Humanity Zero – Withered In Isolation

Per una band giunta al suo ottavo full length certi difetti potrebbero essere ineludibili, anche se concediamo agli Humanity Zero una prova d’appello visto il loro recente approdo al genere suonato in Withered in Isolation.

I greci Humanity Zero hanno una storia piuttosto curiosa: nati agli albori del secolo come progetto solista di Dimon’s Night, dopo essersi trasformati in una band a tutti gli effetti hanno iniziato, dal 2008 in poi, a pubblicare un album all’anno (con puntualità più svizzera che ellenica) fino al 2014: tutti questi full length prendevano come punto di riferimento certo death metal tecnico e nel contempo brutale, partendo dai Death per arrivare agli Immolation, ma non credo con particolari riscontri se, fino ad oggi, il nome di questa band mi era del tutto ignoto.

L’ipotesi è suffragata dal fatto che, dopo un inusuale silenzio durato tre anni, gli Humanity Zero sono tornati con un volto del tutto diverso, spostando in maniera decisa il proprio sound verso il death doom e puntando il mirino questa volta sui My Dying Bride, soprattutto quelli con Martin Powell in formazione, ai quali l’accostamento si addice ancor più per l’utilizzo del violino suonato da Stelios.
Il ruolo del violinista è una novità nella formazione, così come quella vocalist Johnie Panagiotidis, mentre il leader (chitarra, batteria e tastiere) continua ad avvalersi alla chitarra solista di Vaggelis Vee Kappa: il risultato che ne scaturisce non è del tutto deprecabile, anche se manca della necessaria organicità.
In buona sostanza, all’interno dei cinquanta minuti di Withered in Isolation si palesano spunti interessanti ma che spesso paiono gettati lì senza un disegno preciso, andando ad accavallarsi con riff sovente rallentati come da copione, o che talvolta riprendono le accelerazioni di un tempo, e interventi di un violino che sicuramente si segnala come l’aspetto più peculiare e positivo nell’insieme: queste ultime caratteristiche riportano, in effetti, allo stile dei primi My Dying Bride, dei quali purtroppo gli Humanity Zero non possiedono la necessaria percentuale di talento compositivo.
In un album che guadagna la sufficienza, se non altro per una svolta stilistica mai scontata e a suo modo coraggiosa, all’interno di una tracklist delineata da una certa perfettibilità a livello sia esecutivo che di songwriting, si segnalano episodi validi come l’atmosferica Reveries of My Stained Mind e l’evocativa Solitary Confinement, ma anche un brano davvero sconclusionato quale Blood Redemption.
Per una band giunta al suo ottavo full length certi difetti potrebbero essere ineludibili, anche se concediamo agli Humanity Zero una prova d’appello visto il loro recente approdo al genere suonato in Withered in Isolation.

Tracklist:
1. Withered in Scars
2. Away from the Light
3. Reveries of My Stained Mind
4. Fading in a Cryptic Obscurity
5. Solitary Confinement
6. Horrendous Growls
7. Blood Redemption
8. The Dungeon
9. Premonition

Line up:
Dimon’s Night – Drums, Guitars, Keyboards
Vaggelis Vee Kappa – Guitars (lead)
Stelakis – Violin
Johnie Panagiotidis – Vocals

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