Ectoplasma – Cavern Of Foul Unbeings

In Cavern Of Foul Unbeings troverete strumenti che gridano dolore, accelerazioni ed improvvise frenate, un growl in arrivo dal centro dell’inferno per quasi cinquanta minuti di metal estremo tripallico, assolutamente poco originale ma ben fatto, soprattutto per chi ama il genere.

Nuovo lavoro per gli Ectoplasma, realtà estrema proveniente dalla penisola ellenica nata tre anni fa ma già al secondo full length, successore di Spitting Coffins uscito lo scorso anno, accompagnato da due ep ed uno split in compagnia dei colleghi Hatevomit.

La band suona death metal old school, duro e puro, brutale, senza compromessi e come vuole la tradizione appesantito da mastodontici rallentamenti di scuola doom e con attitudine anticristiana, impatto monolitico e ispirazioni che richiamano i nomi storici del death metal: la band greca non si smuove, con tutti gli annessi e connessi dai cliché che animano il genere, quindi l’album risulta la classica opera appannaggio dei fans del genere.
In Cavern Of Foul Unbeings troverete strumenti che gridano dolore, accelerazioni ed improvvise frenate, un growl in arrivo dal centro dell’inferno per quasi cinquanta minuti di metal estremo tripallico, assolutamente poco originale ma ben fatto, soprattutto per chi ama il genere.
L’album è facile da leggere, tutto è dove immaginiamo debba stare, ci si muove bendati in un mondo che conosciamo a menadito, tra blast beat ed atmosfere catacombali e con una track list che dà l’impressione di provenire dal secolo scorso.
Tra le varie Entranced In Blood, Seized In Cimmerian Darkness e quel mostro musicale a titolo Ghoulspawn troverete echi di Bolt Thrower, Morgoth, Asphyx e qualche accenno alla scena scandinava (Unleashed, tributati dal gruppo con la conclusiva cover del brano The Immortals), una  parte del meglio che la vecchia Europa ha partorito nel periodo d’oro del death metal.
Cavern of Foul Unbeings è un lavoro che troverà estimatori negli amanti del death metal classico e old school, forte di una sua precisa appartenenza al filone.

Tracklist
1.Amorphous Atrocity (Intro)
2.Entranced in Blood
3.Mortified and Despised
4.Seized in Cimmerian Darkness
5.Cavern of Foul Unbeings
6.Primeval Haunting
7.Reanimated in Trioxin
8.The Unspeakable One
9.GhoulSpawn
10.Disembodied Voice
11.The Immortals (Unleashed cover)

Line-up
Dion K. Alastor – Guitars (lead)
George Wolf – Guitars (rhythm)
Giannis Grim – Vocals, Bass
Maelstrom – Drums

ECTOPLASMA – Facebook

Bergrizen – Der Unsterbliche Geist

Il black offerto in quest’occasione è di chiara impronta nordica, atmosferico, gelido e solenne come si faceva molto bene nel secolo scorso senza stravolgere i dettami di base del genere.

Ancora dalla fertile terra ucraina giunge a noi l’ennesima one man band consacrata al black metal, denominata Bergrizen.

Il titolare di questo progetto è Myrd’raal Bergrizen, il quale ha già pubblicato con questo monicker diversi lavori tra i quali Der Unsterbliche Geist è il quinto full length .
Il black offerto in quest’occasione è di chiara impronta nordica, atmosferico, gelido e solenne come si faceva molto bene nel secolo scorso senza stravolgere i dettami di base del genere, anche se a livello di discontinuità non si può fare a meno di notare la stranezza di una proposta lirica in lingua madre a fronte di un’imtera titolazione in tedesco.
Uno screaming stridulo in stile dsbm non penalizza un lavoro vario e concreto, dai ritmi mai eccessivamente incalzanti e con un’apprezzabile propensione melodica, per quanto misurata: alla fine Der Unsterbliche Geist si rivela un lavoro senz’altro interessante, ricco di dissonanze che si alternano a passaggi più riflessivi e ad altri dalla buona intensità emotiva, come efficacemente esemplificato dalla bella title track.
Peraltro Myrd’raal si fa apprezzare anche per il tentativo di sfuggire alla ripetitività (che non sempre è un male, peraltro) dimostrando bune competenze anche in campo ambient, apprezzabili nella conclusiva Tel’aran’rhiod.
Appartenente all’affollato novero delle opere di buona fattura che continuano con puntualità ad essere offerte in ambito black metal, questa quinta fatica dei Bergrizen manca forse solo di quella scintilla capace di catturare in maniera definitiva l’attenzione dell’ascoltatore, rimanendo appannaggio dei fruitori abituali del genere i quali, peraltro, non credo possano avere da obiettare sulla bontà dell’opera.

Tracklist:
1. Das alte Herzeleid (Prolog)
2. Der unsterbliche Geist
3. Lied der Rache
4. Ankunft der Winterdämmerung II
5. Entsagen
6. Tel’aran’rhiod

Line-up:
Myrd’raal Bergrizen – Vocals & Poetry, Keyboards on Tel’aran’rhiod

Guest/Session:
Aldor – Guitars
R. – Drums
Noxius – Bass
Ginnungagaldr – Vocals
Olgerd – Keyboards

BERGRZIEN – Facebook

Satanic Warmaster – We Are The Worms That Crawl On The Broken Wings Of An Angel

Torna l’assai controverso Satanic Warmaster con una compilation che raggruppa la maggior parte delle sue tracce finite nei moltissimi split e collaborazioni in giro per il mondo a cui il finlandese ha contribuito.

