Rebirth Of Enora – Revelation 8

Revelation 8 è composto da dieci brani, tutti sopra la media, ognuno con la propria anima e con il proprio carico di sofferenza e drammaticità, con la band che riesce a non fossilizzarsi su una sola formula e regala ottimo rock moderno e suggestivo.

Ormai il metal moderno parla quasi esclusivamente la lingua del metal core, eppure c’è ancora chi suona alternative metal, genere salito agli onori della cronaca negli anni a cavallo del nuovo millennio, oggi messo in ombra dalle più rabbiose e più cool sferzate modern metal, ma sicuramente più vario e aperto a sperimentazioni, più o meno riuscite.

Un esempio perfetto risulta questo ottimo lavoro, il primo sulla lunga distanza dei ferraresi Rebirth Of Enora, quartetto alternative metal attivo dal 2011 che bene aveva fatto scrivere gli addetti ai lavori, specialmente all’indomani dell’uscita di Downgrading, ep uscito nel 2015.
La band torna dunque con Revelation 8, ispirato dalla Bibbia e al libro dell’Apocalisse di San Giovanni, trasportato al giorno d’oggi e alle paure intrinseche dell’uomo: un concept importante, affrontato dal gruppo con un sound maturo, un metal/rock che si nutre di input orchestrali, tracce di quel nu metal ormai scomparso dalle radio, e di un rock dal piglio drammatico e dark.
Revelation 8 ha momenti davvero intensi sotto l’aspetto emotivo, non così scontati nel genere, con i Rebirth Of Enora che si tengono lontani dai mid tempo pesanti ma freddi del metal core, restando più legati ad un concetto di rock che passa agevolmente tra i generi elencati, mantenendo alta una tensione tangibile come quella dell’uomo in preda alle sue paure.
Ottimo è l’uso della voce, d’impatto gli arrangiamenti elettro/orchestrali che spesso fanno da tappeto alle scorribande elettriche degli strumenti tradizionali: Revelation 8 è composto da dieci brani, tutti sopra la media, ognuno con la propria anima e con il proprio carico di sofferenza e drammaticità, con la band che riesce a non fossilizzarsi su una sola formula e regala ottimo rock moderno e suggestivo.

Tracklist
1.Inside My Brain
2.The Phantom of Myself
3.World on Fire
4.I Would Never
5.When, Where, Why
6.See You
7.Uniforms
8.Take Me On
9.These Words We Say
10.The End Is Getting Closer

Line-up
Daniele Finardi – Lead Vocals, Guitars
Nicola Franciosi – Backing Vocals, Guitars
Francesco Gessi – Backing Vocals, Drums
Enrico Dolcetto – Backing Vocals, Bass, Orchestrations and Programming

REBIRTH OF ENORA – Facebook

Death.Void.Terror. – To the Great Monolith I

To the Great Monolith I si rivela un’esperienza sonica spiazzante o devastante, a seconda di quale sia il grado di compenetrazione di ciascuno verso questo impietoso approccio musicale.

To the Great Monolith I è la prima uscita per questo misterioso progetto musicale di provenienza probabilmente elvetica denominato Death.Void.Terror.

Siamo alle prese con un lavoro che lascia ben poco spazio ad orpelli stilistici o gradevolezze assortite: quello offerto in questo frangente è un maelstrom sonoro che si dipana in forma sperimentale partendo da una base black.
Il risultato che ne scaturisce è composto da due tracce lunghissime, per un totale di circa quaranta minuti, che devono essere affrontate con il giusto spirito per poterne cogliere quanto di valido vi è contenuto.
To the Great Monolith I si rivela infatti un’esperienza sonica spiazzante o devastante, a seconda di quale sia il grado di compenetrazione di ciascuno verso questo impietoso approccio musicale.
In buona sostanza, quella offerta dai Death.Void.Terror. è la colonna sonora di un apocalisse che, probabilmente, è già in corso dal un bel pezzo mentre noi continuiamo a suonare come l’orchestrina del Titanic mentre stiamo colando definitivamente a picco.

Tracklist:
1 (——–)
2 (—-)

Hexx – Quest For Sanity & Watery Gates

Power/thrash statunitense, selvaggio e feroce, ruvido e glorificato dal dio metallo: il sound del gruppo era quanto di più amato dai kids sfuggiti ai lustrini del Sunset Boulevard, figlio del metal classico potenziato da iniezioni letali di speed/thrash.

Tra il 1988 e il 1990 prima che il full length Morbid Reality (uscito nel 1991) concludesse la prima fase della loro carriera, ripresa una quindicina d’anni dopo, i thrashers americani Hexx licenziarono questi due ep, Quest For Sanity (1988) e Watery Graves (1990).

La Vic Records ristampa in un unico formato i due storici lavori, così che il gruppo californiano, dopo il buon ritorno sulla lunga distanza dello scorso anno (Wrath Of The Reaper) ,torna a far parlare di sè dopo una lunga sosta ai box.
Band di culto nel panorama power/thrash statunitense, gli Hexx sono tornati in pista con una formazione rinnovata rispetto all’epoca dell’uscita di questi brani: d’altronde sono passati trent’anni, il metal classico ha vissuto il periodo buio dei primi anni novanta e dell’inizio del nuovo millennio, non ha mai mollato è sopravvissuto nell’underground e continua la sua missione tra alti e bassi.
Ai tempi era tutta un’altra cosa, ed una band come gli Hexx era venerata dai fans, fresca del capolavoro Under The Spell uscito nel 1986.
Il sound del gruppo, un power/thrash statunitense, selvaggio e feroce, ruvido e glorificato dal dio metallo, era quanto di più amato dai kids sfuggiti ai lustrini del Sunset Boulevard, figlio del metal classico potenziato da iniezioni letali di speed/thrash.
La band all’epoca era un quartetto, con il chitarrista Dan Watson ed il batterista Jon Shafer, unici superstiti nella formazione che ha registrato l’ultimo album.
Una produzione in linea con le uscite dell’epoca ed una grinta invidiabile da parte del gruppo, fanno di questa operazione un buon modo per rituffarsi nel metal di fine anni ottanta.

