2 Wolves – ….Our Fault

Tra Swallow The Sun e The 69 Eyes, la band finlandese ci consegna un bellissimo esempio di musica dark/gothic valorizzata da melodie che entrano nell’anima come lame nel burro, dimostrandosi un nome da segnare sul taccuino alla voce imperdibili per gli amanti di queste sonorità.

Questo bellissimo lavoro in arrivo dalla Finlandia è la quarta opera gotica dei 2 Wolves, quintetto di Lappeenranta attivo dal 2011.

Licenziato dalla Inverse Records, ….Our Fault è composto da nove bellissimi brani che uniscono dark/gothic e melodic death metal in un sound oscuro, melanconico ed accattivante senza rinunciare all’anima estrema che potenzia tracce dalle bellissime melodie crepuscolari.
Growl e voce dal taglio dark/gothic si danno il cambio tra le atmosfere create da un sound in cui molta importanza hanno i tasti d’avorio, protagonisti di tappeti melanconici sui quali il gruppo appoggia chitarre di stampo melodic death, quindi dal taglio classico in un contesto death metal che a tratti rallenta in cadenzate marce doom.
Un sound che fin dall’opener Unwritten Names si mette in luce per un talento melodico straordinario, che rimane di altissimo livello per tutta la durata del disco.
Splendido il doom/death di Of Storm And Stars, uno dei brani più riusciti di questo quarto lavoro targato 2 Wolves che offre il meglio man mano che passano i minuti, con il quintetto che, quando indurisce il suono, mette in mostra tutto il talento dei gruppi nordici per queste sonorità.
Ancora Departures And Arrivals sugli scudi, mentre con le conclusive Tuhat Kertaa e The Fault Is Ours si torna al gothic/dark dei primi brani, alternando potenza ed appeal melodico in un’atmosfera splendidamente melanconica.
Tra Swallow The Sun e The 69 Eyes, la band finlandese ci consegna un bellissimo esempio di musica dark/gothic valorizzata da melodie che entrano nell’anima come lame nel burro, dimostrandosi un nome da segnare sul taccuino alla voce imperdibili per gli amanti di queste sonorità.

Tracklist
1. Unwritten Names
2. Strange Patterns
3. Of Storm and Stars
4. Regret
5. Dreaming Beneath
6. Departures and Arrivals
7. Blame
8. Tuhat Kertaa
9. The Fault is Ours

Line-up
Ilkka Valkonen – Vocals
Jere Pennanen – Guitar
Petri Määttä – Guitar
Sami Simpanen – Bass
Niko Pennanen – Drums, Programming

2 WOLVES – Facebook


Descrizione Breve

Forever Still – Breathe In Colours

Album dedicato dunque ai più giovani fruitori di musica rock, Breathe In Colours riuscirà sicuramente a conquistare molti cuori alternative dark.

Secondo lavoro per i Forever Still, band danese composta dalla cantante e tastierista Maja Shining e dal polistrumentista Mikkel Haastrup, raggiunti per questo album dal batterista Rune Frisch e dal chitarrista Inuuteq Kleemann (quest’ultimo solo in sede live).

Breathe In Colours è un concept futuristico, in stile Blade Runner, raccontato per mezzo di un sound nervoso, alimentato da energiche scosse alternative metal ed oscurato da atmosfere dark/gothic.
Ottima e varia la prova della cantante, ad alzare il livello di un’opera che si sviluppa per trentacinque minuti di metal moderno,con dieci brani che raccolgono ispirazioni ed influenze che vanno dai Lacuna Coil ad una versione elettronica degli Evanescence, il tutto giocato sull’alternanza tra sfumature pop e sferzanti schiaffi nu metal.
L’album, prodotto alla perfezione, è il classico lavoro studiato per entrare nelle grazie dei ragazzi sotto i vent’anni, con la vocalist che spazia tra urla metalliche e linee melodiche ruffiane, al sound che non si scosta da quanto descritto in precedenza.
Trentacinque minuti bastano e avanzano, anche perché le tracce seguono tutte la via intrapresa dal gruppo con l’opener Rewind e la successiva Fight!.
Album dedicato dunque ai più giovani fruitori di musica rock, Breathe In Colours riuscirà sicuramente a conquistare molti cuori alternative dark: in campo ci sono tutte le armi per riuscire nell’impresa, vedremo se la Nuclear Blast ci avrà visto giusto anche questa volta.

Tracklist
1. Rewind
2. Fight!
3. Breathe In Colours
4. Is It Gone?
5. Survive
6. Do Your Worst
7. Pieces
8. Rising Over You
9. Say Your Goodbyes
10. Embrace The Tide

Line-up
Maja Shining – Vocals, piano, theremin, additional synths
Mikkel Haastrup – Guitar, bass, synths, piano
Rune Frisch – Drums
Inuuteq Kleemann – Live guitar

FOREVER STILL – Facebook

Bethlehem – Lebe Dich Leer

Il sound dei Bethlehem, come sempre, abbina alla sua base black un tocco teatrale ed un’anima dark doom e il risultato appare in linea con il trend delle ultime uscite, ovvero buono ma non imprescindibile.

A circa tre anni dall’ultimo lavoro autointitolato tornano gli storici Bethlehem con il loro nono album di una carriera che ha ormai superato il quarto di secolo.

La creatura musicale da qualche tempo nelle mani del solo Bartsch gode di una meritata aura di culto che ne rende sempre molto attese le uscite anche se, francamente, le produzioni di questo decennio hanno fornito risultati validi ma non eclatanti.
Lebe Dich Leer ha sicuramente il pregio di andar via liscio e diretto nei due trascinanti primi brani, Verdaut in klaffenden Mäulern e Niemals mehr leben, mentre le cose non scorrono altrettanto bene allorché il sound si fa decisamente più ricercato e avanguardistico.
In tal senso contribuisce, nel bene e nel male, lo screaming della vocalist polacca Onielar, confermata rispetto al precedente album, che a mio avviso ben si adatta a ritmiche dirette ed incalzanti, ma molto meno allorché il sound esibito richiede un’interpretazione diversa rispetto a tonalità a tratti parossistiche.
Il sound dei Bethlehem, come sempre, abbina alla sua base black un tocco teatrale ed un’anima dark doom e il risultato appare in linea con il trend delle ultime uscite, ovvero buono ma non imprescindibile.
In sintesi, oltre che nelle già citate tracce iniziali, le valide e ficcanti sfuriate propriamente black si manifestano a intermittenza confermando quello che in molti pensano ma non tutti dicono, ovvero che scelte compositive maggiormente lineari spesso producono risultati ben più apprezzabili e tangibili rispetto a digressioni e scostamenti dalla via maestra che, in mancanza di geniali scintilli, finiscono solo per diluire i contenuti: questo non vale solo per i Bethlehem, chiaramente…