Torna l’assai controverso Werwolf con una compilation che raggruppa la maggior parte delle tracce finite a nome Satanic Warmaster nei moltissimi split e collaborazioni in giro per il mondo a cui il finlandese ha contribuito.

Certamente il nostro politicamente è meglio lasciarlo perdere, come tanti nella scena black metal, ma è innegabile la sua importanza per il black metal underground, anche grazie alla sua indubbia bravura. Inoltre Satanic Warmaster è un pietra miliare nell’estremismo musicale, e ascoltarlo è sempre una nera gioia per chi ama il black metal meno compromesso. Ascoltando questa raccolta si possono cogliere benissimo le grandi diversità che contraddistinguono questo progetto musicale. Satanic Warmaster fa un black metal che non si pone paletti o preconcetti, la sua peculiarità è rimanere marcio e cattivo, veloce ed incisivo, sia per sconvolgere l’ascoltatore, sia per portare chi ama queste sonorità dentro ad un vortice sempre più nero. Questa compilation si rivolge soprattutto a chi segue da anni la parabola musicale della one man band finlandese, poiché qui ci sono vere e proprie chicche. Forse chi non lo conosce ancora dovrebbe prima rivolgersi ai dischi canonici, perché sono maggiormente omogenei, se si può parlare di omogeneità in questo caso. Il disco è composto da tanti neri gradini sporchi e scivolosi che discendono verso un qualcosa di terribile che sta sia sotto che dentro di noi, e che questa musica sviscera in maniera sincera e senza paratie, perché l’uomo è una bestia e Satanic Warmaster lo sa molto bene. Un tesoro nascosto del black metal underground disponibile per chi, giustamente, fa fatica a seguire le molteplici uscite di questo signore.

Tracklist
1.Satan’s Race
2.Hold on to Your Dreams
3.March of the Legion Werwolf
4.Six Million Tears
5.Taistelukenttien Kärsimykset
6.A Hymn for the Black Empire
7.The Chant of the Barbarian Wolves
8.Intro
9.Nameless Sacrifice
10.Dead Light of a Lost Star
11.Massacre
12.Where Eternity Awaits
13.The Burning Eyes of the Werewolf
14.The Majesty of Wampyric Blood
15.Lords and Tyrants
16.Black Metal Death

Line-up
Werwolf – All instruments, Vocals (1998-present)

SATANIC WARMASTER – Facebook

MORS SUBITA

Il video di As Humanity Weeps, dall’album Into the Pitch Black (Inverse Records).

Il video di As Humanity Weeps, dall’album Into the Pitch Black (Inverse Records).

Finnish modern melodic death metal band MORS SUBITA is set to release their third album “Into the Pitch Black”. The album is released by Inverse Records on April 6th 2018.

After three years of touring and recording, an anticipated new single “As Humanity Weeps” was released today.

With searing vocals, gut twisting melodies, fierce drumming and the fast yet always tasteful riffing the band has come to be known for, “Into the Pitch Black” builds on the identity Mors Subita has forged for themselves with their previous albums, and promises to not disappoint even the most hardened melodeath fan.

The album was recorded at the legendary Tico Tico Studio in Kemi with Ahti Kortelainen (Kalmah, Impaled Nazarene, Sentenced) with additional arrangements recorded at the Demolition Center in Oulu by Mika Lammassaari. Mixing and mastering for the album was done at Illusia Productions by Stefan Pommerin.

The band will embark on a tour of Finland in April in support of the new album release, while also playing alongside heavyweights Turisas, Beast In Black and Frosttide as part of the “SuomiFeast” tour of Japan in May.

Line-up:
Eemeli Bodde – Vocals
Mika Lammassaari – Guitars & Backing vocals
Ville Miinala – Drums
Mika Junttila – Bass

Links:
https://www.facebook.com/morssubitaofficial
https://twitter.com/morssubita
https://www.instagram.com/morssubitaofficial
https://www.youtube.com/user/MorsSubita
http://spoti.fi/2DB2yRY

Humanity Is A Curse – Raging For A Lighthouse

Alzano le barricate gli Humanity Is A Curse e su queste combattono la loro guerra, mitragliando e bombardando senza pietà per venticinque minuti di metal estremo dall’impatto brutale.

Nel mondo del metal le sorprese sono piacevoli ed inaspettate, ancor di più se si scava nell’underground estremo, universo mai totalmente esplorato anche per una webzine attenta come la nostra.

In arrivo dalle umide notti berlinesi gli Humanity Is A Curse sono un trio italo/tedesco composto da M alla sei corde ed alla voce, xGx al basso e G, che i lettori di MetalEyes conoscono sotto altro nome quale picchiatore instancabile nei grindsters palermitani Cavernicular.
Con un simile monicker la band va esplicitamente contro un’umanità ormai allo sbando, devastata moralmente e distruttrice del mondo che le sta intorno, il tutto a colpi di grind/crust core, ricco di rallentamenti sludge e con un mai domo spirito hardcore, formando un sound violentissimo.
Alzano le barricate gli Humanity Is A Curse e su queste combattono la loro guerra mitragliando e bombardando senza pietà per venticinque minuti di metal estremo dall’impatto brutale, una furia che parte pesantissima con le prime mastodontiche note di Photic, per poi riversare sull’ascoltatore tutta la sua rabbiosa denuncia.
Un muro sonoro avanza e travolge senza fermarsi e si presenta nella sua parte più sludge, prima di mollare le briglie (Pelagic, Abyss, Hadal) ed abbattersi senza freni sull’audience.
I generi che compongono il sound di Raging For A Lighthouse sono i più estremi e senza compromessi del vasto mondo del metal, le ispirazioni pertanto vanno ricercate di conseguenza, alimentando una proposta inevitabilmente  indirizzata agli appassionati dalla consolidata familiarità con questi suoni.

