The Dead Daisies – Burn It Down

Burn It Down è il quarto album in studio e la band fa un ulteriore balzo temporale all’indietro, inglobando in un sound che ha sempre poggiato le basi negli anni ottanta impulsi rock blues del decennio precedente, come se John Corabi e compagni avessero lasciato gli Whitesnake dopo il loro approdo a Los Angeles, per recuperare quelli più rudi e selvaggi delle origini.

I The Dead Daisies sono la più grande band che i fans dell’hard rock classico possono ascoltare di questi tempi su disco e vedere in versione live sui palchi di tutto il mondo.

Quello che era partito come un super gruppo dall’incerta durata nel tempo, si è trasformato in una meravigliosa realtà che, a ogni passo, lascia in eredità album di un’altra categoria incentrati sul rock duro e puro.
Burn It Down è il quarto album in studio e la band fa un ulteriore balzo temporale all’indietro, inglobando in un sound che ha sempre poggiato le basi negli anni ottanta impulsi rock blues del decennio precedente, come se John Corabi e compagni avessero lasciato gli Whitesnake dopo il loro approdo a Los Angeles, per recuperare quelli più rudi e selvaggi delle origini.
Ovviamente il tutto avviene in un contesto assolutamente potente e moderno e i The Dead Daisies, con il nuovo grande acquisto dietro alle pelli, Deen Castronovo (Bad English, Journey), che va ad affiancarsi e si affianca alle altre leggende presenti nella band, offrono uno spettacolo di hard rock impossessato dal demone del blues: la tracklist offre brani che spezzano schiene sotto i colpi inferti dai riff della coppia Lowy/Aldrich, con le ritmiche che vomitano tonnellate di groove potente e scarno (Castronovo/Mendoza formano una delle coppie ritmiche più potenti della scena), lasciando che Corabi sciorini la prestazione più emozionante, vera e bluesy che il sottoscritto ricordi nella lunga carriera del vocalist americano.
Ora, con queste premesse è ovvio che siamo al cospetto dell’ennesimo capolavoro che non avrà sicuramente il successo dei lavori dei gruppi leggendari dai quali prendono ispirazione e che in altri tempi avrebbe fatto scrivere fiumi di inchiostro e portato la band sulle copertine delle migliori riviste di settore, prima dell’ennesimo tour negli stadi delle grandi città.
Di questi tempi meglio goderseli in qualche teatro o locale più intimo, ma soprattutto far nostro questo bellissimo Burn It Down, che da Resurrected in poi non scende dall’eccellenza, grazie ad una tracklist spettacolare nella quale  hard rock, street e blues ancora una volta si alleano per regalare grande musica dura, emozionante, sanguigna, maleducata ed irresistibile.
Neppure quando mid tempo come la title track o stupende ballate blues come Set Me Free smorzano quell’inconfondibile impatto rock’n’roll che è marchio di fabbrica del gruppo, il livello emozionale si abbassa, anzi, è proprio con le calde note di Set Me Free che Corabi sfiora la perfezione nella sua prestazione di cantante a cui la natura ha donato un carisma riconosciuto a pochi prima di lui.
Burn It Down è dunque un altro magnifico album di hard rock firmato da questi cinque musicisti uniti sotto il monicker The Dead Daisies, approfittatene!

Tracklist
1. Resurrected
2. Rise Up
3. Burn It Down
4. Judgement Day
5. What Goes Around
6. Bitch
7. Set Me Free
8. Dead And Gone
9. Can’t Take It With You
10. Leave Me Alone
11. Revolution (Bonus Track)

Line-up
Deen Castronovo – Drums
David Lowy – Guitars
John Corabi – Vocals
Doug Aldrich – Guitars
Marco Mendoza – Bass

THE DEAD DAISIES – Facebook

Veiled – Black Celestial Orbs

Uno spaccato di black atmosferico dal mood cosmico che convince appieno, grazie ad una linearità che è la grande forza di una proposta priva di digressioni stilistiche, essendo incentrata su un impatto reiterato ed evocativo e lasciando che i vari mid tempo scorrano in maniera avvolgente e senza soluzione di continuità.

Con Black Celestial Orbs facciamo la conoscenza con questa nuova band statunitense capace di offrire un black atmosferico in grado di attrarre senz’altro l’attenzione degli appassionati più attenti.

A ben vedere, peraltro, proprio di nuova band non si tratterebbe perché i Veiled sono la nuova denominazione dei Gnosis Of The Witch, progetto che vedeva il fondatore Niðafjöll accompagnato alla batteria da Swartadauþaz, rimpiazzato poi nella nuova configurazione Dimman, drummer che fa parte della line-up dei magnifici When Nothing Remains.
Ciò che conta è che questo full length d’esordio offre uno spaccato di black atmosferico dal mood cosmico che convince appieno, grazie ad una linearità che è la grande forza di una proposta priva di digressioni stilistiche, essendo incentrata su un impatto reiterato ed evocativo e lasciando che i vari mid tempo scorrano in maniera avvolgente e senza soluzione di continuità.
Tutto ciò accade dal primo secondo di Luminous all’ultimo di Omnipotent, lasciando alle due parti che compongono la title track a l’offerta di qualche variazione sul tema, con la prima che vede un break strumentale piuttosto rarefatto e la seconda che è di fatto un episodio di matrice totalmente ambient.
Se in Portal si mostrano rallentamenti ai confini del doom uniti a sentori depressive, in Enshrouded qualche pausa più liquida spezza la tensione di un brano incessante per intensità: la provenienza statunitense della band, inoltre, comporta sfumature cascadiane che sono percepibili all’interno di un sound austero, solenne ed avvolgente.
Forse a qualcuno il tutto potrà apparire un po’ ripetitivo, ma questo è black atmosferico nella sua essenza più pura e già così, per quanto mi riguarda, merita un incondizionato apprezzamento, nonostante i margini per fare ancora meglio vi siano tutti.

Tracklist:
1. Luminous
2. Portal
3. Enshrouded
4. Omnipotent
5. Black Celestial Orbs I
6. Black Celestial Orbs II

Line-up:
Niðafjöll – Vocals, Guitars, Bass, Ambiance
Dimman – Drums

VEILED – Facebook

Hortus Animae – Piove Sangue – Live in Banská Bystrica

Piove Sangue – Live in Banská Bystrica è un gradito cadeau che, come contraltare, ci spinge a chiedere a Martyr Lucifer e ai suoi compagni di dare finalmente un seguito a Secular Music: i tempi paiono essere maturi.

