GlerAkur – The Mountains are Beautiful Now

Questa è musica che travalica i generi, andando a scandagliare la sensibilità di un pubblico il cui sentire, inevitabilmente, da un certo momento in poi si muoverà in perfetta sincronia con quello dell’autore, raggiungendo quello che è il fine ultimo dell’arte, almeno nell’accezione più alta che noi conosciamo.

Abbiamo fatto conoscenza con i GlerAkur poco più di unno fa, parlando dell’ep Can’t You Wait, con il quale il musicista islandese Elvar Geir Sævarsson aveva messo in mostra la sua innata sensibilità artistica.

The Mountains Are Beautiful Now è un album che contiene musica composta inizialmente per l’opera teatrale Fjalla-Eyvindur & Halla, tratta dall’opera di Jóhann Sigurjónsson definita tra le più importanti testimonianze letterarie fuoriuscita dall’isola in epoca moderna.
A Sævarsson era stato proposto inizialmente di fare uscire un lavoro contenente la fedele riproduzione della musica utilizzata per la rappresentazione al National Theatre (dove il nostro lavora come fonico) ma, in seguito, il tutto è stato realizzato rendendolo un album slegato in qualche modo dall’aspetto visivo e registrato da una band vera e propria.
Ciò che ne scaturisce è un’opera magnifica che, senza smarrire la sua indole originaria di supporto alle azioni degli attori sul palco, offre circa tre quarti d’ora di musica ambient con ampie aperture atmosferiche e diverse incursioni da parte di sonorità più robuste, accentuate dall’utilizzo contemporaneo di una doppia batteria.
Una scelta, questa, della quale si evince la ragione d’essere ascoltando la già edita Can’t You Wait, con il suo fantastico crescendo percussivo, e la conclusiva Fagurt er á fjöllunum núna, che nella seconda metà esplode in un delirante death-industrial; per il resto, salvo la più tenue HallAlone, le meravigliose Augun Opin e Strings si avvalgono di atmosfere prevalentemente acustiche che avvolgono l’ascoltatore, trasportandolo nei paesaggi unici di una delle terre più particolari ed affascinanti del pianeta.
Lo stesso sound targato GlerAkur del resto non potrebbe che arrivare dall’Islanda, una nazione che, proporzionalmente al numero di abitanti, ha prodotto un numero consistente di musicisti in grado di segnare la scena musicale contemporanea (Bjork e Sigur Ros su tutti) grazie a proposte realmente peculiari ed innovative.
Fortunatamente Sævarsson ha seguito il suo istinto che lo ha spinto a completare questa operazione dalla quale è scaturita una gemma preziosa come The Mountains are Beautiful Now: questa è musica che travalica i generi, andando a scandagliare la sensibilità di un pubblico il cui sentire, inevitabilmente, da un certo momento in poi si muoverà in perfetta sincronia con quello dell’autore, raggiungendo quello che è il fine ultimo dell’arte, almeno nell’accezione più alta che noi conosciamo.

Tracklist:
1.Augun Opin
2.Can’t You Wait
3.HallAlone
4.Strings
5.Fagurt er á fjöllunum núna

GLERAKUR – Facebook

BELPHEGOR

Il lyric video del nuovo singolo ‘Apophis – Black Dragon’, dall’album “Totenritual” in uscita a settembre (Nuclear Blast).

Gente, segnatevi la data del 15 settembre giorno in cui i BELPHEGOR pubblicheranno il loro undicesimo album “Totenritual”, contenente nove oscure composizioni!

I BELPHEGOR hanno realizzato l’opera più feroce dei loro ventiquattro anni di carriera. Oggi la band pubblica il nuovo singolo ‘Apophis – Black Dragon’ e il relativo lyric video.

Il primo singolo è ‘Baphomet’: https://www.youtube.com/watch?v=ugX0T2yi20s

I pre-ordini di “Totenritual” sono attivi: http://nblast.de/BelphegorTotenritualNB
Chi pre-ordina il disco in digitale riceverà il download immediato di ‘Baphomet’ e ‘Apophis – Black Dragon’: http://nblast.de/BelphegorDigital

Tracklist
I. Baphomet
II. The Devil’s Son
III. Swinefever – Regent Of Pigs
IV. Apophis – Black Dragon
V. Totenkult – Exegesis Of Deterioration
VI. Totenbeschwörer [Instrumental]
VII. Spell Of Reflection
VIII. Embracing A Star
IX. Totenritual
Bonus (Digipak):
X. Stigma Diabolicum (live)
XI. Gasmask Terror (live)

Totenritual”, il successore di “Conjuring The Dead”, uscito oltre tre anni fa, è stato registrato agli Stage One Studios (Germania) e allo Studio Mischmaschine (Austria). Il mixaggio è stato curato da Jason Suecof, mentre la masterizzazione è stata affidata a Mark Lewis degli Audiohammer Studios (Florida). L’artwork è stato realizzato ancora una volta dall’artista greco Seth Siro Anton, che si era già occupato delle copertine di “Pestokalypse VI” del 2006 e “Conjuring The Dead” del 2014.

‘Totenkult – Exegesis Of Deterioration’ OFFICIAL NEW TRACK – RECORDED LIVE:
https://www.youtube.com/watch?v=SMT9xxBpFK4

La band sarà in concerto con DESTRÖYER 666, ENTHRONED, NERVOCHAOS, NORDJEVEL il 19 ottobre al Colony di Brescia.

www.belphegor.at
www.facebook.com/belphegor
www.nuclearblast.de/belphegor

Bushi – Bushi

Bushi è un disco originale e un tentativo di cambiare le coordinate della ricerca musicale in campo pesante, perché qui è usato ad esempio con molta intelligenza anche il pop.

Bushi è un nome nuovo nel panorama rumoristico italiano, ed è nato da un’idea di Alessandro Vagnon,i membro di Bologna Violenta, ex Dark Lunacy ed ex Infernal Poetry, che ha curato le musiche, i testi e e grafiche del disco.

Ad accompagnarlo in questa nuova avventura nei territori del sonicamente inesplorato sono Davide Scode, ex Kingfisher, e Matteo Sideri, militante nei Ronin, negli Above The Tree & E Side e Maria Antonietta. Il disco si ispira all’etica samurai, e soprattutto descrive la distanza tra essa e la nostra società attuale. Musicalmente l’orizzonte è vario e multiforme, e si rimane piacevolmente stupiti dalla costruzione musicale, dato che non troviamo molto di estremo, mentre invece c’è un grande ricerca di una struttura musicale magniloquente ed in grado di accompagnare l’ascoltatore. I testi sono haiku, un metro poetico giapponese che riesce a far convivere potenza immaginativa e brevità in maniera inconsueta per noi gaijin. Il disco è prog metal nella concezione che potrebbe avere un Les Claypool, perché c’è un gusto di prog molto diverso, come poteva essere almeno concettualmente quello dei Coheed And Cambria, nel senso di ricerca altra di un tecnicismo espressivo. Le canzoni sono corpose e hanno una struttura ben definita e nulla viene lasciato al caso, soprattutto per quanto riguarda la fusione della voce con la musica. Bushi è un disco originale e un tentativo di cambiare le coordinate della ricerca musicale in campo pesante, perché qui è usato ad esempio con molta intelligenza anche il pop. Bushi è una piacevole sorpresa, essendo un disco che può assumere forme diverse, e dal vivo sarà ancora un’altra cosa. Vagnoni ha confezionato davvero un qualcosa che durerà nel tempo e che sarà apprezzato da chi ama la musica pe(n)sante. Continua l’ottimo lavoro nel sottobosco della Dischi Bervisti, che per qualità e cura fa musica artigianato.