Tracklist
1.Photic
2.Pelagic
3.Aphotic
4.Bathyal
5.Abyss
6.Demersal
7.Hadal
8.Benthic

Line-up
M – Guitar, vocals
xGx – Bass
G – Drums

HUMANITY IS A CURSE – Facebook

Damnation Gallery – Black Stains

Ottimo esordio su lunga distanza per questa eccellente band italiana di metal occulto. Un vero must per chi ama Death SS e Mercyful Fate ed in generale i suoni anni Ottanta.

Nuovo gruppo italiano, di Genova per la precisione, alla ribalta. E nuovo, validissimo debutto su lunga distanza.

Abbiamo potuto apprezzare i Damnation Gallery già al Teatro Carignano del capoluogo ligure, a inizio maggio 2017, occasione nella quale la band presentò di fatto il proprio mini cd d’esordio. Ora quei brani, risuonati e remixati, figurano accanto a nuove tracce su questo ottimo Black Stains, all’insegna di un solido e tradizionale dark metal, che sa rileggere la grande eredità (musicale ed iconografica) dei Death SS e dei Mercyful Fate – tematiche horror incluse, pertanto – sposandola ad elementi black, thrash e HM classico anni Ottanta. Il disco è quindi vario, la scrittura musicale già matura, le qualità tecniche di sicuro pregio, la voce della bravissima Scarlet tanto inquietante quanto splendida. Oscuri e melodici, cadenzati e potenti, oppure veloci ed aggressivi a seconda delle situazioni, i Damnation Gallery ci regalano un tributo in musica al fascino delle tenebre che, sin dal primo impatto, colpisce nel segno e promette ulteriori e interessanti sviluppi sonori. Pezzi come l’iniziale Equilibrium et Chaos, Transcendence Hymn, la title-track, Dark Soul e la kantiana Noumeno illuminano un percorso – sia artistico, sia lirico – davvero notevole e da seguire con la dovuta attenzione. Un gran bel disco e non solo per gli appassionati di doom e dintorni.

Tracklist
1. Equilibrium et Chaos
2. Damnation Gallery
3. Black Stains
4. Evil Supreme
5. Transcendence Hymn
6. Rest in Pestilence
7. Dark Soul
8. Noumenon
9. Addiction
10. Psychosis

Line-up
Scarlet – Vocals
Lord Edgard – Guitars
Low – Bass
Lord of Plague – Guitars
Coroner – Drums

DAMNATION GALLERY – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=VdV6DVUvwhc

INSANIAM

Il video di Primal Fear, dall’album Ominous Era.

Il video di Primal Fear, dall’album Ominous Era.

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‘’Primal fear’’ link : https://www.youtube.com/watch?v=9dfxxn9IAqo

INSANIAM’s press kit: https://www.dropbox.com/sh/nh6hzsj2trj9ivm/AABD0scqaD_nmmv86KOz_l1-a?dl=0

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F.K.Ü.

Il nuovo video di “Hell Night”, dall’album “1981” (Despotz Records).

Il nuovo video di “Hell Night”, dall’album “1981” (Despotz Records).

Ispirati dai film horror e thrash degli anni ’80 la potente moshing machine dell’horror metal F.K.Ü. ha recentemente pubblicato il nuovo album intitolato “1981” su Despotz Records.

“Hell Night” è una nuova esplosione di D-beat thrash e follia horror che celebra le meno conosciute gemme del genere horror degli anni ’80. Horror metal senza freni, un giro incontrollato nel più vicino moshpit!” // F.K.Ü.

L’album “1981” è un’esperienza horror a livello dei vecchi classici slasher. Preparate i popcorn, ordinate una pizza e brindate con i vostri amici. Questa pazza e demente esperienza di maniaci con il coltello è appena partita. La conta delle vittime è iniziata!

L’idea dell’album, che trae ispirazione da “Corpse Mania”, “Il killer della notte” e dai classici senza tempo “Halloween II” e “Venerdì 13 Parte 2”, è di riportare l’ascoltatore indietro nel tempo, quando si andavano ad affittare videocassette in videoteca e non si potevano scaricare film da internet.

Gli F.K.Ü. sono:
Larry Lethal (Lawrence Mackrory) – Voce
Pete Stooaahl (Peter Lans) – Chitarra
Pat Splat (Patrik Sporrong) – Basso
Unspeakable Emp (Emil Berglin) – Batteria

Walk In Darkness – Welcome To The New World

Gli Walk In Darkness mantengono un approccio solenne al genere proposto, il concept sulla descrizione della condizione umana, vista dal mondo parallelo creato dal gruppo, conferisce all’opera una sorta di funzione di denuncia delle miserie umane, mentre il sound a tratti guarda al passato, ricordando ad un orecchio allenato le band gothic metal che muovevano i primi passi all’inizio degli anni novanta tra il Regno Unito e i Paesi Bassi.

Arrivano al secondo full lenght i misteriosi Walk In Darkness, band nostrana che lascia alle luci dei riflettori solo la bravissima cantante Nicoletta Rosellini, già splendida interprete del symphonic power metal dei Kalidia.