Tracklist:
1. Verdaut in klaffenden Mäulern
2. Niemals mehr leben
3. Ich weiß ich bin keins
4. Wo alte Spinnen brüten
5. Dämonisch im ersten Blitz
6. An gestrandeten Sinnen
7. Ode an die obszöne Scheußlichkeit
8. Aberwitzige Infraschall-Ritualistik
9. Bartzitter Flumgerenne

Line-up:
Bartsch – Bass, Electronics
Torturer – Drums
Karzov – Guitars, Electronics
Onielar – Vocals

Idle Hands – Mana

La band americana continua il suo viaggio nel mondo del dark/gothic ed anche Mana, come il precedente lavoro, si nutre del buio della notte, un mondo oscuro pregno di atmosfere new wave in potenziata dall’anima heavy metal che agita il sound dei nostri.

Dopo l’ep di debutto licenziato sul finire dello scorso anno, è arrivato il momento anche gli Idle Hands di pubblicare il primo lavoro sulla lunga distanza.

La band americana continua il suo viaggio nel mondo del dark/gothic ed anche Mana, come il precedente lavoro, si nutre del buio della notte, un mondo oscuro pregno di atmosfere new wave in potenziata dall’anima heavy metal che agita il sound dei nostri.
Solo un brano (Blade And The Will) era presente nella track list dell’ep, il resto sono tutti brani inediti e risultano un buon passo in avanti per il gruppo di Portland, che ci avvolge nel suo nero mantello musicale.
Erede del dark rock ottantiano, il sound di questi undici brani ci catapulta nel mondo ombroso dei Sisters Of Mercy, mentre dagli anni novanta gli Idle Hands pescano tra le atmosfere gotiche dei Type 0 Negative per tornare nel decennio precedente, rispolverando l’U.S. metal dei Metal Church in un mix di piacevole metal/rock dalle tinte dark.
La voce segue i canoni del dark rock e della new wave, così da risultare di gradimento per gli amanti del genere; come scritto in precedenza la band ha fatto un passo avanti significativo nel personalizzare il proprio sound, grazie anche ad una track list che risulta di buon livello lungo tutta la durata dell’opera.
Jackie, Don’t Waste Your Time e Double Negative i brani più significativi di questo buon lavoro targato Idle Hands, consigliato a chi negli anni ottanta non viveva di solo metal classico.

Tracklist
1. Nightfall
2. Jackie
3. Cosmic Overdrive
4. Don’t Waste Your Time
5. Give Me To The Night
6. Blade And The Will
7. Dragon, Why Do You Cry?
8. Double Negative
9. It’ll Be Over Before You Know It
10. A Single Solemn Rose
11. Mana

Line-up
Gabriel Franco – Vocals, Guitar, Studio Bass
Sebastian Silva – Lead Guitar
Colin Vranizan – Drums

IDLE HANDS – Facebook

Relinquished – Addictivities (Pt. 1)

Addictivities (Pt. 1) risulta un buon lavoro nella sua interezza, mancano solo quel paio di brani a farsi carico qualitativamente dell’intera tracklist ma sono dettagli, perché la band dà vita ad un’opera oscura e dalle atmosfere dark progressive che trovano nella musica di Opeth, Eternal Tears Of Sorrow e Diabolical Masquerade le loro più convincenti ispirazioni.

Provenienti dalla vicina Austria ed attivi da una quindicina d’anni, tornano sul mercato underground metallico i Relinquished con il terzo full length intitolato Addictivities (Pt. 1).

Il quintetto tirolese offre uno spaccato convincente di progressive metal estremo, dalle atmosfere dark che si scambiano la scena con un death metal melodico ben calibrato ed ispirato dalla scena scandinava di primi anni novanta.
Niente di moderno quindi, ma un sound che dà molto spazio alle parti atmosferiche, per poi ripartire potente e melodico, lasciando che il growl ci guidi tra ritmiche veloci, oscuri intermezzi dark rock e attimi dove la chitarra crea soluzioni melodiche di stampo classico.
Addictivities (Pt. 1) risulta un buon lavoro nella sua interezza, mancano solo quel paio di brani a farsi carico qualitativamente dell’intera tracklist ma sono dettagli, perché il cantante Sebastian Bramböck e compagni danno vita ad un’opera oscura e dalle atmosfere dark progressive che trovano nella musica di Opeth, Eternal Tears Of Sorrow e Diabolical Masquerade le loro più convincenti ispirazioni.
Avalanche Of Impressions è il brano che riassume tutto il lavoro del gruppo in otto minuti, anche se Addictivities (Pt. 1) è opera da ascoltare per intero per essere maggiormente apprezzata.

Tracklist
1.Expectations
2.Bundle of Nerves
3.Avalanche of Impressions
4.Pulse
5.Damaged for Good
6.Syringe
7.Zero
8.Into the Black
9.Void of My Ashen Soul

Line-up
Sebastian Bramböck – Vocals
Anton Keuschnick – Guitars, Clarinet
Simon Dettendorfer – Guitars, Vocals
Dominik Steffan – Bass
Richard Marx – Drums

RELINQUISHED – Facebook

Order 1968 – Tears In The Snow

Un documento di gran valore, ma soprattutto un gran disco che ha finalmente una veste adeguata.

Ristampa della cassetta Tears In The Snow di Order 1968, rimasterizzata da Giovanni Indorato al Ctìyber Ghetto Studio.

