Mortis Mutilati – The Stench Of Death

Pur senza possedere un forte impulso innovativo, il nome Mortis Mutilati si fa ricordare per un’interpretazione musicale delle pulsioni più oscure dell’animo umano tutt’altro che inflazionata, con il suo incedere tragico e allo stesso tempo decadente.

Della one man band francese Mortis Mutilati ci si era già occupati diversi anni fa in occasione del precedente full length Mélopée funèbre.

Macabre, che in passto ha militato in ottime band come Azziard, Moonreich e The Negation, tra le altre, porta avanti da anni un idea di black metal molto personale benché nel complesso priva di particolari spunti sperimentali.
Il punto di forza del sound offerto è un buon gusto melodico che va ad intersecarsi con un mood drammatico e intenso, che abbraccia sonorità che vanno dal dsbm fino al doom, e non è un caso se lo stesso musicista parigino definisce il suo stile funeral black metal.
The Stench Of Death è il quarto full length che va ad aggiungersi ad una discografia finora impeccabile, con il nostro che, dopo i primi anni in perfetta solitudine, ha iniziato recentemente ad avvalersi di contributi da parte di altri musicisti, tra i quali in particolare quello del chitarrista Rokdhan: questo finisce inevitabilmente per arricchire un sound che ha le sue fondamenta nel black metal ma da lì si muove per costruire un qualcosa di più composito, che attinge parimenti dal doom più catacombale come da quella dark wave che andò ad influenzare i Katatonia della superba coppia The Discouraged Ones / Tonight’s Decision.
Macabre possiede un notevole gusto melodico che favorisce la fruizione di un lavoro lungo ma ricco di momenti dal forte impatto emotivo, coincidenti per lo più con i passaggi maggiormente ragionati all’interno di brani bellissimi come Echoes From The Coffin, Onguent Mortuaure e Invocation A La Momie, oltre che nella lunghissima Portrait Ovale.
Pur senza possedere un forte impulso innovativo, il nome Mortis Mutilati si fa ricordare per un’interpretazione musicale delle pulsioni più oscure dell’animo umano tutt’altro che inflazionata, con il suo incedere tragico e allo stesso tempo decadente che va a comporre un quadro stilistico ben rappresentato graficamente dalla copertina horror/vintage.

Tracklist:
1.Nekro
2.Echoes From The Coffin
3.Crevant-Laveine
4.Regards D’outre Tombe
5.Onguent Mortuaure
6.Portrait Ovale
7.Homicidal Conscience (feat. Devo Andersson)
8.Invocation A La Momie
9.L’odeur du Mort
10.Ecchymoses

Line-up:
Macabre – All instruments, Bass, Vocals

Guests:
Rokdhan – Guitars
Asphodel – Vocals (female)
Devo – Guitars (lead) (track 7)

Tony Tears – Demons Crawl At Your Side

Un lungo monologo dell’orrore integrato da camei presi da opere cinematografiche e che, come da tradizione nella musica proposta da Tony Tears, alterna dark metal, elettronica e parti progressive dettate da tasti d’avorio che creano sfumature di inquietante musica dannata.

Torna il polistrumentista genovese Tony Tears con una nuova opera che segue di circa tre anni il precedente Follow The Signs Of The Time.

Demons Crawl At Your Side è un altra sinfonia dell’orrore targata Tony Tears, un musicista che ha contribuito in modo importante al metal/rock underground dalle tinte dark progressive con le tante collaborazioni illustri e le sue partecipazioni a progetti e tributi.
Aiutato dalla stessa formazione che lavorò sull’album precedente, e quindi composta da Regen Graves (batteria, basso – Abysmal Grief), David Krieg (voce – Soul of Enoch) e Sandra Silver (voce – ex Paul Chain), Tony Tears ci fa dono di un altra colonna sonora per i nostri incubi, tra possessioni e profondo terrore in un’atmosfera penetrante come la nebbia demoniaca che entra in noi e diabolicamente ci possiede.
Demons Crawl At Your Side è un lungo monologo dell’orrore, integrato da camei presi da opere cinematografiche e che, come da tradizione nella musica proposta da Tony Tears, alterna dark metal, elettronica e parti progressive dettate da tasti d’avorio che creano sfumature di inquietante musica dannata.
Tony Tears è un sacerdote diabolico che racconta il mondo dell’orrore attraverso una musica totale, legata da un filo invisibile alla cultura musicale e cinematografica del genere sviluppatasi in Italia negli anni settanta e ottanta (ottenendo poi uno status di culto anche a livello internazionale) che ha influenzato inevitabilmente generazioni di sceneggiatori, scrittori e musicisti.
Goblin, Death SS, The Black, Paul Chain, Black Hole sono gli artisti che più si avvicinano concettualmente all’esperienza sonora di Tony Tears che, ricordo, ormai da quasi trent’anni è dedito alla creazione di musica influenzata dalle proprie visioni spirituali, quindi profondamente personali ed uniche.
L’album viene licenziato dalla storica label Minotauro Records, in formato cd, ed in vinile dalla Blood Rock Records, un’opera che non può mancare nella discografia degli amanti del rock nero come la pece.

Tracklist
01. Psychic Exorcism
02. In Lilith’s Day
03. The Beast Inside The Beast
04. Fury Of Baphomet
05. Predication
06. Archangel Warrior
07. The Thin Shroud Of Moloch
08. Demon Always Stands At The Darkness Of Fear
09. Eternal Conflict

Line-up
Regen Graves – Drums
David Krieg – Vocals
Tony Tears – Guitars, Keyboards
Sandra Silver – Vocals

TONY TEARS – Facebook

Tribulation – Down Below

Un album per le anime notturne, ispirato e coinvolgente, sempre in bilico tra death metal melodico e dark rock.

Una gradita sorpresa è questo nuovo album degli svedesi Tribulation, attivi dall’alba del nuovo millennio prima come Hazard e poi dal 2004 con l’attuale monicker, con il quale hanno dato alle stampe una manciata di lavori minori e quattro full length di cui questo Down Below è sicuramente il migliore.