Tracklist
1.Racial Slaughter
2.Sardonicus
3.Fields Of Death & Mirror Of The Past
4.Twice As Bright
6.Watery Graves
7.Edge Of death
8.Under The Spell

Line-up
Bill Peterson – Bass
John Shafer – Drums
Dan Watson – Guitars
Clint Bower – Guitars, Vocals

Current Line Up:
Eddy Vega – vocals
Dan Watson – guitars
Bob Wright – guitars
Mike Horn – bass
John Shafer – drums

URL Facebook
https://www.facebook.com/officialhexx

Contenuto musicale (link youtube – codice bandcamp – codice soundcloud)
[Not answered]

Descrizione Breve

A Night Of Doom And Death In Rome – 6 Maggio – Monk – Roma

Il report del concerto che ha visto impegnati In Mourning, Clouds, Anktartis ed Ars Onirica.

La prima volta in Italia dei Clouds di Daniel Neagoe rappresentava un’occasione troppo importante per non pensare di fare una trasferta di un migliaio di chilometri, tra andata e ritorno, per assistere al concerto organizzato al circolo Monk di Roma dalle due Dark Veil, Floriana e Simona.

Il resto del bill, peraltro, non era affatto da sottovalutare, visto che dalla Svezia erano in arrivo i notevoli Anktartis ed i più famosi In Mourning, ai quali era stata aggiunta un’altra ottima band di casa come gli Ars Onirica.
Sono stati proprio questi ultimi, tornati in attività dopo oltre un decennio di silenzio, ad aprire la serata con un set breve ma intenso, con il quale i ragazzi della capitale hanno messo in mostra un black doom di ottima fattura che fa presagire frutti prelibati in occasione del nuovo lavoro in programma quest’anno, rendendo peraltro evidente un aspetto di fondamentale importanza come l’acustica pressoché perfetta offerta dal locale.

Alessandro Sforza (ARS ONIRICA)

Di questo valore aggiunto, non così scontato purtroppo in molti altri locali frequentati ultimamente, hanno goduto anche gli Anktartis, band reduce da un notevole lavoro come Ildlaante, uscito nello scorso autunno per Agonia. Questo quartetto svedese, che per la sua metà ha membri in comune con gli In Mourning, nelle persone di Tobias Netzell e Björn Pettersson, ha proposto il suo sludge doom di spasmodica intensità e in una veste contaminata da pulsioni post metal che ne avvicina il sound a soliti noti come Isis, Rosetta e co.
Al di là dei riferimenti, utili per inquadrare le coordinate dell’offerta della band, la prova del combo svedese ha convinto non poco per l’intensità esibita, oltre ad una spiccata personalità, aspetti capaci di fare la differenza non solo su disco ma soprattutto in ambito live.

Daniel Jansson (ANTARKTIS)

Arrivava così sotto i migliori auspici quello che almeno per me era il momento più atteso, la possibilità di vedere all’opera sul palco una delle mie band preferite, guidata da un musicista come Daniel Neagoe che, come pochi altri, ha saputo interpretare il lato più funereo e malinconico della musica in quest’ultimo decennio: i Clouds hanno esibito un set incredibile per contenuti emotivi, colpendo i presenti con il loro death doom melodico che ha pochi eguali oggi. Daniel è l’interprete ideale di tutta la gamma di sensazioni funeste che sono la conseguenza della perdita, e lo fa sia utilizzando evocative clean vocals sia soprattutto quel growl unico, che dal vivo ti entra nell’anima facendola vibrare, non solo metaforicamente.
Il musicista rumeno riesce trasmettere al pubblico le proprie emozioni con tale intensità  da apparire a tratti quasi prosciugato, vera e propria guida di un gruppo che dimostra una totale condivisione di intenti.

Daniel Neagoe (CLOUDS)

Se già così la configurazione dei Clouds è apparsa efficace, l’ingresso sul palco di Gogo Melone per duettare con Daniel nella splendida In This Empty Room, tratta dall’ultimo ep Destin, ha elevato a dismisura il pathos: questa minuta e timida ragazza greca, allorché inizia cantare, assume dimensioni gigantesche alla luce di un timbro vocale unico, versatile e lontano anni luce dalle spesso stucchevoli sirene pseudo liriche del gothic metal. Anche per questo invito caldamente ogni appassionato a fare proprio l’album d’esordio degli Aeonian Sorrow, progetto che Gogo porta avanti assieme ad alcuni musicisti finlandesi.
You Went So Silent, Nothing But A Name, When Was Blind To My Grief erano stati i brani eseguito in precedenza, mentre il finale ha regalato altre due tracce capolavoro come How Can I Be There e e If These Walls Could Speak, viatici ideali per il congedo da un pubblico che ha tributato il meritato applauso alla performance dei Clouds.

Gogo Melone (CLOUDS)

Headliner della serata erano gli In Mourning, band che gode di una certa notorietà che, se appare meritata per le prove offerte in studio, incluso l’ultimo album Afterglow del 2016, lo è ancora di più per quello che abbiamo potuto ammirare in questa specifica occasione, non lesinando sudore, forza e convinzione per circa un’ora di death progressivo ma dal buon gusto melodico, percepibile nonostante il muro di riff prodotto dai tre chitarristi presenti sul palco, tra i quali il vocalist Tobias Netzell, coadiuvato anche qui dal sempre bravo e puntuale Petterson.

Tobias Netzell (IN MOURNING)

Il quintettto svedese non si è perso in preamboli e, più o meno senza pause, ha sciorinato brani provenienti da un po’ tutti i full length pubblicati, lasciandoci la sensazione concreta d’essere stati al cospetto di musicisti di elevato spessore, tra i quali non si può fare a meno di citare un drummer come Daniel Liljekvist che, tra tutti, era quello dal curriculum più illustre, vista la sua lunga militanza nei mitici Katatonia.

Daniel Liljekvist (IN MOURNING)