Order 1968 è stato uno dei primi progetti di uno dei maggiori nomi della musica elettronica in chiave ambient ed industrial in Italia, da parte di quel Claudio Dondo che, dopo l’esperienza con Order 1968 andrà a fondare i fondamentali Runes Order, che invitiamo caldamente a scoprire o riscoprire. La cassetta uscì originariamente nel 1991, registrata nello studio casalingo di Claudio, che era anche l’unico membro del progetto, e pubblicato sull’etichetta da lui fondata, Hate Productions. La cassetta fu originariamente ristampata in 200 copie sotto il nome Runes Order dalla Oktagon Records, con lo stesso audio ed un artwork differente. Annapurna Productions ha ristampato il tutto rimasterizzandolo e con le copertine originali. Dondo è sempre un produttore geniale e notevole, in nuce qui c’è quello che poi farà con i Runes Order, ma soprattutto troviamo una concezione totale e rituale del mezzo musicale. Non è musica fatta per intrattenere, per consolare o per dare risposte, qui ci sono tenebre, domande e tormenti, ma il fatto è che sono fra le atmosfere migliori mai prodotte in Italia. Molto lontano dalle luci della musica di successo ed anche dalla musica delle pose finto alternative, c’è un universo dove ci sono persone che fanno musica per passione e per giocare con i loro demoni, e Claudio Dondo è un eminente esponente di codesta schiatta. Tears In The Snow non lo si ascolta, è il disco stesso che si insinua dentro di noi, percorre le nostre vene e torna nel cervello per celebrare il rituale della nostra estrema caducità, messa mirabilmente in sonoro qui. Tears In Snow è sia un lavoro seminale che una cosa a sé stante, un altro tenebroso episodio della carriera di Claudio, una parabola pressoché unica in Italia e che è apprezzata da chi sa e vuole farlo. Un documento di gran valore, ma soprattutto un gran disco che ha finalmente una veste adeguata.

Tracklist
1. Intro(duction)
2. Sturm
3. A Minute In The Snow
4. The Runes
5. The White Empire
6. The Key Of Pride
7. Watching The New Dawn
8. Nocturne
9. No Surrender!!!
10. A Minute In The Wind
11. Buried Blades
12. Le Bianche Valli Del Silenzio
13. Chi Ride Muore!

Lyfordeath – Nullius In Verba

Oscuro, pesante, dai ritmi serrati e dal grande impatto, il sound della band portoghese reclama un posto nelle novità più convincenti del panorama estremo del loro paese e non solo, l’album è un esempio dell’alta qualità dei gruppi lusitani, sempre un passo avanti quando si tratta di metal estremo dalle atmosfere più cupe.

A confermare l’ottima salute della scena estrema portoghese irrompono sul mercato i Lyfordeath, trash/death metal band fuori con il primo lavoro su lunga distanza intitolato Nullius in Verba.

Oscuro, pesante, dai ritmi serrati e dal grande impatto, il sound della band portoghese reclama un posto nelle novità più convincenti del panorama estremo del loro paese e non solo, l’album è un esempio dell’alta qualità dei gruppi lusitani, sempre un passo avanti quando si tratta di metal estremo dalle atmosfere più cupe.
Un’anima progressiva vive tra i solchi di Nullius In Verba, così come le tante sfumature nero/gotiche che portano ai re del metal estremo portoghese, i Moonspell.
Ma attenzione, di black metal nell’album non esiste traccia, fin dall’opener Tenebrae è un oscuro thrash metal potenziato di mid tempo death che detta le regole, avvolto da un drappo nero di ispirazione dark/gothic che invece esalta l’atmosfera di brani davvero pesanti come Mortal, nove minuti in cui litanie doom/dark vengono soppiantate da sfuriate thrash metal per una delle tracce più interessanti dell’album.
Il canto, che raggiunge toni profondi nelle parti più pulite, si avvicina non poco a quello più famoso del sacerdote dei Moonspell, Fernando Ribeiro, mentre l’opera si conclude con le due parti della title track, sunto del credo musicale della band, tra death, thrash, atmosfere dark e poetici passaggi recitati.
Nullius In Verba è un album consigliato agli amanti delle sonorità descritte, una delle tante sorprese che ci riserva l’underground estremo.

Tracklist
1.Prophetia
2.Tenebrae
3.Lumine
4.Dawn of Souls
5.Mortal
6.Carved in the Bones
7.Ignio
8.The Day the Hell Froze
9.Deus Ex Machina
10.Nullius in Verba – Act. 1
11.Nullius in Verba – Act. 2

Line-up
Gil Dias – Vocals
Emanuel Ribeiro – Bass, Back Vocals
João Almeida – Guitar
Carlos Moreira – Guitar
Luís Moreira – Drums

LYFORDEATH – Facebook

Enisum – Moth’s Illusion

Ci sono momenti di estrema commozione in questo disco, e a volte si ha persino l’ansia che questa musica scompaia all’improvviso, per quanto è bella.

Torna uno dei gruppi più significativi del black metal italiano e non solo, fautore di un black metal che trasporta lontano.

Strettamente legati alla natura e alla loro terra, la Val Di Susa, gli Enisum hanno sviluppato negli anni una poetica musicale unica ed immediatamente riconoscibile, partendo dal black metal per andare ben oltre, e questo ultimo disco è una pietra miliare della loro discografia, combinando insieme diversi elementi e portandoli ad un livello superiore. Nella musica di questo gruppo, che in un tempo relativamente breve ha saputo entrare nei cuori di molte persone, c’è una spiritualità che nasce anche dal fondere insieme vari generi e varie istanze. Il black metal, più che un genere, qui è un punto di partenza ed un sentimento dell’animo umano, una narrazione possibile. Partendo dal nero metallo gli Enisum trovano molte soluzioni sonore, e Moth’s Illusion è la sublimazione di un suono bellissimo e di un sentire e vedere la vita in un modo diverso. Il gruppo ci parla per immagini, costruendole come in un film e facendoci immergere nella nostra vera natura. Moth’s Illusion ha molti significati, ma il principale è forse quello di fermarsi e di ascoltare un battito che non nasce dal silicio, un respiro che viene dalla terra e dal quale siamo usciti anche noi, perché alla fine questo è un capolavoro folk, per quanto è vicino alla natura e al nostro cuore. Da tempo è in atto una guerra dentro noi stessi, nel tentativo di combattere la frattura che ci sta spaccando l’anima, smarriti i fra i vecchi dei che stanno perdendo terreno rispetto ai nuovi che vengono fuori da bytes e da tubi sotto l’oceano, facilitatori di una realtà fallace. Moth’s Illusion è un ritorno a ciò che potrebbe essere se fossimo più aderenti a quello che siamo sempre stati. Ci sono momenti di estrema commozione in questo disco, e a volte si ha persino l’ansia che questa musica scompaia all’improvviso, per quanto è bella. Rispetto agli altri lavori del gruppo si accentuano gli aspetti più melodici e al contempo epici del sound, bisogna però dire che, come per ogni album degli Enisum, la situazione è sempre diversa. E’ difficile ed insieme magnifico parlare di un disco così, che fa piangere e pensare, commuovere e lottare, e che è da sentire dall’inizio alla fine.