Il death metal pregno di attitudine black degli esordi infatti si è trasformato in un metal dalle tinte horror, che prende dal death l’oscurità e la pesantezza in qualche ritmica, ma lascia alle melodie dark il compito di rendere sempre più convincente la proposta del gruppo.
Il sound di questo lavoro, infatti, si potrebbe tranquillamente annoverare tra il death metal melodico, ricamato di neri pizzi dark rock, valorizzato da riff doom dark ed atmosfere melanconicamente horror.
A tratti nei brani affiora una raffinatezza compositiva che non ti aspetti e che fa di brani come The Lament o Lady Death dei perfetti esempi di dark rock appesantiti dalla componente metal, quel tanto che basta per accontentare i fans dei primi Katatonia, dei Sentenced o dei Sisters Of Mercy.
La band lascia fuori dal suo mondo inutili parti in clean per lasciare ad uno scream profondo il compito di accompagnare la musica, e la scelta non può che risultare felice, mantenendo intatta la parte estrema che lotta con le splendide melodie dark/evil di Cries From The Underworld e soprattutto Lacrimosa, brano top di questo nuovo lavoro targato Tribulation.
Death metal e dark rock, un connubio di certo non originale ma che nel sound di Down Below trova una dimensione consona, nobilitato dalle splendide melodie create da una band che mantiene alta la qualità della sua proposta con The World, brano alla Fields Of The Nephilim che lascia spazio al gran finale, con Here Be The Dragon e le sue oscure sinfonie dark.
Un album per le anime notturne, ispirato e coinvolgente, sempre in bilico tra death metal melodico e dark rock, pregno di splendide atmosfere horror ed oscuro quanto basta per piacere incondizionatamente a chi si bea del freddo abbraccio delle tenebre.

Tracklist
01. The Lament
02. Nightbound
03. Lady Death
04. Subterranea
05. Purgatorio
06. Cries From The Underworld
07. Lacrimosa
08. The World
09. Here Be Dragons

Line-up
Johannes Andersson – Bass, Vocals
Adam Zaars – Guitars
Jonathan Hultén – Guitars
Jakob Johansson – Drums

TRIBULATION – Facebook

 

Häive – Iätön

E’ realmente necessario che ogni ascoltatore “open minded” trovi un po’ di tempo da dedicare ad un’opera così affascinante di dark/folk intriso di black metal.

Dopo uno iato temporale di dieci anni, dopo una meraviglia come Mieli Maassa, uscito nel 2007, riemerge Häive, la creatura con cui esplora il suo mondo musicale il musicista finnico Janne ‘Varjosielu’ Väätäinen, che suona ogni strumento ed è accompagnato in alcune session vocali da Noitavasara.

Fin dalla cover, veramente splendida e particolare, siamo introdotti in un mondo magico di suoni e oscurità, dove l’artista esplora temi come la natura, la disperazione e l’oblio attraverso un intenso suono folk immerso in note black metal evocative e ricche di atmosfera. Otto brani, quaranta minuti di musica fuori dal tempo che non ha bisogno di furia e di tempi veloci per sviluppare il viaggio dell’artista; qui ci sono cristalline melodie folk, che si appoggiano su mid tempo intensi, fluidi e carichi di energia. Chi ha conosciuto e apprezzato la precedente release rimarrà, ancora una volta, estasiato, come il sottoscritto, di fronte alla grande capacità compositiva dell’artista, capace di variare le atmosfere all’interno dei brani, come nel terzo brano Lapin Kula, dove uno scream deciso accompagna una tersa melodia pregna di oscurità per poi, dopo un solo con aromi heavy metal, sfrangiarsi in note dark folk e aprirsi in note di chitarra molto evocative e desolate.
Le vocals sono in finnico e aggiungono un fascino peculiare ed arcano all’intero lavoro, donando quell’unicità, quella sensazione di un lavoro fuori dal tempo; qui non ci sono segnali di suoni classicamente atmosferici o parti post black, ma solo il viaggio di un musicista unico, dotato di classe cristallina, alla ricerca di una personale via per esprimere la sua visione della natura: la copertina interna del cd è esplicativa, con il musicista che ammira l’invernale natura incontaminata della sua terra. E’ realmente necessario che ogni ascoltatore “open minded” trovi un po’ di tempo da dedicare ad un’opera così affascinante, perché non resterà assolutamente deluso e attenderà pazientemente altri dieci anni per riassaporare queste emozioni uniche.

Tracklist
1. Iätön (Ageless)
2. Turma (Ruin)
3. Lapin Kouta (Kouta from Lapland)
4. Kuku, kultainen käkeni (Sing My Golden Bird)
5. Tuulen sanat (The Spell of Wind)
6. Salojen saari (Esoteric Isle)
7. Tuonen lehto, öinen lehto (Grove of Tuoni, Grove of Evening)
8. Virsi tammikuinen (Song of January)

Line-up
Varjosielu – Vocals, Guitars, Bass, Drums, Mouth harp, Kantele

HÄIVE – Facebook

Tantal – Ruin

Il death metal melodico rimane il protagonista principale della musica dei Tantal, infarcito di ottime reminiscenze progressive che fanno di Ruin un altro bellissimo esempio di album metal tra death e prog.

Tornano freschi di firma per la Sleaszy Rider gli ottimi Tantal, band proveniente dalla madre Russia e di cui vi avevamo parlato tre anni fa in occasione dell’uscita del bellissimo secondo album Expectansy.

Molte cose sono cambiate in casa Tantal con appunto la line up stravolta, nella quale resta al suo posto il solo chitarrista Dmitriy Ignatiev, ed il sound che però mantiene il suo approccio heavy/death melodico su un tappeto di suoni darkwave e gothic.
Da quintetto, con la punta di diamante Milana Solovitskaya al microfono, la band è diventata un quartetto dove, oltre al  leader del progetto, troviamo Sofia Raykova alla voce, Ivan Izotov al basso e Srgey Serebrennikov dietro al drumkit a completare una line up che, anche questa volta, convince a più riprese.
La musica dei Tantal continua la sua non facile impresa di risultare fresca, pur animata da ispirazioni evidenti che si fanno spazio tra le trame dei brani, ma valorizzate da un songwriting di alto livello che fa risplendere anche questa nuova raccolta di brani chiamata Ruin.
Pur con tutti i cambiamenti il sound varia di quel tanto da non far sembrare l’album una fotocopia del precedente lavoro, la parte elettronica e l’andamento liquido di alcuni brani avvicinano di più la band a realtà come i nostrani Lacuna Coil, merito anche della voce della nuova arrivata dietro al microfono, anche se il punto di forza del gruppo rimane il death metal melodico, infarcito di ottime reminiscenze progressive che fanno di Ruin un altro bellissimo esempio di album metal tra death e prog.
Quindi si sfugge a lunghi e noiosi piagnistei gothic, perché qui si viaggia a velocità sostenuta, tra tecnica sopraffina (Ignatiev conferma d’essere un chitarrista davvero bravo), passaggi progressivi di scuola Dream Theater e tempeste estreme, melodiche e suggestive alla Dark Tranquillity, a cui come scritto si aggiunge quel tocco più moderno che ricorda i Lacuna Coil.
Ruin rimane di altissimo livello per tutta la sua durata e brani come Torn Inside, la suadente Low e la moderna title track confermano il valore di questa ottima realtà che abbiamo avuto modo di incontrare di nuovo sul nostro cammino.
Con l’aiuto della Sleaszy Rider, i Tantal troveranno sicuramente nuovi ammiratori, e noi non possiamo che consigliare il nuovo album agli amanti del genere che cercano un sound fresco ma ancora legato al metal.