Nascosti nell’ombra, i musicisti di cui non si conoscono le generalità danno vita a questo ottimo lavoro intitolato Welcome To The New World, che segue di un solo anno il debutto In The Shadows Of Things.
E, come l’album precedente, questa fantomatica quanto enigmatica realtà nostrana ci delizia con un gothic metal dall’anima sinfonica, oscuro ed epico, estremo nella sua natura ma assolutamente godibile, anche per le straordinarie melodie epico-melanconiche di cui è composto.
Nicoletta Rosellini è protagonista di un’interpretazione intensa ed emozionale, dando non solo un volto al gruppo, ma diventando il centro su cui la musica si sviluppa, sempre in bilico tra melodie gotiche e rudezza estrema ben sottolineata dalla splendida Persephone’s Dance.
Gli Walk In Darkness mantengono un approccio solenne al genere proposto, il concept sulla descrizione della condizione umana, vista dal mondo parallelo creato dal gruppo, conferisce all’opera una sorta di funzione di denuncia delle miserie umane, mentre il sound a tratti guarda al passato, ricordando ad un orecchio allenato le band gothic metal che muovevano i primi passi all’inizio degli anni novanta tra il Regno Unito e i Paesi Bassi.
Welcome To The New World è un lavoro a tratti monumentale, composto da almeno una manciata di perle gotiche come l’opener Crossing The Final Gate, seguita dalla malinconica Sailing Far Away, l’epica Rome e Flame On Flame, sempre in bilico tra la raffinatezza del gothic/dark e l’irruenza del metal estremo.
Album imperdibile per gli amanti dei suoni oscuri e sinfonici, Welcome To The New World conferma il valore assoluto di questa misteriosa band nonché della scena gotica tricolore.

Tracklist
1. Crossing the Final Gate
2. Sailing Far Away
3. Welcome to the New World
4. Rome
5. I’m the Loneliness
6. Persephone’s Dance
7. Flame on Flame
8. A Way to the Stars

Line-up
Nicoletta Rosellini – Vocals

WALK IN DARKNESS – Facebook

Monads – IVIIV

I modelli presi ad esempio dai Monads sono importanti ed ingombranti ma il quintetto belga non sfigura affatto nel confronto, in virtù di una proposta la cui essenzialità non va mai a discapito della costruzione di un sound aspro e, nel contempo, intriso di una malinconia che resta per lo più soffusa ma ugualmente percepibile.

Quella offerta dai belgi Monads è una delle sempre gradite sorprese che allietano gli appassionati di doom alla ricerca di nuove realtà capaci di introdurli nei meandri di un sentire plumbeo e dolente.

La band fiamminga si è mostrata una prima volta nel 2011 con il demo Intellectus Iudicat Veritatem, per poi non dare più notizie di sé discograficamente prima di questo primo full length intitolato IVIIV.
Nonostante la collocazione in ambito funeral, si intuisce fin da subito che il sound dei Monads possiede più sfaccettature perché, dopo un ottimo incipit in linea con la tradizione del genere, troviamo arpeggi chitarristici che riportano a certo post metal e a quei passaggi più rarefatti tipici dei Mournful Congregation, la seminale band dalla quale i nostri traggono sicuramente ispirazione (non solo per il monicker che ne richiama uno dei lavori più importanti, The Monad Of Creation).
I quattro lunghi brani rimandano quindi all’emisfero australe senza però dimenticare la migliore tradizione centro europea del genere, rinvenendo talvolta una certa vicinanza agli Worship, ma senza raggiungere la stessa esasperazione nel rallentare i ritmi.
Così le trame acustiche, oltre ad essere apprezzabili, non vanno a spezzare la tensione ma preparano semmai il ritorno sul proscenio del growl e di un riffing pesante e diluito.
L’album non lascia soverchi spazi alla melodia andando a raffigurare uno scenario immoto e monocromatico, con l’eccezione parziale costituita da un brano come The Despair of an Aeon, magnifico per la potente drammaticità che riesce ad evocare nel corso del suo quarto d’ora di funesto incedere.
I modelli presi ad esempio dai Monads sono importanti ed ingombranti ma il quintetto belga non sfigura affatto nel confronto, in virtù di una proposta la cui essenzialità non va mai a discapito della costruzione di un sound aspro e, nel contempo, intriso di una malinconia che resta per lo più soffusa ma ugualmente percepibile.
IVIIV si rivela così un esordio su lunga distanza di assoluto livello, a conferma della qualità esibita in maniera puntuale dalle band facenti parte del roster della Aestethic Death.

Tracklist:
1. Leviathan as My Lament
2. Your Wounds Were My Temple
3. To a Bloodstained Shore
4. The Despair of an Aeon

Line-up:
J.Frederix Bass
D.Degrieck Drums
H.Cools Guitars
R.Polon Vocals
F.Breulet Guitars

MONADS – Facebook

Torture Squad – Far Beyond Existence

Metal estremo crudele, cattivo e senza compromessi, partendo dall’opener Don’t Cross My path e lasciando che aggressività, ripartenze e rallentamenti si incastrino in un sound che non concede tregua:questo è Far Beyond Existence, ultimo lavoro dei Torture Squad.

Nuovo lavoro per gli storici brasiliani Torture Squad, quartetto di San paolo attivo dalla prima metà degli anni novanta e protagonista di una discografia che raccoglie, oltre ad una manciata di lavori minori, otto full length dei quali l’ultimo è questo Far Beyond Existence.

L’album è composto da dieci massacri sonori a base di death/thrash vecchia scuola, ma valorizzato da una buona produzione, dove la voce di May “Undead” Puertas lascia esterrefatti per impatto e cattiveria, la sezione ritmica è un treno in corsa (Amilcar Christófaro alla batteria e Castor al basso) e le chitarra di Renê Simionato sputa sangue metallico old school.
Va da sé che la cantante sia il fulcro, non solo d’immagine, del gruppo sudamericano: la ragazza di un orco che cerca vendetta con la rabbiosa grinta di un branco di tigri, questa è in pratica la prova della bella vocalist dei Torture Squad, sostenuta dai tre colleghi, mentre in un attimo passa la furiosa tempesta abbattutasi su di noi e portata dai venti maligni delle notevoli No Fate e Blood Sacrifice.
Kreator, Slayer e primi Sepultura si ritrtovano tra le note dell’album, ma parlare di influenze per una band nata ormai quasi venticinque anni fa è oltremodo riduttivo, quindi Far Beyond Existence va fatto proprio senza indugi, perché la squadra di tortura è tornata al lavoro e vi farà soffrire.