Tracklist
1.Rolling Heads
2.The Cherry Tree
3.A Well-Aimed Blow Of Naginata
4.Runaway Horses
5.The Book Of Five Rings
6.Typhoons
7.Hidden In Leaves
8.Death Poems

Line-up
Alessandro Vagnoni
Davide Scode
Matteo Sideri

BUSHI – Facebook

Paratra – Genesis

Genesis si rivela nel complesso un’opera intrigante, con alcuni brani killer (in versione elettronica) e un sound che dal vivo dovrebbe risultare ancor più trascinante.

Negli ultimi tempi dell’India abbiamo imparato a conoscere una scena metal molto viva, con una notevole propensione per i generi più estremi, nei quali si sono messe in luce numerose band di assoluto spessore.

Tra queste vanno annoverati sicuramente gli autori di un potente thrash/groove come i Systemhouse 33, il cui vocalist Samron Jude lo ritroviamo alle prese con questo particolare progetto denominato Paratra.
Imbracciata la chitarra e consorziatosi con il suonatore di sitar Akshat Deora, Jude ha realizzato all’inizio dell’anno questo doppio album che presenta i brani nella duplice versione elettronica e rock: il tutto è sicuramente intrigante e pare riscuotere un buon successo da quelle parti, anche in sede live, in virtù di un sound piuttosto trascinante e che appare efficace in entrambe le vesti offerte.
Detto ciò, personalmente prediligo il disco elettronico, perché l’incedere del sitar si lega maggiormente ai ritmi più incalzanti, mentre il suo inserimento appare a volte più forzato all’interno di brani connotati per lo più da una struttura alternative rock.
Oltre al gusto personale, si tratta anche di una maggiore peculiarità che spicca nel primo dei due casi: infatti, i brani elettronici mantengono ugualmente la loro connotazione rock, andando a creare così un ibrido nel quale il suono del sitar fa davvero la differenza, cosa che non avviene nel secondo disco che appare, sostanzialmente, il lavoro di una rock band con un ospite dedito a quello strumento.
Infine, proprio per la natura delle sonorità elettroniche, si rivelano sostanzialmente più efficaci i brani strumentali, questo benché Siddharth Basrur sia decisamente un buon vocalist; comunque sia, Genesis si rivela nel complesso un’opera intrigante, con alcuni brani killer (in versione elettronica) come Leap, Duality e Now Or Never e un sound che dal vivo dovrebbe risultare ancor più trascinante.
In sintesi, Genesis mostra più di un motivo di interesse anche se, chiuso questo primo esperimento, forse per i Paratra sarebbe più opportuno optare per l’una o l’altra opzione, e su quale sia la più opportuna tra le due mi sono già ampiamente espresso.

Tracklist:
1. Leap (Electronic)
2. Inferno (Electronic)
3. Waves of Time (Electronic)
4. Will Power (Electronic)
5. Duality (Electronic)
6. Now or Never (Electronic)
7. Home (Electronic)
8. Other Side (Electronic)
9. Leap (Rock)
10. Inferno (Rock)
11. Waves of Time (Rock)
12. Will Power (Rock)
13. Duality (Rock)
14. Introspection (Rock)
15. Now or Never (Rock)
16. Home (Rock)
17. Other side (Rock)

Line-up:
Samron Jude – Guitar
Akshat Deora – Sitar
Siddharth Basrur – Vocals

PARATRA – Facebook

Paradise Lost – Medusa

I Paradise Lost c’erano all’inizio degli anni ‘90 e ci sono ancora oggi, sicuramente invecchiati e forse un po’ appesantiti, ma sempre capaci di dire la loro senza apparire né obsoleti né ripetitivi.

Passano gli anni, cambiano le stagioni ed il clima della terra, mentre la persona che si riflette nello specchio non è più un giovane irrequieto ma un uomo che un tempo sarebbe stato definito di mezz’età.

I Paradise Lost però restano: c’erano all’inizio degli anni ‘90 e ci sono ancora oggi, anch’essi invecchiati e un po’ appesantiti, ma sempre capaci di dire la loro senza apparire né obsoleti né ripetitivi.
Certo. anche loro hanno dovuto superare lunghi momenti di appannamento, il primo subito dopo la svolta di One Second, subendo la fascinazione “depechemodiana” fin quasi a snaturarsi del tutto, e poi quando, resisi conto di non potersi spingere oltre in quella direzione, hanno fatto marcia indietro pubblicando una manciata di album non brutti ma nemmeno indimenticabili.
Per fortuna, dopo le avvisaglie costituite dai discreti In Requiem e Faith Divides Us – Death Unites Us, nel corrente decennio i maestri di Halifax hanno riportato la barra del timone sulla giusta rotta, e a questo non è stato del tutto estraneo l’impegno di Gregor Mackintosh con i suoi Vallenfyre che, facendogli esplorare nuovamente il lato più estremo del death/doom, ha inevitabilmente riversato parte di questo rinnovato spirito nelle nuove uscite dei Paradise Lost, confluito in altre due buoni dischi come Tragic Idol e The Plague Within.
Medusa (quindicesimo full length della band) spinge ulteriormente verso un sound più indurito ed incupito, con il doom che si riappropria della sua importanza nell’economia del songwrtiting, e a tale proposito l’iniziale Fearless Sky dimostra tale tendenza in maniera manifesta spazzando via ogni ammiccamento gothic rock che, del resto, ritroveremo nel corso dell’album nella sola Blood And Chaos, orecchiabile quanto si vuole anche nella sua veste di singolo, ma lontanissima per grinta e pesantezza dai brani più carezzevoli ed inoffensivi epoca Host/Believe In Nothing.
Si sussegue così una serie di tracce rocciose, plumbee ma sempre caratterizzate dal tocco chitarristico di Mackintosh, spingendoci ad affermare che, fino alla title track, l’album è uno dei maggiormente ispirati tra quelli usciti nel nuovo millennio: Gods Of Ancient, con i suoi rallentamenti soffocanti, è il degno seguito di Fearless Sky, mentre From The Gallows è una cavalcata che riporta stilisticamente ai fasti di Icon.
The Longest Winter è il primo dei due singoli usciti e, non a caso, Nick Holmes utilizza per la prima volta la voce pulita nel corso dell’album, ma ciò non rende meno efficace un brano che si dimostra l’ideale trait d’union tra gli estremi stilistici della produzione targata Paradise Lost, mentre in Medusa riprendono a prevalere ritmiche dolenti, con il cantante ad alternare le due gamme vocali e Mackintosh che continua a dominare la scena con il suo innato gusto melodico.
Si era detto che quest’ultimo brano segnava una sorta di spartiacque qualitativo del lavoro e, in effetti, la virulenta No Passage For The Dead, la gradevole Blood And Chaos e la robusta Until The Grave, per quanto valide, si rivelano meno brillanti rispetto al resto della tracklist.
Come tutti i nuovi lavori editi dalle band storiche, l’album ha già ampiamente diviso sia i fans che gli addetti ai lavori: dal mio punto di vista è vero che Medusa non riporta i Paradise Lost ai fasti del passato e non è escluso che i primi due brani possano risultare persino ostici per chi si era abituato negli anni all’ascolto di un sound più edulcorato, ma il fatto stesso che un gruppo così “pesante” ed influente sia ancora in grado di regalare buona musica è segno tangibile di un’ispirazione ancora non del tutto evaporata, al contrario di quanto accade a gran parte delle band aventi lo stesso stato di servizio.

