Down Among the Dead Men – …and You Will Obey Me

Questo nuovo album della coppia Johansson/Ingram, con l’etichetta Down Among the Dead Men, risulta un perfetto sodalizio tra lo swedish death metal e le sonorità crust/punk, un violentissimo pugno in pieno volto su cui Ingram vomita tutta la sua ferocia con il suo inconfondibile growl.

Un nuovo periodo di super lavoro per il nostro Rogga Johansson, stakanovista della scena death metal mondiale e mente dietro ad un numero consistente di progetti in collaborazione con musicisti provenienti da ogni parte del mondo.

Nominare tutte le band con cui il buon Rogga si è impegnato è quasi impossibile e sicuramente ogni volta se ne dimentica qualcuna, quindi ci limiteremo a citare i Paganizer, i Ribspreader, i Megascavenger e i The Grotesquery , tornati in questo periodo con un nuovo album, così come il progetto Johansson & Speckmann.
Down Among The Dead Man è la band che vede il musicista svedese collaborare con lo storico vocalist Dave Ingram (Benediction, Bolt Thrower), aiutati dal chitarrista Dennis Blomberg (ex Paganizer) a formare un trio death/crust di notevole impatto.
Attiva dal 2013, la band arriva al terzo album dopo il debutto omonimo ed il secondo lavoro uscito tre anni fa (Exterminate! Annihilate! Destroy!); pubblicato dalla Transcending Obscurity l’album, intitolato …and You Will Obey Me continua a mietere vittime sotto i colpi di un death metal dall’attitudine crust/punk, quindi metal estremo scarno e diretto, spogliato dalle caratteristiche del genere classico e reso diretto e d’impatto dall’anima nichilista del punk più marcio.
Il bello è che Rogga non rinuncia alla tradizione del genere che lui conosce bene ed anche questo nuovo album risulta un perfetto sodalizio tra lo swedish death metal e le sonorità crust/punk di cui abbiamo parlato, un violentissimo pugno in pieno volto su cui Ingram vomita tutta al sua ferocia con il suo inconfondibile growl.
Rispetto al precedente album la band accantona le ispirazioni alla Bolt Thrower per un approccio più scandinavo a brani che risultano, nella loro globalità, un assalto senza compromessi di una mezzora in compagnia di queste tre vecchie volpi del metal estremo.
Inutile dire che l’album è da fagocitare d’un fiato, brutale, feroce e senza compromessi, rivelandosi una raccolta di dieci micidiali pugni diretti al viso.

Tracklist
1.Destroy the Infinite
2.Axis of Insanity
3….and You Will Obey Me
4.The End of Time
5.Omega
6.House of Blue Fire
7.The Age of Steel
8.Eye of Harmony
9.Darkness of Glass
10.Panopticon

Line-up
Rogga Johansson – Guitars, Bass
Dave Ingram – Vocals

Dennis Blomberg – Guitars

DOWN AMONG THE DEAD MEN – Facebook

Coram Lethe – In Absence

In Absence è un album riuscito, che mette in evidenza le peculiarità del sound del gruppo, tra tecnica ed impatto, brutalità e melodie, in uno tsunami estremo di marca death metal a cui non si può sfuggire.

E’ dal 1999 che i toscani Coram Lethe ci investono con il loro death metal tecnico e potenziato da furiose parti death/black, in un’orgia di suoni estremi che formano un sound personale e riconoscibile tra le tante proposte che invadono il mondo del metal estremo.