Tracklist
1. Don’t Cross My Path
2. No Fate
3. Blood Sacrifice
4. Steady Hands
5. Hate
6. Hero for the Ages
7. Far Beyond Existence
8. Cursed by Disease
9. You Must Proclaim
10. Just Got Paid
11. Torture in Progress
12. Unknown Abyss

Line-up
Castor – Bass, Backing Vocals
Amílcar Christófaro – Drums
Renê Simionato – Guitars
Mayara “Undead” Puertas – Vocals

TORTURE SQUAD – Facebook

CHARLIE BONNET III

Il video di Cold And Alone, dalla’album Sinner With A Song.

Il video di Cold And Alone, dall’album Sinner With A Song.

Nashville rock mainstay, Charlie Bonnet III, has released a new music video for the song “Cold And Alone,” taken from his Tracii Guns (L.A Guns) produced studio effort, Sinner With A Song.

American actor, Lee Vervoort, best known for his role as a Savior in Seasons 6 and 7 of AMC’s “The Walking Dead,” plays the lead character. The video shows a man (Vervoort) in the middle of a mid life crisis, reminiscing of his childhood and visiting places where he would play as a kid. His childhood self is played by the young actor, Charlie Harden. The video also features award winning tattoo artist, Tim Harden. Video production was handled by Luminous Midnight Films.

“This is a song about dealing with depression, and that’s a thing I’ve been fighting with since I was a kid. It affects everybody at one point or another” says Bonnet. “This is the last song on my record, and could be my favorite on there too. It’s dark and moody, but with a 70’s vibe. Tracii Guns put B3 organ on the track and gave it almost a Deep Purple feel. It’s totally killer.”

Bonnet and Vervoort met at a bike rally in 2017, and were mutual fans of each other’s work. “Lee knew of me since the 90’s when I was fronting my metal band, Disarray” reveals Bonnet. “Disarray released 5 records over the years (including discs produced by Dave Brockie of GWAR and Gary Meskil of Pro-Pain), and Lee knew that material inside and out. Of course I’m a big fan of his acting as well, so we really wanted to do some work together. This video was perfect for that.”

Sinner With A Song is available on all digital outlets now.

PRISTINE

Il video di Ninja, dall’album omonimo (Nuclear Blast).

Il video di Ninja, dall’album omonimo (Nuclear Blast).

La band rock norvegese PRISTINE, capitanata da Heidi Solheim, ha pubblicato il video della title track dell’ultimo album “Ninja”.

Sono state anche annunciate nuove date in Europa:

04.04. D Nürnberg – Hirsch
05.04. D Bonn – Harmonie
06.04. D Bückeburg – Schraub-Bar
07.04. D Ulm – Roxy
08.04. D Jena – Café Wagner
11.04. D Berlin – Quasimodo
12.04. D Hannover – Mephisto
16.04. E Barcelona – Sala Rocksound
17.04. E Madrid – Sala Boite
18.04. E Cangas de Morrazo – Salason
19.04. E Gijón – Memphis
20.04. E San Sebastián – Intxaurrondo Kultur Etxea
25.04. D Stuttgart – Café Galao
26.04. D Wuppertal – Live Club Barmen
27.04. D Leipzig – Moritzbastei
28.04. D Willofs – Veteranentreffen

“Ninja” è stato pubblicato da Nuclear Blast ed è disponibile in svariati formati:

http://nblast.de/PristineNinjaNB

www.pristine.no
www.facebook.com/pristineband
www.nuclearblast.de/pristine

Gribberiket – Sluket

Band norvegese notevolissima con forte personalità: doom, noise e black miscelati ad arte per un risultato originale e per nulla scontato.

Giusto ricordare, prima di essere inondati dalle nuove uscite del 2018, il disco d’esordio dei Gribberiket, strana creatura norvegese che nel 2013 aveva fatto uscire il demo in cassetta Knefall, ristampato poi su cd dalla Dead Seed che ora si occupa di commercializzare Sluket, il loro vero esordio, uscito sul finire del 2017.

Si tratta di un quartetto norvegese dotato di forte personalità, che li ha portati a elaborare un suono assolutamente fuori di testa, dove sono miscelati in modo urticante e malsano doom sghembo e noise, il tutto cosparso di inquietante black con rumori ed effetti a rendere il suono sinistro e intossicante; tre lunghi brani, con il corollario di due corti intermezzi, incendieranno il vostro cervello con un suono lento, distorto, fangoso, senza creare muri di suono ma lacerando lentamente i vostri sensi atterriti di fronte a tanta insanità. Le chitarre non hanno fretta, inanellano lenti riff inabissandosi in abissi di rumori e intanto il brano cresce in modo inquietante e la voce (?) strazia, squarcia, urla in norvegese terrificando l’atmosfera; la ritmica segue strade impervie creando rituali dove la tensione mozza il fiato. I sedici minuti abbondanti della final track, sublimano al meglio quanto detto, il brano è un vero e proprio “piece de resistence”, avanza inesorabile e interminabile, si alimenta delle urla che descrivono traiettorie desolanti e respingenti mentre le chitarre si inseguono e si intrecciano lente ed esasperate. Difficile descrivere a parole l’arte molto personale esibita dalla band, ma il tutto funziona bene; già il demo aveva fatto intravedere che il loro suono era originale e non aveva classici punti di riferimento. Come sempre l’underground cela band assolutamente uniche, che coltivano la loro visione incuranti del mondo che scorre attorno a loro.