Tracklist:
1. Fearless Sky
2. Gods Of Ancient
3. From The Gallows
4. The Longest Winter
5. Medusa
6. No Passage For The Dead
7. Blood and Chaos
8. Until The Grave

Line-up:
Nick Holmes – Vocals
Greg Mackintosh – Lead guitar
Aaron Aedy – Rhythm guitar
Steve Edmondson – Bass guitar
Waltteri Väyrynen – Drums

PARADISE LOST – Facebook

DIE APOKALYPTISCHEN REITER

Il video di ‘Auf Und Nieder’, dall’album ‘Der Rote Reiter’ (Nuclear Blast).

I DIE APOKALYPTISCHEN REITER pubblicano oggi una nuova canzone tratta dal nuovo album “Der Rote Reiter” (in uscita il 25 Agosto 2017)! Per la tutela dei minori, il provocatorio e piccante video di ‘Auf Und Nieder’ può essere visto solo in versione censurata sulle piattaforme video.

La band commenta: “Data la tanta violenza presente sui social media non capiamo esattamente il motivo per cui una donna nuda in un videoclip possa causare tanta isteria! Come vedrete ci siamo divertiti molto a girare il video e speriamo che l’attitudine positiva della canzone possa contagiare anche i nostri fan. C’è un motivo per cui il testo della canzone significa qualcosa come: “su e giù, ancora e ancora, la vita è musica e necessita di sempre più canzoni” (tradotto dal tedesco all’italiano). Speriamo i vostri occhi e le vostre orecchie possano trarre piacere da questo pezzo!”

Qui puoi vedere la versione integrale: https://vimeo.com/229681881/39050a2d7b

Guarda anche il video clip della title track e secondo singolo digitale ‘Der Rote Reiter’:
https://www.youtube.com/watch?v=iFOasbJm9mw

Il video è stato prodotto dalla famosa crew Grupa13 sotto la regia di Darek Szermanowicz (Behemoth, Kreator). Il video è stato girato a Breslau e Stettin (Polonia) nel Giugno del 2017.

La band afferma:
“Il cavaliere rosso spinge tutti gli uomini in mare. E’ dove la morte li attende, non c’è ritorno. Separa la carne dalle ossa e ricopre il mondo di sangue.”

Acquista l’album in formato fisico: http://nblast.de/DARDerRoteReiterNB

Pre-ordina la versione digitale qui: http://nblast.de/DARDigital

Guarda anche il lyric video ufficiale di “Wir Sind Zurück”: https://youtu.be/HEGfWqxT8iY
Il trailer dell’album può essere visto qui: https://www.youtube.com/watch?v=VPVvUA6DIus

Il cantante Fuchs, che aveva già disegnato il magnifico artwork dell’ultimo disco, ha creato la copertina del nuovo usando un bassorilievo in legno che lui stesso ha inciso. Puoi trovare il bassorilievo sul sito di Fuchs: http://www.fuchsstellung.de/

Qui di seguito la tracklist:

CD

1. Wir Sind Zurück
2. Der Rote Reiter
3. Auf Und Nieder
4. Folgt Uns
5. Hört Mich An
6. The Great Experience Of Ectasy
7. Franz Weiss
8. Die Freiheit Ist Eine Pflicht
9. Herz In Flammen
10. Brüder Auf Leben Und Tod
11. Ich Bin Weg
12. Ich Nehm Dir Deine Welt
13. Ich Werd Bleiben

“Der Rote Reiter” è stato prodotto dalla band e da Alexander Dietz (HEAVEN SHALL BURN) e Eike Freese (DEEP PURPLE, KAI HANSEN) ai Chameleon Recording (Chemical Burn Studios).

Maggiori info:
www.reitermania.de
www.facebook.com/reitermania
www.twitter.com/reitermania
www.instagram.com/reitermania
www.youtube.com/reitermania
www.nuclearblast.de/dieapokalyptischenreiter

Lonely Robot – The Big Dream

The Big Dream è un album che, pur non posizionandosi tra i migliori lavori di Mitchell, è sicuramente un buon ascolto per chi ama il rock elegante e progressivo della scena britannica.

MetalEyes IYE vi porta a viaggiare su strade progressive con il secondo lavoro dei Lonely Robot, ennesimo progetto di John Mitchell, un’icona del prog inglese, polistrumentista, cantante e produttore al servizio di Arena e Frost*, tra gli altri.

Seguendo concettualmente il primo album (Please Come Home) Mitchell licenzia The Big Dream, opera ispirata dal Sogno di una Notte di Mezza Estate di Shakespeare, con un astronauta che si sveglia da un sogno criogenico e si ritrova al cospetto di persone con teste di animali in un mondo surreale.
Accompagnato da Craig Blundell, con lui nei Frost*, Steve Vantsis al basso (Fish) e Lisa Holmes alle tastiere, Mitchell dona agli appassionati un’altra ora abbondante tra le note progressive del rock britannico, a tratti sognante ed elegante, in altre più deciso, ma senza mai uscire dai sicuri binari di una formula collaudata, perfetta per accontentare i propri fans che troveranno nell’album tutte le caratteristiche attese.
Si potrebbe tranquillamente passare oltre, visto che gli amanti dei suoni progressivi avranno già inquadrato cosa aspettarsi da un album come The Big Dream: songwriting di indubbio valore, straordinarie e limpide melodie che si sovrappongono, fughe sui tasti d’avorio e chorus di scuola Arena, il tutto su un tappeto progressivo che continua imperterrito la tradizione del genere.
Quando il sound si lascia trasportare da un’elettricità più marcata escono le cose migliori, come nel super singolo Sigma, nella splendida Everglow e nella title track dai tratti settantiani e lievemente psichedelici.
Rimane da notare come il mastermind inglese confermi la sua indiscutibile maestria nel saper comporre brani dalla spiccata vena melodica e (non così facile nel genere) un’ottima predisposizione a regalare opere di facile ascolto, anche per chi non ha troppa confidenza con il rock di estrazione progressiva.
In conclusione The Big Dream èun album che, pur non posizionandosi tra i migliori lavori di Mitchell, è sicuramente un buon ascolto per chi ama il rock elegante e progressivo della scena britannica.

Tracklist
01. Prologue (Deep Sleep)
02. Awakenings
03. Sigma
04. In Floral Green
05. Everglow
06. False Lights
07. Symbolic
08. The Divine Art Of Being
09. The Big Dream
10. Hello World Goodbye
11. Epilogue (Sea Beams)

Line-up
Joni Mitchell – Guitars, vocals
Craig Blundell – Drums
Steve Vantsis – Bass
Liam Holmes – Keyboards

LONELY ROBOT – Facebook

Dead Register – Fiber

Un album originale e difficile, un’opera oscura e affascinante che porta i Dead Register sulla soglia del regno ove dimorano le cult band, ma al prossimo giro potrebbero entrare dalla porta principale.

Piccola perla gotica ed atmosfericamente dark: è questo il primo lavoro sulla lunga distanza dei Dead Register, trio statunitense composto da M. Chvasta, Avril Che e Chad Williams.