Gli Hortus Animae sono una delle band icona del nostro metal estremo, in virtù di una discografia non ricchissima dal punto di vista quantitativo ma di valore inestimabile se la si misura attraverso parametri qualitativi.

Piove Sangue è il primo live offerto dalla band romagnola, guidata da Martyr Lucifer, che viene immortalata in quel di Banská Bystrica, amena località slovacca che ospita ogni anno un festival sempre molto ben frequentato.
Il set offerto è relativamente breve ma esaustivo delle varie fasi della carriera degli Hortus Animae, partendo dall’iniziale Furious Winds/Locusts, che era anche la traccia di apertura del seminale The Blow Of Fuorious Winds, per passare poi alle melodie chitarristiche che caratterizzano Chamber of Endless Nightmares e gli umori gotici di Doomsday (quest’ultima in versione accorciata), tratte dall’ultimo album di inediti Secular Music, per arrivare poi al Medley che assembla brani provenienti dal primo demo del 1998, An Abode for Spirit and Flesh, e dal successivo full length d’esordio The Melting Waltz, e all’ultimo inedito There’s No Sanctuary, facente parte dell’omonimo ep del 2016, altra canzone che mostra il caratteristico connubio tra metal estremo e sonorità gothic wave.
Come da abitudine consolidata anche nei lavori in studio, gli Hortus Animae chiudono questa celebrazione dei loro vent’anni di attività con la cover slayaeriana di Raining Blood (ecco spiegato il titolo dell’album) che vede quale ospite alla voce di Freddy Fredich degli storici thrashers tedeschi Necronomicon, con i quali i nostri hanno condiviso il tour europeo.
Piove Sangue – Live in Banská Bystrica è un gradito cadeau che, come contraltare, ci spinge a chiedere a Martyr Lucifer e ai suoi compagni di dare finalmente un seguito a Secular Music: i tempi paiono essere maturi.

Tracklist:
1. Furious Winds / Locusts
2. Chamber of Endless Nightmares
3. Doomsday
4. Medley: I – In Adoration of the Weeping Skies, II – Cruciatus Tacitus, III – Souls of the Cold Wind
5. There’s No Sanctuary
6. Raining Blood

Line-up:
Martyr Lucifer – vocals
Hypnos – guitars
Bless – keyboards
Adamant – bass
MG Desmadre – guitars
GL Ghöre – drums

HORTUS ANIMAE – Facebook

Feed The Rhino – The Silence

Sarebbe facile per chi ha qualche anno in più disprezzarlo ritenendolo leggero, invece questo gruppo ha delle peculiarità che lo rende apprezzabile anche da chi non è abituato a queste sonorità.

Album di metal moderno e radiofonico, melodia, entusiasmo e molto mestiere.

I Feed The Rhino vengono dalla città inglese di Kent e si sono formati nel 2008, e hanno alle spalle tre album. Questi ragazzi hanno un grande seguito, sopratutto fra i giovani ascoltatori di musica veloce. Sarebbe facile per chi ha qualche anno in più disprezzarlo ritenendolo leggero, invece questo gruppo ha delle peculiarità che lo rende apprezzabile anche da chi non è abituato a queste sonorità. Attento alla loro immagine come al loro suono, la band concentra nella sua musica ascolti che sono molto variegati e soprattutto risalenti agli anni novanta e duemila, infatti si possono sentire diverse influenze, come quella del grunge o del metal, con i Deftones molto presenti. Il disco si sviluppa bene, le canzoni si assomigliano un po’ fra loro, ma la scrittura è buona e non si cercano soluzioni ovvie, andando alla ricerca di un suono che vada oltre i cliché moderni. I Feed The Rhino sono un gruppo di metal moderno che non si ferma ad un facile successo, ma prova a produrre una formula personale. I loro concerti sono molto seguiti perché questi ragazzi riescono a trasferire la loro potenza ed energia sul palco. Ascoltando tutto il disco si può avere qualche sorpresa, come qualche citazione sonora di altri gruppi inglesi, forse volontaria forse no, come gli Earthtone 9, una delle band più clamorose mai uscite dalla terra di Albione. Per i Feed The Rhino si potrebbe fare lo stesso discorso che vale per la Premier League, il campionato inglese di calcio, ovvero che se si prende per buono l’assunto che il calcio come la musica debba essere intrattenimento e spettacolo, allora prendiamo la Premier e i Feed The Rhino, perché c’è qualità ed un buon livello. Per altro rivolgersi altrove.

Tracklist
01. Timewave Zero
02. Heedless
03. Losing Ground
04. 68
05. All Work And No Play Makes Jack A Dull Boy
06. Yellow And Green
07. Nerve Of A Sinister Killer
08. Fences
09. The Silence
10. Lost In Proximity
11. Featherweight

Line-up
James Colley : guitars
Chris Kybert : drums
Oz Craggs : bass
Sam Colley : guitars
Lee Tobin : vocals

FEED THE RHINO – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=8dT-YnBV4nUù

Michael Kratz – Live Your Life

In tempi in cui il genere fatica ad uscire da una dimensione ristretta, (specialmente in Italia), un album come Live Your Life è tesoro per pochi, scrigno di melodie da custodire gelosamente nella propria discografia.

Il lato più elegante e raffinato del rock viene nobilitato da Michael Kratz, già batterista dei rockers danesi Kandis e di questi tempi sul mercato con un album a suo nome, nel quale l’artista collabora con un buon numero di musicisti della scena aor/west coast internazionale.

Licenziato dalla Art Of Melody Music / Burning Minds Music Group in Europa e più avanti da AnderStein Music in Giappone, Live Your Life vede Kratz alle prese con una serie di brani dall’alto tasso qualitativo, debordanti di melodia ed ovviamente pregni di quelle atmosfere che faranno innamorare perdutamente gli amanti del rock melodico.
E di atmosfere e sfumature sognanti l’album è ricco, impreziosito dai tanti ospiti con cui il musicista ha collaborato, come Steve Lukather (Toto), Michael Landau, Dom Brown (Duran Duran), David Garfield, Christian Warburg (Paul Young) e Alessandro Del Vecchio (Revolution Saints, Hardline), tra gli altri, e valorizzato da arrangiamenti e produzione di assoluto livello internazionale.
Composto da dodici brani ricchi di melodie sopraffine, Live Your Life è un bellissimo e riuscito esempio di rock melodico che viaggia fuori dal tempo e dalle mode per arricchire anime di gustoso rock d’autore.
We All Live In This Nation e la title track aprono l’opera riassumendo perfettamente quello a cui l’ascoltatore andrà in contro, circondato da note che formano un lavoro che è già un classico, mentre Never Take Us Alive, le armonie acustiche di Paradise Lost e le atmosfere solari di Bye Bye confermano il l’alto livello di un songwriting che non accenna un passo falso.
In tempi in cui il genere fatica ad uscire da una dimensione ristretta, (specialmente in Italia), un album come Live Your Life è tesoro per pochi, scrigno di melodie da custodire gelosamente nella propria discografia.