Tracklist
1. Sluket
2. Gjestebud
3. See, der blev en død udbaaren
4. Med sine lidelser
5. Nytelsen og oppløsningen

Line-up:
Witchfucker Wangen – Bass
Gimp Molestor – Drums
Kybermensch – Guitars, Noises
SFS – Vocals, Guitars

Aosoth – V: The Inside Scriptures

L’annichilimento sonoro chiamato V: The Inside Scriptures dura poco più di tre quarti d’ora di musica che non dà  respiro, rovesciandoci addosso tutto il male dell’universo convenuto in cunicolo spazio-temporale che conduce alla Terra.

Ritrovo gli Aosoth dopo quattro anni abbondanti e devo ammettere che non mi sarei atteso l’ulteriore inasprimento di un sound che, già all’epoca, prevedeva ben poche concessioni melodico-atmosferiche.

Di solito il passare del tempo tende ad ammorbidire il sound di chiunque, senza che chi lo faccia possa essere stacciato di commercialità, termine che associato al metal estremo può strappare solo un amaro sorriso: si tratta di scelte che possono essere condivisibili o meno, e lo stesso vale se, in spregio ad ogni logica, ci si richiude dentro la propria torre d’avorio facendo dell’incomunicabilità il solo marchio.
A questo punto l’ascoltatore (che non si può definire certo medio, perché già l’avvicinarsi ad un lavoro degli Aosoth, cosi come di gran parte della scena black metal francese, presuppone una conoscenza della materia certo non superficiale) si trova di fronte ad un bivio con una strada che risulta già sbarrata dal rifiuto netto di queste sonorità e l’altra che, dopo pochi passi, si apre in un baratro la cui conseguente caduta preclude ogni possibilità di risalita.
Per chi decide di correre il rischio, l’ascolto di V: The Inside Scriptures può trasformarsi in’un esperienza che difficilmente non lascerà tracce: il riffing dissonante satura un sound sul quale cerca di stagliarsi lo screaming di MkM, non sempre facilmente percepibile dall’interno della bufera musicale creata dagli Aosoth.
Eppure, nonostante tutti gli indizi possano condurre ad un rigetto di questo lavoro, V: The Inside Scriptures ha l’effetto di un veleno paralizzante, peraltro di quelli della peggior specie perché, invece di darti sollievo con una fine relativamente rapida, ti costringe inerme a vedere ed ascoltare tutto ciò che accade senza poter reagire, per di più con la consapevolezza che non ci sarà un domani.
Ecco perché si riesce ad arrivare alla fine di questo album, rendendosi conto di essere stati a tratti inconsapevoli testimoni di un’esibizione di atrocità destinata ad andare in replica ancora per molto tempo, contro ogni previsione.
L’annichilimento sonoro chiamato V: The Inside Scriptures dura poco più di tre quarti d’ora di musica che non dà  respiro, rovesciandoci addosso tutto il male dell’universo convenuto in cunicolo spazio-temporale che conduce alla Terra.
Questo è (anche) il black metal, nel caso qualcuno continui a pensare che si tratti di un genere divenuto inoffensivo: peccato solo per chi non capirà quest’album, ma non lo biasimo, perché ogni volta che l’ascolto anche la mia fede vacilla pericolosamente …

Tracklist:
1. A Heart To Judge
2. Her Feet Upon The Earth, Blooming The Fruits Of Blood
3. The Inside Scriptures
4. Premises Of A Miracle
5. Contaminating All Tongues
6. Silver Dagger And The Breathless Smile

Line-up:
MkM – vocals
Bst – guitars
INRVI – bass
Saroth – second guitar
T. – session drums

AOSOTH – Facebook

Steve Remnant “Metal Remnants” – Night Of The Wolves

Veloci cavalcate, solos graffianti ed heavy, ritmiche telluriche e sfumature progressive sono le parti più importanti di questo nuovo progetto presentato dalla Volcano Records, non ci resta quindi che aspettare di sapere qualcosa di più, magari con l’arrivo di un primo lavoro sulla lunga distanza.

Ricoperto da un velo di oscuro mistero, esce per l’attivissima label campana Volcano Records il progetto del mastermind Steve Remnant, Metal Remnants, dal titolo Night Of The Wolves, ep composto da quattro brani di heavy metal melodico dalle reminiscenze old school e dagli ottimi inserti power/prog, che formano un sound classico ma allo stesso tempo al passo coi tempi.

Il progetto viene presentato come il tentativo da parte del misterioso musicista di riassumere l’essenza di un genere musicale controcorrente e profondamente antimassificato nel “suburbano”, nel “dimesso”, nel cacofonico “non farsi notare”, rispetto alla moda dell’esser sempre presenti e partecipi, protagonisti della cosiddetta civiltà moderna.
Fates Warning e primi Queensryche le band che più si sono fatte spazio nella mente del sottoscritto all’ascolto dei due singoli, (la splendida Night Of The Wolves e la graffiante The Abandon), con l’uso nel refrain del cantato in falsetto nella seconda traccia, mentre l’opener risulta un crescendo epico melodico, dalle tinte oscure e dalla raffinata eleganza progressiva.
I due brani restanti (Randome e Lydia), spostano il tiro verso un heavy/power più diretto e d’impatto aggiungendo quali fonti di ispirazione ai due già importanti nomi fatti in precedenza Iron Maiden e Judas Priest.
Veloci cavalcate, solos graffianti ed heavy, ritmiche telluriche e sfumature progressive sono le parti più importanti di questo nuovo progetto presentato dalla Volcano Records, non ci resta quindi che aspettare di sapere qualcosa di più, magari con l’arrivo di un primo lavoro sulla lunga distanza.