Attorno a mezzanotte e mezza, dopo quattro ore di ottima musica, si chiudeva così la serata tra la soddisfazione dei non troppo numerosi presenti.
E qui diviene doveroso aprire una parentesi sullo stato dell’arte dei concerti metal in Italia.
Arrivando da una realtà piuttosto problematica come quella genovese dove, di fatto, a proporre musica dal vivo con buona puntualità è rimasto un solo locale che non sia uno scantinato ai limiti dell’agibilità nel centro storico, immaginavo che nella capitale, per ovvi motivi legati ad una scena piuttosto importante anche numericamente, l’afflusso ad un evento di questo genere fosse ben diverso.
Nonostante un’organizzazione impeccabile che ha lasciato soddisfatte le band coinvolte, la possibilità di accedere ad una struttura davvero ideale per concerti di medio cabotaggio come quella del Monk, e la presenza di band di comprovato livello e piuttosto diversificate dal punto di vista stilistico, la risposta del pubblico non è stata all’altezza delle attese, facendo intendere che neppure la scena della capitale è immune a quella pigrizia di fondo che affligge mediamente il metallaro italiano (musicista o semplice appassionato che sia), sempre pronto ad offrire il proprio supporto stando dietro ad una tastiera ma, alla prova dei fatti, piuttosto restio ad alzare il culo dalla sedia per fornire un contributo anche “fisico”.
Detto questo, resta negli occhi e nella memoria una serata bella e spero ripetibile in futuro, che oltre alla musica ci ha consentito di conoscere piacevoli persone che fino a quel momento erano solo amicizie “virtuali”, a partire dalle benemerite organizzatrici Floriana e Simona, passando per Gianluca e Valerio dei Rome In Monochrome ed altri presenti dei quali non so o non ricordo il nome, per finire con l’incontro diretto con gli stessi musicisti: nel mio caso specifico, l’aver potuto constatare che dietro ad uno dei musicisti che più ammiri – Daniel Neagoe – c’è soprattutto una persona degna di altrettanta stima è stato davvero qualcosa di impagabile.

Un ringraziamento particolare va a Floriana Ausili per aver fornito le fotografie utilizzate nell’articolo e ad Alberto Centenari per avermi tenuto compagnia in questa lunga trasferta.

MESSA

Il video di “Leah”, dall’album “Feast for Water” (Aural Music).

Il video di “Leah”, dall’album “Feast for Water” (Aural Music).

MESSA video of “Leah”, the third track from “Feast for Water” album, scheduled for April 2018 on Aural Music.

Available in Digipack CD / Translucent Orange LP / Solid Black and Translucent Orange color in color LP ltd to 200 copies / Digital

Video by Laura Sans

Written and shot by Laura Sans and Marco Messa

Thanks to Alice Rusconi Bodin, @Karolina Pospischil, Enrico Marconato, Marika Spilla

Extra footage from Abbey of Thelema by Sara B.

“The relation Between nature and humanity is a common place for MOST of the concepts in art history. For the concept video, we wanted to highlight the femininity of nature, following the lyrics of MOST of Messa new record songs.
Leah is the representation of the power of nature but it Also Represents the strength of a woman That was surrounded by magic and mystery in one of the most beautiful, wild and isolated places in Italy.
Water is the main element and plays the lead role in the video, following the whole record concept Water as the most basic and powerful element, water is the beginning but also the end of any spiritual life. “

Filii Nigrantium Infernalium – Hostia

Chi propende per sonorità raffinate e ricercate passi oltre, tutti gli altri sono invitati a farsi un sempre gradito pieno di malignità, scorrettezza e blasfemia che solo il metal più autentico sa garantire.

Anche se per continuare ad avere un minimo di vita sociale fingiamo, spesso con buoni risultati d’essere persone assolutamente normali, noi che ascoltiamo metal siamo a tutti gli effetti dei disadattati, almeno se prendiamo quale parametro la normalità imposta dalla convenzione del vivere civile.

A ricordarci tutto questo ci pensano band come i Filii Nigrantium Infernalium, entità portoghese che riesce nella mirabile impresa di vellicare in nostri peggiori e nascosti istinti con il proprio bastardo frullato di black, thrash ed heavy metal, reso ancor più letale da una vena blasfema portata alle estreme conseguenze.
Hostia, terzo full length dei lusitani dopo Fellatrix Discordia Pantokrator (riregristato con il titolo Fellatrix e in uscita anch’esso in questi giorni) e Pornokrates: Deo Gratias (pure oggetto di riproposizione con nuova veste grafica, sempre da parte della Osmose), è l’album adatto da mettere nell’autoradio per testare quale sia il proprio livello di gradimento da parte del resto dell’umanità, o ancor più probabilmente per ripulire la propria vita da conoscenze superflue e sepolcri imbiancati, ma già è difficile che qualcuno non apra le portiere per fuggire al primo semaforo dopo l’ascolto dell’intro Prece.
Ma, al di là delle facezie, questo lavoro del trio portoghese è la riprova di quanto all’inerno del metal ci sia bisogno di chi faccia delicati ricami o cerchi nuove vie espressive quanto di chi faccia nel miglior modo possibile il cosiddetto sporco lavoro.
Attenzione però, perché questi figuri provenienti dalla splendida Lisbona non sono solo dei beceri manovali metallici: in realtà siamo al cospetto di musicisti di vaglia, operanti nella scena da oltre un ventennio e quindi in possesso dell’esperienza necessaria per maneggiare con cura una materia che, messa in mano a dei neofiti, rischierebbe seriamente d’assumere sembianze grottesche.
Il sound dei Filii Nigrantium Infernalium è il frutto immondo dell’unione contronatura perpetrata nel corso di un’orgia tra Darktrhrone, Motorhead, Venom, Judas Priest e qualche occasionale passante …
I dieci brani più intro di Hostia sono bombe che deflagrano fin dalla prima nota senza fare prigionieri, inducendo ad un headbanging convinto ed incessante: Pó, Virtudes da Prostação e la title track sono solo alcuni degli episodi rimarchevoli all’interno di una tracklist che prosciuga ogni resistenza per ritmo ed intensità, con il valore aggiunto del cantato in lingua madre che conferisce al tutto una sua peculiarità.
Chi propende per sonorità raffinate e ricercate passi oltre, tutti gli altri sono invitati a farsi un sempre gradito pieno di malignità, scorrettezza e blasfemia che solo il metal più autentico sa garantire.

Tracklist:
1. Prece
2. Pó
3. Lactância Pentecostal
4. Virtudes da Prostação
5. Santa Misericórdia
6. Smrt
7. Autos de Fé
8. A Morte é Real e Para Já
9. Hóstia
10. Cadela Cristã
11. Raze The Dead of Death

Line-up:
Maalm: Drums
Belathauzer: Guitars, Vocals
Helregni: Bass, Vocals

FILII NIGRANTIUM INFERNALIUM – Facebook

One Day In Fukushima – Ozymandias

Ozymandias è un album che non conosce tregua, uno tsunami di metal estremo che fagocita grind, death, crust, hardcore, lo fa crescere al suo interno e lo espelle trasformato in un mostro musicale violentissimo e senza compromessi.

La scena estrema tricolore ci regala l’ennesima bomba sonora, questa volta di matrice death/grind.