Tracklist
01. We All Live In This Nation
02. Live Your Life
03. This Town Is Lost Without You
04. What Did I.. ?
05. Never Take Us Alive
06. Game Of Love (Over And Over)
07. Lying 08. Paradise Lost
09. Shade
10. Bye Bye
11. Dying Young
12. In Between

Line-up
Michael Kratz – Lead & Backing Vocals, Guitar, Drums
Kasper Viinberg – Drums, Bass, Guitars, Backing Vocals, Percussion, Accordion, Programming
Steve Lukather – Guitar solo
Michael Landau – Guitars
David Garfield – Keyboards, Hammond, Piano
Dom Brown – Guitars
Christian Warburg – Guitars
Alessandro Del Vecchio – Keyboards, Hammond
Mikkel Risum – Bass
Ole Kibsgaard – Backing Vocals
Ole Viinberg – Backing Vocals
Ida Lohmann – Backing Vocals
Emma Viinberg – Choir
Den Jyske Sangskole – Choir
Kenneth Bremer – Cowbell

MICHAEL KRATZ – Facebook

Nightwish – Decades

La monumentale raccolta che riassume i primi vent’anni di carriera della più famosa symphonic metal band del pianeta.

Sembra ieri quando per la prima volta mi imbattei nei Nightwish, signori indiscussi del power metal sinfonico da ormai vent’anni ed una delle poche band della generazione di fine secolo che può sedersi al tavolo con i grandi del metal.

Un genere portato al successo a colpi di album bellissimi, specialmente nella prima fase con la divina Tarja come sirena operistica al microfono, poi un calo e la crisi dopo la partenza del soprano più famoso del metal e l’entrata frettolosa della pur brava Annette Olzon, seguita dall’arrivo della valkiria olandese Floor Jansen e al ritorno in pompa magna con l’ultimo lavoro targato 2015 Endless Forms Most Beautiful.
E proprio dall’ultimo lavoro e dalla suite The Greatest Show on Earth che parte questo viaggio a ritroso nel mondo della band di Tuomas Holopainen, una monumentale raccolta che raccoglie in sè tutte le facce della creatura scandinava, dalle suite e dai brani più classici a quelli più diretti e prettamente metallici in un’apoteosi di suoni bombastici e magniloquenti che risultano praticamente il meglio che il symphonic metal abbia regalato per entrare di diritto nella storia.
Ovviamente Decades è pur sempre una raccolta, quindi i fans della band non troveranno che brani conosciuti a memoria e che costituiscono un esaustivo riassunto dei primi vent’anni di carriera, mentre il tutto è invece molto più congeniale a chi non ha mai approfondito la conoscenza del gruppo; il lavoro viene licenziato dalla Nuclear Blast nelle versioni doppio cd, triplo vinile e doppio cd Earbox, lasciando ai fans una buona scelta di acquisto.
Ovviamente seguirà un tour mondiale che porterà i Nightwish su tutti i palchi del mondo, compreso il nostro paese, in quello che si prospetta come l’evento metallico dei prossimi 12 mesi.
I brani sono quelli nella loro versione originale, quindi si possono assaporare le varie fasi della carriera di Holopainen e soci, scandita dal cambio delle muse al microfono e da un’evoluzione che, di fatto, non si è mai fermata arrivando alla piena maturazione con l’ultimo bellissimo lavoro, aspettando la calata in Italia e la celebrazione di questa favola metallica chiamata Nightwish.

Tracklist
1. The Greatest Show On Earth
2. Élan
3. My Walden
4. Storytime
5. I Want My Tears Back
6. Amaranth
7. The Poet And The Pendulum
8. Nemo
9. Wish I Had An Angel
10. Ghost Love Score
11. Slaying The Dreamer
12. End Of All Hope
13. 10 th Man Down
14. The Kingslayer
15. Dead Boy’s Poem
16. Gethsemane
17. Devil & The Deep Dark Ocean
18. Sacrament Of Wilderness
19. Sleeping Sun
20. Elvenpath
21. Carpenter
22. Nightwish (Demo)

Line-up
Tuomas Holopainen – Keyboards
Floor Jansen – Vocals
Marco Hietala – Bass & Vocals
Emppu Vuorinen – Guitar
Troy Donockley – Uilleann pipes & whistles
Kai Hahto – Drummer

NIGHTWISH – Facebook

Convocation – Scars Across

Quattro brani per cinquanta minuti, quattro litanie che penosamente si trascinano verso un luogo indefinito e nebuloso, così come accade, consapevolmente o meno, all’esistenza di ognuno.

Ancora dalla Finlandia ci giungono echi di sonorità cupe e introspettive.

La maniera di esprimere un disagio, più o meno accentuato, in quelle lande ha avuto diversi volti in passato, partendo dal dark più melodico per spingersi al funeral o ad altre forme di doom più estreme, il tutto attraverso il talento innato di musicisti in grado di rappresentare quel mood malinconico che, giusto o sbagliato che sia, viene associato ad un intero popolo.
Quello scelto dai Convocation è un qualcosa di non troppo catalogabile, anche se il doom sicuramente ne costituisce la base preponderante: del genere troviamo infatti le cadenze rallentate e l’incedere contrassegnato da rari quanto significativi barlumi di luce, andando in tal senso verso le forme di funeral più oltranziste, in linea con le sonorità delle band d’oltreoceano (Loss, Lycus e Disembowelment, come suggerito dalla bio) piuttosto che di quelle nordeuropee, anche se talvolta si palesano spunti che rimandano agli immensi Colosseum del compianto Juhani Palomäki.
Quattro brani per cinquanta minuti, quattro litanie penosamente si trascinano verso un luogo indefinito e nebuloso, così come accade, consapevolmente o meno, all’esistenza di ognuno.
L’onere della parte strumentale è tutto di Lauri Laaksonen , che conosciamo per la sua militanza nei Desolate Shrine, death metal band invero nella media, mentre il growl, efficace e mortifero come deve essere, è affidato a Marko Neuman, vocalist anche nei notevoli Dark Buddha Rising: il connubio appare perfettamente oliato e in grado di esprimere il genere ai suoi massimi livelli, ribadendo come detto il primato finnico in questo campo .
Disposed apre l’album offrendo quasi un quarto d’ora di funeral magnifico, andando a raggiungere quei picchi emotivi ricercati dagli appassionati, mentre la successiva Ruins Of Ourselves appare più movimentata, con alcuni accenni di clean vocals e dissonanze che occupano parte della scena.
In Allied POWs si possono apprezzare ottimi squarci di chitarra solista, all’interno di un sound che si fa parzialmente più melodico e arioso, mentre la conclusiva title track ritorna in qualche modo al punto di partenza, portando il sound ai toni più cupi di Disposed, salvo il magnifico ed evocativo crescendo finale che suggella un lavoro spledido e per certi versi inatteso.
Non sorprende, invece, il fatto che i Convocation siano stati scovati dalla label italiana Everlasting Spew che, all’insegna dei pochi ma buoni, continua ad offrire uscite di grande spessore riconducibili alle forme di metal meno commerciali e convenzionali.