Il trio proviene da Atlanta ed il suo approccio al dark rock risulta un insieme di generi presi dal mondo della musica dark e melanconica e fatti convivere in un sound che potrebbe essere descritto come post rock, ma vi assicuro che non è così facile visto l’uso vario delle atmosfere che non si smuovono dai colori più scuri, ora tenui ora profondamente neri.
Post dark, new wave, addirittura accenni al doom, gothic e post rock diventano protagonisti di questa raccolta di brani, assolutamente maturi, fuori da ogni tentazione commerciale, ma profondi nel loro svolgimento.
Un album alternativo nel vero senso della parola, dove il rock saturo di elettricità è la benzina che alimenta il fuoco prima che il tempo faccia spegnere ogni ardire, un’attitudine distruttiva e pregna di rabbia malinconica si fa largo tra i solchi di brani splendidamente tragici come Alone, Drawing Down o Entwined, mentre i Joy Division si accompagnano ai Cure e l’ alternative rock si apparta con il dark rock di matrice ottantiana , in un urgenza sessuale appagante ma tragica.
Un album originale e difficile, un’opera oscura e affascinante che porta i Dead Register sulla soglia del regno ove dimorano le cult band, ma al prossimo giro potrebbero entrare dalla porta principale.

Tracklist:
1.Alone
2.Fiber
3.Drawing Down
4.Grave
5.Entwined
6.Incendiary

Line-up:
M. Chvasta: Vocals, Bass VI, Bass, Effects
Avril Che: Bass Synth, Keys, Textures, Vocals, Live Visuals
Chad Williams: Drums

DEAD REGISTER – Facebook

CALIGULA’S HORSE

Il video di “Will’s Song (Let the Colors Run)”, dall’album “In Contact” in uscita a settembre (InsideOut).

I CALIGULA’S HORSE, progressive band australiana, sono in procinto di pubblicare il nuovo album “In Contact”, in arrivo il 15 settembre 2017 su InsideOut. La band ha pubblicato il 4 agosto il singolo “Will’s Song (Let The Colours Run)” e oggi ne presenta il video, diretto dal chitarrista Adrian Goleby.

Vocalist Jim Grey explains: “The story of ‘Will’s Song’ is centred around pride and ambition, the human tendency toward self-destruction, the last demand of a proud old man that time is not decay and he is ‘that young man still’.” Goleby has mirrored this in the clouded performances, obscured figures either silhouetted in smoke and colourful light or dissolving into nothing, and the frenetic visuals truly capture the kinetic energy of the song.

The clip was filmed in Northgate, Brisbane as well as the heritage listed (built in 1888) Princess Theatre in Woolloongabba, Brisbane.

Drummer Josh Griffin had this to say:
“With this video being mine and Adrian’s first clip with Caligula’s Horse, it’s great to finally have the new line up out there!”

Guitarist Sam Vallen adds:
“Will’s Song might take some fans by surprise, its heavy and technical, certainly more than anything we’ve created in the past. Adrian has done an incredible job conveying that frenetic power in the clip; it captures the energy we aspire to in concert, but also, through its languid and constantly shifting imagery, reinforces the dark atmosphere hidden below the punctuation of the drums and guitars. Speaking of which, check out the drums and guitar! It’s great to show the new guys off to the world at last.”

The band also recently sat down at the offices of InsideOutMusic in London to chat about the new album, and you can find the first of those interviews here: https://youtu.be/C21-ApKoKb4

Digital pre-orders of ‘In Contact’ through iTunes & Amazon receive ‘Will’s Song (Let The Colours Run) immediately, and the track is available on streaming services now. The album is also available to pre-order on CD & 2LP + CD (including exclusive coloured versions) here: http://smarturl.it/CaligulasHorseIC

As with the band’s acclaimed album ‘Bloom’ before it, ‘In Contact’ sees vocalist Jim Grey and lead guitarist Sam Vallen collaborating closely on the music and lyrics. Vallen comments: “In our creative process every idea is scrutinized, deconstructed, and rebuilt in a way that one of us, alone, could never achieve. We’re one another’s harshest critic, but fortunately we’ve done this for long enough now that our inspiration draws us in a similar direction – we can finish each other’s musical sentences, so to speak. And we’re lucky that’s the case, since In Contact proved to be a much more ambitious undertaking than anything we’d conceived of in the past.”

Vocalist Jim Grey adds: “In Contact has been an enormous proposition – the stories told in this album feel deeply personal, and we’ve never been more excited to share a new work with the world. The sounds on this album are dark and adventurous – but without losing the bittersweet and joyful sounds we developed in writing Bloom.”

As with the band’s second album ‘The Tide, the Thief & River’s End’, the band decided to hang a concept around the entire record, taking it in a direction that would end up being the opposite of its predecessor. “We decided to create a concept album, but one that came from a more personal place: one that would facilitate our creative needs wherever the journey took us” Vallen continues. “The broader concept is based around the nature of art – of what it is that sparks creativity and inspiration, a celebration of what connects us as human beings, the shared space across our many differences.”

Taking in four separate chapters, each one is dedicated to an individual and their own personal journey and how they express themselves through art. “Each of these artists are reaching for something more in their lives, and while disconnected entirely from one another, they are united by that reach: for a better life, but also for something intangible.”

Written between late 2016 and May 2017, the album went through a rapid production/mixing/mastering process encompassing five weeks between May and June. The music felt fresh and the ideas were captured at the peak of their vitality. The music on ‘In Contact’ stretched all of the bands abilities, from the frantic speed and complexity of ‘Will’s Song (Let the Colours Run)’ to the immense scope and variety of the 16-minute album closer, ‘Graves’. This is Caligula’s Horse at their most ambitious and progressive.

Immagine incorporata 1
The full track-listing is as follows:
1. Dream the Dead
2. Will’s Song (Let the Colours Run)
3. The Hands are the Hardest
4. Love Conquers All
5. Songs for No One
6. Capulet
7. Fill My Heart
8. Inertia and the Weapon of the Wall
9. The Cannon’s Mouth
10. Graves

The band recently completed a short European run, including a sold-out show in London, plus dates with the likes of Opeth, Anathema & Pain of Salvation. To coincide with that, InsideOutMusic reissued the band’s first two albums ‘Moments From Ephemeral City’ & ‘The Tide, the Thief & River’s End’ and you can get those below:
‘Moments From Ephemeral City’: https://smarturl.it/CaligulasHorseMFEC
‘The Tide, the Thief & River’s End’ : https://smarturl.it/CaligulasHorseTTTTRE

Caligula’s Horse will head out on a headline tour of Australia in support of the new album and you can find those dates below:

Thursday September 28 – Jack Rabbit Slim’s, Perth
Friday September 29 – Fowler’s Live, Adelaide
Saturday September 30 – Max Watt’s, Melbourne
Wednesday October 4 – The Basement, Canberra
Thursday October 5 – The Cambridge Hotel, Newcastle
Friday October 6 – The Factory Theatre, Sydney
Saturday October 7 – The Triffid, Brisbane

The band’s last album ‘Bloom’ was released in 2015 and enjoyed much praise for its multi-faceted dynamic and masterful production. It mines influences from heavy rock to jazz and beyond, making it a uniquely enticing sonic entity, and a powerful addition to the high quality canon of progressive alternative rock. It is a unique thrill to watch a band’s momentum build so steadily and confidently.