Ozymandias è il primo album dei campani One Day In Fukushima, band attiva da una manciata d’anni e altrettanti split e demo pubblicati, prima che la Ecleptic Productions licenziasse questo massacro sonoro composto da diciassette bombe atomiche lanciate una dietro l’altra in ventidue minuti sulle nostre teste.
Ozymandias è un lavoro che non conosce tregua, uno tsunami di metal estremo che fagocita grind, death, crust, hardcore, lo fa crescere al suo interno e lo espelle trasformato in un mostro musicale violentissimo e senza compromessi.
Valorizzato dall’apparizione di una manciata di musicisti della scena come Armin dei Distaste, Campiños dei Convulsions Grindcore, Mariano degli Ape Unit, ed Angelo & Renato dei Neid, Ozymandias, oltre che prodotto magnificamente, si bea di una raccolta di candelotti dinamitardi che vi esploderanno in faccia, spettacolari nella loro violenza nichilista ma perfettamente leggibili, tanto da gustare le ritmiche forsennate, il gran lavoro delle sei corde e i molti dettagli che fanno dell’album una vera sorpresa.
Non manca nulla a Ozymandias per diventare uno dei lavori più riusciti dell’anno per quanto riguarda il genere, quindi se Napalm Death, Misery Index, Repulsion, Cripple Bastards e Terrorizer (lo scorso anno gli One Day In Fukushima sono apparsi su una compilation dedicata al gruppo) sono stati e continuano ad essere i vostri ascolti abituali, non perdetelo per nessun motivo.

Tracklist
1.Bhopal inc.
2.Desomorfina
3.D.E.M. (Deus Ex Machina)
4.Exoskeleton
5.Automi
6.Toxikissione
7.Sawney’s Eyes
8.Giu’ La Testa
9.Stench Of Rotten
10.Ipnosi Dell’Assente
11.Priypiat Syndrome
12.Waterboarding
13.Ridursi Al Niente
14.La Giustizia Degli Spaventapasseri
15.Il Regime Dei Maiali
16.Gabbia Toracica
17.Jiu Ming

Line-up
Valerio – Vocals, Lyrics
Fabrizio – Lead Guitar
Vincenzo – Bass Guitar
Cosimo – Drums

ONE DAY IN FUKUSHIMA – Facebook

MILADY METAL FEST II

Ecco a voi gli orari del Milady Metal Fest II

Apertura porte:16:15
Trewa: 17:00 – 17:35
Kantica:17:50 – 18:25
Frozen Crown:18:40 – 19:15
Kalidia: 19:35 – 20:20
Sleeping Romance: 20:35 – 21:20
Ravenscry: 21:35 – 22:20
Theatres des Vampires: 22:35 – 23:35
Cellar Darling: 23:50

Biglietti disponibili su Mailticket: http://www.mailticket.it/evento/12860

Denied – Freedom Of Speech

Difficile trovare difetti in un album come questo, tributo alle sonorità metalliche tradizionali figlie dei Judas Priest e dei loro adepti che, negli anni, hanno portato avanti il credo di Rob Halford e soci, personalizzandolo con soluzioni power/thrash che sono la firma in calce del gruppo svedese.

Nuovo lavoro per gli svedesi Denied, affacciatisi da una quindicina d’anni sulla scena scandinava con il loro heavy metal old school potenziato da ritmiche thrash.

Il sound del gruppo di Stoccolma risulta un diretto in pieno volto, carico di forza heavy e valorizzato da ottime melodie che ne fanno un esempio di metal classico di origine controllata.
La band, in questo ultimo Freedom Of Speech, successore di altri tre album, si affida per le parti vocali all’ex Johan Fahlberg, ora nei Jaded Heart, protagonista di una prova sopra le righe, con Chris Laney (Pretty Maids), Andreas Larsson, and Madde Svärd come illustri ospiti e Fredrik Folkare (Unleashed, Firespawn) ad occuparsi di missaggio e masterizzazione.
L’album è una bomba heavy metal, con i musicisti impegnati in performance di valore assoluto ed una raccolta di brani che non mancheranno di esaltare i fans dell’heavy metal classico.
Andreas Carlsson e Chris Vowden (chitarre) e Markus Kask (batteria) sono i tre Denied, metallari duri e puri che con Freedom Of Speech confermano la bontà della loro proposta, musica metal fusa nell’acciaio, dalle melodie impeccabili e dalla forza dirompente.
L’album non concede tregua, nessuna ballad lascia riprendere fiato all’ascoltatore, qui si viaggia senza freni tra veloci scudisciate thrash, graffianti solos heavy metal, mid tempo terremotanti e melodie che si stampano in testa, valorizzate dall’ottima prova delle due asce e da quell’animale metallico dietro al microfono che si rivela Johan Fahlberg.
Difficile trovare difetti in un album come questo, tributo alle sonorità metalliche tradizionali figlie dei Judas Priest e dei loro adepti che, negli anni, hanno portato avanti il credo di Rob Halford e soci, personalizzandolo come detto con soluzioni power/thrash che sono la firma in calce del gruppo svedese.
Inutile nominare un brano piuttosto che un altro, quindi glsparatevi questo assalto heavy metal tutto d’un fiato, non ve ne pentirete.

Tracklist
1.Alive
2.Don’t You Know Me
3.Scarred Soul
4.Domestic Warrior
5.The Other Side
6.The Ferryman
7.The Devil in Me
8.Three Degrees of Evil
9.False Truth
10.Freedom of Speech
11.Stay Hungry (Twisted Sister cover)

Line-up
Andreas Carlsson – Guitar
Chris Vowden – Leadguitar
Markus Kask – Drums
Johan Fahlberg – Vocals

DENIED – Facebook

Carmelo Caltagirone – F*ck*d Alien

Questa raccolta racchiude i tre album fin qui incisi dal chitarrista Carmelo Caltagirone, partendo dai brani scarni e rudimentali inclusi in Iron Man, per passare al sound più elaborato di Gemini Man ed in particolare dell’ultimo Cosa Loro, Please.

Carmelo Caltagirone è un chitarrista che si trova nel mondo della musica dall’alba del nuovo millennio, fin da quando ha imbracciato la sei corde e ha cominciato a suonare coverizzando Litfiba e Deep Purple.

