Gopota – Music For Primitive

Un gran lavoro, in grado di inquietare facendo intuire l’orrore piuttosto che esibendolo esplicitamente

Usciamo ancora una volta dai più consueti e, per certi versi, rassicuranti confini metallici, per addentrarci negli strati più profondi della musica intesa come flusso emotivo e ed elemento di disturbo per coscienze appiattite dalla quotidianità.

Music For Primitive è il secondo album dei Gopota, duo italo-russo che non lascia soverchie speranze di redenzione con il proprio sound per il quale, volendogli per forza trovare un termine di paragone, è naturale l’associazione alle sonorità che, negli ani novanta, vennero proposte dai musicisti operanti nella seminale etichetta svedese Cold Meat Industry, in primis quei Brighter Death Now dello stesso Roger Karmanik, ideatore di quella stimolante realtà discografica arenatasi purtroppo da qualche anno.
Inquadrati in qualche modo i Gopota, non resta che ascoltarne l’operato sotto forma di un ora circa di interferenze uditive, capaci di sovrapporsi con il proprio substrato sonoro a a quel costante rumore di fondo fatto di messaggi, spot, suonerie telefoniche e voci bercianti banalità, un subdolo attentato cacofonico che la nostra mente ha derubricato, sbagliando, ad innocua ed accettabile normalità.
Ognuno può trovare nelle cinque tracce di Music For Primitive i significati che più gli aggrada o gli conviene, ma di certo l’ambient qui contenuta non rappresenta un sottofondo cullante o gradevole: il senso di disfacimento e di degrado, fisico e psichico, che per esempio il funeral doom esplicita accentuandone l’impatto emotivo, nell’operato di Antonio Airoldi e Vitaly Maklakov rimane represso, quasi fosse incapace di fuoriuscire con tutta la sua virulenza.
Alla stregua di un organismo vivente che lotta per incrinare uno spesso involucro che lo imprigiona, il death industrial dei Gopota lancia pesanti segnali verso l’esterno, sia che il tutto vada ad inserirsi nell’ingannevole pace e solennità dei canti gregoriani (Summa Liturgica), sia quando si palesa come un insistente ronzio che riporta l’immaginazione a ciò che avviene nei pressi di sostanze organiche in progressivo disfacimento (Meaningless, Empty Eye)
Un gran lavoro, in grado di inquietare facendo intuire l’orrore piuttosto che esibendolo esplicitamente: volendo fare un accostamento neppure troppo audace, questa era la prerogativa, in campo letterario, di un certo H.P. Lovecraft.

Tracklist:
1.Intro
2.Meaningless
3.Summa Liturgica
4.Attitude
5.Empty Eye

Line-up:
Antonio Airoldi
Vitaly Maklakov

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.