Tracklist
1.Cotard
2.Anesthetized Emotions
3.Where Souls Dissolve
4.Afframont
5.Moth’s Illusion
6.Last Wolf
7.Ballad of Musinè
8.Coldness
9.Petrichor
10.A Forest Refuge
11.Lost Again Without your Pain
12.Burned Valley

Line-up
Lys-guitars,vocal
Leynir-bass
Dead Soul-drum
Epheliin-female vocal

ENISUM – Facebook

Lords Of Salem – Hell Over Salem

Hell Over Salem è consigliato agli amanti dell’horror metal, del gothic rock e dell’hard rock a stelle e strisce, e rappresenta per la band una partenza con il botto, a cui si spera faccia seguito al più presto un nuovo lavoro sulla lunga distanza.

Nel mondo dell’underground metallico la sorpresa è sempre dietro l’angolo ed un ep arrivato in mezzo a tante proposte più importanti, può diventare un piacevole incontro con una nuova band.

Succede con i Lords Of Salem, band tedesca che lancia sul mercato questa bomba di quattro brani intitolata Hell Over Salem, un perfetto ed irresistibile mix tra Danzig, Motley Crue e Rob Zombie.
I quattro brani non risparmiano potenza, attitudine rock’n’roll e sfumature dark alternative, con il vocalist Postel a guidare il quartetto di zombie apocalittici come un novello Glenn Danzig.
L’opener Monster Girl ci invita al sabba consumato sul Sunset Boulevard, la title track è un brano horror metal dal taglio moderno, Zombie Monkey Woman e Rock ‘n’ Roll Machine danno il la alla trasformazione degli astanti in un gruppo di vampiri famelici che faranno incetta di sangue al ritmo di Hell Over Salem, come in un remake di Dal Tramonto all’Alba.
Accompagnato da una bellissima copertina e da una produzione assolutamente professionale, Hell Over Salem è consigliato agli amanti dell’horror metal, del gothic rock e dell’hard rock a stelle e strisce, e rappresenta per la band una partenza con il botto, a cui si spera faccia seguito al più presto un nuovo lavoro sulla lunga distanza.

Tracklist
01. Monster Girl
02. Hell Over Salem
03. Zombie Monkey Woman
04. Rock ‘N’ Roll Machine

Line-up
Postel – Vocals
Arian – Guitars
Marple – Bass
Alex – Drums

LORDS OF SALEM – Facebook

Freddy Delirio And The Phantoms – The Cross

Come in una colonna sonora di un film fantasy/gothic/horror anni ottanta, Freddy Delirio ci prende per mano e ci conduce in un mondo parallelo, in cui fantasmi e spiriti si muovono attraverso il tempo in una loro dimensione ancestrale.

Uno dei musicisti più importanti della scena rock/progressive e metal tricolore, storico tastierista dei leggendari Death SS e protagonista di molti altri progetti che lo hanno visto coinvolto, torna con un nuovo album di inediti.

Federico Pedichini, conosciuto come Freddy Delirio, tramite la label genovese Black Widow licenzia The Cross, cinquanta minuti di ottima musica rock divisa in undici capitoli sotto il monicker Freddy Delirio And The Phantoms.
Come in una colonna sonora di un film fantasy/gothic/horror anni ottanta, il musicista toscano ci prende per mano e ci conduce in un mondo parallelo, in cui fantasmi e spiriti si muovono attraverso il tempo in una loro dimensione ancestrale.
Dall’opener Frozen Planets in poi questo scrigno di musica senza tempo si apre davanti a noi: le ritmiche sono da subito grintose, e l’aura metallica del brano potrebbe ingannare l’ascoltatore, caricato di energia hard & heavy anche dal secondo brano, la splendida Guardian Angel.
Ma le porte del castello posseduto si aprono con Inside The Castle, primo capolavoro di questo lavoro, un brano orchestrato su atmosfere space/horror e valorizzato da un assolo di chitarra da brividi.
Con The Circles si entra nel cuore dell’opera, un brano horror che con il successivo In The Fog disegna paesaggi grigi di bruma, illuminati dagli occhi glaciali delle fiere nascoste tra i cespugli.
L’atmosfera di The Cross, anche grazie al superbo lavoro di Delirio alle tastiere e ad assoli chitarristici che sprizzano melodie heavy come sangue da un’arteria tagliata, alterna momenti di tensione altissima con passaggi più liquidi che si avvicinano alla new wave, per poi esplodere in cavalcate prog metal (Afterlife) o dark rock (In The Forest).
La conclusiva The Ancient Monastery è anche il brano più lungo dell’album, con il quale la band si congeda con un doom/dark/rock di scuola italiana, tradizione musicale di cui è pregno The Cross, album da avere a prescindere dai generi a cui si ispira.

Tracklist
01. Frozen Planets
02. Guardian Angel
03. Inside The Castle
04. The Circles
05. In The Fog
06. The New Order
07. Afterlife
08. In The Forest
09. Liquid Neon
10. Cold Areas
11. The Ancient Monastery

Line-up
Freddy Delirio: Vocals, keyboards, guitars, bass and drums

Special guests:
Vincent Phibes: Guitar solos and clean guitars on “In the fog”, “Cold areas” and “The ancient monastery”
Francis Thorn: Guitar solos and additional guitars on “Frozen planets”, “Guardian angel”, “Liquid neon” and “In the forest”
Lucky Balsamo: Guitar solos on “Inside the castle”, “The new order” and “The circles”
Jennifer Tavares Silveira: Female vocals
Elenaq: Female vocals
Steve Sylvester: Vocal chorus on “The new order”
Francesco Noli: Drums
Chris Delirio: Percussion

FREDDY DELIRIO – Facebook

A Day In Venice – III

Si parte dal post rock, ma non c’è solo quello, si va molto oltre, tenendo sempre come punto di partenza una melodia ed una dolcezza, carezze sotto la pioggia.

Terzo disco per il progetto post rock ed altro del chitarrista triestino Andrej Kralj, che lo ha iniziato nel 2013.

