Sartoria Volume – Sartoria Volume

I Sartoria Volume fanno pop e lo fanno bene, e dato che sono un gruppo capace si sparano un reggaetino molto carino e con un testo eccezionale come Vi Adoro Tutti.

I Sartoria Volume sono un trio di Brescia, nato dalle ceneri dei Vitanova.

Il gruppo mette assieme in maniera piacevole pop, indie ed un pizzico di elettronica. La loro particolarità è di avere una cadenza indie pop molto simile a quella dei gruppi dei primi duemila, ma non sono derivativi, sono freschi e hanno un tocco anni sessanta e settanta. Ad un primo ascolto potrebbero sembrare frivoli, invece i loro testi sono scritti bene, con un risultato vicino al surrealismo, un andare oltre le cose comuni e le ovvietà. Quattro brani sono la lunghezza giusta per dare l’idea di cosa sia questo gruppo, che trova il suo senso nel pop italiano di qualità, anche se a volte cercano un po’ troppo la posa indie, mentre invece quando sono totalmente loro stessi sono molto meglio. In un panorama indie molto produttivo ma di scarsa qualità, i Sartoria Volume sono uno di quei gruppi da tenere d’occhio, perché sono capaci di fare un bel disco o anche una canzone che potrebbe essere il prossimo tormentone di gran successo. Questo trio testimonia che alla fine l’indie non esiste, o meglio, è un genere mainsteam come un altro. Invece i Sartoria Volume fanno pop e lo fanno bene, e dato che sono un gruppo capace si sparano un reggaetino molto carino e con un testo eccezionale come Vi Adoro Tutti, un diversamente vaffanculo molto bello. Un buon esordio sotto la sapiente guida di Michele Guberti e Massimiliano Lambertini, con il master curato dal noto produttore Manuele Fusaroli (The Zen Circus, Tre Allegri Ragazzi Morti, Nada, Luca Carboni, Motta, Nobraino, Le Luci della Centrale Elettrica).

Tracklist
01 Ballo Coi Serpenti
02 Ora d’Aria
03 Vi Adoro Tutti
04 Sirene

Line-up
Voce / chitarra: Alessio Busi
Batteria: Federico Mariotto
Basso: Andreas Busi

https://www.facebook.com/sartoriavolume/

Monument – Yellowstone

Yellowstone è stimolante e mai prevedibile, scritto ed eseguito da due musicisti di talento e creatori di multi versi musicali assai interessanti, per ascoltare ma soprattutto per pensare qualcosa di nuovo.

I Monument sono un duo autodefinitosi doom metal, ma lo spettro coperto dalla loro musica è ben più ampio.

Il progetto è nato nel 2015 per mano di Giacomo Greco alla batteria e Guido Oliva alla chitarra e voce, ed è fortunatamente di difficile collocazione musicale. Innanzitutto cantano in italiano, in una maniera quasi strascicata, e danno alla nostra lingua una cadenza molto inusuale, quasi da contrappunto alla musica. Quest’ultima è molto varia, ora più lenta, ora più abrasiva e distorta, sempre molto psichedelica e con una grande componente grunge. Anzi sembra che il grunge qui sia stato destrutturato e disossato, mantenendo però i principi attivi, mutandone le coordinate perché il genere ha lasciato mille eredità e mille rivoli che scorrono sotterranei e che a volte vengono a galla. L’esperimento del duo è ambizioso, nel senso che fanno qualcosa di molto originale, e con un piglio molto deciso, decidendo loro tempi e modi della storia. Loro stessi dicono che il gruppo è nato quasi per scherzo, e che sempre poco seriamente si è inciso il disco, e ciò è importante perché non hanno quell’aura di pesantezza profetica di altri gruppi. A discapito delle loro premesse siamo invece di fronte a uno dei dischi più originali e surreali negli ultimi tempi dell’underground italico. Forse doom, comunque profondi e lenti, ma più di ciò inesorabili, con un’andatura mastodontica e acida, corrodendo ciò che è già corroso, il tutto con epica grazia. I Monument sono solamente i Monument, senza molti riferimenti o menate, incarnano il loro verbo e molto è stato scritto e suonato in questo disco. I testi sono minimali, scarni come haiku ma molto potenti ed evocativi, e si accompagnano molto bene alla musica. Yellowstone è stimolante e mai prevedibile, scritto ed eseguito da due musicisti di talento e creatori di multi versi musicali assai interessanti, per ascoltare ma soprattutto per pensare qualcosa di nuovo.