Caligula’s Horse are:
Jim Grey – lead vocals
Sam Vallen – lead guitar
Adrian Goleby – guitar
Dave Couper – bass & vocals
Josh Griffin – drums

CALIGULA’S HORSE online:
https://www.facebook.com/caligulashorseband
http://caligulashorse.com
https://twitter.com/CaligulasHorse
https://www.youtube.com/samvallen

INSIDEOUT MUSIC online:
www.insideoutmusic.com
www.youtube.com/InsideOutMusicTV
www.facebook.com/InsideOutMusic
www.twitter.com/InsideOutUSA
www.insideoutmusicshop.com

Free InsideOut Music digital sampler:
http://keepyourprogincheck.com

Trinity Site – After The Sun

La caratteristica più importante dell’album è il suo mantenersi sempre graffiante, estremo e thrashy nei brani veloci, potente e melodico nei mid tempo, con il synth che in apertura di qualche brano conferma la cura nei dettagli per dare ad After The Sun più appeal possibile.

Con i tedeschi Trinity Site ci tuffiamo ancora una volta nelle oscure trame del death metal melodico di matrice scandinava.

In effetti, all’ascolto di After The Sun, primo album che segue l’ep Ex Inferis uscito ormai cinque anni fa, si torna negli anni novanta e alle opere delle storiche band nord europee.
Poco male, il genere è questo ed il quintetto segue le regole con disciplina, sfornando un lavoro di tutto rispetto.
After The Sun é composto da dieci brani dalle ritmiche thrashy che fanno da tappeto a buoni intrecci chitarristici, una cura per le melodie ed il rincorrersi tra il growl e lo scream, mentre i Dark Tranquillity e gli In Flames si guardano come in uno specchio magico che li riproduce come vent’anni fa.
Ronny Rocket, nome da glamster ma voce da orco, si danna l’anima sulle trame create dai suoi compagni con la coppia d’asce formata da Simon Lummel e Jochen Rau e la sezione ritmica dal sicuro massacro composta da Sascha Born al basso e Marc Schuhmann alle pelli.
La caratteristica più importante dell’album è il suo mantenersi sempre graffiante, estremo e thrashy nei brani veloci, potente e melodico nei mid tempo, con il synth che in apertura di qualche brano conferma la cura nei dettagli per dare ad After The Sun più appeal possibile.
E il quintetto non sbaglia l’approccio al genere, scontato quanto si vuole ma perfettamente calato nella scuola scandinava: After The Sun vive di buone canzoni (March Of The Condemned ed Our Wealth su tutte), guadagnandosi un plauso e l’invito agli amanti del death melodico a non perdersi la buona musica di cui è composto.

TRACKLIST
1.After the Sun
2.March of the Condemned
3.Omnicide
4.Beyond the Rim
5.Lost Colony
6.Humanize Me
7.Still Waters
8.Our Wealth
9.Something Is Living Under My Skin
10.Revenants

LINE-UP
Ronny Rocket – Vocals
Jochen Rau -Guitar
Simon Lummel -Guitar
Sascha Born -Bass
Andreas Rau – Drums

TRINITY SITE – Facebook

Sator – Ordeal

I Sator fanno musica per terrorizzare chi sta loro davanti, con un cantato gridato su un tappeto sonoro sempre più potente ad ogni giro di chitarra e basso, con una batteria incalzante, dannati come una nave di pirati zombie.

Atteso ritorno di uno dei migliori gruppi italiani di sludge doom, fautori di un gran rumore, i genovesi Sator.

Dopo il debutto omonimo su Taxi Driver Records, i Sator passano su Argonauta Records per il loro secondo disco.
L’esordio era stato ottimo, con uno sludge doom molto potente con un forte substrato hardcore, ma con questa seconda prova il trio compie un’ulteriore evoluzione positiva, andando ad aggiungere maggiore spessore alla sua musica. Le composizioni hanno sempre grande potenza e viene inserita più psichedelia pesante per un effetto ancora più magniloquente. I Sator fanno musica per terrorizzare chi sta loro davanti, con un cantato gridato su un tappeto sonoro sempre più potente ad ogni giro di chitarra e basso, con una batteria incalzante, dannati come una nave di pirati zombie. L’approccio è simile a quello dei primi Electric Wizard, anche se hanno una maggiore varietà di soluzioni, e rimane quell’incalzare l’ascoltatore promettendo e mantenendo grandi cose dal vivo. I Sator sono un vortice dal quale non è possibile non venire attratti, sono affascinanti come sanno esserlo le cose malvagie. Ordeal è un gran salto di qualità per un gruppo che fa della potenza e della pesantezza le proprie armi vincenti, basterebbe ascoltare la canzone che da il titolo all’album dove c’è tutto il loro repertorio: riff potentissimi, basso a mille e batteria tentacolare, con stop and go e tanta distruzione. I Sator sono anche giustamente critici verso questa società che, come ben rappresentato in copertina, porta a divorarci l’un l’altro, senza ritegno né pietà per nessuno. In Ordeal aleggia anche lo spettro degli Eyehategod, un gruppo che dove c’è putridume è sempre presente, anche se qui ci sono molte cose in più. Ordeal è un monolite che sarà amato da chi segue la musica pesante.

Tracklist
1.Heartache
2.Ordeal
3.Soulride
4.Sky Burial
5.Funeral Pyres

Line-up
Drugo-Drum
Mauro-Guitar
Valy-Bass/vox

SATOR – Facebook

Esoctrilihum – Mystical Echo From A Funeral Dimension

Il black targato Esoctrilihum è per lo più ripiegato su sé stesso, privo com’è di aperture melodiche o atmosferiche, salvo poi concedersi pause improvvise per lasciare spazio a momenti acustici o ambient.

Prima uscita per questo ennesimo progetto solista denominato Esoctrilihum, il cui promotore è il musicista francese Asthâghul.

L’appartenenza al roster della I,Voidhanger, di norma, dovrebbe garantire sonorità introspettive ed oscure, il tutto abbinato ad una notevole qualità media e ad una vena sperimentale che rende l’ascolto impegnativo quanto gratificante.
Mystical Echo From A Funeral Dimension tiene quasi del tutto fede a queste coordinate, salvo la capacità penetrativa del sound che, questa volta, fatica non poco a superare i primi ostacoli frapposti tra sé e l’ascoltatore.
Il black targato Esoctrilihum è per lo più ripiegato su sé stesso, privo com’è di aperture melodiche o atmosferiche, salvo poi concedersi pause improvvise per lasciare spazio a momenti acustici o ambient: il problema che affligge un po’ tutto il lavoro è l’apparente scollamento tra le varie parti, al quale deve essere aggiunto l’aspetto non secondario di una durata (un’ora circa) che rende l’assimilazione del lavoro ancora più problematica.
Asthâghul ha sicuramente le idee molto chiare dal punto di vista lirico-concettuale, e la sua visione a dir poco fosca dell’esistenza (propria e altrui) ben si sposa con le sonorità offerte, al netto ovviamente di quella farraginosità che appesantisce un po’ tutti i brani: è apprezzabile, infatti, il tentativo di unire l’estrosità del black transalpino con la gelida solennità di quello tedesco e lo spirito primitivo di quello scandinavo, ma nel mettere molta carne al fuoco inevitabilmente non tutta finisce per essere cotta alla perfezione.
Certo che, ascoltando una traccia oggettivamente impressionante come Infernus Spiritas, con un incedere ossessivo che meglio si amalgama ai rallentamenti e alle oasi acustiche, non è difficile capire come mai l’etichetta italiana si sia accaparrata i servizi degli Esoctrilihum, intuendone probabilmente quel notevole potenziale che, a mio avviso, se fosse stato maggiormente focalizzato avrebbe potuto rendere irrinunciabile un lavoro come Mystical Echo From A Funeral Dimension, capace invece di conquistare solo ad intermittenza

Tracklist:
1. Ancient Ceremony From Astral Land
2. Following The Mystical Light Of The Shadow Forest
3. Prayer Of The Lamented Souls
4. Infernus Spiritas
5. Shtalosoth
6. BltQb (Black Collapse)
7. Mighty Darkness

Line-up:
Asthâghul – all instruments and vocals

ESOCTRILIHUM – Facebook

Kliodna – The Dark Side…

Il quintetto di Minsk affronta con ottima determinazione il genere, cercando di bilanciare orchestrazioni e parti metalliche e confezionando un prodotto assolutamente in grado di soddisfare i palati degli ancora molti amanti del power metal sinfonico.