Tracklist:
1. Disposed
2.Ruins Of Ourselves
3.Allied POWs
4.Scars Across

Line-up:
Lauri Laaksonen – all in struments
Marko Neuman – vocals

www.facebook.com/ConvocationDoom

Ascension – Under Ether

Il black targato Ascension è ben circoscritto nell’ortodossia stilistica da anni codificata e, in questo caso, la band decise di smussare anche certe soluzioni meno dirette che apparivano in passato: ne deriva così un interpretazione efficace, ben focalizzata e arricchita da interessanti break di chitarra solista.

Gli Ascension appartengono alla vasta cerchia di band tedesche capaci di offrire un black metal di buona qualità.

Certamente si rischia d’essere ripetitivi nel affermare con convinzione che il genere suonato da quelle parti ben difficilmente delude le aspettative, ma si tratta di un dato di fatto che va comunque rimarcato.
Il black targato Ascension è ben circoscritto nell’ortodossia stilistica da anni codificata e, in questo caso, la band decise di smussare anche certe soluzioni meno dirette che apparivano in passato: ne deriva così un interpretazione efficace, ben focalizzata e arricchita da interessanti break di chitarra solista.
Tutto ciò avviene senza che si smarrisca il carico corrosivo che il black deve portarsi appresso, trovando il suo apice nei momenti in cui l’intensità ritmica va di pari passo con un substrato metodico che esalta la tensione espressiva, come avviene magistralmente nella notevole Thalassophobia e nella dirompente Dreaming In Death.
Under Ether, che è il terzo album per gli Ascension, mette in luce un gruppo di musicisti capaci di unire all’impatto corrosivo del black metal anche una tecnica di prim’ordine, ben evidenziata da una produzione capace di rendere definito ogni singolo contributo strumentale: una bellissima prova, che costringe a trovare qualche residuo spazio in un taccuino già piuttosto fitto di band dedite al black metal che, in terra germanica, sono meritevoli di tutta l’attenzione possibile.

Tracklist:
1. Garmonbozia
2. Ever Staring Eyes
3. Dreaming In Death
4. Ecclesia
5. Pulsating Nought
6. Thalassophobia
7. Stars To Dust
8. Vela Dare

ASCENSION – Facebook

Mors Subita – Into The Pitch Black

Dimenticate urletti in clean e ritmiche stoppate, i Mors Subita schiacciano sull’acceleratore, ci travolgono con un impatto death/thrash e ci deliziano con solos melodici di scuola heavy come si faceva una volta.

Il death metal melodico continua a mietere vittime, anche se sono lontani i primi capolavori usciti negli anni novanta e la linea che divide il genere con le pulsioni statunitensi di stampo core è sempre più sottile.

Fortunatamente, chi suona il genere nella sua forma più pura e primitiva non manca, e l’incontro con piccole gemme estreme è sempre dietro l’angolo, specialmente se si volge lo sguardo verso nord.
E dalla terra dei mille laghi arrivano i Mors Subita, quartetto attivo addirittura dalla fine del secolo scorso e con all’attivo un paio di ep e due full length, prima che Into The Pitch Black arrivi e faccia venire il sorriso agli amanti del death metal melodico che chiameremo classico.
Si perché già dal singolo As Humanity Weeps, la band finlandese ci va giù duro, pur mantenendo un approccio melodico ben definito e strappandoci qualche applauso per il gran lavoro chitarristico, sia in fase ritmica che solistica.
Dimenticate urletti in clean e ritmiche stoppate, i Mors Subita schiacciano sull’acceleratore, ci travolgono con un impatto death/thrash e ci deliziano con solos melodici di scuola heavy come si faceva una volta.
Non c’è tregua nè riposo, tra le trame di brani diretti come la title track, Just The Beginning, Shadows e The Void, la band si lancia in fughe metalliche che sferzano e frustano l’ascoltatore, con i primi Soilwork e Darkane a fare da padrini a questo nuovo lavoro targato Mors Subita.

Tracklist
1.Path to the Abyss
2.As Humanity Weeps
3.Dead Sun
4.Defeat
5.Into the Pitch Black
6.Alas
7.I, God
8.Vultures
9.Fear is Just the Beginning
10.Shadows
11.The Void

Line-up
Eemeli Bodde – Vocals
Mika Lammassaari – Lead Gtr, additional vocals
Mika Junttila – Bass
Ville Miinala – Drums

MORS SUBITA – Facebook

Purest Of Pain – Solipsis

La band non abbonda certamente in personalità anche se l’album nella sua interezza si fa apprezzare, specialmente nel gran lavoro delle due chitarre, ispirate sia in fase ritmica che negli assoli che grondano melodie.

I Purest Of Pain sono la band del chitarrista e compositore Merel Bechtold (Mayan, Delain) e Solipsis è il loro nuovo lavoro, il primo sulla lunga distanza.