Tracklist
01. Mars Balaclava
02. Magnitudo
03. Supersesso / Mammuth Man
04. Ronin

Line-up
Giacomo (Drums)
Guido (Guitar/Voice)

MONUMENT – Facebook

Bullet Height – No Atonement

“E’ stato chiaro da subito che sarebbe diventato qualcosa più grande di come ce lo saremmo mai aspettati”, sono le parole usate per descrivere questo recente lavoro, un full-length album di debutto che apre le porte a questo nuovo duo di grande impatto.

I Bullet Height sono nati dall’idea di Sammi Doll (tastierista della band IAMX che ha militato anche in altri gruppi) e Jon Courtney (cantante, chitarrista e tastierista della band Pure Reason Revolution) di dare vita ad un nuovo progetto insieme: un duo rock elettronico che potesse unire le caratteristiche personali di entrambi per creare qualcosa di innovativo e nuovo, diverso.

La sperimentazione musicale e l’attento songwrigting di Jon Courtney, affiancati alle doti canore di Sammi Doll, fanno dei Bullet Height un nuovo punto di svolta del rock, attingendo sia dal passato (band come i vecchi Garbage, Stabbing Westward o Snake River Conspiracy) che dal moderno e facendo del genere qualcosa di nuovo e proiettato nel futuro. L’album inizia con Fight Song, brano che già la dice lunga sul progetto in cui ci stiamo addentrando: una sferzata di chitarre e elettronica che sottolineano voci molto energiche, passando poi a Bastion, secondo brano, nel quale i Bullet Height fanno un piccolo “tributo” a Immigrant Song, portandola alle atmosfere del nuovo millennio. Di grande impatto il brano Fever, un duetto tra la splendida voce di Sammi Doll e la dolcezza del pianoforte che si trasforma in sonorità più dure affini al noise e all’industrial. “E’ stato chiaro da subito che sarebbe diventato qualcosa più grande di come ce lo saremmo mai aspettati“, sono le parole usate per descrivere questo recente lavoro, un full-length album di debutto che apre le porte a questo nuovo duo di grande impatto. Nel complesso il lavoro riesce ad unire molti elementi passando dal dark, al goth, all’avant-garde, all’hard rock e industrial con chitarre heavy, mescolando tutto alla perfezione e creando qualcosa di sperimentale e fortemente innovativo. Le voci della coppia si intrecciano perfettamente, creando a loro volta una melodia a sé stante e quasi ipnotica, che rende ogni brano una piccola perla. Un duo che ha buone basi per portare il rock elettronico in una nuova dimensione e sotto una nuova veste.

Tracklist
1. Fight Song
2. Bastion
3. Hold Together
4. Wild Words
5. Intravenous
6. Cadence
7. No Atonement
8. Break Our Hearts Down
9. Fever
10. Up to the Neck

Line-up
Sammi Doll – Keys, Vocals
Jon Courtney – Guitar, Vocals

BULLET HEIGHT

Helfir – The Human Defeat

Se Still Bleeding era già un album più che convincente, The Human Defeat va ancora oltre, collocando il nome Helfir ai vertici qualitativi della scena italiana.

Più o meno a due anni esatti dall’uscita di Still Bleeding, ritroviamo Luca Mazzotta ed il suo progetto solista Helfir con un nuovo lavoro su lunga distanza intitolato The Human Defeat.