Attivi dal 2012, i bielorussi Kliodna sono una nuova band che va a rimpolpare le truppe del power metal sinfonico tra il folto rooster della Wormholedeath.

Il quintetto di Minsk affronta con ottima determinazione un genere che sembra all’apparenza aver detto tutto e sicuramente non visto più di buon grado dalle riviste di settore, cercando di bilanciare orchestrazioni e parti metalliche e confezionando un prodotto assolutamente in grado di soddisfare i palati degli ancora molti amanti del power metal sinfonico.
Come tutte le realtà provenienti dall’est europeo, anche i Kliodna si fanno apprezzare per un approccio elegante, innato in gente cresciuta in paesi che danno da sempre molta importanza alla musica nell’educazione quotidiana.
Con una cantante perfetta per il ruolo di sirena metallica (Helena Wild, alla quale è poi subentrata Natalia Senko) e dotata di un’ottima voce operistica, la band tiene schiacciato il piede sull’acceleratore, almeno per i primi tre brani, preceduti dalla solita intro di rito e che sfoggiano solida potenza power, orchestrazioni non troppo pompose e un buon songwriting .
Al quarto brano in scaletta di questo ottimo The Dark Side…, il gruppo fa centro con Night Symphony, semi ballad metallica molto suggestiva seguita dalla ripartenza power orchestrale di Blood In The Sea.
Col passare dei minuti la prova della Wild al microfono diventa assolutamente da sottolineare (le sue muse ispiratrici sono sulla scia della solita Turunen), mentre la potenza power lascia spazio a solos di estrazione neoclassica.
Dead Princess Dreams è orchestrata a meraviglia e dona un intervento chitarristico da applausi, mentre l’album si avvia verso la fine, in tempo per godere della ballad Frozen Soul, a ribadisce l’influenza dei Nightwish sulla musica dei Kliodna.
Un buon lavoro dunque, da non farsi scappare se siete amanti del metal sinfonico e se, quando volete ascoltare qualcosa del genere, la scelta cade sempre sui primi lavori dei maestri finlandesi.

Tracklist
1.Intro
2.Kliodna
3.Road to Anywhere
4.I’ll Do the Haunting
5.Night Symphony
6.Blood in the Sea
7.Dead Princess Dreams
8.Northern Wolf
9.Frozen Soul
10.Set Me Fre

Line-up
Helena Wild- Vocals
Alexandr Korobov – Guitar
Anton Michailovskiy – Guitar
Vasily Silura – Bass Guitar
Ilya Konopelko – Drums

KLIODNA – Facebook

Apotheon – Mechanically Consumed

Per gli amanti del metal estremo dai rimandi progressivi e tecnicamente ineccepibili una band da seguire, aspettando un lavoro sulla lunga distanza, ciliegina su di una torta ormai pronta per essere divorata.

Non sono ancora arrivati al traguardo del full length i deathsters statunitensi Apotheon, ma vista l’ottima qualità del sound proposto questo rimane solo un dettaglio.

Nato nel 2014 infatti, il gruppo ha licenziato solo tre ep di cui Mechanically Consumed è l’ultimo in ordine cronologico ed anche il più riuscito.
Gli Apotheon suonano death metal tecnico e progressivo in maniera impeccabile, la loro musica sconvolge nelle parti estreme, mentre le atmosfere teatrali sono marcette che, se possibile, aumentano la tensione, mentre progressive e sfumature classiche si danno il cambio sullo spartito, raffinando non di poco la parte brutale, rovescio di una medaglia o parte oscura di una realtà molto interessante.
Sono una ventina di minuti su e giù per le montagne russe del metal estremo: intricatissime e devastanti parti estreme fanno da motore alla proposta progressiva del gruppo di Denver e, se lo strumentale Premonition scalda gli animi preparando l’esplosione, a detonazione avvenuta le note fuoriescono devastati da Tyken’s Rift come acque dalla rottura di una diga.
La title track e, soprattutto, The Flesh Machine sono perle di metal estremo progressivo, con i quattro musicisti a dispensare tecnica sopraffina in un contesto di inumana, ma chirurgica violenza.
Nell’ep troverete le anche le spettacolari versioni strumentali dei brani proposti, nei quali il gruppo dimostra ancora di più la sua bravura.
Per gli amanti del metal estremo dai rimandi progressivi e tecnicamente ineccepibili una band da seguire, aspettando un lavoro sulla lunga distanza, ciliegina su di una torta ormai pronta per essere divorata.

TRACKLIST
1. Premonition
2. Tyken’s Rift
3. Mechanically Consumed
4. The Flesh Machine
5. Tyken’s Rift (Instrumental Version)
6. Mechanically Consumed (Instrumental Version)
7. The Flesh Machine (Instrumental Version)

LINE-UP
Andrew Morris – Drums
Fernando del Valle III – Guitar
Ibrahim Jimenez – Bass
Reece Deeter – Vocals

APOTHEON – Facebook

Nyss – Princesse Terre (Three Studies of Silence and Death)

Dischi come questo sono un arricchimento culturale ed un estremo oscuro piacere per gli amanti del genere, perché qui ci troviamo a livelli altissimi.

Black metal esoterico, atmosferico e maledettamente affascinante.

I Nyss sono un duo francese che dopo aver pubblicato quattro ep arriva al debutto per Avantgarde Music, ed è un gran disco di black metal moderno e sperimentale. I pezzi sono tre, la presentazione è molto semplice, la musica viene messa in primo piano ed occupa lo spazio più importante del progetto, tanto che si hanno pochissime informazioni sul gruppo, come nella tradizione dei gruppi francesi di black metal. Ascoltando il loro debutto intitolato Princesse Terre (Three Studies Of Silence And Death) si apre un mondo popolato di dolore e di verità negate, un affondare nella nostra maledizione, il tutto reso con un black di taglio atmosferico molto debitore alle origini ed all’ortodossia del genere. Il risultato è un disco eccezionale, moderno e sperimentale ma soprattutto sovraccarico di emozioni, in un continuo rollio di tempi ed atmosfere. I tre pezzi sono altrettante piccole nere sinfonie legate fra loro dal filo comune della sofferenza, mediate da una composizione al di sopra della media, con un piglio che solo i grandi gruppi black hanno, soprattutto nei crescendo con chitarre e tastiere molto presenti nel disco. Le tre lunghe suite hanno migliaia di sorprese in serbo, come un vecchio castello abbandonato infestato dagli spiriti, ma quel vecchio castello è la nostra anima. I Nyss confermano e superano quanto di buono avevano fatto nelle precedenti uscite, ed appartengono di diritto a quell’aristocrazia black metal atmosferica che sta contando ottime uscite, come potete bene vedere nel catalogo della stessa Avantgarde Music. Dischi come questo sono un arricchimento culturale ed un estremo oscuro piacere per gli amanti del genere, perché qui ci troviamo a livelli altissimi.