In questi ultimi anni ha inciso tre album: Iron man uscito nel 2014, Gemini Man dell’anno seguente e Cosa Loro, Please, nel 2016
Oggi è la volta di pubblicare una raccolta intitolata F*ck*d Alien, che racchiude tutti e tre i lavori pubblicati più una manciata di tracce live.
F*ck*d Alien è sicuramente una raccolta esaustiva del credo compositivo del chitarrista, partendo dai brani scarni e rudimentali inclusi in Iron Man, per passare al sound più elaborato di Gemini Man ed in particolare dell’ultimo Cosa Loro, Please.
Il sound proposto dal musicista varia molto, ma prevalgono la sperimentazione e la voglia di strafare, perdendo qualcosa per strada sul versante prettamente compositivo.
Più di un’ora di trame chitarristiche ispirate dal metal/rock a cavallo dei due millenni e da vari generi come l’alternative dei R.A.T.M., il progressive metal dei Dream Theater o quello più estremo di Nevermore o Lamb Of God, lasciano all’ascoltatore la sensazione di essere al cospetto di un’artista che ha assorbito con passione ed attenzione il meglio che la musica ha proposto in questo secolo, ma d’altra parte una più attenta selezione dei brani avrebbe reso questa collezione più fluida e di più agevole ascolto.

Tracklist
1.God’s Wrath (Alternative Version)
2.Indie Shred
3.Virtual Icon
4.Bass Solo
5.Density
6.Macigno (Alternative Version)
7.Skate Rock
8.The Iron man
9.Sunday Mornong
10.Snob Breack
11.Ipnotic Trauma
12.Rmelo The Boss
13.Prank (Alternative Version)
14.Triskelle
15.her Conversion
16.Cosa loro, please
17.Surf’n’Skate (live)
18.Dark Funk (live)
19.Sunday Morning (live)
20.Winter (live)
21.Density (live)

Line-up
Carmelo Caltagirone – Everything

CARMELO CALTAGIRONE – Facebook

https://youtu.be/AYW3y6q5r9M

Sepolcro – Undead Abyss

La brevità dell’opera impedisce di trarre conclusioni definitive, rimandandole per forza di cose ad una prova di maggior durata, ma la strada che dal sepolcro conduce alle orecchie degli appassionati di death sembra già piuttosto ben delineata.

Interessante demo, per quanto breve, per i veronesi Sepolcro, trio dedito ad un feroce e ed essenziale death metal di impronta statunitense.

La band, nata all’inizio del decennio e poi scioltasi dopo qualche anno, è stata rimessa in piedi nel 2018 dal drummer e membro fondatore Hannes e il frutto di questa ripartenza, che ha coinvolto anche il chitarrsta Simone e la bassista Nor, è appunto Undead Abyss.
Un monicker simile (stranamente molto meno inflazionato di quanto si potrebbe pensare) evoca necessariamente sonorità catacombali ed effettivamente, complice la produzione, i suoni arrivano un po’ ovattati come se, appunto, il tutto si stesse scatenando sei piedi sotto terra. Sicuramente la cosa appare del tutto calzante anche alle tematiche trattate,  le quali hanno a che fare con la letteratura lovecraftiana, come sempre fonte primaria di ispirazione per molte band estreme, soprattutto in ambito death.
I tre brani (Bone Totem, The Edge Of Infinity e la title track Undead Abyss) filano via lisci ma corrosivi come da copione, i riff non sono certi innovativi ma tale formula la si riascolta sempre molto volentieri e il growl, offerto sia dal chitarrista Simone che dal batterista Hannes, non concede alcuna tregua di sorta, andando a comporre un quadro stilistico che rimanda a campioni indiscussi del genere come gli Incantation e band affini, pur con tutte le distinzioni del caso.
La brevità dell’opera impedisce di trarre conclusioni definitive, rimandandole per forza di cose ad una prova di maggior durata, ma la strada che dal sepolcro conduce alle orecchie degli appassionati di death sembra già piuttosto ben delineata.

Tracklist:
1. Bone Totem
2. The Edge Of Infinity
3. Undead Abyss

Line-up:
Simone – Guitars, Vocals
Nor – Bass
Hannes – Drums, Vocals

KENOS

Il video di “My Wooden Frame”, dall’album “Pest” (My Kingdom Music).

Il video di “My Wooden Frame”, dall’album “Pest” (My Kingdom Music).

Italian Hateful Death Metal masters KENOS just release the second video off their new album “Pest”.

After the great success of their previous video for the song “Sons of Martyrdom” (here is the link https://youtu.be/gEBHAz7FfZ8) and the fantastic feedbacks “Pest” is receiving, it is time of a new testimoniance that opens the way to the official release of the new album scheduled via My Kingdom Music

Official sites:
– PRE-ORDER CD: http://smarturl.it/KENOS-CD
– MY KINGDOM MUSIC: www.mykingdommusic.net *
www.facebook.com/mykingdommusic.label
– KENOS: www.facebook.com/kenosband

The cover is realised by Mhadi artwork, while “Pest” track listing is: 1. Sons Of Martyrdom – 2. B.D.C. (Black Death Curse) – 3. Buried And Forgotten – 4. Immortal Breath – 5. Leave Me Now – 6. My Wooden Frame – 7. Shooting At The Moon – 8. The Sweeper Of Remains

Exalt Cycle – Vindicta

L’amalgama funziona molto bene, e il risultato è un suono che ha parti di Deftones, un po’ di groove metal, una forte impronta grunge e tanta melodia che si sposa benissimo con un’oscura durezza.

Violenza, melodia e una grossa ispirazione dagli anni novanta e duemila.

Tutte cose positive se si vuole fare un disco di metal moderno come questo Vindicta degli Exalt Cycle da Milano. Il disco arriva quattro anni dopo il precedente Revelations ed è un passo molto importante per il gruppo, il cui zoccolo duro è formato dal duo Zack e Andy, rispettivamente cantante e bassista, ai quali si sono aggiunti Aimer alla chitarra e Marco alla batteria. L’amalgama funziona molto bene, e il risultato è un suono che ha parti di Deftones, un po’ di groove metal, una forte impronta grunge e tanta melodia che si sposa benissimo con un’oscura durezza. La dolcezza c’è ma bisogna trovarla in questo ciclo di vendette che chiamiamo vita. L’incedere del disco è molto piacevole, e la terra d’elezione è sicuramente l’America, ma il progetto è originale e pressoché unico almeno alle nostre latitudini. I ragazzi sanno come si va veloci, ma sanno anche mettere su molta melodia ed un grande impianto sonoro. In certi momenti ci si avvicina al metalcore, ma poi si torna sempre su posizioni originali, di ricerca musicale. Le varie stratificazioni sonore sono frutto di un grande lavoro in fase di composizione e di produzione. Ci sono ancora alcuni punti da rivedere, come la durata eccessiva di certe canzoni, ma il risultato è notevole e di qualità. Gli Exalt Cycle ci mostrano come la melodia possa sposare un’oculata durezza ed essere assolutamente non commerciali o peggio, piacioni. Questo disco sarebbe andato fortissimo su Rock Fm, perché il suono di gruppi come questo è ancora importante, ma a quell’epoca era praticamente quotidiano.