Tracklist
01 – Constant Failure
02 – Denial
03 – Torn Inside
04 – Drained
05 – Torpid
06 – A Hopeful Lie
07 – Low 08 – Ruin
09 – Tears Of Yesterday
10 – The Awakening

Line-up
Sofia Raykova – vocals
Dmitry Ignatiev – guitars/keys
Ivan Izotov – bass
Srgey Serebrennikov – drums

TANTAL – Facebook

Cradle Of Haze – Sirenen

Musica della notte, oscura e melanconica, linfa e sangue per i vampiri da club mitteleuropei, ma ottimo anche per chi normalmente predilige ascolti più cool come il gothic metal.

Tornano dopo quattro anni i Cradle Of Haze, duo tedesco attivo da quasi vent’anni e con una discografia che conta altri dieci full length.

Sirenen è dunque l’undicesimo album di questa dark gothic band che segue la tradizione del genere radicata nel loro paese, cantato rigorosamente in lingua madre e completato da una versione remix, inclusa nella confezioni, di sette dei quattordici brani proposti da Thorsten Eligehausen e Anni Meier.
L’album si ascolta piacevolmente, i brani sotto l’aspetto melodico sono ottimi, le ritmiche seguono la marzialità del sound dei Rammstein ma senza toccare assolutamente lidi metallici e rimanendo ancorato piuttosto alle oscure trame dark rock che al sottoscritto hanno in più di una occasione ricordato i Lacrimosa di Tilo Wolf.
Molto dark rock, sfumature gotiche ed elettronica presa in prestito dalla new wave ottantiana è ciò che contiene Sirenen, con il vocione di Eligehausen reso ancor più aspro dalla lingua tedesca, mentre tappeti di synth e ottime aperture chitarristiche rendono l’ascolto vario e dall’ottimo appeal.
Siamo nel più puro sound della notte e dall’opener e primo singolo Alphatier si entra nel mondo delle luci soffuse, degli indumenti in lattice e delle lascive tentazioni, mentre i brani si susseguono e si arriva in fondo alzando il volume sempre più.
Per chi ha vissuto senza paraocchi gli anni d’oro del dark rock, Sirenen è un ottimo ritorno alle atmosfere che hanno influenzato non poco il gothic metal odierno, ovviamente sotto una forma più liquida dove l’elettronica ha un’importanza fondamentale.
Musica della notte, oscura e melanconica, linfa e sangue per i vampiri da club mitteleuropei, ma ottimo anche per chi normalmente predilige ascolti più cool come appunto il gothic metal.

Tracklist
1. Kinder der Nacht
2. Alphatier
3. Kein Ideal
4. Sternenlicht
5. Ohne dich
6. Sirenen
7. Lied 07
8. Vagabunden
9. Seine Sicht
10. Seid ihr bereit
11. Kellerspiele
12. Lobotomie
13. Du schmeckst so gut
14. Hannahs Song

Remix Edition:
1. Kinder der Nacht (Narcotic Elements Remix)
2. Alphatier (Narcotic Elements Remix)
3. Kein Ideal (Narcotic Elements Remix)
4. Sternenlicht (Narcotic Elements Remix)
5. Sirenen (Narcotic Elements Remix)
6. Kellerspiele (Narcotic Elements Remix)
7. Du schmeckst so gut (Narcotic Elements Remix)

Line-up
Thorsten Eligehausen – All music, lyrics, instruments, vocals
Anni Meier – Backing vocals

Special guest: Marc Vanderberg (guitar solo on Hannahs Song)

CRADLE OF HAZE – Facebook

Black Hole – Evil In The Dark

Evil In The Dark è un album che va lavorato non poco per apprezzarne il sound fuori dai consueti schemi: un’opera di un’originalità unica, oscura e a tratti opprimente, destinata a lasciare il segno.

I veronesi Black Hole fanno parte di quella eletta schiera di band provenienti dagli anni ottanta che si possono sicuramente considerare di culto.

Il leggendario primo album, uscito nel 1985, è ancora oggi considerato uno dei lavori più oscuri mai usciti, non solo nella nostra penisola, così come un’aura misteriosa ha sempre accompagnato il leader Robert Measles, polistrumentista, personaggio schivo e fuori dai consueti circuiti che accomunano gran parte dei musicisti.
Il loro ultimo lavoro targato 2000 non era altro che una raccolta di registrazioni datate 1988/89, poi ancora silenzio prima che l’Andromeda Relix arrivasse a licenziare Evil In The Dark, opera che raccoglie vecchie sessioni dei primi anni novanta e nuove tracce.
Detto che la formazione dei Black Hole comprende Robert Measles, alle prese con voce, tastiere e drum machine, il chitarrista Michael Sinnicus ed il batterista Robin Hell, che compare su tre tracce, ci inoltriamo tra le trame occulte ed esoteriche di questa mastodontica opera oscura intitolata Evil In The Dark e nella sua alternanza di parti doom metal, dark e new wave anni ottanta, unite a sprazzi di progressive dark rock.
Un album di difficile catalogazione, un ascolto assolutamente affascinante ma dannatamente ostico, almeno per i canoni odierni; la musica dei Black Hole, infatti, è fortemente legata ad un concetto apocalittico, a tratti da colonna sonora, in altri momenti legata da un filo di spine alla musica elettronica e alla dark wave meno commerciale, cosa che si evince specialmente nelle due parti di X Files, cuore di questo lungo viaggio in quello che è, nella sua interezza, un peregrinare tra la parte più oscura di questo drammatico nuovo millennio.
Non fatevi ingannare dall’artwork : il cimitero sconsacrato, le croci rovesciate sulle tombe, i tre loschi figuri incappucciati con le asce sporche di sangue e l’oscura fortezza sul retro non vi porteranno tra facili storielle fantasy, ma toccherete con mano la terribile paura dell’occulto e della morte, del mistero e di un futuro incerto con le fredde tastiere dal suono che si insinuerà nella vostra testa come un diabolico serpente.
Evil In The Dark è un album che va lavorato non poco per apprezzarne il sound fuori dai consueti schemi: un’opera di un’originalità unica, oscura e a tratti opprimente, destinata a lasciare il segno.

Tracklist
1.Evil in the Dark
2.Alien Woman
3.Holy Grail
4.Octopus Tenebricus
5.The Way of Unwitting
6.Astral World
7.X Files
8.X Files Part II
9.Inferi Domine
10.Dangerous Beings
11.Nightmare
12.The Final death

Line-up
Robert Measles – All instruments
Michael Sinnicus – Guitars
Robin Hell – Drums

BLACK HOLE – Facebook

W.E.B. – Tartarus

Gli W.E.B. hanno alle spalle una storia ultradecennale che farebbe presupporre un percorso leggermente più personale, anche se sarebbe riduttivo considerare il symphonic/dark black del gruppo una semplice fotocopia dei più famosi Septicflesh.