Tracklist
I
II
III

Line-up
Þórir Nyss ~ Instruments of the art
L.C. Bullock ~ Invocations

NYSS – Facebook

RADIO MOSCOW

Il lyric video del primo singolo “New Beginning”, dall’album omonimo in uscita a d ottobre (Century Media).

Il power trio psych rock californiano RADIO MOSCOW ha reso disponibile un primo assaggio del nuovo lavoro in studio, la title-track “New Beginning”. L’album sarà pubblicato il 29 settembre 2017 su Century Media Records.

La band sarà inoltre in Italia per tre date:
09.10.17 Roma (IT) Traffic
10.10.17 Altroquando (IT) Zero Branco
11.10.17 Torino (IT) Blah Blah

The album was recorded at Lost Ark Studio in San Diego with Mike Butler, produced by the band’s own Parker Griggs and mastered by Mark Chalecki at Little Red Book Mastering. “New Beginnings” is available in the following vinyl editions:

Golden LP+CD & Poster – limited to 100 copies / available on the band’s upcoming European tour
Transparent magenta LP+CD & Poster – limited to 200 copies / available at the official Century Media store: http://bit.ly/RMcmdistro
Orange LP+CD & Poster – limited to 200 copies / available at Green Hell & Flight13: http://bit.ly/RMGreenHell & http://bit.ly/RMFlight13
Mint green LP+CD & Poster – limited to 500 copies / available at: https://www.indiemerchstore.com/b/radio-moscow
Black LP+CD & Poster – no limitation

The album is also available as Special Edition CD Digipak (international version), jewelcase CD (USA, Mexico, Canada) & on all digital platforms.

To stream/download the new single or pre-order the album, please visit http://smarturl.it/RMNewBeginnings

RADIO MOSCOW just finished a short trip to mainland Europe and the UK, are about to kick off an US west coast tour on August 25th and will be returning on an European headlining run from September 26th until October 31st to present “New Beginnings” live!

US West Coast tour
with The Last Internationale
25.08.17 Costa Mesa, CA – The Wayfarer
26.08.17 Los Angeles, CA – The Resident
27.08.17 San Francisco, CA – Bottom Of The Hill
29.08.17 Portland, OR – Doug Fir Lounge
30.08.17 Vancouver, BC (CAN) – The Cobalt
31.08.17 Seattle, WA – Chop Suey
01.09.17 Boise, ID – The Olympic
02.09.17 Salt Lake City, UT – Crucial Fest
03.09.17 Las Vegas, NV – Bunkhouse

“The Drifting Tour” 2017
with special guests Kaleidobolt
26.09.17 Paris (FR) Backstage
27.09.17 Nantes (FR) Le Ferrailleur
28.09.17 Bilbao (ES) Kafe Antzokia
29.09.17 Gijon (ES) Casino Acapulco
30.09.17 Porto (PT) Hard Club
01.10.17 Lisbon (PT) RCA
02.10.17 Madrid (ES) Caracol
03.10.17 Barcelona (ES) Rocksound
04.10.17 Montpellier (FR) Secret Place
06.10.17 Pratteln (CH) Up In Smoke
07.10.17 Athens (GR) Desertfest
09.10.17 Roma (IT) Traffic
10.10.17 Altroquando (IT) Zero Branco
11.10.17 Torino (IT) Blah Blah
12.10.17 Stuttgart (DE) Goldmarks
13.10.17 Antwerpen (BE) Desertfest
14.10.17 Groningen (NL) Vera
16.10.17 Wiesbaden (DE) Schlachthof
17.10.17 Wien (AT) Arena
18.10.17 Innsbruck (AT) PMK
19.10.17 Etagnieres (CH) Croc the Rock Festival
20.10.17 Munich (DE) Keep it Low
21.10.17 Dresden (DE) Beatpol
23.10.17 Hamburg (DE) Hafenklang
24.10.17 Copenhagen (DK) Stengade
25.10.17 Stockholm (SE) Undergangen
26.10.17 Göteborg (SE) Sticky Fingers
27.10.17 Oslo (NO) Blå
28.10.17 Bergen (NO) Garage
30.10.17 Hannover (DE) Chez Heinz (* no Kaleidobolt)
31.10.17 Berlin (DE) Festsaal (* no Kaleidobolt)

Radio Moscow line-up
Parker Griggs (vocals, guitar)
Anthony Meier (bass)
Paul Marrone (drums)

Radio Moscow online
http://radiomoscow.net/
www.facebook.com/radiomoscowband
www.instagram.com/radiomoscowband

Narbeleth – Indomitvs

In Indomitvs non troviamo alcuna tentazione avanguardistica, sinfonica o atmosferica: Narbeleth è sinonimo di puro e fedele black scandinavo, sebbene la sua progressiva crescita stia avvenendo da una zona del pianeta ben lontana dalle gelide e maestose foreste del Nord Europa.

Narbeleth è il progetto musicale del musicista cubano Dakkar, il cui operato è già stato trattato in occasione dei due lavori precedenti, A Hatred Manifesto e Through Blackness and Remote Places.

Indomitvs è il quarto full length pubblicato a partire dal 2013 e rappresenta il consolidamento di una posizione di tutto rispetto assunta dal musicista dell’Avana, rappresentando peraltro un qualcosa che nulla ha a che vedere con la normale curiosità destata dalla provenienza caraibica, oggettivamente anomala quando il genere trattato è il black metal.
Dakkar non fa nulla per trasformare la materia, ma la prende nella sua versione primitiva riversandola sullo spartito con convinzione e competenza: è così, infatti che il black riacquista le sue sembianze originarie grazie ad un incedere ruvido, diretto, ma non privo di un senso melodico in grado di fare la differenza rispetto ad una sterile riproposizione del genere.
Come d’abitudine, il nostro chiude i propri lavori con una cover che omaggia importanti nomi (non sempre tra i più famosi) del passato e così, dopo Darkthone, Urgehal e Judas Iscariot, in Indomitvs è la volta degli Arckanum, il cui atteso ritorno peraltro uscirà sempre per Folter Records a fine settembre: un segni di profondo rispetto da parte di Dakkar per le radici del genere, ma anche un sintomo di apertura verso un’interpretazione fedele e di ampio respiro, trattandosi a ben vedere di quattro realtà piuttosto differenti tra loro.
Per il resto, i sette brani offerti si equivalgono, senza toccare vette irraggiungibili ma neppure scendendo mai al di sotto di un buon livello, in virtù di un approccio sincero riscontrabile in maniera esemplare nelle ottime When the Sun Has Died, Via Profane Crafts e soprattutto The First to Rise, nella quale l’evocazione di antiche divinità è accompagnata anche da un pregevole lavoro di chitarra solista.
In Indomitvs non troviamo alcuna tentazione avanguardistica, sinfonica o atmosferica: Narbeleth è sinonimo di puro e fedele black scandinavo, sebbene la sua progressiva crescita stia avvenendo da una zona del pianeta ben lontana dalle gelide e maestose foreste del Nord Europa.