Il gruppo, che festeggia il decimo anno di attività licenzia questo buon esempio di death metal melodico moderno, non lontano dal sound che si è sviluppato negli ultimi tempi tra gli adepti del death metal, tra melodie scandinave e reminiscenze core.
Solipsis, quindi, si muove con disinvoltura tra queste due correnti portate al successo in tempi diversi dalla frangia melodica del death metal, rinunciando totalmente a qualsiasi forma di vecchia scuola.
Poco da dire dunque, la band non abbonda certamente in personalità anche se l’album nella sua interezza si fa apprezzare, specialmente nel gran lavoro delle due chitarre, ispirate sia in fase ritmica che nei solos che grondano melodie.
La componente thrash è presente così da rendere i brani a tratti devastanti (Trial & Error), supportati da uno scream aggressivo, ma che ci risparmia coretti puliti da school band.
In un contesto leggermente monocorde sulle lunga distanza, i brani di Solipsis tendono ad assomigliarsi, così l’attenzione cade inevitabilmente sulla performance delle due chitarre, ispiratissime e sincronizzate perfettamente.
I Purest Of Pain, eseguono il loro compito con disinvoltura, destreggiandosi tra uno dei generi più inflazionati del metal estremo con buona padronanza di mezzi, anche se Crown Of Worms, Momentum e Terra Nil dimostrano la loro totale devozione al sound di primi In Flames, Soilwork e Dark Tranquillity, solcati da tagli modern metal.

Tracklist
1.The Pragmatic
2.Truth-seeker
3.Vessels
4.Crown of Worms
5.Momentum
6.The Sleep of Reason
7.Tidebreaker
8.Trial & Error
9.Terra Nil
10.Noctambulist
11.E.M.D.R.
12.Phantom Limb
13.The Solipsist
14.The End

Line-up
J.D. Kaye – Vocals
Merel Bechtold – Guitar
Michael van Eck – Guitar
Frank van Leeuwen – Bass
Joey de Boer – Drums

PUREST OF PAIN – Facebook

ME VS. I

Il video di “Up & Down”, dall’album “Never Drunk Enough” in uscita ad aprile.

Il video di “Up & Down”, dall’album “Never Drunk Enough” in uscita ad aprile.

I Me vs. I stanno per invadere il vostro cervello. Hardcore, Stoner e tanta follia.

In attesa del nuovo album in uscita il 6 aprile, oggi la band pubblica il video del nuovo singolo “Up & Down”

Il video è interamente prodotto dai Me vs. I

Ricordiamo i dettagli del nuovo album.

“Never Drunk Enough” è stato registrato e mixato da Daniele Ferretto, mentre l’artwork è a cura di Pietro Braga.

Tracklist:
01. MadNess
02. Me Vs. I
03. Places
04. Keep Off The Grass
05. Empty
06. De-Vices
07. Up & Down

Line Up:
Matteo Brunoro: Voce
Alberto Baldo: Chitarra
Francesco Baldo: Batteria

Facebook: https://www.facebook.com/mevsiband
Instagram: https://www.instagram.com/mevsiband

JETTASANGU FEST VOL.2

Jettasangu Fest è la prima produzione del collettivo catanese Tifone Crew, dedicata alle realtà estreme locali
e articolata in due serate. Dopo l’esordio dello scorso 17 febbraio con Gangrenctomy, Fordømth e
Whispering Haze, la seconda serata vedrà alternarsi sul palco BuiOmegA, combo black/doom/post-metal
che presenterà il nuovo album Decay per la prima volta a Catania, i Torpore con il loro sludge acido e
apocalittico, e i 600000 Mountains, trio alternative stoner al proprio esordio live. L’appuntamento è fissato
per sabato 7 aprile 2018 al Ramblas DiscoPub di Catania. Di seguito tutti i dettagli e il flyer, realizzato da
Gore Occulto.

JETTASANGU FEST VOL. 2 W/
600000 Mountains [Alternative stoner]
https://www.facebook.com/SHTmountains/

TORPORE [Sludge metal]
https://www.facebook.com/torporeband/

BUIOMEGA [Black/doom/post-metal]
https://www.facebook.com/buiOmegametal/

||07.04.2018 ||
||H 22.00 ||

Ramblas DiscoPub, Via Manzoni 86, Catania
Ingresso: 3€
Evento Facebook: https://www.facebook.com/events/1978379505510344/

Tifone Crew: https://www.facebook.com/tifonecrew/

E-mail: tifonecrew@gmail.com

Acciaio Italiano Festival 8

Jolly Roger Records in collaborazione con ArciTom, Classix Metal, Rock Hard, Loud & Proud e Metal Italia è orgogliosa di presentare la nuova edizione di “Acciaio Italiano”, festival dedicato alle migliori bands Hard ed Heavy Italiane che raggiunge l’importante traguardo dell’ottavo anno consecutivo!
Dopo l’ottima riuscita del “doppio” palco nell’ edizione 2015, dato che il locale lo consente, si ritorna a questa formula, con uno principale ed uno secondario, aperto attraverso un “contest” ai gruppi “emergenti”, viste le tantissime richieste ricevute negli ultimi anni.
Chiunque gruppo puo’ iscriversi, scrivendo una email a jollyroger.rec@gmail.com indicando come oggetto il nome della propria band ed indicando 1 link per videoclip youtube o per il download di massimo 2 brani audio.
Il costo dell’ iscrizione è di 10,00 € (facendo una media, circa 2,00 € a membro di ogni band) e la selezione delle 8 migliori avverra’ tramite la collaborazione con i main sponsors, ognuno dei quali dara’ un voto da 1 a 10 a tutte le bands partecipanti.
Questo costo serve per aiutare in concreto l’organizzazione dell’ evento per coprire una minima parte delle spese, quindi un enorme grazie a tutte le bands che vorranno partecipare, cogliendo la filosofia alla base sia del festival stesso che del contest. La data ultima per partecipare è posticipata a giovedi 5 Aprile.

Questa la bill del palco principale:
STRANA OFFICINA
La band toscana presentera’ una speciale scaletta in italiano a supporto delle imminenti uscite “Non Finira’ Mai” e “The Faith” (completamente rimixato e rimasterizzato), entrambe su Jolly Roger Records. Questi titoli saranno disponibili in CD il giorno dell’evento, mentre le versioni in vinile lo saranno a Maggio. Successivamente il gruppo entrera’ in studio per registrare il nuovo atteso album, previsto per fine anno, sempre su Jolly Roger Records.

WHITE SKULL
Esclusiva data live per la band veneta capeggiata dal capitano Tony “Mad” Fonto’ che ha visto il rientro della storica voce Federica “Sister” De Boni negli ultimi albums “Under This Flag” (2012) e nel recente “Will of the Strong” (2017) entrambi su Dragonheart. Il “Teschio Bianco” ha gia’ suonato all’ Acciaio Italiano, nella fortunata edizione del 2014 al Palabam di Mantova, proprio in accoppiata con la Strana Officina.

CRYING STEEL
Sara’ l’ultima data live per la storica band bolognese, attiva dai primi anni ’80, a chiusura del “Thundergods Tour”, in attesa del nuovo album in imminente uscita.