Se è sicuramente lecito per qualsiasi band trarre ispirazione dai Septicflesh dell’ultimo decennio, ovvero quelli della fase sinfonico orchestrale, lo è ancora di più se a farlo è un gruppo greco.

Gli W.E.B. però non sono agli esordi, ma hanno alle spalle una storia ultradecennale che farebbe presupporre un percorso leggermente più personale, anche se il symphonic/dark black del combo guidato da Darkface (Sakis Prekas) può essere considerato derivativo ma non una vera e propria fotocopia.
Tartarus, quarto full length della band ateniese, è un lavoro formalmente ineccepibile e si capisce che i musicisti coinvolti sono esperti e ben addentro la materia ma, a lungo andare, emerge il reale problema che opacizza il lavoro cioè la mancanza del guizzo, il classico tocco del campione che decide la gara o la genialità dello scultore che dà vita alla materia inerte.
Alla fine dell’ascolto, la title track , posizionata in scaletta subito dopo l’intro, resta il brano più ficcante e riuscito, mentre le restanti tracce sono apprezzabili per la loro adesione precisa ad uno stile compositivo certo non di banale riproposizione.
La trilogia finale Thanatos, comprensiva dell’imprimatur fornito dell’intervento vocale di Sotiris Vayenas nella sua prima parte Golgotha, conferma le impressioni destate fino a quel momento, ovvero che gli W.E.B. siano destinati a restare interpreti credibili ma inevitabilmente sbiaditi del sound caratteristico dei Septicflesh: un qualcosa, come detto, ugualmente apprezzabile, ma dagli sbocchi limitati se a farlo è una band in pista ormai da molti anni.

Tracklist:
1. Where Everything Begun
2. Tartarus
3. Ave Solaris
4. Dragona
5. I, the Bornless
6. Morphine for Saints
7. Cosmos in Flames
8. Thanatos Part I – Golgotha
9. Thanatos Part II – Epitaphios
10. Thanatos Part III – Mnemosynon

Line-up
Darkface – Vocals, Guitars
Petros Elathan – Bass
Sextus Argieous Maximus – Guitars
Nikitas Mandolas – Drums

W.E.B. – Facebook

Tarja – From Spirits and Ghosts (Score for a Dark Christmas)

Torna Tarja con un album di cover dedicato ad alcuni canti natalizi in una versione dark e malinconica che rispecchia il lato più triste delle festività natalizie, quello delle persone sole e sfortunate.

Torna Tarja Turunen, la divina tra le cantanti dal taglio operistico che si sono affacciate ormai da un po’ di anni sul panorama metal internazionale.

La splendida vocalist finlandese è sicuramente la più famosa e probabilmente la più brava almeno, quando la sua voce intona note classiche ed il suo fascino riempie di sfumature raffinate ed eleganti il mondo che le gira intorno, dalla musica all’aspetto visivo.
L’avevamo lasciata lo scorso anno con il metallico The Shadow Self, lavoro sulla lunga distanza che metteva in primo piano l’anima più grintosa della musica prodotta da quando, nel lontano 2005, lasciò i Nightwish al loro destino.
Tanto successo continua ad avere il gruppo di Tuomas Holopainen, ma altrettante soddisfazioni regala la carriera solista alla Turunen, con un contratto ben saldo con la major earMusic, ottimi musicisti che gravitano intorno alla cantante, compositrice ed autrice ed il suo entourage.
Questa volta, con il solo aiuto dell’orchestra, la cantante finlandese coverizza undici brani a sfondo natalizio, sottoponendo queste canzoni ad una trasformazione in oscure ballate orchestrali con le quali la Turunen esplora il lato nostalgico e melanconico delle festività natalizie, quello delle persone sole, ancora più disperate nel mezzo dell’atmosfera gioiosa del periodo.
Ne esce un album dall’approccio dark ed intimista, che la musica prodotta dall’orchestra accentua nella sua vena tristemente romantica e molto simile per impatto ad una colonna sonora.
Ed infatti l’album è stato prodotto dalla stessa Tarja assieme al compositore di colonne sonore e vincitore di Emmy Jim Dooley ed il produttore inglese Tim Palmer, già al lavoro con Pearl Jam, U2 e David Bowie: questo spiegamento di talenti ha prodotto un’opera suggestiva, perfettamente in grado di regalare emozioni anche se gli ascolti di chi si approccia all’album sono sicuramente più duri.
Oltre all’inedito Together, sono proprio i brani più conosciuti come Amazing Grace, O Tannenbaum, What Child Is This e la conclusiva We Wish You A Merry Christmas che ne escono stravolti dall’atmosfera dark/melanconica ad essi conferita, con la Turunen calata perfettamente in un angelo dark dalla splendida ugola.
Un’opera che risulta imperdibile per i fans della soprano finlandese, ormai non solo protagonista nella scena metal internazionale, ma artista completa e conosciuta anche a chi non ascolta abitualmente musica metal.

Tracklist
01. O Come, O Come, Emmanuel
02. Together
03. We Three Kings
04. Deck The Halls
05. Pie Jesu
06. Amazing Grace
07. O Tannenbaum
08. Have Yourself A Merry Little Christmas
09. God Rest Ye
10. Feliz Navidad
11. What Child Is This
12. We Wish You A Merry Christmas

Line-up
Tarja – Vocals

TARJA – Facebook

Then Comes Silence – Blood

Melodico ed accattivante, il sound di Blood, quarto lavoro dei Then Comes Silence, vi riporterà indietro nel tempo per poi tornare velocemente al 2017 in un’altalena di umori dark rock, tra chitarre torturate e liquidi tappeti elettro/pop.

Dark rock, postpunk e new wave, tutto rigorosamente ottantiano ma perfettamente calato nel nuovo millennio, assolutamente fuori da umori alternativi e debitore delle band che hanno fatto storia nel genere oscuro per antonomasia.

Melodico ed accattivante, il sound di Blood, quarto lavoro dei Then Comes Silence, vi riporterà indietro nel tempo per poi tornare velocemente al 2017 in un’altalena di umori dark rock, tra chitarre torturate e liquidi tappeti elettro/pop: il gruppo svedese trova la firma prestigiosa con Nuclear Blast con cui licenzia un album dall’appeal molto alto, sempre in bilico tra affascinati sfumature da locale notturno per soli vampirelli e più nobile post punk o dark wave ottanta style.
Ne esce quindi un buon lavoro, che non mancherà di produrre brividi a chi degli anni ottanta ha potuto godere delle trame dark rock dei Sister Of Mercy e post punk dei Joy Division, dell’hard rock ombroso dei primi The Cult e delle litanie stregonesche dei Siouxsie and The Banshees.
Non solo album nostalgico, Blood tiene ben saldi i piedi nel nuovo millennio con un impatto più corposo, con la sua musica a riempire una stanza che trabocca di note melanconiche e colme di raffinato romanticismo.
Un lavoro d’altri tempi ma assolutamente figlio dei tempi, con Alex Svensson perfetto cantore dark di questi undici brani, indiscutibilmente affascinanti e dalla facile presa.
Una raccolta di tracce in cui spiccano i brani più veloci e cool, ma che a ben sentire dà il meglio di sé quando l’anima introspettiva prende il sopravvento, anche se non riesce mai ad uscire dai binari di una melodia che non fa prigionieri, sicuramente un bene in tempi in cui un disco ha poche possibilità di far breccia su una generazione di ascoltatori per lo più frettolosi.
Strange Kicks, la più articolata My Bones, Good Friday e l’oscura Magnetic (con la quale si fa un salto tra le note dei Fields Of The Nephilim), sono i brani che a mio avviso hanno qualcosa in più in un album da ascoltare tutto d’un fiato ed ottimo ascolto per chi ama il dark rock classico ed i suoi derivati.