A Day In Venice è un concentrato di calma e tenebrosa bellezza, dal clima carico di sentimento e presentimento, per un’esperienza sonora originale ed inedita in Italia. Si parte dal post rock, ma non c’è solo quello, si va molto oltre, tenendo sempre come punto di partenza una melodia ed una dolcezza, carezze sotto la pioggia. Andrej suona tutti gli strumenti e il tutto è molto ben strutturato, dato che fornisce alla sua musica una veste molto particolare, non scadendo mai nell’ovvio, mentre troviamo alla voce Paolo Brembi, che arricchisce notevolmente i brani. Dentro a questo dolce disco troviamo anche tanto emo, nella sua accezione anni novanta, quando era un qualcosa di indie e di melodico che si fondeva con altri generi. Non c’è fretta qui, le ferite hanno tutto il tempo per cicatrizzarsi, e navigando dentro al nostro mare burrascoso abbiamo un porto chiamato A Day In Venice dove fermarci. In ogni canzone troviamo qualcosa di notevole, siano essi passaggi ben concatenati o più per esteso il sentire generale. Sottovalutare questo album sarebbe un grosso errore, soprattutto per le emozioni che provoca a chi ama la musica non convenzionale, e soprattutto quella che induce ad esprimere ciò che proviamo. I riferimenti sono sicuramente tanti, ma su tutti direi che i Radiohead hanno lasciato un’impronta indelebile su alcuni cuori che poi si sono messi a fare musica. Guardare il mare e le sue onde insieme a qualcun altro, sapendo che un appoggio c’è sempre: III riporta l’attenzione su noi stessi e su chi ci circonda, e questo disco potrebbe essere il vostro migliore amico.

Tracklist
1. Dark electricity
2. Walls of madness
3. Tunnel of ashy lights
4. Her body rocks
5. Prison is a red sky
6. I am nowhere in time
7. The golden stone
8. Temple of the dog
9. Far

Line-up
Andrej Kralj
Paolo Brembi

A DAY UN VENICE – Facebook

Cameraoscura – Quod ESt Inferius

Quod Est Inferius va ben oltre la musica, è esso stesso un simbolo che rimanda alla tradizione e alla sapienza.

Cameraoscura è un progetto di dark ambient e molto altro, che esce per una delle migliori etichette di controcultura in Italia, la Toten Schwan.

Quod Est Inferius indaga ciò che è più in profondità, è una massima ermetica che da il titolo a questo disco spiegando molto bene di cosa si tratti. Questa è musica di continua ricerca, di un andare oltre i generi e la forma canzone, per riattivare qualcosa dentro di noi che la modernità ha chiuso. L’alchimia è più di una scienza, è il codice sorgente della realtà, di ciò che vediamo e di ciò che non vediamo, ma soprattutto è la chiave per capire noi stessi e per ricercare le connessioni che abbiamo con ciò che ci circonda. Ci si perde in maniera molto piacevole dentro questo disco, che proviene e va oltre la tradizione della dark ambient ermetica italiana. La peculiarità di Cameraoscura è quello di riuscire a rendere in maniera inedita i suoni che di solito in altri ambiti sono pesanti e dissonanti. L’ottima produzione ci fa interagire al meglio con questo ottimo progetto, e i suoni ora lievi ora più grevi penetrano con molta naturalezza dentro al nostro essere, pervadendolo e portandolo in un altro luogo. Il disco segue il processo alchemico, e qui dal bandcamp della Toten Schewein troviamo la necessaria descrizione: “In un’oscura e putrescente Nigredo i suoni ribollono nel calderone alchemico (ATANOR), fino ad acquisire forma e struttura dietro le quali si cela un’essenza che si manifesta in seguito a un percorso di ricerca e conoscenza (V.I.T.R.I.O.L.). Essenza che non rifulge di aureo splendore bensì rimane nera, carica di una forza annichilente che si sprigiona in maniera (anti) catartica distruggendo (ATTERA), dissolvendo (SOLVE) fino all’ultimo, tonante battito del cuore di questa mostruosa chimera senza volto (ULTIMA NECAT).”
Nessuna descrizione può rendere come l’ascolto del disco, l’immergersi in suoni così evocativi, eterei e medioevali nella loro essenza e soprattutto nella loro simbolicità musicale. Il simbolo nel Medioevo rivestiva un’importanza immensa, serviva ad indirizzare in silenzio la ricerca, e qui i simboli musicali ci portano dove altrimenti sarebbe difficile spiegare a parole o con verba scripta. Quod Est Inferius va ben oltre la musica, è esso stesso un simbolo che rimanda alla tradizione e alla sapienza. Possiede vari livelli ed è presente anche quello meramente musicale, che è ottimo, ma è solo un particolare di un insieme composto anche da cose invisibili. Questo lavoro è anche l’occasione per conoscere il bellissimo catalogo della Toten Schwan, controcultura di alto livello.

Tracklist
1.ATANOR
2.ADMIXIO
3.V.I.T.R.I.O.L.
4.INTERITUS
5.ATTERA
6.SOLVE
7.ULTIMA NECAT

CAMERAOSCURA – Facebook

La Janara – Tenebra

Tenebra è un’opera da ascoltare e riascoltare, chiudendo gli occhi e ritrovandosi come per magia nei luoghi raccontati da La Janara, in tempi oscuri ed avvolti nella leggenda.

Il 2017 aveva visto tornare sulle montagne irpine La Janara, la strega protagonista delle leggende di quei misteriosi luoghi del nostro meridione.

L’ep omonimo, uscito per la genovese Black Widow, mostrava una band matura che raccoglieva l’eredità dei grandi nomi della scena dark progressiva ed occulta (Paul Chain, The Black, Death SS e Malombra) della quale la nostra penisola è tradizionalmente una fucina, con il cantato in italiano esaltato in quel caso dall’interpretazione di altissimo livello di Raffaella Càngero.
Dopo un paio d’anni il ritorno della strega irpina si intitola Tenebra, dieci brani che confermano il valore artistico di questa band che torna a far risplendere un genere troppo spesso dimenticato quando si parla di metal/rock nazionale, che invece continua a ispirare ed influenzare artisti in ogni parte del mondo.
Dopo il capolavoro licenziato da Il Segno Del Comando, la label genovese torna in poco tempo agli onori della cronaca musicale con questo emozionante lavoro, che vede ospiti importanti come Riccardo Studer degli Stormlord , Alessandro Liccardo degli Hangarvain, Giulian degli Scuorn e Alessio Cattaneo degli Onryo.
Progressive, doom, heavy metal, atmosfere che ricordano miti e leggende occulte, sfumature sabbathiane e litanie dark rock si intrecciano come serpi che amoreggiano tra i rovi, in luoghi che nascondono segreti tramandati da secoli, mentre l’oscura presenza della Janara si manifesta nell’oscurità, illuminata da una pallida luce lunare.
La musica contenuta in Tenebra accompagna i bellissimi testi che la Càngero interpreta con un trasporto ed una personalità debordante, dando voce alla sofferenza delle donne oppresse da una cultura tirannica ed umiliante in un’Irpinia ancestrale.
Si percepisce nel lavoro una tensione palpabile, tra atmosfere oscure e pressanti, angoscia e terrore, una ribellione blasfema che si tocca con mano nel metal della diretta Mater Tenebrarum, nel racconto folk di Violante Aveva Un Osso Di Capra, nell’incedere doom della title track e di Il Canto Dei Morti e nelle atmosfere estreme di Or Poserai Per Sempre.
Il progressive folk metal della splendida Ver Sacrum conclude un’opera da ascoltare e riascoltare, chiudendo gli occhi e ritrovandosi come per magia nei luoghi raccontati da La Janara, in tempi oscuri ed avvolti nella leggenda.