Tracklist
1. Night of the wolves
2. The Abandon
3. Randome
4. Lydia

Line-up
Steve Remnant

VOLCANO PRMOTION – Facebook

Exalter – Persecution Automated

Con dieci brani più intro per trentacinque minuti su e giù per la Bay Area, gli Exalter confermano la loro totale devozione per il thrash statunitense e ci costringono alla difensiva con il loro esplosivo sound old school.

Fa piacere notare come i gruppi provenienti dall’Asia e di cui ci siamo occupati in passato tornino puntualmente con nuovi lavori, segno di una convinzione nei propri mezzi ed una grande passione che permette a quest ottimi musicisti di portare avanti la loro missione musicale in terre sicuramente non facili per la musica rock e metal.

Degli Exalter, per esempio, ci eravamo occupati un paio di anni fa in occasione dell’uscita del secondo ep (Obituary For The Living), all’epoca la band risultava un duo, con Tanim (voce e chitarra) e Afif (batteria) ora raggiunti in pianta stabile dal bassista Jamil.
Sotto l’ala della Transcending Obscurity il gruppo aveva licenziato due ep, il primo Democrasodomy nel 2015 e di seguito Obituary For The Living, ora raggiunti dal debutto sulla lunga distanza, questa notevole mazzata intitolata Persecution Automated.
Con dieci brani più intro per trentacinque minuti su e giù per la Bay Area, gli Exalter confermano la loro totale devozione per il thrash statunitense e ci costringono alla difensiva con il loro esplosivo sound old school.
L’album parte dalla terza traccia, Reign Of The Mafia State, il pulsante rosso dell’ottovolante metallico si inceppa e l’album non scende più da una velocità ritmica importante su cui vengono rovesciati valanghe di riff e solos di scuola Exodus, Death Angel.
Prodotto discretamente, Persecution Automated non farà sicuramente gridare al miracolo i predatori dell’arca dell’originalità, ma la straordinaria The Dreaded End, Incarceration e Pathology Of Domination vi attaccheranno e vi distruggeranno sotto una pioggia di pugni, fino a quando il vostro corpo sarà solo una massa di poltiglia sanguinante.

Tracklist
1.Intro
2.Holocaust Ahead
3.Reign of the Mafia State
4.World Under Curfew
5.The Dreaded End
6.Slaughter Cleanse Repeat
7.Incarceration
8.Grip of Fear
9.Pathology of Domination
10.Clandestine Drone Warfare

Line-up
Tanim – Guitars, Vocals
Afif – Drums, Vocals
Jamil Khan – Bass

EXALTER – Facebook

Embryo – A Step Beyond Divinity

A Step Beyond Divinity è un’opera dal taglio internazionale che incolla l’ascoltatore alle cuffie, un dirompente fiume metallico che straripa tra debordanti e possenti passaggi estremi, orchestrazioni epiche ed apocalittiche e chitarre che sanguinano melodie.

Il nuovo lavoro dei deathsters nostrani Embryo è il classico album con il quale supportare la scena metal tricolore (non solo quella estrema, ovviamente) diventa non solo un dovere ma un grande piacere.

Al quarto album la band di Cremona estrae dal cilindro l’opera perfetta, quella che prendendo il meglio dal precedente omonimo lavoro, lo porta ad un livello ancora più alto regalando cinquanta minuti di death metal moderno, in un susseguirsi di emozionanti saliscendi tra tradizione melodica e moderno death metal dal piglio apocalittico.
Le orchestrazioni questa volta raggiungono vette altissime, la parte americana del sound del gruppo è ancora più potente, un macigno estremo che dai Fear Factory prende l’atmosfera epica da fine del mondo, mentre la cascata di solos guardano sempre verso nord e al melodic death metal.
Il concept si ispira alla figura di un genio come Leonardo Da Vinci, quindi anche in questo caso la band cerca una via intellettuale ai testi per valorizzare un songwriting sopra le righe.
Il bellissimo artwork è stato lasciato nelle mani dell’artista e musicista Spiros Antoniou alias Seth Siro Anton (Septic Flesh) mentre masterizzazione, registrazione e mix sono stati eseguiti da Simone Mularoni ai Domination Studio, con la band ad affiancarsi al noto produttore e musicista italiano (DGM) in fase di produzione.
Tutto questo rende A Step Beyond Divinity un’opera dal taglio internazionale che incolla l’ascoltatore alle cuffie, un dirompente fiume metallico che straripa tra debordanti e possenti passaggi estremi, orchestrazioni epiche ed apocalittiche e chitarre che sanguinano melodie.
Vanguard For The Blind, The Greatest Plan e la devastante Leonardo spiccano sulle altre tracce, ma vi consiglio di fermarvi per un’oretta scarsa e lasciare che gli Embryo vi raccontino del Da Vinci a modo loro.

Tracklist
1. The Same Difference
2. Overwhelming your Disgust
3. Vanguard for the Blind
4. Painting Death
5. Looking for the Divine
6. Solitaria 1519
7. Leonardo
8. The Greatest Plan
9. Bastard of the Brood
10. Mouth of Shame
11. Witness of your Life
12. The Horror Carved

Line-up
Roberto Pasolini – Vocals
Eugenio Sambasile – Guitars
Simone Solla – Keyboards
Danilo Arisi – Bass
Enea Passarella – Drums

EMBRYO – Facebook

Diretone – Random Spins, Fortune Turns

Random Spins, Fortune Turns è un lavoro gradevole per chi ama il thrash suonato con un approccio tecnico/alternativo ma, forse, da una band sulla scena già da diverso tempo sarebbe stato lecito attendersi un lavoro dalla connotazione stilistica più personale.