Tracklist
01. The Dead Cry For No One
02. Flashing Pangs Of Love
03. Strange Kicks
04. My Bones
05. In Leash
06. Choose Your Poison
07. Good Friday
08. The Rest Will Follow
09. Magnetic
10. Warm Like Blood
11. Mercury

Line-up
Alex Svenson – vocals, bass, synthesizers
Seth Kapadia – guitars
Jens Karnstedt – guitars
Jonas Fransson – drums

THEN COMES SILENCE – Facebook

Poisonheart – Till The Morning Light

Non è così facile assemblare una tracklist dove umori tanto diversi ammantano le atmosfere dei brani, ma i Poisonheart ci sono riusciti, permettendo alle loro anime di convivere e rendendo Till The The Morning Light un ottimo album.

Sneakeout Records e Burning Minds, label fondata dai ragazzi dell’Atomic Stuff, ci presentano questo ottimo debutto all’insegna di un hard rock roccioso, classico e pregno di melodie dark.

Gli autori sono i bresciani Poisonheart, attivi da tredici anni, con un primo ep di cover alle spalle seguito dal secondo lavoro, questa volta di inediti licenziato nel 2009 (Welcome To The Party).
Gli anni seguenti passano tra concerti ed una piccola sterzata nel sound, un’evoluzione che porta il gruppo verso lidi oscuri, lasciando in parte il rock’n’roll da party suonato nei primi anni.
Un po’ come i finlandesi The 69 Eyes, chiamati in causa tra le ispirazioni dei Poisonheart, la band è fautrice di questo buon connubio hard/dark rock, non ancora espresso in tutta la sua oscura decadenza come nella band del vampiro Jirky 69, ma ancora legato da un filo neanche troppo sottile con il rock duro.
Ne esce un album vario con buone idee a soprattutto belle canzoni, alcune ancora elettrizzate dal rock’n’roll degli esordi come l’opener (You Make Me) Rock Hard o Hellectric Loveshock, altre già pervase da umori dark, nebbie oscure che avvolgono brani come Flames & Fire o Shadows Fall, ed infine alcune che sanno di frontiera come la splendida Baby Strange.
Non è così facile assemblare una tracklist dove umori tanto diversi ammantano le atmosfere dei brani, ma i Poisonheart ci sono riusciti, permettendo alle loro anime di convivere facendo di Till The The Morning Light un album riuscito, con i brani che lasciano la loro firma in testa all’ascoltatore dopo pochi passaggi.
Prodotto dal gruppo insieme a Oscar Burato, che ha mixato e masterizzato l’album, Till The Morning Light vive di hard rock tradizionale, rock’n’roll e dark di matrice scandinava: The 69 Eyes, ma anche i Poisonblack di Ville Laihiala, appaiono tra le influenze del gruppo, ispirato al meglio per questo ottimo debutto.

Tracklist
01. (You Make Me) Rock Hard
02. Flames & Fire
03. Anymore
04. Lovehouse
05. Shadows Fall
06. Baby Strange
07. Under My Wings
08. Out For Blood
09. Hellectric Loveshock
10. Pretty In Black

Line-up
Fabio Perini – Lead Vocals, Guitar
Giuseppe Bertoli – Bass, Backing Vocals
Andrea Gusmeri -Lead Guitar, Backing Vocals
Francesco Verrone – Drums, Backing Vocals

POISONHEART – Facebook

Regardless Of Me – The Covenant

The Covenant è un album da non perdere, drammaticamente ruvido, oscuro e colmo di musica che rompe gli argini e sgorga libera dai vincoli di genere.

La Sleaszy Rider è una delle label che ultimamente hanno contribuito in maniera importante allo sviluppo del metal underground nella vecchia Europa, con uno sguardo sempre attento alla scena italiana, fucina di ottime realtà dal metal classico a quello estremo.

I lombardi Regardless Of Me, freschi di firma con l’etichetta greca, sono un quartetto attivo da una decina d’anni, con due full length alle spalle (The World Within del 2009 e Pleasures And Fear uscito sei anni fa) e hanno calcato i palchi assieme a nomi importanti del panorama metal mondiale come Meshuggah, Fear Factory, Children Of Bodom e molti altri, prima di arrivare all’importante contratto ed all’uscita di The Covenant.
La band nostrana ha un suo particolare approccio al dark/gothic metal, infatti il sound di The Covenant è in generale moderno e cool, ma non risparmia puntate estreme, un uso sagace della componente alternative, sconfinando in atmosfere trip hop, ed una buona dose di elettronica, che a tratti si nobilita di tappeti liquidi e sfumature dai richiami ai Lacuna Coil.
La bravura strumentale, che aiuta la band nelle parti più vicine al death metal progressivo, è la ciliegina sulla torta di un album originale e ben strutturato, vario nel suo mantenere la componente dark/gothic cercando di non soffermarsi troppo su soluzioni abusate e cercando sempre un proprio tocco personale.
Anche l’uso della doppia voce è perfetto, con la voce femminile di Arys Noir che si scambia o si accompagna con il growl di Mr.Dark, che non disdegna passaggi rap style, in un’atmosfera drammatica ed oscura che pervade le tracce di The Covenant.
Il singolo Losing You, Nothing Can Last Forever, la splendida ed estrema Amore Nero, l’alternative dark/rock violentato da dosi massicce di metal di This Broken World, con il gran lavoro chitarristico sotto forma di assoli di ispirazione heavy/prog, fanno di The Covenant un album da non perdere, drammaticamente ruvido, oscuro e colmo di musica che rompe gli argini e sgorga libera dai vincoli di genere
La data di uscita suggerita dall’etichetta è il 31 ottobre, un ottimo modo per accompagnare musicalmente la notte di Halloween …

Tracklist
1.The Covenant
2.We Are
3.Losing You
4.Nothing Can Last Forever
5.Neurotic Trains
6.A Different Way
7.Amore Nero
8.This Night
9.This Broken World
10.Weightless
11.Blue Apocalypse

Line-up
Arys Noir – Vocals
Mr Dark (Emiliano Sicilia) – Rap, Growls and Screams, Vocals,11 Strings Guitar, Programming
The Grand Duke (Niccolò Parrini) – Fretless Bass Guitar, 7 Strings Bass guitar, effects, piano and keyboards
Simon “Bullet” Whites – Drums, Percussions, Effects

REGARDLESS OF ME – Facebook

Coburg – The Enchantress

Un album piacevole e senz’altro riuscito, una sorpresa per gli amanti del genere che sapranno cogliere la bellezza dei brani che compongono The Enchantress a prescindere dalla splendida dea al microfono.