Tracklist
1. Welcome To The Circus Of Hell
2. Vindicta
3. Black Butterfly
4. Lions
5. Sickened
6. Resistence
7.VS
8.Gravity
9. Predator
10. My Last Day
11.The War Of Nowhere
12.Babylon

Line-up
Zack : Voice
Keine : Bass
Marco : Drum
Aimer : Guitar

EXALT CYCLE – Facebook

Sentient Horror – The Crypts Below

I Sentient Horror con The Crypts Below tornano a far suonare gli strumenti come nei primi anni novanta nel Nord Europa nord e lo fanno dannatamente bene.

“Uno dei migliori progetti Swedish Death che ho incontrato negli ultimi vent’anni, la miscela perfetta di tutti i punti salienti della scena svedese dal 1989 al 1991, davvero impressionante”.

Queste erano le parole con cui Dan Swanö, uno che di death metal scandinavo se ne intende, spendeva nei confronti dei Sentient Horror e sul loro primo full length, il fenomenale Ungodly Forms, uscito sul finire del 2016 e sul quale il guru svedese mise lo zampino occupandosi della masterizzazione.
Matt Moliti, ex Dark Empire, torna con la sua creatura in arrivo dal New Jersey ma totalmente devota al suono estremo di marca svedese, con il santino di Swanö sopra il comodino e i primi album degli Edge Of sanity sotto il braccio.
Prodotto dal chitarrista e cantante statunitense, mixato da Damian Herring ai Subterranean Watchtower Studios in Virginia ed ovviamente masterizzato agli Unisound Studios dal mitico musicista e produttore svedese, The Crypts Below è un ep di quattro brani inediti più la splendida cover di Darkday, ovviamente scritta dagli Edge Of Sanity per The Spectral Sorrows, full length uscito nel 1993.
Quando la title track irrompe, Moliti e compagni ci scaraventano a suon di riff direttamente nei primi anni novanta e nell’età dell’oro del death metal suonato dai Sanity e dai gruppi storici della scena scandinava. I Sentient Horror sono un gruppo di musicisti americani posseduti dal demone nordico, il loro sound è talmente perfetto nel glorificare le gesta delle band provenienti dal nord Europa che al suono di brani come Bled Dry By The Night o Hatchet Crimes, il cielo si copre, la temperatura scende repentina e comincia a nevicare anche se siete comodamente seduti in poltrona in riva al mediterraneo.
Poi, quando il riff melodico di Darkday lascia spazio all’accelerazione di scuola Sanity ed all’irresistibile refrain, la pelle d’oca è ormai alta, ma non per conseguenza del freddo.

Tracklist
1. Enter Crypts Below
2. Bled Dry By The Night
3. Hatchet Crimes
4. Hell Marked
5. Darkday (Edge Of Sanity – Cover)

Line-up
Matt Moliti – lead guitar, vocals
Jon Lopez – rhythm guitar
Tyler Butkovsky- bass
Evan Daniele – drums

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Son Of Sorrow – Rulers of a Dying World

L’album scorre via senza creare la minima ombra di noia, sciorinando uno dopo l’altro brani dal grande impatto melodico e di rapida assimilazione, senza che questo vada a penalizzare la qualità intrinseca del tutto.

Rulers of a Dying World è l’esordio su lunga distanza degli spagnoli Son Of Sorrow, autori di un gothic metal di grande classe che non sfigura per nulla di fronte a quello proposto da band ben più celebrate.

In realtà uno dei fondatori della band, il vocalist Aklex Padina, sarebbe di nazionalità inglese, ma il suo incontro con il chitarrista Manu Piñeiro Sanchez è avvenuto sul suolo iberico dove di fatto oggi risiede in pianta stabile.
In tal senso il connubio tra questi due musicisti non poteva rivelarsi più opportuno: i Son Of Sorrow ai soliti incontentabili potranno anche apparire derivativi, perché è  fuor di dubbio che nel sound della band si manifestino palesemente influssi che riportano ai Paradise Lost come ai The Foreshadowing, per spingersi anche fino ai Sentenced e alla genia gotica finnica, ma resta il fatto che questo album scorre via senza creare la minima ombra di noia, sciorinando uno dopo l’altro brani dal grande impatto melodico e di rapida assimilazione, senza che questo vada a penalizzare la qualità intrinseca del tutto.
La voce di Padina è perfetta il genere: calda, evocativa e scevra da forzature od esagerazioni ai quali sono spesso soggetti gli emuli “eldritchiani”, fin dall’opener 1 a.m. ci trasporta lungo atmosfere certamente oscure ma mai eccessivamente plumbee, con la melodia che prevale sempre alla lunga nei confronti delle rare ma presenti pulsioni metalliche e moderniste; in tale contesto è forse Faith in Extinction, uno dei quattro brani dell’ep omonimo confluiti nel full length, a mostrare i tratti più cupi, anche se la successiva Cage non sembra essere da meno, grazie ad un prezioso lavoro chitarristico.
In effetti la differenza tra in brani dell’ep e quelli inediti è di fatto inesistente visto che il lasso di tempo trascorso tra le due uscite è di poco superiore all’anno, poco per dare il tempo di elaborare un’eventuale svolta stilistica in un senso o nell’altro, anche se i brani più catchy paiono appartenere tutti all’ondata più recente (1 a.m., Spiders, Since December).
Resta un episodio a parte la bonus track La Piel, brano cantato in spagnolo che potrebbe rappresentare una possibile strada da seguire alla ricerca di quella peculiarità la cui assenza, al momento, è l’unico appunto che si possa fare ai Son Odf Sorrow, dei quali piuttosto va apprezzata la disinvoltura con la quale offrono questi dieci brani scorrevoli e avvincenti, frutto di una vis compositiva caratterizzata da una certa eleganza e da sicura competenza nel trattare la materia. Tutto questo basta e avanza per rendere Rulers of a Dying World molto di più di un semplice ascolto gradevole.