Tracklist:
1. The Distortion of Life
2. When the Sun has Died
3. The Lower Point of the Star
4. Herald of the Dawn
5. The First to Rise
6. Via Profane Crafts
7. Sinister Laberynths of Human Soul
8. Daudmellin (Arckanum cover)

Line-up:
Dakkar – All vocals, Guitars, Bass

NARBELETH – Facebook

Atrexial – Souverain

Sembra che, dopo tanti anni trascorsi negli abissi dell’underground estremo, Naga S.Maelstrom e compagni abbiano trovato la via giusta per arrivare almeno alla superficie, con l’aiuto di una label che di sonorità death/black se ne intende.

Metal estremo nero come la pece, inglobato in un armageddon di suoni death/black in arrivo da Barcellona.

Una reunion di demoni sotto il monicker Atrexial, provenienti da alcune realtà della scena underground catalana, chiamati a raccolta da Naga S. Maelstrom, chitarrista degli Human Carnage, death metal band inattiva da un bel po’ di anni, raggiunto da Louen (chitarra e voce) e Labelua (batteria).
Il trio, diventato nel frattempo un quartetto con l’arrivo di Belegurth, licenzia il suo esordio sotto Gods Ov War, questo minaccioso Souverain che nulla toglie e nulla aggiunge al mondo oscuro del metal estremo, ma si colloca tra quelle opere di nicchia che gli estimatori del genere potrebbero trovare malignamente gradevole.
Death/black alla Behemoth, con molti tratti distintivi che ci portano pure in Svezia, specialmente quando la band lascia i mid tempi e le ritmiche death, per abbandonarsi al black metal duro e puro e prodotto discretamente, quanto basta per rendere il maelstrom musicale godibile, Souverain risulta un buon lavoro di genere, attraversato da venti maligni che portano burrasche estreme, alternando death/black a sferzate black metal, mentre attimi di atmosferici ricami acustici sfumano in ripartenze e assalti sonori dal buon impatto.
Qualche brano più ordinario lascia il palcoscenico a buone cavalcate estreme come Under The Scourge Of Lamashtu o Illuminator, dando in pasto ai fans del genere un album certamente dotato della giusta attitudine.
Sembra che, dopo tanti anni trascorsi negli abissi dell’underground estremo, Naga S.Maelstrom e compagni abbiano trovato la via giusta per arrivare almeno alla superficie, con l’aiuto di una label che di sonorità death/black se ne intende.

Tracklist
1.Enthronement (Intro)
2.The Hideous Veil of Innocence
3.Under the Scourge of Lamashtu
4.Unmerciful Imperial Majesty
5.Illuminatur
6.The Ominous Silence
7.Ascension
8.Shadows of the Nephilim Throne
9.Trinity
10.Souverain
11.Eternal (Outro)

Line-up
Naga S. Maelstrom – Bass, Guitars, Synths
Labelua – Drums
Louen – Guitars, Vocals (lead)

ATREXIAL – Facebook

THRESHOLD

Il video di Small Dark Lines, dall’album Legends Of The Shires in uscita a settembre (Nuclear Blast).

Le icone inglesi del progressive THRESHOLD pubblicheranno il loro nuovo album “Legends Of The Shires” l’8 settembre su Nuclear Blast. In attesa di quest’uscita, la band è orgogliosa di presentare in anteprima il nuovo fantastico video, realizzato per la canzone ‘Small Dark Lines’. Il video è stato diretto da Sitcom Soldiers LTD, che ha sviluppato un’intrigante narrazione che coinvolge persone di estrazione diversa, le quali dipingono i propri corpi per simboleggiare i rimpianti della loro vita. Dell’acqua poi cade su di loro e lava via le linee, proprio come quando si cancella una lavagna.

Per quanto riguarda la canzone e il video, Karl Groom ha commentato: “Quelli di Sitcom Soldiers hanno craeto la giusta atmosfera nel nostro video ed è stato piacevole filmarlo. Siamo riusciti a trovare alcune eccellenti comparse e le abbiamo torturate con docce gelate. È fantastico avere di nuovo Glynn nella band: in ‘Small Dark Lines’ mostra tutta la sua potenza e versatilità. Questo singolo dà un’idea di ciò che sarà presente nel doppio ‘Legends Of The Shires’ in uscita l’8 settembre 2017”.

I pre-ordini sono attivi:
http://nblast.de/ThresholdLOTSNB
http://nblast.de/ThresholdDigital

La tracklist di “Legends Of The Shires” è la seguente:

CD 1:
1. The Shire (Part 1) 2:03
2. Small Dark Lines 5:24
3. The Man Who Saw Through Time 11:51
4. Trust The Process 8:44
5. Stars And Satellites 7:20
6. On The Edge 5:20

CD 2:
7. The Shire (Part 2) 5:24
8. Snowblind 7:03
9. Subliminal Freeways 4:51
10. State Of Independence 3:37
11. Superior Machine 5:01
12. The Shire (Part 3) 1:22
13. Lost In Translation 10:20
14. Swallowed 3:54

www.thresh.net
www.facebook.com/threshold
www.nuclearblast.de/threshold

Cydemind – Erosion

I Cydemind hanno preso il meglio della musica progressiva e l’hanno fatta confluire perfettamente nel loro bellissimo lavoro: i nomi che hanno ispirato il gruppo compariranno tra le note mentre la vostra mente sarà in viaggio nel mondo di Erosion.

I canadesi Cydemind  sono l’ennesima conferma di come, spulciando nell’underground, si trovino ancora realtà interessanti e capaci di proporre musica progressiva nello stile e nella concezione, non importa se più vicina al rock o al metal.
Di per sé la musica strumentale porta inevitabilmente ad un impatto del genere, se poi invece della voce facciamo parlare un violino su un tappeto di progressive metal, contaminato da jazz e musica classica, allora c’è da sedersi comodi e partire per questo sognante viaggio musicale in compagnia del quintetto di Montrèal, attivo da una manciata d’anni e con all’attivo un ep licenziato tre anni fa dal titolo Through Mists and Ages.
Erosion è quindi il primo full lenghtth del gruppo canadese formato da cinque giovani maestri dello strumento, un lungo e bellissimo viaggio nella musica progressiva, un’ora abbondante nel corso della quale si viene tenuti stretti in un caldo abbraccio musicale dove metal, rock, e musica classica si uniscono per regalare emozioni in un susseguirsi di sorprese.
Il violino di Olivier Allard tesse tele di note mentre gli altri componenti del gruppo(Alexandre Dagenais alla batteria, Camille Delage ai tasti d’avorio, Nico Damoulianos al basso e Kevin Paquet alla chitarra) disegnano arabeschi di musica universale composta da una band in stato di grazia.
Non ricordo un album strumentale dal songwriting eccitante come Erosion, dove non ci si annoia neanche per un secondo, pur se messi alla prova da lunghe suite come Derecho (13.37) o la title track, che sfiora addirittura la mezzora.
I Cydemind hanno preso il meglio della musica progressiva e l’hanno fatta confluire perfettamente nel loro bellissimo lavoro: i nomi che hanno ispirato il gruppo compariranno tra le note mentre la vostra mente sarà in viaggio nel mondo di Erosion.

Tracklist
1.What Remains
2.Tree of Tales
3.Derecho
4.Red Tides
5.Stream Capture
6.Erosion

Line-up
Olivier Allard – Violins
Alexandre Dagenais – Drums
Camille Delage – Keyboards/Piano
Nico Damoulianos – Bass
Kevin Paquet – Guitars

CYDEMIND – Facebook

childthemewp.com