Tracklist
1.Malevento
2.Mater Tenebrarum
3.Violante Aveva Un Osso Di Capra
4.Tenebra
5.Mephis
6.Cera
7.Il canto Dei Morti
8.Volano I Corvi
9.Or Poserai Per Sempre
10.Ver Sacrum

Line-up
Nicola Vitale (Il Boia) – Guitars
Raffaella Càngero (La Janara) – Vocals, Guitars
Rocco Cantelmo (L’inquisitore) – Basso
Antonio Laurano (Il Mercenario) – Drums

LA JANARA

https://youtu.be/rMImWpqAzyo

The Magik Way & Malvento – Ars Regalis

Ars Regalis va ben oltre la somma dei valori (già molto consistenti) dei due gruppi coinvolti, perpetuando nel migliore dei modi la tradizione musicale di matrice esoterico/occulta che vede l’italia sicuramente tra le nazioni guida.

E’ davvero molto difficile parlare di lavori come questo che riunisce due realtà, a loro modo uniche, della scena musicale italiana come The Magik Way e Malvento.

Questo perché, se già l’approccio stilistico mostra tratti non comuni alla luce di una vis sperimentale che rende arduo l’inserimento in uno specifico genere di una tale offerta, un aspetto tutt’altro che secondario (anzi) è costituito da testi profondamente intrisi di quell’esoterismo al quale tutti i musicisti fanno capo.
Nello specifico, parliamo di quell’entità denominata L’Ordine della Terra, la cui anima è la dottoressa Roberta Rossignoli, la quale ha contribuito anche alla stesura dei testi in tre dei quattro brani.
Tutto questo rende Ars Regalis molto più di un semplice album rispetto al quale poter disquisire sull’aspetto prettamente musicale perché, ovviamente, quello concettuale in simili casi diviene pressoché preponderante e immergersi in certe tematiche senza possederne le conoscenze necessarie sarebbe un imperdonabile atto di presunzione.
A tale riguardo, pertanto, mi limiterò a dire che anche per i non iniziati sicuramente il contenuto lirico riveste un fascino al quale difficilmente si può restare indifferenti, e non è affatto escluso che molti, semmai, possano essere spinti ad approfondire tali tematiche, il cui rivestimento musicale diviene l’ideale strumento divulgativo.
Per il resto va specificato che, nonostante le apparenze esteriori, questo non è un classico split album bensì una collaborazione che vede The Magik Way e Malvento fondersi in una sola entità, scambiandosi le parti a livello esecutivo e compositivo. Del resto, parlando due anni fa di Pneuma, ultimo lavoro della band campana, avevo fatto cenno delle affinità proprio con la band fondata da Nequam a metà degli anni novanta, e Ars Regalis finisce per essere una sorta di naturale punto di confluenza tra due maniere oblique e peculiari di intendere una materia musicale che prende le mosse dal black metal per approdare, infine, ad una affascinante forma in costante divenire.
Tutto ciò rende l’album un qualcosa di unico, qualora non bastassero tutti gli elementi precedentemente descritti, in quanto le sonorità dark esibite nelle quattro tracce ammaliamo, ipnotizzano e comunque sia non possono lasciare indifferente alcun ascoltatore. Va detto che il lavoro cresce progressivamente in intensità per toccare il suo apice in un brano come Babalon Iridescente, il più composito musicalmente ed il più criptico a livello lirico, con il mantra conclusivo che resta a lungo impresso nella mente (come felce, come fiera, come muschio al calar della sera).
Ars Regalis va ben oltre la somma dei valori (già molto consistenti) dei due gruppi coinvolti, perpetuando nel migliore dei modi la tradizione musicale di matrice esoterico/occulta che vede l’italia sicuramente tra le nazioni guida.

Tracklist:
1. Malvento – V.I.T.R.I.O.L. (Lyrics by R. Rossignoli, music by The Magik Way)
2. Malvento – Eterno (Lyrics & music by Malvento)
3. The Magik Way – Secondo Natura (Lyrics by R. Rossignoli, music by The Magik Way)
4. The Magik Way – Babalon Iridescente (Lyrics by Nequam, music by Malvento)

Line-up:
Zin: bass & vocals
Lutrum: keyboards, synth
Nequam: vocals, bass
Azàch: drums & percussions
Nefastus: guitars
Incinerator: drums
Tlalocàn: double bass, noises
Maniac of Sacrifice: guitars
Gea Crini: female vocals

Kommandant – Blood Eel

I Kommandant sono uno dei gruppi migliori che si possano ascoltare, e chi ama certo black metal d’assalto contaminato qui troverà la propria epifania. Devastanti, con una produzione fantastica, suoni giganteschi e tanto dolore.

Tenebre, buio, nero, un soffocante orizzonte di oscurità e morte, gli unici suono sono quelli della violenza e del dolore.