EPITAPH
Nati dalle ceneri dei Black Hole e dei Sacrilege presentano un proprio e personale Doom Metal impreziosito dalle performance live del cantante Emiliano “Il Confessore” Cioffi, incredibile intrattenitore, assolutamente da vedere!
Il loro ultimo album è “Claws” del 2017, uscito per la tedesca High Roller.

GODWATT
Il combo frusinate macinera’ colate di metallo pesante tra doom e stoner presentando brani dal nuovo album “Necropolis” (2018 – Jolly Roger Records) che sta raccogliendo recensioni entusiastiche sia in italia che all’ estero.

ARCA PROGJET
La band piemontese nata da un idea di Alex Jorio (batterista degli Elektradrive) e Gregorio Verdun presentera’ in anteprima i brani del loro debut album “Arca Progjet” (Jolly Roger Records) che sara’ disponibile proprio il giorno dell’ evento. Nel disco compaiono come ospiti Mauro Pagani (PFM e collaborazioni con artisti come Gianna Nannini, Fabrizio De Andre’, Timoria, Ligabue), Gigi Venegoni ed Arturo Vitale (Arti & Mestieri).

HUMANASH
Unica ed esclusiva data per i salentini HumanasH capeggiati dal cantante Giovanni “Goldfinch” Cardellino (L’Impero delle Ombre) che presenteranno dal vivo il loro recente debut Ep “Reborn from the Ashes” (Jolly Roger Records) che vede come ospite d’eccezione sua maesta’ Steve Sylvester (Death SS). Esplosiva miscela di classico HM con partirure speed metal.

SILENZIO PROFONDO
Tocchera’ ai Silenzio Profondo aprire il festival con il loro robusto heavy metal caratterizzato dai testi in italiano, la giovane band mantovana si è messa in mostra con il debut omonimo album del 2017 su Andromeda Relix.

Ingresso 13,00 € con tessera Arci (il costo della tessera il giorno della manifestazione è di 10,00 €)
E’ previsto un pacchetto Ingresso + Tessera Arci di 25,00 € con incluso a scelta uno dei seguenti titoli:
Airspeed “Airspeed” LP, Black Hole “Living Mask” CD, Distruzione “Inumana” CD, Distruzione “Distruzione” CD, Fangtooth “As We Dive into the Dark” CD, LP, Godwatt “L’Ultimo Sole” CD, Graal “Chapter IV” CD, Gunfire “Age of Supremacy” CD, I Compagni di Baal “St” CD, I Miti Eterni “Historia Cumae” CD, Memento Waltz “Antithesis of Time” CD, Negacy “Flames of Black Fire” CD, Raff “Raff” CD, Shabby Trick “Badass” CD, Spitfire “Heroes in the Storm” LP, T.I.R. “Heavy Metal” CD, Unreal Terror “The New Chapter” CD, Vis “Vis et Deus” CD.

Seguite la pagina Fb dell’evento per aggiornamenti sugli orari e pubblicazione delle bands vincitrici del contest.
Si ringraziano sentitamente per la collaborazione: Andromeda Distribuzioni, Andromeda Relix, Blasphemous Art Prod., Crac Edizioni, Dragonheart, Frammenti di un Cuore Esploso, Overzone, Pick Up, Tommy Records, We Rock Music Store, Classix!, Emp, Fire, Goodfellas, Rock n Rolla.

Rust – Urstoff

Urstoff è un’opera che non va ascoltata ma assaporata, perché è carica di significati e momenti saturi di suono, dove dopo un istante partono fughe e melodie molto belle ed importanti.

Membri di gruppi come Enisum, In Corpore Mortis, Phenris Official e Grave-T, si sono uniti per dare vita ai Rust e pubblicare questo disco intriso di dolore, metal e melodia.

Il presente lavoro è il frutto della combinazione di musicisti maturi e di talento, come si può ascoltare in Urstoff. La storia dei Rust parte nel 2001 con il nome di Lesmathor, all’insegna del  black metal, poi, dopo tante vicissitudini, e dopo essere diventati October Rust, assumino l’attuale ragione sociale e pubblicano Urstoff per la Dusktone. Il loro è un suono molto maturo e pur essendo pieno di citazioni ed influenze ha una forte personalità. Il black delle origini è sempre presente ma si va a fondere con un death metal scandinavo e con un sentimento in stile Opeth e Katatonia quando erano maggiormente metal. Urstoff è un’opera che non va ascoltata ma assaporata, perché è carica di significati e momenti saturi di suono, dove dopo un istante partono fughe e melodie molto belle ed importanti. Il gruppo è formato da musicisti e personalità che hanno ben chiaro cosa fare e dove vogliono andare, e nel mare magnum issano la propria riconoscibile bandiera. Troviamo davvero molto in questo album, che regala piacere e gioie attraverso il dolore, perché non ci sono pose o atteggiamenti ma voglia sincera di fare dell’ottimo metal a 360°, con sentimento e partecipazione, prediligendo una visione personale ed originale. Le composizioni sono lunghe e trasportano l’ascoltatore svelando a poco a poco il disegno complessivo, che è magniloquente e di grande effetto. Il disco è molto buono, e se riescono a trovare un cantante in pianta stabile possono diventare un gruppo importante nel panorama italiano, e non solo.

Tracklist
1.Urstoff
2.The Bounteus Dearth
3.Graylight Contoured
4.No Place Like Death
5.Windumanouth
6.Scribed
7.Wounds of The Sunken Dawn

RUST – Facebook

Natas – På veg… til helvette

Semplicemente un esaltante e altamente soddisfacente disco di black metal tendente al melodico, con tante sfumature e una grande capacità di composizione ed esecuzione

Semplicemente un esaltante e altamente soddisfacente disco di black metal tendente al melodico, con tante sfumature e una grande capacità di composizione ed esecuzione.

In breve, potrebbe essere questo il sunto di questo disco, ovviamente come sempre ascoltate e fatevi un’idea vostra, ma questo lavoro è realmente eccellente. Provenienti dalla costa ovest della Norvegia, questi amanti della via scandinava al metallo nero sono attivi dal 2011 e questa è la loro prima uscita, ed è un gran bel debutto. Tutto è molto ben bilanciato, la produzione è ottimale e mette in risalto tutte le peculiarità salienti del gruppo. I Natas fanno un black metal in stile scandinavo, con una forte componente melodica, nel senso che senza perdere aggressività riescono a dare un maggior respiro alle loro canzoni. Il disco è un bel viaggio nelle oscurità e nelle tenebre, quelle che rifuggiamo ma nelle quali viviamo immersi senza rendercene conto. Il mondo attuale così come è non piace ai Natas, che con la loro musica provano a darci un input differente, facendosi ascoltare ed amare e producendo un black metal di alto livello. Una cosa molto importante in questo disco è la ricerca con esito positivo della melodia, ovvero la capacità di inserirla sempre ed in maniera molto azzeccata, dando un valore aggiunto alle tracce. Misantropia, Satana, black metal eccellente e il gelo che vi parte da dentro, e citando Stefano Cerati … il black metal sicuramente non è musica per tutti, così è sempre stato e così dovrebbe sempre essere.