Tracklist:
1. 1 a.m.
2. Spiders
3. Just to Get
4. Faith in Extinction
5. Cage
6. Always
7. Share the Light
8. Since December
9. Rulers (of a Dying World)
10. La Piel

Line-up:
Manu Piñeiro Sanchez – Guitars
Alex Padina – Vocals (lead)
Carlos Cano – Bass
Unai García – Drums
Ian Peréz – Guitars

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La Bottega Del Tempo A Vapore – Viaggi Inversi

Composto da sette tracce che hanno nella lunga suite Dama Di Spade il cuore di questo secondo capitolo nonché il sunto compositivo del gruppo, Viaggi Inversi è un viaggio che l’ascoltatore intraprende in compagnia del misterioso guerriero, tra splendide parti progressivamente melodiche, aperture tastieristiche dal mood epico e digressioni metalliche.

La Bottega Del Tempo A Vapore è il monicker con il quale agisce un sestetto di musicisti provenienti da Benevento: il gruppo è attivo dal 2014 ed è entrato a far a parte della grande famiglia Revalve che si occupa della distribuzione e comunicazione.

Viaggi Inversi è il secondo capitolo di una storia ispirata da un racconto di Alfredo Martinelli, e segue di un paio d’anni Il Guerriero Errante, lavoro che aveva di fatto dato il via alla carriera della band.
L’album, prodotto da Simone Mularoni ai Domination Studio, racconta le gesta leggendarie di un guerriero sannita/longobardo, mentre la musica è un ottimo esempio di rock/metal progressivo diviso tra la tradizione settantiana ed il più moderno metallo progressivo.
Un lavoro affascinante, cantato in italiano così da riportare alla mente gli storici lavori dei maestri che hanno fatto la storia del progressive nazionale (PFM, Banco del Mutuo Soccorso), ma supportati da arrangiamenti potenti ed epici, avvicinando l’opera a quelle dei migliori act prog metal (Dream Theater).
Composto da sette tracce che hanno nella lunga suite Dama Di Spade il cuore di questo secondo capitolo nonché il sunto compositivo del gruppo, Viaggi Inversi è un viaggio che l’ascoltatore intraprende in compagnia del misterioso guerriero, tra splendide parti progressivamente melodiche, aperture tastieristiche dal mood epico e digressioni metalliche.
E’ ottima la voce di Angelo Santo, supportato dal recitato di Alfredo Martinelli, mentre sono molti i cambi di atmosfera che consentono all’ascoltatore di non perdere l’attenzione, venendo catturato dagli eventi musicali che si susseguono senza soluzione di continuità.
Un’opera che non deve spaventare per il cantato in lingua madre, perché il lavoro nel suo insieme mantiene un taglio internazionale espresso da un suono cristallino ed una meticolosa cura in tutti i dettagli.
Oltre ai venticinque minuti di Dama Di Spade, una menzione particolare va  a Urla e Perdonami, bellissimo brano metal/prog con i tasti d’avorio che creano un’atmosfera settantiana a metà del pezzo.
Viaggi Inversi è comunque un album da gustarsi nella sua interezza per apprezzare ancora di più le atmosfere con cui viene descritta la storia, ed è consigliato agli amanti del progressive tradizionale così come ai consumatori di quello animato dalla componente metal.

Tracklist
1. Flashback
2. Goccia di Tenebra
3. Urla e Perdonami
4. Tempo Inverso PT1- Il Viaggio
5. Tempo Inverso PT2- La Lettera
6. Dama di Spade
7. Mestieri

Line-up
Alessandro Zeoli – Guitar
Alfredo Martinelli – Story Writer
Angelo Santo – Voice
Gabriele Beatrice – Drums
Giuseppe Sarno – Keyboard
Luca Iorio – Bass

LA BOTTEGA DEL TEMPO A VAPORE – Facebook

LUCKY BASTARDZ

Il video di ‘Tear In The Wind’, dall’album “Be The One” (Sliptrick).

Il video di ‘Tear In The Wind’, dall’album “Be The One” (Sliptrick).

Lucky Bastardz – Tear In The Wind [Official Video]
Taken from the album: Be The One | Sliptrick Records | 2018
Directed & Story by Marco Lazzarini
Shooting by Samuele Valle (Gaston Studio)
Editing & Post Production: Tiziano Spigno (Titian Graphic Arts)

Actors: Federico Cartolano (The Old Man), Giorgia Pilati (Young girl), Elisabetta Gagliardi (Grown girl), Maria Vercellino (the mother)

In the video for Tear In The Wind, a young girl learns about the power of goodbye and of music, thanks to an old and kind homeless man. Time goes by and memories fade, but thanks to a dream, todays grown girl gets contact with her inner child once again. This is the first ever acoustic and orchestrated ballad from Italian rock band Lucky Bastardzand gets a delicate and intimate videoclip to go along with the track, taken from their recent album, Be The One.

Lucky Bastardz – Be The One
Be the One is the fourth album from Italian hard rockers Lucky Bastardz and it’s also, by far, their most ambitious. It’s what you might call a “semi-concept album” focused on the themes of inner re-birth. Be the One contains 10 excellent tracks for both the first timers and the purists with not a filler in sight! Read more about Be the One …here

Be The One | Released February 8th, 2018 on Sliptrick Records

Lucky Bastardz are:
Tiziano “Titian” Spigno – Vocals | Pietro “Pacio” Baggi – Guitar | Marco “Mark” Lazzarini – Drums | Paolo “Mr Tnt” Torrielli – Bass

Trautonist – Ember

La proposta dei Trautonist si rivela impeccabile formalmente ma pecca di quella componente emotiva che invece non dovrebbe latitare in un genere come il post black/shoegaze.

Ember è il secondo full length per questa band di Coblenza denominata Trautonist, dopo l’esordio omonimo del 2016.

Il duo formato da Katharina e da Dennis, con l’ausilio di Hendrik alla batteria, ripropone un post black dalle sfumature shoegaze di buona fattura e nella media delle proposte attuali.
La vocalist si disimpegna bene sia con lo screaming che con le cleans, anche se i brani che vedono prevalere quest’ultima soluzione appaiono più a fuoco degli altri.
La proposta dei Trautonist si rivela impeccabile formalmente ma pecca, a mio avviso, di quella componente emotiva che invece non dovrebbe latitare in un genere come questo: per esempio, un brano come Smoke and Ember rappresenta nel migliore dei modi ciò che intendo, con un’ultima parte che cresce a livello d’impatto all’interno di una struttura ritmica più ragionata.
Il fatto è che, nonostante diversi ascolti di Ember, ciò che mi resta una sensazione gradevole che non è sufficiente a spingermi ad ulteriori passaggi del disco nel lettore perché, in un lavoro che non dubito possa trovare buoni riscontri tra chi frequenta il genere con maggiore assiduità, quello che non sono riuscito a rinvenire è il momento chiave, quello capace di conquistare l’attenzione rendendo la fruizione di un album un’esperienza in qualche modo unica.
Nè valgono, in tal senso, una traccia bizzarra e del tutto a sé stante come la conclusiva Woody Allen o la bellissima copertina a modificare sostanzialmente tale opinione.