Parlando di quell’album, con la necessità di inquadrare in qualche modo il sound proposto dal musicista leccese, mi ero esposto senza troppi rischi nel paragonarne l’opera a quella di nomi illustri quali Antimatter, Anathema e Katatonia, mentre The Human Defeat cambia non poco le carte in tavola.
Fin dall’opener Time In Our Minds è possibile percepire, infatti, una propensione al gothic e al doom e, in generale, un approccio relativamente più estremo alla materia; tutto questo conferisce al lavoro anche una maggiore varietà e, di conseguenza, spinge gli Helfir fuori dall’orbita delle band di riferimento per assumere una forma ben più personale senza smarrire, però, un’oncia dell’impatto emotivo evidenziato sul precedente lavoro.
Lo stesso ricorso al growl, utilizzato con parsimonia ma in maniera del tutto appropriata, aggiunge un ulteriore elemento di discontinuità che nel brano d’apertura accentua gradevolmente la dicotomia tra l’anima metal e quella più propriamente dark alternative, mentre la chitarra tesse melodie splendide e dolenti, catturando così subito l’attenzione dell’ascoltatore.
Con Light cambia lo scenario e le coordinate sonore si spingono oltreoceano, eguagliando per potenziale evocativo e pulizia sonora quanto fatto quasi contemporaneamente dagli splendidi 1476.
La marea si ritrae e Tide lascia riaffiorare tracce tangibili degli Helfir precedenti, un’entità capace di modellare con maestria sonorità liquide ma cariche di tensione emotiva, lasciando che l’intimismo di Protect Me e Chant D’Automne prenda educatamente il sopravvento.
Pulsioni elettroniche inaugurano una Mechanical God che oscilla tra l’alternative e l’industrial, esibendo a tratti riff di una cattiveria insospettabile: un brano di grande impatto, ma che rischia d’apparire addirittura fuori contesto, specie se seguito dalle delicate pennellate chitarristiche di Climax 2.0.
In Golden Tongue ritroviamo nuovamente quel sound inquieto che aveva contraddistinto la splendida traccia d’apertura, mentre in The Last Sun ritorna a predominare l’imprimatur poetico di scuola Antimatter, anche se, come già detto, in tali frangenti le possibili somiglianze appaiono meno marcate che in passato.
La versione strumentale di Chant D’Automne suggella idealmente un lavoro di grade maturità e soprattutto propositività: Luca Mazzotta avrebbe potuto continuare a seguire, peraltro facendolo benissimo, le tracce di Moss e compagnia, mentre con quest’opera decide di prenderne in qualche modo le distanze, ampliando in maniera efficace e condivisibile lo spettro compositivo con risultati eccellenti.
Se Still Bleeding era già un album più che convincente, The Human Defeat va ancora oltre, collocando il nome Helfir ai vertici qualitativi della scena italiana.

Tracklist:
1. Time In Our Minds
2. Light
3. Tide
4. Protect Me
5. Chant D’Automne
6. Mechanical God
7. Climax 2.0
8. Golden Tongue
9. The Last Sun
10. Chant D’Automne (Instrumental Version)

Line up:
Luca Mazzotta: Vocals, Guitars, Bass, Keyboards, Drums and Percussions programming

HELFIR – Facebook

Nadsat – Crudo

Ogni cambio di tempo, ogni variazione qui non è prevedibile, e come nel free jazz si naviga felicemente a vista, avvolti da un rumore molto piacevole e soprattutto bene composto.

Ottimo disco per questo duo chitarra e batteria, che suona poderose narrazioni di ritmo e pulsazioni.

I Nadsat sono Michele Malaguti e Alberto Balboni, il primo alla chitarra e effetti, il secondo alla batteria e al gong, e hanno la ferma intenzione di fare musica pesante, giostrando intorno ad un’idea di groove pulsante. Il disco è totalmente strumentale ed è progressivo, nel senso che non segue la tradizionale forma canzone ma si sviluppa per vie diverse, mettendo al centro la carnalità della musica, usando quest’ultima per estrapolare energia dalla materia nera, riuscendo a farlo in maniera peculiare ed originale. Ascoltando Crudo si intuisce che i modelli sono gli Zu, soprattutto per quanto riguarda la costruzione del groove, con un intreccio che è stato praticato per primi dai romani, che ora sono su altri lidi, e che i Nadsat rielaborano sapientemente e personalmente. Il disco può anche essere interpretato come una sublimazione di una fase della musica pesante e pensante, quella che eleva il ritmo al di sopra di ogni cosa. Ogni cambio di tempo, ogni variazione qui non è prevedibile, e come nel free jazz si naviga felicemente a vista, avvolti da un rumore molto piacevole e soprattutto ben composto. Le note ti avvolgono come spire di un lussurioso demone della musica e non c’è salvezza e ci si deve abbandonare a questa musica, figlia bastarda di Sun Ra come dei Tool, perché qui conta l’idea e non tanto la forma, si suona e si ascolta per davvero. Un disco che conferma l’ottima salute e l’alta qualità dei gruppi pesanti italiani, e soprattutto dei duo, che è una firma adeguata per affrontare perigliosi temporali musicali come questo.