Tracklist
1.På veg… til helvette
2.Til Helvete
3.Daudens Kall
4.Gods Wish
5.Stormkjempens Trone
6.Rest In Chaos
7.Cursed Spell Of Evil
8.Supreme Retaliation
9.For This I Be

Line-up
Helvett
Djafull
Jotun
Beleth
Atyr
Lotus

NATAS – Facebook

Preludio Ancestral – Oblivion

Oblivion merita senz’altro l’interesse degli amanti del metal sinfonico e power, frutto di una buona vena in fase di scrittura e dal valore aggiunto dei tanti ospiti sui quali i Preludio Ancestral hanno potuto contare.

Symphonic power metal dal Sud America e precisamente dall’ Argentina con il nuovo album dei Preludio Ancestral, terzetto guidato dal chitarrista e tastierista dalle chiare origini italiane, Leonardo Gatti.

Attiva dal 2005, la metal band sudamericana arriva quarto full length di una discografia che si compone di un buon numero di singoli ed un paio di ep, quindi una realtà solida del panorama metallico del suo paese e non solo.
Oltre a Leonardo Gatti, i Preludio Ancestral vedono all’opera Ari Katajamäki al basso e Diego Camaño alle pelli più un nutrito numero di ospiti che danno il loro contributo alla riuscita di Oblivion, lavoro che si fa sicuramente apprezzare, per intensità ed un’ottima tecnica al servizio di brani potenti, sinfonici e dall’immediata presa.
Al microfono si danno il cambio svariati vocalist, con un’ottima rappresentanza tricolore formata (oltre che dal tastierista Gabriel Crisafulli) da Enzo Donnarumma, Alessio Perardi e Raffaele Albanese che si danno il cambio tra le trame metalliche di quest’opera che non sfigura certo nel panorama classico internazionale, anche se i cliché del genere sono tutti ben in vista e l’album non brilla certo in originalità.
Ma sono dettagli, perché Oblivion segue le coordinate tracciate sulla mappa dell’heavy metal sinfonico dalle potenti ritmiche power, e la band non risparmia cascate di melodie per un risultato più che buono, brillando per un songwriting ispirato ed una facilità d’ascolto disarmante, grazie a brani diretti e figli di ispirazioni ed influenze che vanno dai primi Angra agli Avantasia, con Storm, la splendida title track e l’heavy metal classico della grintosa Dust World a presenziare sul podio e sottolineare la buona riuscita di questo lavoro.
Oblivion merita senz’altro l’interesse degli amanti del metal sinfonico e power, frutto di una buona vena in fase di scrittura e dal valore aggiunto dei tanti ospiti sui quali i Preludio Ancestral hanno potuto contare.

Tracklist
1.Presagio
2.King of silence
3.Storm
4.Fear of falling
5.Ready to rock
6.Oblivion
7.Universal love
8.Reflection in the wind
9.Dust world
10.Metal walls

Line-up
Leonardo Gatti – Guitars & Keyboards
Ari Katajamäki – Bass
Diego Camaño – Drums

Guest musicians:
Gabriel Crisafulli – Keyboards
Juan Pablo Kilberg – Guitar
José Paz – Keyboards
Alessio Perardi – Vocals
Fran Vázquez – Vocals
Daniel García – Vocals
Juan Pablo Kilberg – Vocals
Raffaele Raffo Albanese – Vocals
Kimmo Perämäki – Vocals
Enzo Donnarumma – Vocals

PRELUDIO ANCESTRAL – Facebook

Hypnotheticall – Synchreality

Melodia ed irruenza, tecnica ed emotività, si danno il cambio nella struttura dei brani, in un ibrido davvero riuscito ed a suo modo originale, con il gruppo che appaga in egual misura i fans della tecnica e quelli che in un disco cercano sempre e comunque delle canzoni.

Con il supporto della Revalve Records tornano sul mercato discografico i vicentini Hypnotheticall, ex Whispered Lies, band attiva dall’alba del nuovo millennio con il nuovo monicker e arrivata oggi al terzo lavoro sulla lunga distanza.

Il gruppo capitanato dal chitarrista Giuseppe Zaupa, fondatore ed unico membro originale rimasto in line up, suona metal progressivo, tecnicamente ineccepibile, moderno e roccioso, senza perdere di vista quei tratti melodici che ne fanno una proposta molto interessante per i molti palati abituati ai gustosi ricami che infarciscono la musica progressive.
Con due anime ben distinte amalgamate in un unico sound, Synchreality giunge ad una stretta di mano tra il metal prog di stampo classico e quello moderno: quindi, se da una parte troviamo il classico suono alla Dream Theater, e per rimanere in Italia, Eldritch, dall’altra certe scelte a livello ritmico portano ai Tesseract e alle band dei giorni nostri.
Melodia ed irruenza, tecnica ed emotività, si danno il cambio nella struttura dei brani, in un ibrido davvero riuscito ed a suo modo originale, con il gruppo che appaga in egual misura i fans della tecnica e quelli che in un disco cercano sempre e comunque delle canzoni, anche in un genere dalle trame intricate.
Dieri che gli Hypnotheticall ci riescono senza grossi sforzi, il sound scorre piacevolmente lasciando all’ascoltatore una manciata di brani intriganti come l’estrema Tribal Nebula, dalle accelerazioni thrash, la moderna Industrial Memories e la devastante Rumors, che torna a far male dopo le note lievi della ballad In Hatred.
Un ottimo lavoro questo Synchreality, che prende posto di diritto tra le numerose ed imperdibili uscite che il genere regala con costanza negli ultimi tempi, specialmente per quanto riguarda i gruppi battenti bandiera tricolore.