Black metal malvagio che fa sanguinare le orecchie, risveglia la bestia primordiale che è in noi e ne volgiamo ancora, e ancora, mentre gli schizzi del sangue colorano il muro davanti a noi. I Kommandant vengono da Chicago, sono nati dal nulla nel 2005 e sono uno dei gruppi più peculiari e terribili del black death metal. Loro non fanno musica, ti aggrediscono alle spalle per massacrar te e la tua genia, con composizioni che vanno tutte ben oltre i cinque minuti e sono tutte piccoli capolavori. Questi americani giocano in una categoria diversa rispetto a tutti, una categoria che esisteva già prima, ma loro hanno alzato notevolmente il livello, e la l’attiva etichetta triestina ATMF non se li è lasciati scappare. Blood Eel è l’ultimo notevolissimo episodio di una discografia distruttiva e molto densa, piena di split e di collaborazioni. L’ultimo disco non è la colonna sonora dell’apocalisse, ma di qualcosa ancora peggiore, l’araldo di una morte quotidiana che arriva dallo spazio profondo, e viene chiamata vita. I Kommandant mettono in musica l’oppressione, la violenza e il peso di vivere tempi oltraggiosi, tempi che non sono salubri e qui in Blood Eel c’è tutto, suonato velocissimo, con grande tecnica, e con lo scopo di sopraffare l’ascoltatore che non viene mai percepito come tale, ma è un obiettivo da colpire come tutti gli altri. Qui dentro ci sono tantissime cose, la furia, l’attesa, il black, il death, la dark ambient e anche momenti neo folk. I Kommandant sono uno dei gruppi migliori che si possano ascoltare, e chi ama certo black metal d’assalto contaminato qui troverà la propria epifania. Devastanti, con una produzione fantastica, suoni giganteschi e tanto dolore.

Tracklist
1.Absolutum
2.Blood Eel
3.The Struggle
4.Ice Giant
5.Cimmerian Thrust
6.Aeon Generator
7.Moon…The Last Man

KOMMANDANT – Facebook

Nailed To Obscurity – Black Frost

Un album come Black Frost, pur nel suo peccare in originalità, resta in ogni caso un ascolto fortemente consigliato agli amanti di un genere che riesce sempre a toccare le corde emotive giuste.

Accasatisi alla Nuclear Blast dopo una dozzina d’anni di gavetta, tornano sul mercato i Nailed To Obscurity, band tedesca che rilascia il suo quarto lavoro in studio intitolato Black Frost.

La formula che contraddistingue il quintetto è quella ormai nota del progressive melodic death metal dalle atmosfere doom dark, qui esibita in una delle sue vesti più convincenti.
I Nailed To Obscurity, inutile negarlo, si ispirano a Opeth e Katatonia, immettono nel loro sound momenti di poetico doom che ricorda i My Dying Bride e a tratti spingono sull’acceleratore sconfinando nel death metal melodico.
Da qui si parte per un ascolto di questo nuovo Black Frost che, se mostra dei limiti di personalità, soddisfa sicuramente i fans del genere, con un’ora abbondante di suoni ed atmosfere oscure e melanconiche, dure e romantiche, perfettamente gestite nel corso dell’intero album.
Tra suoni ed arrangiamenti sugli scudi, il buon Raimund Ennenga si erge a protagonista con una performance varie ed ottima sia nelle tonalità estreme che in quelle pulite, interpretando un lotto di brani che, tra possenti parti death, atmosferici e dilatati momenti oscuri e tratti progressivamente intensi, portano con loro echi delle opere gothic doom di primi anni novanta.
Un album come Black Frost, pur nel suo essere evidentemente derivativo, resta in ogni caso un ascolto fortemente consigliato agli amanti di un genere che riesce sempre a toccare le corde emotive giuste; quindi, se da un lato in brani come la title track, Feardom, Cipher o Road To Perdition le influenze ed un certo manierismo tendono ad affiorare maggiormente, dall’altro la bellezza di questa raccolta di tracce, la sua oscura melanconia e le toccanti melodie doom/dark rendono l’album meritevole della massima attenzione.

Tracklist
01. Black Frost
02. Tears Of The Eyeless
03. The Aberrant Host
04. Feardom
05. Cipher
06. Resonance
07. Road To Perdition

Line-up
Raimund Ennenga: vocals
Volker Dieken: guitars
Jan-Ole Lamberti: guitars
Carsten Schorn: bass
Jann Hillrichs: drums

NAILED TO OBSCURITY – Facebook

The Awakening – Chasm

Chasm non è un album che farà epoca ma è anche molto più di un semplice ascolto gradevole: le coordinate essenziali del gothic rock vengono riproposte senza ritrosia e in maniera del tutto competente.

Chasm segna il ritorno dei The Awakening, band del prolifico musicista e produttore sudafricano Ashton Nyte, oggi di stanza in California.

L’impressione derivante dal primo ascolto di quest’album è strana, nel senso che per chiunque abbia amato band come Sisters Of Mercy, Fields Of The Nephilim e The Mission imbattersi nei i primi arpeggi di Other Ghosts e nella voce profonda di Ashton si rivela una sorta di ritorno a casa, che lascia però alla fine di questo primo passaggio un velo di perplessità dovuto soprattutto all’apparentemente eccessiva leggerezza ed orecchiabilità dei brani.
Gli ascolti successivi diventano quindi necessari per far sì che queste dieci canzoni penetrino al di sotto dell’epidermide lasciando le opportune cicatrici. Ashton ha tutta l’esperienza che serve per rimodulare la propria voce ed adattarla a tutte le opportune sfumature del sound proposto: più profondo, tra McCoy e Eldritch, nei brani maggiormente ruvidi ed inquieti, più suadente ed evocativo in quota Murphy-Hussey allorché i brani si fanno più ariosi e melodici.
Del resto, Nyte possiede le necessarie credenziali per permettersi tali riferimenti senza apparire solo un eccellente copista, alla luce delle innumerevoli e importanti collaborazioni che vanta nel corso dell sua ventennale carriera, costellata da una abbondante doppia cifra di album usciti a suo nome o come The Awakening.
Chasm non è un album che farà epoca ma è anche molto più di un semplice ascolto gradevole: le coordinate essenziali del gothic rock vengono riproposte senza ritrosia e in maniera così competente da annullare qualsiasi cattivo pensiero relativo alla possibile obsolescenza di queste sonorità.
Ecco quindi il ritorno a casa di cui si parlava all’inizio, tanto più gradito quando l’artista in questione non è solo bravo e brillante nel proprio ambito, ma è anche lodevolmente in prima linea da anni per combattere qualsiasi discriminazione di genere, per cui, almeno per quanto mi riguarda, il piacere nell’ascoltare bellissime canzoni come Shore, About You, Raphael Awake, Gave up the Ghost e Hear Me non può che risultare rafforzato

Tracklist:
1. Other Ghosts
2. Shore
3. About You
4. Raphael Awake
5. Back To Wonderland
6. Gave up the Ghost
7. Savage Freedom
8. A Minor Incision
9. Hear Me
10. Shadows In The Dark

Line-up:
Ashton Nyte

THE AWAKENING – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=NG1y-5i__Gw

Silver Dust – House 21

Un mix di Type O Negative, Sisters Of Mercy e Secret Discovery in versione Grand Guignol, con qualche passaggio estremo e modern metal: un buon ascolto per gli amanti dei suoni gothic/dark del nuovo millennio.