Se oltre alla musica anche i vostri occhi vogliono la loro parte, allora senza ulteriori indugi vi presento i Coburg, monicker che deriva dal cognome della splendida cantante e modella Anastasia, alla guida di questa symphonic rock band londinese.

The Enchantress è il loro debutto, licenziato dalla Evolve Or Die Records, un lavoro che sa tanto di rock, moderno e gotico, che non punta solo sull’aspetto della sua musa ma si avvale di una raccolta di brani melodici ed accattivanti, sinfonici il giusto per attirare gli amanti del gothic/dark da club.
La Coburg oltre a cantare suona chitarra e tastiere, segno che non siamo di fronte alla sola bellezza ma ad un’artista e musicista che sa il fatto suo, ed interpreta le moderne trame dark rock di The Enchantress con la giusta dose di fatale teatralità.
Quasi un’ora di musica nel corso della quale raffinata eleganza gotica, dark rock e mai invadenti sinfonie fanno da colonna sonora alla voce della singer, ottima interprete di brani a tratti suadenti, altri pregni di un’urgenza elettrica, altri che si muovono tra le note sinfoniche ed orchestrazioni che ricamano melodie melanconiche in brani come Echoes In The Night, The Hall Of Ghosts, la splendida Requiem, dalle accentuate ispirazioni new wave, o Till The Bitter End, dall”oscura atmosfera romantica.
Un album piacevole e senz’altro riuscito, una sorpresa per gli amanti del genere che sapranno cogliere la bellezza dei brani che compongono The Enchantress a prescindere dalla splendida dea al microfono.
Quando la bellezza va di pari passo con la bravura: il debutto dei Coburg ne è un esempio lampante.

Tracklist
1.A Cold Day In Hell
2.Echoes In The Night
3.The Hall Of Ghosts
4.Into The Darkness
5.Requiem
6.The Enchantress
7.Thy Dagger
8.Till The Bitter End
9.Warrior’s Blood
10.Rise

Line-up
Anastasia Coburg – Lead Vocals, Lead Guitar & Synths
Dean Baker – Synths & Backing Vocals
Mark Spencer – Bass Guitar & Backing Vocals
Sarah Sanford – Rhythm Guitar & Backing Vocals
Pietro Coburg – Drums & Backing Vocals

COBURG – Facebook

The Fright – Canto V

Canto V è un disco che non riesce smuovere l’ascoltatore a livello emotivo, risultando perfetto ad un livello superficiale ma rivelandosi, alla lunga, privo della necessaria profondità.

Recentemente ho avuto modo di parlare di ottimi dischi catalogabili in quel settore, in verità abbastanza sfaccettato, definibile post punk / dark wave, prima grazie all’interpretazione più eterea e, a tratti, intimista dei Soror Dolorosa e, successivamente, con il robusto e goticheggiante incedere dei magnifici Grave Pleasures.

Tocca oggi ai tedeschi The Fright mettersi alla prova in tale ambito con Canto V, che richiama nel titolo sia un’ispirazione lirica dantesca sia la progressione numerica di quello che, infatti, è il loro quinto full length.
Qui l’orientamento è sì verso sonorità dark ma ampiamente contaminate da un’anima hard rock, tanto che il più delle volte la proporzione tra gli ingredienti base appare tranquillamente invertita.
L’opener Bonfire rimanda in maniera evidente ai The Cult e come partenza non sarebbe affatto male, visto che il brano si imprime nella memoria in maniera abbastanza convincente: da lì in poi però si susseguono tracce che si muovono in maniera ondivaga tra Him, Sentenced e The 69 Eyes, con ampie aperture melodiche ed un’orecchiabilità che troppe volte sconfina in un’insostenibile leggerezza, senza che i The Fright possiedano a sufficienza la sensualità dei primi, il background metal dei secondi e l’indole gotica dei terzi, e la stessa Oblivion è una potenziale hit che però sembra provenire dalla discografia più recente della band di Jirky, coincidente appunto con una fase che ha visto prevalere la forma sulla sostanza.
Il risultato che ne consegue è un disco che non riesce smuovere l’ascoltatore a livello emotivo, risultando perfetto ad un livello superficiale ma rivelandosi, alla lunga, privo della necessaria profondità.
Del resto non può essere neppure un caso il fatto stesso che il brano più convincente, alla fine, sia In Sicherheit, cover della punk band tedesca Fliehende Stürme, alla quale anche l’utilizzo della lingua madre dona quell’aura decadente che purtroppo latita nel resto del lavoro.
Nonostante Canto V sia fondamentalmente indirizzato ai fruitori abituali di musica dark, ritengo che invece possa trovare maggiori favori in chi, amando l’hard rock, potrà goderne una versione dai toni più cupi: detto ciò, il nuovo lavoro dei The Fright non può essere definito brutto, ma chi predilige nella musica un’oscurità tangibile e non patinata, ricercando un rapporto di empatia emotiva con i musicisti, finirà per rivolgersi altrove.

Tracklist:
1. Bonfire
2. No One
3. Wander Alone
4. Love Is Gone
5. Fade Away
6. Oblivion
7. Leave
8. Drowned In Red
9. Century Without A Name
10. In Sicherheit

Line-up:
Lon Fright – Vocals
Kain – Bass
Kane – Guitar
Danny – Guitar
Luke Seven – Drums

THE FRIGHT – Facebook

Oddfella – Am/Fm

Interessante lavoro interamente strumentale offerto da questa one man band portoghese denominata Oddfella.

Interessante lavoro interamente strumentale offerto da questa one man band portoghese denominata Oddfella.

João Henriques propone un rock dalle sfumature dark ed elettroniche molto convincente, nonostante il solito handicap costituito dall’assenza della voce: questa volta il corrispondente vuoto viene riempito per lo più da belle melodie, atmosfere ariose e sempre dotate di un valido spunto ritmico.
Valga come esempio migliore del lavoro un brano come Geisha, con il vago sentore orientale che rende pressochè irresistibile il tema portante ma, in generale, gli undici bravi brani di cui si compone Am/Fm sono tutti estremamente gradevoli e tengono alla larga ogni traccia di tedio.
Bravo, quindi, l’ottimo Henriques nel districarsi tra umori più eterei ed altri maggiormente robusti, come avviene in Never Look Back, o ancora su ritmi più sostenuti e screziati da pulsioni elettroniche (D.D.B.R.), aiutato da doti tecniche di prim’ordine e da una pulizia sonora invidiabile.
Questo primo album a nome Oddfella è, quindi, una bella sorpresa, mentre non lo è il fatto che il materiale pubblicato sotto l’egida della Ethereal Sound Works sia sempre e comunque contraddistinto da una qualità media elevata, nonostante giunga per lo più da musicisti conosciuti prevalentemente sul suolo lusitano.