TRACKLIST
1.Mesozoic
2.ATP
3.Novus
4.Carcharodon
5.Umhlaba
6.Sivik
7.Droid
8.Dolomite

LINE-UP
Michele Malaguti
Alberto Balboni

NADSAT – Facebook

Chetyre Muzhika – Howl

Un quartetto da seguire in futuro, non fosse che per la sua originalità che lo porta ad essere un compromesso tra Mastodon, Primus e Nirvana uniti sotto la bandiera dell’hardcore.

MetalEyes, pur cercando di non farvi perdere nulla della scena metal nazionale ed internazionale, cerca nel più puro spirito underground di portare alla vostra conoscenza gruppi persi nelle scene metal rock mondiali, dalle piccole cittadine alle più importanti metropoli del mondo.

In queste righe si vola a Mosca per incontrare i Chetyre Muzhika, quartetto di pazzi rockers alternative stoner metal con testo in lingua madre ad accompagnare la devastante e potentissima proposta che lascia a bocca aperta per i continui accenni ad un prog moderno, in un contesto atmosferico ed attitudinale dalla forte connotazione punk/hardcore.
Howl è il loro debutto in formato ep, accompagnato dalla copertina che prende ispirazione dai fumetti tratti dalla famosa saga La Torre Nera di Stephen King, ed è stato registrato da Stas Baranov ai DTH Studios di Mosca.
Quattro brani per soli quindici minuti di musica ma che valgono la pena di essere ascoltati, la carne al fuoco è tanta ma il pericolo che si bruci è lontano, anche per il gran lavoro che la band svolge nel songwriting, creando un caos ragionato e un susseguirsi di sorprese tra metal moderno, alternative rock e pazza furia hardcore.
I brani sono quattro pugni nello stomaco sorprendenti, con attimi di grande musica, specialmente quando la band, sfogata la rabbia selvaggia, si lascia andare a ritmiche progressive geniali, piccole divagazioni che aumentano il feeling instaurato da subito con questo ep (Mustanga).
Un quartetto da seguire in futuro, non fosse che per la sua originalità che lo porta ad essere un compromesso tra Mastodon, Primus e Nirvana uniti sotto la bandiera dell’hardcore, notevoli.

TRACKLIST
1.Kitovaya
2.Liho
3.(Mustanga
4.Howl

LINE-UP
Mokerov Alexey – vocals, guitar
Palashev Alexander – guitar
Votincsev Mihail – bass
Zaytsev Ilya – drums

CHETYRE MUZIKA – Facebook

The Picturebooks – Home Is A Heartache

I titoli sono solo un proforma, un modo per dare un senso di inizio e di fine ai deliri contenuti i questo Home Is A Heartache, che non lascia scampo e si insinua come un serpente sotto la coperta.

Se volete ascoltare qualcosa di davvero intenso ed affascinate, un rock capace di contenere nelle sue note diverse anime ed atmosfere come la psichedelia, il blues, lo stoner e l’ alternative, ma scarno ed essenziale, crudo e diretto anche perché suonato solo con chitarra e percussioni, allora Home is a Heartache, nuovo album del duo tedesco dei The Picturebooks, dovrebbe essere il vostro prossimo acquisto.