I danesi Diretone sono una band attiva già dai primi anni del decennio e Random Spins, Fortune Turns è il loro secondo lavoro su lunga distanza.

Il gruppo di Copenhagen propone un metal alternativo che poggia le sue basi su un thrash groove che, talvolta si apre a contaminazioni southern, senza disdegnare puntate nel djent così come in classiche ballate metalliche.
Anche per questo motivo l’album appare un po’ frammentario ma è soprattutto l’impostazione vocale spiccatamente hetfieldiana di Lars Hørning a rendere i Metallica di Load e dintorni quale naturale punto di riferimento, facendo sembrare comunque più adeguati all’ambito i brani maggiormente robusti rispetto a quelli di matrice alternativa.
Per questo sia l’opener Astray sia la title track appaiono gli episodi più riusciti all’interno di una tracklist senza particolari punti deboli ma neppure impreziosita dal brano capace di fare la differenza.
Random Spins, Fortune Turns è un lavoro gradevole per chi ama il thrash suonato con un approccio tecnico/alternativo ma, forse, da una band sulla scena già da diverso tempo sarebbe stato lecito attendersi un lavoro dalla connotazione stilistica più personale.

Tracklist:
1. Astray
2. King’s Head
3. Misery Sound
4. New Dawn, New Day
5. Under the Afghan Sun
6. Random Spins, Fortune Turns
7. Wrong
8. Sylvia (Until the End)
9. Ten Years
10. Race Against Time

Line-up:
Brion Wekin – Drums
Patrick Ajasso – Guitars
Lars Hørning – Vocals, Bass
Patrick Grønbæch Christensen – Guitars

DIRETONE – Facebook

Headcrasher – Nothing Will Remain

Ristampa a lungo attesa dello storico esordio, targato 1989, di una band fondamentale nel panorama thrash-core italiano di fine anni Ottanta.

La Punishment 18, da oltre dieci anni, porta avanti un serio e professionale lavoro di valorizzazione del patrimonio underground, tanto italiano, quanto estero, specie in ambito thrash-death-black.

Ne è l’ulteriore ed eccellente riprova la realizzazione di questo Nothing Will Remain, ristampa – a lungo attesa, davvero – di un disco realmente storico del panorama nostrano, pubblicato nel 1989, e subito diventato oggetto di autentico culto. Il quartetto italiano proponeva, infatti, uno speed-thrash metal, ottimamente elaborato e notevolissimo sotto il profilo tecnico, che da un lato guardava al messaggio tradizionale (ed inevitabile) dei primi giorni della Bay Area, soprattutto ai Metallica di Kill ‘Em All, dall’altro lo contaminava con intelligenti e sempre molto costruite aperture di stampo hardcore (sia quello inglese dei Discharge, sia quello americano, di area newyorkese, il che rende gli Headcrasher apprezzabili anche da parte di quanti adorano Anthrax e Nuclear Assault). Come si diceva, i dodici brani di Nothing Will Remain sono assai strutturati e vari, ancorché rocciosi e granitici. Né mancano variazioni sul tema, come l’opener fantascientifico Blood From the Sky, il grind aspro e inatteso (di scuola Napalm Death) di F.F.W., il rap-core screziato di funk metal di Bath Man, a metà strada fra i Death Angel di Act III e i Faith No More della pietra miliare The Real Thing. Il gruppo riusciva nel non facile intento, alternando sfuriate veloci ed opportuni rallentamenti, di aggiungere qua e là una vaga attitudine fun e skate-punk ad una proposta complessiva, altrimenti, legata al miglior thrash e all’allora nascente metal-core. Un disco veramente pionieristico e personale, oltretutto si se pensa al fatto che esso risale alla fine degli Eighties, per di più in Italia. I quattro possedevano, senza dubbio, doti compositivo-esecutive superiori alla norma ed erano artefici di un sound possente e quasi epico nella sua insopprimibile rabbia di fondo. La riedizione della Punishment è resa ancor più succulenta dalla presenza di un secondo CD, che contiene i sei pezzi dell’inedito promo registrato nel 1991 e in più, come bonus-track, In Our Times, appositamente incisa, nel 2017, da tre quarti della formazione originale degli Headcrasher. Mai banali, ancora oggi, aggressivi ed articolati come i Megadeth. Ora, il pubblico ha finalmente la possibilità di riscoprire questo seminale gruppo calabrese, che, sorto nel 1984, ha fatto la storia ed ha saputo anche anche emozionare, come nella toccante e indimenticabile Good Morning Amazzonia o nell’inno Dead in the USA.

Tracklist
1. Blood From the Sky
2. Live Or Die
3. Waiting 4 an Answer
4. FFW
5. Bath Man
6. The Cemetery of the Lost Cross
7. Overlook Hotel
8. SK8 Life
9. Good Morning Amazzonia
10. Dead in the USA
11. The Final Attack
12. Flebo’s Country
13. In Our Times
14. Lost Money
15. HIV
16. Selling Happiness
17. Childhood Stairs
18. Subliminal Pain
19. Within the Mirror

Line-up
Gianpaolo Brunetti – Guitars
Claudio Gentile – Vocals
Roby Vitari – Drums
Italo Le Fosse – Bass

HEADCRASHER – Facebook

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