Tracklist:
1.Steam Driven Passion
2.Puching Mirrors
3.The Great Simple Things
4.Geisha
5.Lipstick Skin and High Heels
6.Never Look Back
7.D.D.B.R.
8.Still Waiting For A Dawn
9.A Wiser Looser
10.Two Of Us
11.You’re At Peace

Line-up:
João Henriques

The Dark Red Seed – Stands With Death

Tosten Larson ci offre un sound tipicamente americano, con un incedere cantautorale e venato di blues che nasconde una vena inquieta e malinconica.

The Dark Red Seed è il nuovo progetto solista promosso dal chitarrista di Portland Tosten Larson, appartenente alla band che accompagna dal vivo l’estroso King Dude: come sempre la Prophecy porta alla luce realtà che si muovono lungo i confini del rock e del metal, fornendo interpretazioni per lo più di grande interesse e che hanno anche il pregio di consentire ai più curiosi di ampliare la propria gamma di ascolti.

Il breve ep intitolato Stands With Death, come si può intuire dal titolo, verte sul rapporto dell’uomo con la morte; un argomento, questo, che in molti hanno già sviscerato ma che offre sempre sfaccettature mai banali a seconda delle angolazioni dal quale lo si guarda: Larson offre una sua visione che vorrebbe essere di serena accettazione ma che non nasconde, però, quel velo d’inquietudine corrispondente all’isolata nuvoletta che improvvisamente oscura il sole in una giornata apparentemente serena.
Il musicista statunitense veicola tutte queste sensazioni attraverso un sound tipicamente americano, con l’incedere cantautorale e venato di blues soprattutto nel primo brano The Antagonist, mentre già in The Tragedy of Ålesund una prima parte più rarefatta viene percossa da un improvvisa sfuriata elettrica; molto più robusta senz’altro la conclusiva The Master and the Slave, che dopo un inizio non esaltante si immerge nella sua seconda metà in un’apprezzabile atmosfera psichedelica.
Personalmente prediligo il bravo Larson quando assume le sembianze di un moderno Johnny Cash, come fa ottimamente nella prima parte di questo breve lavoro: vedremo cosa sarà in grado di offrirci quando nella prossima estate dovrebbe essere realizzato un primo full length a nome The Dark Red Seed, alla luce delle buone basi gettate con Stands With Death.

Tracklist:
1.The Antagonist
2.The Tragedy of Ålesund
3.The Master and the Slave

Line up:
Tosten Larson

THE DARK RED SEED – Facebook

The Great Discord – The Rabbit Hole

Non ci sono pause in The Rabbit Hole, nel senso che la musica di altissimo livello non concede distrazioni all’ascoltatore lasciando che la band di Linköping ci travolga e ci scaraventi nel suo mondo portatore sia di tempeste estreme che di splendide aperture melodiche.

Sono sempre più convinto, nel mio ormai mezzo secolo di vita abbondante, che le persone che non amano la musica non abbiano mai sviluppato emozioni ed una sensibilità che permetta loro di far proprie le brutture che sconvolgono sempre più l’umanità

Ci sono ovviamente le eccezioni che confermano la regola, ma come si può amare un lavoro come The Rabbit Hole se non si possiedono quelle corde emozionali per cui dopo tanti anni le braccia si riempiono di pelle d’oca all’ascolto delle note alternative/progressive create dai The Great Discord, sentendosi più ricchi?
Perché, e questo invece non è un semplice punto di vista ma un’assoluta verità, ci vuole un’animo sensibile per godere delle trame del gruppo svedese, all’apparenza semplici ma splendidamente intricate come nella migliore tradizione progressive, estreme come un ottimo esempio di death metal melodico e a tratti addirittura dall’appeal pop alternative.
Fia Kempe è la straordinaria interprete della musica dei The Great Discord, una cantante che fa dell’interpretazione il suo punto di forza, ora grintosamente metallica, poi splendidamente melodica ed evocativa, al servizio di un sound alquanto originale e mai ripetitivo.
Ispirato concettualmente al’opera di Lewis Carrol, l’album si sviluppa in quaranta minuti di musica rock/metal a 360°, progressivamente sopra le righe, dark senza essere gotica come di moda di questi tempi ed assolutamente letale, mentre metal e pop si danno battaglia dentro di noi, ora strattonati da braccia metalliche dure come il ferro e poi cullati da atmosfere dark/rock o melodie radiofoniche che si fanno spazio in un lavoro ritmico sopraffino.
Non ci sono pause in The Rabbit Hole, nel senso che la musica di altissimo livello non concede distrazioni all’ascoltatore lasciando che la band di Linköping ci travolga e ci scaraventi nel suo mondo portatore sia di tempeste estreme che di splendide aperture melodiche.
Il singolo Darkest Day è solo un piccolo punticino nel vasto mondo dei The Great Discord, mentre mai come questa volta il consiglio è di fermarsi, concedersi un po’ di tempo e lasciarsi rapire dalla magia della musica.

Tracklist
1.Dimman
2.Noire
3.Gadget
4.Darkest Day
5.Tell-Tale Heart
6.The Red Rabbit
7.Neon Dreaming
8.Downfall
9.Cadence
10.Omen
11.Persona

Line-up
Fia Kempe – Vocals
Aksel Holmgren – Drums
André Axell – Guitars
Gustav Almberg – Guitars
Rasmus Carlson – Bass

THE GREAT DISCORD – Facebook

Dead Register – Fiber

Un album originale e difficile, un’opera oscura e affascinante che porta i Dead Register sulla soglia del regno ove dimorano le cult band, ma al prossimo giro potrebbero entrare dalla porta principale.

Piccola perla gotica ed atmosfericamente dark: è questo il primo lavoro sulla lunga distanza dei Dead Register, trio statunitense composto da M. Chvasta, Avril Che e Chad Williams.