Tracklist:
1. Fire and Ember
2. Vanish
3. The Garden
4. Smoke and Ember
5. Hills of Gold
6. Sunwalk
7. Woody Allen

Line-up:
Katharina – Vocals (female)
Dennis – All instruments, Vocals
Hendrik – Drums

TRAUTONIST – Facebook

 

Mortiis – Perfectly Defect

Un disco davvero interessante da parte una grande mente musicale, che quando si perde fa cose pessime, ma che quando è in forma come qui i suoi lavori sono un bellissimo sentire.

Håvard Ellefsen, in arte Mortiis, è un musicista che si ama o si odia, non si possono avere mezzi termini, ma forse la definizione migliore è interessante, perché la sua musica è sempre un qualcosa da sentire.

In questo periodo stiamo vivendo un intenso revival di Mortiis, ci sono ristampe come questa di Perfectly Defect del 2010 da parte della sua etichetta Omnipresence Records, viene pubblicato nuovamente il suo controverso libro Secrets Of My Kingdom; Return To Dimensions Unknown. Inoltre il 25 maggio sarà alle Officine Sonore di Vercelli per la sua unica data italiana con Nibiru e altri gruppi, e in quella occasione sfodererà l’opera prima della sua Era I, ovvero Anden Som Gjorde Oppror del 1994, un disco molto oscuro e quasi dungeon. Di Mortiis si potrebbe parlare per giorni, di come a 15 anni sia entrato a suonare negli Emperor, la fuga e poi la lunga carriera solista, ma concentriamoci su questo Perfectly Defect, che è un disco di elettronica al cento per cento, e di quella elettronica ipnotica e dalla grana grossa in quota Prodigy e Crystal Vegas. Il nostro norvegese possiede uno spiccato talento per il genere, del quale tesse trame molto interessanti, sviluppando bene i vari temi sonori, anche se a volte si dilunga un po’. Il disco nel 2010 segnava il suo ritorno sulle scene, dopo un’assenza dovuta ai suoi problemi con l’industria discografica. Perfectly Defect veniva regalato ai fan che si recavano a vedere la sua tournée con i Combichrist, e vi erano due versioni : una tour edition in cd con dieci brani, e una digitale sempre con dieci tracce. L’attuale edizione ha al suo interno dodici tracce, ed è un’esperienza amplificata rispetto all’originale. Mortiis spazia in molti territori elettronici, e come molti metallari che fanno elettronica, dà un taglio totalmente diverso rispetto a quella tradizionale. Perfectly Defect è un oscuro scrutare, sembra la colonna sonora di un videogioco gotico e perverso. La produzione è ottimale, come del resto tutti i suoni, ci sono canzoni che si avvicinano ai Prodigy, mentre altre sono composizioni più lente e di grande pathos. Un disco davvero interessante da parte una grande mente musicale, che quando si perde fa cose pessime, ma che quando è in forma come qui i suoi lavori sono un bellissimo sentire. Per festeggiare la ristampa Mortiis ha rilasciato in download libero un disco di remix chiamato Perfectly Reject che trovate qui http://perfectreject.mortiis.com/

Tracklist
1. Closer to the End
2. Perfectly Defect
3. The Sphere
4. Sensation of Guilt
5. Sole Defeat
6. Thieving Bastards
7. The Punished
8. Halo of Arms
9. Impossible to Believe
10. This Absolution
11. Hermaphro Superior
12. Contrition

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Revel In Flesh – Relics Of The Deathkult

Il growl catacombale accompagna questa visita guidata dai Revel In Flesh nell’inferno sulla terra, tra putride atmosfere nelle quali il genere trova la massima espressione fuori dalla sua terra natia.

Tornano i tedeschi Revel In Flesh a due anni di distanza dal monumentale Emissary of All Plagues, un altare costruito in un cimitero abbandonato dove i morti sacrificano i vivi al dio dello Swedish Death.

La band non può che essere considerata come una delle migliori realtà che il death metal di stampo scandinavo possa annoverare di questi tempi , anche se il luogo di nascita del gruppo è da ricercare nel centro del vecchio continente.
Questa volta Haubersson , Maggesson e compagni ci torturano con una compilation di brani usciti solo su 7′, ep o come bonus track nelle versioni degli album in vinile, quindi vanno dall’epoca del debutto (Deathevokation) fino all’ultimo lavoro.
Con ancora due geni all’opera come Dan Swano, a lavorare sui brani senza snaturare il suono originale, e Juanjo Castellano, ad illustrare un altro artwork splendidamente horror, Relics Of The Deathkult è un album imperdibile per i fans del gruppo e per gli amanti del death metal old school suonato al nord nei primi anni novanta.
Mid tempos vengono scolpiti su lapidi inclinate dalla terra smossa dai cadaveri, mentre riff di scuola Entombed sono lame con cui si d° inizio al sacrificio; il growl catacombale accompagna questa visita guidata dai Revel In Flesh nell’inferno sulla terra, tra putride atmosfere nelle quali il genere trova la massima espressione fuori dalla sua terra natia: il risultato è quasi un’ora di grande metal estremo composto da otto brani originali, tutti di spessore tanto che diventa difficile considerarli delle tracce minori, e tre cover pescate dalle discografie di Master, Death e Headhunter D.C.
Relics Of The Deathkult è l’ennesimo lavoro che riconcilia con il genere e mantiene il gruppo tedesco sul podio delle mie preferenze per quanto riguarda il death metal di scuola nord europea: da non perdere per alcun motivo.

Tracklist
1.Bonecrusher
2.Corpus Vermis
3.Chant Of Misery
4.Deathkult
5.Phlebotomy – Blood Dripping Healing
6.Nightrealm Ghouls – The Dead Will Walk The Earth
7.The Ending In Fire
8.Casket Ride
9.Pay To Die (Master – Cover)
10.Mutilation (Death – Cover)
11.Deny The Light (Headhunter D.C. – Cover)

Line-up
Gotzberg – Bass
Herrmannsgard – Guitars
Maggesson – Drums, Guitars
Haubersson – Guitars, Bass, Vocals
Henrikson – Drums

REVEL IN FLESH – Facebook

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