia e ruvida si impossessa di tutti i cliché epici che le sonorità usate richiedono.
Il quartetto scandinavo è al debutto sulla lunga distanza, l’ep di tre anni fa (So It Begins) è valso alla band la firma per la Crime Records, label che licenzia questo ottimo lavoro e The Predator conquisterà non pochi cuori metallici in giro per il globo.
My Own Worst Enemy apre le danze, la tensione si fa subito altissima, il quartetto norvegese spinge subito sull’acceleratore, badando al sodo, metal che esplode in tutta la sua nobile fierezza, accompagnato dallo scudiero valoroso che di nome fa thrash metal e nel variegato mondo metallico è il più accreditato compagno d’avventure di sir heavy.
Il gruppo con buon saper fare, alterna brani più diretti, a mid tempo ottantiani di sicura presa: Cancelled, The End Of Time, risuonano di fragore metallico, mentre Andreas Tjøsvoll urla tutta la sua devozione all’immortale e leggendario suono, nato nelle strade grigie di fumo e nebbia del Regno Unito e trasferitosi negli States neanche maggiorenne.
Il riff portante della title track è quanto di più vicino al perfetto esempio di metal old school si possa trovare in giro e trasformandosi in un crescendo esaltante, si avvicina pericolosamente al sound della vergine di ferro, mentre il tono vocale del singer mantiene un mood aggressivo e thrash oriented.
Metal Lives Forever è il classico inno da cantare on stage, per ringraziare gli dei dell’immortalità regalata al nostro genere preferito, mentre i saluti sono lasciati alla song che prende il titolo dal monicker del gruppo, un altro metal anthem, dal tiro micidiale e dalle ottime melodie chitarristiche.
The Predator convince, la produzione lascia qualche pecca ma sono dettagli, il classico pelo nell’uovo nel contesto di una valutazione più che positiva, dategli un ascolto anime metalliche, non ve ne pentirete.

TRACKLIST
01. My Own Worst Enemy
02. Atonement
03. Cancelled
04. Heroes of Today
05. The End of Time
06. The Predator
07. Metal Lives Forever
08. Addicted
09. Fear Theories

LINE-UP
Ole Sønstabø – Lead guitars
Andreas Tjøsvoll – VocaLS, guitars
Brage Nygaard – Drums
Joakim Antonsen – Bass

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