Il trio proviene da Atlanta ed il suo approccio al dark rock risulta un insieme di generi presi dal mondo della musica dark e melanconica e fatti convivere in un sound che potrebbe essere descritto come post rock, ma vi assicuro che non è così facile visto l’uso vario delle atmosfere che non si smuovono dai colori più scuri, ora tenui ora profondamente neri.
Post dark, new wave, addirittura accenni al doom, gothic e post rock diventano protagonisti di questa raccolta di brani, assolutamente maturi, fuori da ogni tentazione commerciale, ma profondi nel loro svolgimento.
Un album alternativo nel vero senso della parola, dove il rock saturo di elettricità è la benzina che alimenta il fuoco prima che il tempo faccia spegnere ogni ardire, un’attitudine distruttiva e pregna di rabbia malinconica si fa largo tra i solchi di brani splendidamente tragici come Alone, Drawing Down o Entwined, mentre i Joy Division si accompagnano ai Cure e l’ alternative rock si apparta con il dark rock di matrice ottantiana , in un urgenza sessuale appagante ma tragica.
Un album originale e difficile, un’opera oscura e affascinante che porta i Dead Register sulla soglia del regno ove dimorano le cult band, ma al prossimo giro potrebbero entrare dalla porta principale.

Tracklist:
1.Alone
2.Fiber
3.Drawing Down
4.Grave
5.Entwined
6.Incendiary

Line-up:
M. Chvasta: Vocals, Bass VI, Bass, Effects
Avril Che: Bass Synth, Keys, Textures, Vocals, Live Visuals
Chad Williams: Drums

DEAD REGISTER – Facebook

Crematory – Live Insurrection

Non è certo il primo live che gli storici gothic/deathsters Crematory immettono sul mercato, trattandosi di opere che una volta completavano e valorizzavano le discografie dei migliori act rock e metal, ora ad appannaggio dei fans più accaniti.

Il gruppo tedesco però rilascia un ottimo lavoro, licenziato in formato cd/dvd dalla SPV/Steamhammer, che vede i veterani del gothic /death alle prese con il pubblico del Bang Your Head Festival dello scorso anno, più quattro video clips di altrettanti brani tratti dall’ultimo full length Monument.
Pur avendo in parte lasciato il genere d’elezione a favore di un sound più dark ed elettronico, i Crematory si dimostrano una sicurezza, un gruppo solido che se da tempo non si avvicina ai picchi qualitativi dei primi album, mantiene un ottimo impatto, un approccio melodico dal buon appeal ed una forma canzone che permette di andare avanti senza grossi scossoni.
Quindi dopo ventisei anni di album e palchi solcati in giro per l’Europa, i Crematory si possono certamente considerare come un buon rifugio, quando la voglia di ascoltare gothic metal dal buon appeal e dalle facili melodie è forte ed i cd di …Just Dreaming, Illusions e Crematory sono troppo in alto sullo scaffale.
Ma come spesso accade, un album live, specialmente di una band che di buona musica negli anni ne ha scritta eccome, ha la funzione di rispolverare vecchi brani, oltre alle nuove produzioni, in una sorta di best of … anche se Felix, Markus e Katrin non rinnegano sicuramente le ultime produzioni, ampiamente sfruttate in Live Insurrection.
Infatti, il gruppo dà molto spazio ai brani più recenti, non dimenticando certo brani capolavoro come Tears Of Time, inno del gruppo fin dall’uscita del bellissimo Illusions (1995) e che non a caso chiude il concerto.
Felix non rinuncia al growl e in veste live il suono risulta potente e metallico il giusto per non deludere i fans raccolti sotto il palco del famoso festival: Misunderstood, la splendida Pray, Shadowmaker, Höllenbrand (da Klagebilder del 2006) e la già citata Tears Of Time offrono agli astanti una prova convincente.
I Crematory sono un gruppo che col tempo si è creato un meritato zoccolo duro di fans e, mentre gli anni passano, Tears Of Time fa scendere qualche lacrima di nostalgia, con il buon Felix che dimostra di saperci ancora fare.

Tracklist
CD
01. Misunderstood
02. Fly
03. Greed
04. Tick Tack
05. Instrumental
06. Haus mit Garten
07. Ravens Calling
08. Pray
09. Everything
10. Instrumental
11. Shadowmaker
12. The Fallen
13. Höllenbrand
14. Die So Soon
15. Kommt näher
16. Tears Of Time

DVD
Intro
01. Misunderstood
02. Fly
03. Greed
04. Tick Tack
05. Instrumental
06. Haus mit Garten
07. Ravens Calling
08. Pray
09. Everything
10. Instrumental
11. Shadowmaker
12. The Fallen
13. Höllenbrand
14. Die So Soon
15. Kommt näher
16. Tears Of Time
Monument videoclips
01. Misunderstood
02. Ravens Calling
03. Haus mit Garten
04. Everything

Line-up
Felix Stass – vocals
Rolf Munkes – guitar
Tosse Basler – guitar
Jason Mathias – bass
Markus Jüllich – drums
Katrin Jüllich – keyboards

CREMATORY – Facebook

Nexus – The Taint

I Nexus spaziano tra il rock alternativo dalle atmosfere dark, non rinnegando le proprie influenze che vanno dai più famosi Depeche Mode fino alle nuove leve del rock dai tenui colori oscuri come HIM o Deathstars, mentre la carta d’identità tricolore si può intuire da un uso vagamente progressivo dei tasti d’avorio.

Debutto su Agoge Records per i gothic metallers Nexus, band nata per volere del cantante e chitarrista Vlad Voicu e del bassista Tony Di Marzio.

Con l’aiuto in studio di Gianmarco Bellumori, responsabile della label, licenziano questo primo album sulla lunga distanza intitolato The Taint, un gothic album pregno di sfumature elettroniche che hanno poco dell’industrial e tanto della new wave risalente agli anni ottanta, ovviamente trasportata in un contesto dove le chitarre graffiano e le ritmiche mantengono quel tocco groove che fa tanto cool di questi tempi.
Ne esce un lavoro dal buon appeal, magari mancante ancora di quel quid che fa di una buona canzone un potenziale hit, ma le premesse per un futuro roseo nel panorama dark gothic ci sono tutte.
I Nexus spaziano tra il rock alternativo dalle atmosfere dark, non rinnegando le proprie influenze che vanno dai più famosi Depeche Mode fino alle nuove leve del rock dai tenui colori oscuri come HIM o Deathstars, mentre la carta d’identità tricolore si può intuire da un uso vagamente progressivo dei tasti d’avorio.
L’album mantiene la stessa marcia per tutta la sua durata, scalando e ripartendo in quarta (qualitativamente parlando) con Funeral Pyre, N.B.N e la notevole Scrying Mirror.
Una buona partenza per i Nexus, band da seguire se siete amanti del dark/gothic metal di inizio millennio.

Tracklist
1.Solitude
2.Cancer
3.Funeral Pyre
4.Crimson Wine
5.Stillborn
6.N.B.N
7.Scrying Mirror
8.Close Your Eyes
9.To Silence Your Demons

Line-up
Vlad Voicu – lead vocals, studio guitars & programming
Tony Di Marzio – bass and backing vocals
Il Diverso – synth/keyboards & programming
Diego Aureli – live guitars
Daniele Di Gasbarro – live drums

NEXUS – Facebook