Il mondo del rock da Grand Guignol si arricchisce di un altro spettacolo, questa volta offerto da un quartetto di artisti, musicisti ed eleganti anime nere chiamato Silver Dust, capitanato dal chitarrista e cantante Lord Campbell che, tramite la Escudero Records, licenzia la seconda opera della sua carriera intitolata House 21.

Dieci brani (più la cover del classico Bette Davis Eyes portato al successo dalla cantante Kim Carnes e che vede come ospite Mr.Lordi), è quello che ci propongono questi alternative gothic rockers francesi, saliti sul palco di un virtuale teatro nei sobborghi parigini per dar vita al concept di House 21, in un’atmosfera di grigio e nebbioso mondo gotico, animato da accenni al metal moderno, danze tribali ed arrangiamenti magniloquenti che a tratti arricchiscono il sound.
I Silver Dust cercano di variare le atmosfere rimanendo legati ad un mood horror rock convincente, anche se la moltitudine di sfumature che compongono il mondo musicale creato dalla band a tratti porta leggermente fuori tema.
The Unknown Soldier, Forever e The Witches Dance sono i brani migliori di questo mix di Type O Negative, Sisters Of Mercy e Secret Discovery in versione Grand Guignol, con qualche passaggio estremo e modern metal: un buon ascolto per gli amanti dei suoni gothic/dark del nuovo millennio.

Tracklist
1.Libera Me
2.The Unknown Soldier
3.House 21
4.Forever
5.Once Upon A Time
6.La La La La
7.Bette Davis Eyes (feat. Mr.Lordi)
8.This War Is Not Mine
9.The Witches Dance
10.It’s Time
11.The Calling

Line-up
Lord Campbell – Vocals, guitar
Tiny Pistol – Guitars, vocals
Kurghan – Bass
Mr.Killjoy – Drums

SILVER DUST – Facebook

DEGREDO – A NOITE DOS TEMPOS

Ancestrali arcaici infernali suoni e rumori, per un esordio che, se musicalmente poco Black Metal, rimane comunque profondamente nero nell’anima, nel corpo e nell’infernale alone Dark Ambient che circonderà qualsiasi ascoltatore che ne tenterà il coraggioso approccio.

Sono sempre stato affascinato dall’alone di mistero di cui certe band (soprattutto Black) amano circondarsi.

I Degredo, nello specifico, appaiono e scompaiono come un poltergeist, come una qualche entità (maligna) che pare appena uscita da Paranormal Activity.
Appena abbozzi una ricerca sul Web, e pensi di esser riuscito a carpire qualche informazione, ti rendi quasi immediatamente conto, che stai guardando una qualsiasi pagina su internet che nulla ha a che fare con la band in questione.
D’altronde Velha e Lagrisome (i monickers del duo portoghese di non si sa quale dimenticata città lusitana…) non ci informano nemmeno sul loro ruolo nella band, su quale strumento suonano, su chi sia il songwriter, e non lasciano alcuna traccia delle loro liriche.
Appare pertanto difficoltoso (sebbene affascinante) recensire un album (il loro debutto) e citare qualche informazione di una band di cui conosciamo poco, anzi pochissimo, se non solo che appartengono all’Inner Circle Portoghese (il cosiddetto “Aldebaran Circle” che conta tra gli adepti anche Voemmr, Ordem Satanica, Trono Alem Morte e Occelenbriig).
Sicuramente l’appartenenza ad un Circle, oltre a rendere ancor più misteriosa l’origine di una band, (pensiamo agli adepti delle Legions Noires francesi, o dell’Austrian Black Metal Syndicate, e ancora del Temple of Fullmoon polacco, per non dimenticare il primo – ed originale – Norvegian Black Inner Circle) ci pone di fronte ad orde di misantropi, misogini e misandrici esseri (forse) viventi, il cui Verbo racchiude il più impenetrabile, imperscrutabile ed ermetico atteggiamento anti-umanità che la storia possa ricordare.
A fronte di queste considerazioni, pare ovvio che meno informazioni personali vengono divulgate sulla rete, meno notizie su se stessi vengono rese accessibili, al resto dell’umanità, meglio è. Chiaro che spesso, questo poco intelligibile atteggiamento, racchiude una sottile e velata attenzione ad azioni di vero marketing; il mistero affascina tutti, della serie: “meno faccio sapere di me stesso, più la gente vuole sapere…”.
Musicalmente i Degredo appaiono fin da principio in linea con quanto appena detto.
Un album della durata di circa un’ora e un quarto, suddivisa in quattro parti (letteralmente, non esistono veri e proprio titoli di canzoni), di un Dark Ambient Noise Black impregnato fortemente di infernali rumorismi dark, grigio industrial, ma soprattutto tanta Drone Music.
Un album assolutamente minimalista, nero come un’eterna notte antartica; un’iperbole di cupo odio, che sprigiona malignità da ogni sua pseudo-nota musicale. Un terrificante affronto alla vita, a tutto ciò che possa oggi rappresentare calore e luce. Chi si appropinqua a questo album, percorrerà un viaggio a ritroso nel tempo, proiettato in un antichissimo mondo dimenticato, ove luce e chiarore non faranno mai capolino, immersi in eterne tenebre, accompagnati da quattro “momenti musicali” che paiono far parte dell’uno (in realtà è un’unica canzone suddivisa in quattro parti); un viaggio Dantesco, verso i più oscuri antri infernali. Un album che è un archetipo della malvagità più arcana ed ancestrale, non adatto a persone impressionabili, consigliatissimo per scatenati fan di Abruptum e Mortiis.
Dopo quattro demo (il primo datato 2012, quindi una band decisamente giovane) ecco pertanto lo stravagante esordio su Harvest Of Death, label accostabile sicuramente al Circle portoghese, in quanto autrice di quasi tutte le produzioni delle band sopra citate.
Un ultima nota: se si ha un poco di tempo, può essere divertente dare un’occhiata alle informazioni sulle band dell’etichetta in questione… col risultato di trovare poco o niente. Mistero su mistero, in pieno stile Inner Circle!

Tracklist
1. Parte Um
2.Parte Dois
3.Parte Três
4.Parte Quatro

Line-up
Velha
Lagrisome