Il duo tedesco è formato da Fynn Claus Grabke (voce e chitarra) e Philipp Mirtschink (batteria), suona un rock alternativo influenzato dal blues acido e come già detto ingloba varie atmosfere per un viaggio tra il deserto americano tra la polvere lasciata dalle gomme delle moto (altra passione del duo) ed il sole che accieca, stordisce alla pari di sostanze di dubbia provenienza e legalità e ci scaraventa in un mondo di streghe, tra pozioni ricavate dalle sacche velenifere di mortali crotali ed incantesimi sabbatici.
Una lunga jam dove i colpi mortali delle percussioni danno il tempo alla sei corde di torturarci con riff ora dai rimandi alternative, ora ultra heavy, avvolti in un atmosfera southern stoner metal a tratti disturbante.
I The Picturebooks, che voleranno a Londra, dove faranno compagnia ai grandi Samsara Blues Experiment nel Desert Fest in programma ad Aprile, sono arrivati già al quarto lavoro e il trip non accenna a diminuire, scandito dalle ritmiche che fecero da contorno ai riti tribali di vecchi stregoni pellerossa e lunghe marce bluesy, in cui la psichedelia è signora e padrona del sound di questo duo sciamanico.
I titoli sono solo un proforma, un modo per dare un senso di inizio e di fine ai deliri contenuti i questo Home Is A Heartache, che non lascia scampo e si insinua come un serpente sotto la coperta.

TRACKLIST
01. Seen Those Days
02. Wardance
03. Home Is A Heartache
04. Fire Keeps Burning
05. On These Roads I’ll Die
06. I Need That Oooh
07. The Murderer
08. Zero Fucks Given
09. Cactus
10. I Came A Long Way For You
11. Get Gone
12. Bad Habits Die Hard
13. Heathen Love
14. Inner Demons

LINE-UP
Fynn Claus Grabke – Vocals, guitars
Philipp Mirtschink – Drums

THE PICTUREBOOKS – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=U_6tc9vkh1

WOWS

Ci avviciniamo sempre di più all’Argonauta Fest (7 maggio 2016 a Vercelli, dalle ore 18.00 alle Officine Sonore).
Questa volta ci parlano i Wows, uno dei gruppi più eterogenei del panorama Argonauta.

iye Come è nato il gruppo ?

La band è nata nel 2008, i membri sono ancora gli stessi fatta eccezione per il nuovo acquisto ai synth e ai suoni malati Kevin Follet. Abbiamo iniziato con delle cover ma ben presto e per bisogno ci siamo ritrovati a scrivere musica nostra. Dopo un primo disco di assestamento abbiamo trovato la nostra via con il nostro ultimo lavoro, Aion.

iye Quali sono le vostre influenze sonore ?

Molteplici e si dovrebbe distinguere tra i vari componenti. Nel metal però abbiamo trovato un punto d’incontro che ci permette di creare musica anche se ognuno di noi ha radici molto differenti. Il nostro fine non è di cavalcare un genere specifico ma di permettere ad ogni musicista di esprimersi a pieno e raggiungere così l’armonia tra tutti noi.

iye Come siete approdati su Argonauta ?

Grazie ad amici che ci hanno visto suonare dal vivo e che ci hanno consigliato di mandare il nostro Aion ad Argonauta. L’entusiasmo è stato subito reciproco. Siamo ancora elettrizzati al pensiero di far parte di questa scena.

iye Cosa vi aspettate dall’Argonauta Fest ?

Ci aspettiamo una botta di energia così potente da non farci distinguere la realtà dal sogno.

iye Progetti futuri ?

Bottomline: non mollare.
Una cosa che ci sta particolarmente a cuore è quella di fare gruppo, non solo tra noi ma tra tutte le band della scena. Stiamo unendo le idee e gli spiriti attraverso la pagina di Doometal Doometal Doometal, attraverso la quale pubblichiamo le opere e gli eventi delle band italiane a non; inoltre per mezzo della Nihilist Diffusion and Booking stiamo organizzando serate in tutto il nord Italia tra band che hanno voglia di spaccare teste.
Ah, ovviamente stiamo scrivendo il terzo disco ed in più stiamo progettando una release per il prossimo inverno.

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Video :