Tracklist
01. Synchronism To The Light
02. Where All The Trees Bend
03. Tribal Nebula
04. The Spell
05. Industrial Memories
06. Dreaming In Digital
07. Solstice Of Emotions
08. In Hatred
09. Rumors
10. AnalogDream Experience

Line-up
Davide Pellichero – Vocals
Giuseppe Zaupa – Lead &RhythmGuitar, Programming
Luca Capalbo – Bass
Giulio Cariolato – Drums

HYPNOTHETICALL – Facebook

BRAIN DISTILLERS CORPORATION

Il video ufficiale di “In The Land Of Colours”, secondo singolo estratto dal nuovo album “Medicine Show”.

Il video ufficiale di “In The Land Of Colours”, secondo singolo estratto dal nuovo album “Medicine Show”.

Esce il video ufficiale “In The Land Of Colours”, secondo singolo estratto dal nuovo album “Medicine Show” dei talentuosi BRAIN DISTILLERS CORPORATION: rabbioso e travolgente mix di rock, metal e grunge.

Traccia numero tre del nuovo lavoro che uscirà il prossimo 30 marzo per The Jack Music Records e che ci rimanda all’infanzia, alla “terra dei colori”, attraverso l’inconfondibile sound dei BRAIN DISTILLERS CORPORATION.

Le parole della band:
E’ proprio questa un’altra song che rappresenta, in maniera inequivocabile, i Brain Distillers Corporation. Le parole della canzone sono la descrizione del rapporto conflittuale con l’inesorabile scorrere del tempo. Racconta della gente, dei luoghi, dei profumi e dei colori, dei contrasti e delle contraddizioni legati ai ricordi dell’infanzia, che inevitabilmente si affievoliscono e lentamente spariscono dai nostri pensieri, lasciando posto alla malinconia, all’incertezza, ad una vita frenetica e caotica che ci priva quasi del tutto della spensieratezza, dell’ingenuità e della purezza che vivevamo da bambini.

Ricordiamo che il nuovo disco “Medicine Show” verrà presentato venerdì 6 aprile al Legend Club di Milano > https://goo.gl/iSnPRL

www.facebook.com/BrainDistillersCorporation
www.instagram.com/braindistillers

Mascharat – Mascharat

I milanesi Mascharat sono una black metal band piuttosto particolare, se non per il sound che è abbastanza aderente agli schemi compositivi classici, sicuramente per le tematiche affrontate.

Il monicker scelto, infatti, indica la via concettuale intrapresa dal gruppo, che affronta nel corso dell’album, non a caso autointitolato, il tema della maschera e in genere del travestimento quale allegoria, con riferimenti specifici al rito del carnevale veneziano, evento nel corso del quale, soprattutto nel remoto passato, la possibilità per ogni individuo di celare la propria identità portava per un breve periodo ad un livellamento sociale oltre a fornire un pretesto per dare sfogo a pulsioni represse consentite appunto dall’anonimato.
Venendo all’aspetto prettamente compositivo, siamo di fronte ad un black metal piuttosto tradizionale, anche se non troppo ruvido, cantato in italiano e bene eseguito e prodotto, all’interno del quale non si rinuncia comunque a momenti più riflessivi.
L’album parte con due brani che facevano parte del demo pubblicato nel 2014, tra le quali una traccia molto lunga come Médecin de peste, dal testo interamente in francese, e tutto sommato non si percepisce un grande scostamento rispetto ai brani di più recente composizione, se non una maggiore propensione all’interno di questi ultimi verso melodie inquiete e passaggi più ricercati (per esempio il finale madrigalesco di Mora che sfuma nello strumentale Vestibolo).
Mascharat è un lavoro nel quale la band lombarda dimostra una lodevole chiarezza d’intenti e una profondità espressiva che fornisce un tocco in più anche negli stessi momenti aderenti al black più tradizionale: i testi nella nostra lingua, declamati con uno screaming aspro ma comprensibile, non sono affatto banali e costituiscono più che in altri casi un elemento importante nell’economia dell’opera.
Complessivamente ci troviamo di fronte ad un album di valore, alla luce anche della sua perfettibilità, rinvenibile soprattutto nella tendenza a diluire eccessivamente i contenuti, in quanto nell’ambito di un black metal piuttosto ortodosso offrire brani superiori o vicini ai dieci minuti di durata è inusuale e anche un po’ rischioso, benché uno dei più lunghi, Iniziazione, con i suoi accenni doom nella parte centrale, si riveli alla fine uno degli episodi migliori del disco.
Con questo omonimo esordio su lunga distanza i Mascharat finalizzano un lavoro avviato agli inizi del decennio e, nel contempo, pongono solide le basi per il loro futuro percorso musicale.

Tracklist:
1. Intro
2. Bauta
3. Médecin de peste
4. Mora
5. Vestibolo
6. Simulacri
7. Iniziazione
8. Rito
9. Outro

MASCHARAT – Facebook

Hell’s Coronation – Unholy Blades of the Devil

Gli Hell’s Coronation offrono un black metal i cui tratti pesantemente doom ne accentua la morbosità e così, tra effetti vari, volti a creare un ambiente carico di tensione, il sound si snoda in maniera molto ortodossa ma scostandosi sufficientemente dalle soluzioni più comuni.

I polacchi Hell’s Coronation si propongono con questo loro secondo ep,  Unholy Blades of the Devil, che esce in formato cassetta per Godz ov War Productions.

Il duo di Danzica offre un black metal i cui tratti pesantemente doom ne accentua la morbosità e così, tra effetti vari, volti a creare un ambiente carico di tensione, il sound si snoda in maniera molto ortodossa ma scostandosi sufficientemente dalle soluzioni più comuni grazie, appunto, alle sonorità rallentate e orientate a creare un impatto più orrorifico che non distruttivo.
In questa mezz’ora scarsa Zepar e Coffincrusher ci immergono nel loro immaginario oscuro attraverso un sound lineare ma molto efficace, nel quale ogni elemento è gestito al meglio fornendo quattro brani più intro assolutamente consigliato a chi apprezza il black doom, con menzione per un brano diretto come Satanic Scepter e per il suo contraltare, rappresentato dalla più elaborata e limacciosa Luciferian Wind Blows from the North.
Unholy Blades of the Devil si rivela così un album ideale per i molti che apprezzano parimenti le asperità ritmiche del black e il dolente incedere del doom metal.

Tracklist:
1. Empty Shells of the Sacrament
2. Temple of Wickedness
3. Descent into the Depths of Unspeakable Evil
4. Satanic Scepter
5. Luciferian Wind Blows from the North

Line-up:
Coffincrusher – Bass, Drums, Vocals (backing)
Zepar – Guitars, Vocals

HELL’S CORONATION – Facebook

childthemewp.com