Il quinto album arriva dopo sei anni dal precedente Heterodox, è accompagnato dalla splendida copertina dell’artista Paolo Girardi e porta con sè un nuovo cantante (Giacomo Bortone), il quarto nella storia dei Coram Lethe.
In Absence è un album riuscito, che mette in evidenza le peculiarità del sound del gruppo, tra tecnica ed impatto, brutalità e melodie, in uno tsunami estremo di marca death metal a cui non si può sfuggire.
Oscuro e pervaso da una melanconia di fondo che sfocia in parti dal taglio progressivo, In Absence non delude le attese e si candida come uno dei lavori più intensi di questa prima metà dell’anno in campo estremo nel nostro paese, ormai rappresentato nel genere da molte ottime band.
L’album, oltre ad avere il suo punto di forza nelle continue variazioni di sfumature ed atmosfere, risulta comunque diretto e fluido, conquistando fin da subito, pur nella sua struttura che rimane fortemente legata ad un approccio tecnico e progressivo.
Quello che sembra un inevitabile contrasto diventa appunto l’arma in più per queste otto tracce, splendidi esempi di metal estremo coinvolgente ed elegantemente distruttivo.
La title track, così come Not Been Born o Pain Represents Pained Rapresentatives e la conclusiva To Rise Again, continuano ad alternare death metal tecnico di ispirazione americana con il più diretto swedish death, tra scale progressive e melodie di oscuro metallo, facendo di In Absence uno spaccato affascinante del genere.
Una band fondamentale per la scena estrema nostrana è tornata a picchiare i pugni sulla tavola rotonda del metal tricolore.

Tracklist
01. Esoteric
02. In Absence
03. Food For Nothingness
04. Not Been Born
05. Cognitive Separation
06. Pain Represents Pained Rapresentatives
07. Antimateria
08. To Rise Again

Line-up
Giacomo Bortone – Vocals
Leonardo Fusi – Guitars
Filippo Occhipinti – Guitars
Christian Luconi – Bass
Francesco Miatto – Drums

CORAM LETHE – Facebook

De Profundis – The Blinding Light Of Faith

Death metal feroce ma che non manca di offrire ottimi spunti progressivi, a tratti nascosti dalla furia che la band non manca di esprimere in questi otto vorticosi brani racchiusi sotto il titolo di The Blinding Light Of Faith, nuovo lavoro dei britannici De Profundis.

Death metal feroce ma che non manca di offrire ottimi spunti progressivi, a tratti nascosti dalla furia che la band non manca di esprimere in questi otto vorticosi brani racchiusi sotto il titolo di The Blinding Light Of Faith, nuovo lavoro dei britannici De Profundis.

Il gruppo ha superato da poco i dieci anni d’attività e si presenta con questo ottimo lavoro che racchiude in sé un buon esempio di metal estremo, che trova nel thrash e nelle parti più progressive il suo valore aggiunto.
Siamo arrivati al quinto lavoro sulla lunga distanza e la band mette in campo la sua ormai decennale esperienza per creare un sound personale il giusto per non passare inosservato, tra devastanti accelerazioni, cavalcate e camei di musica progressiva, con accenni al jazz ed alla fusion, ad Atheist, Cynic e compagnia geniale, anche se i De Profundis scaricano botte adrenaliniche di thrash metal, e le loro effusioni progressive sono limitate, o almeno non così presenti come nelle opere degli storici gruppi citati.
Non mancano spunti chitarristici di stampo classico a rendere ancora più completa la proposta del combo, davvero superlativo tecnicamente, con il chirurgico lavoro della sezione ritmica (Arran Mcsporran al basso e Tom Atherton alle pelli) e quello sontuoso dei deu chitarristi, ispiratissimi (Shoi Sen e Paul Nazarkardeh).
Con Craig Land al microfono, assolutamente perfetto nella sua bestiale prova, i De Profundis danno vita ad un lavoro riuscito e coinvolgente dal quale, con il passare dei minuti e prendendo confidenza con il sound, l’ascoltatore non può che rimanere catturato dalla musica che la band albionica ha creato per questo bellissimo lavoro.
The Blinding Faith ha nelle trame delle notevoli Opiate For The Masses, Bastard Sons Of Abraham e Godforsaken i momenti più intensi, ma è tutto l’album che merita la massima attenzione degli amanti del death metal progressivo.

Tracklist
1.Obsidian Spires
2.War Be Upon Him
3.Opiate For The Masses
4.Bastard Sons Of Abraham
5.Martyrs
6.Godforsaken
7.Beyond Judgement
8.Bringer Of Light

Line-up
Craig Land – Vocals
Arran Mcsporran – Bass
Tom Atherton – Drums
Shoi Sen – Guitars
Paul Nazarkardeh – Guitars

DE PROFUNDIS – Facebook

Sadistik Forest – Morbid Majesties

La band capitanata dal chitarrista Antti Heikkinen è protagonista, con Morbid Majesties, di un tornado di death metal old school violentissimo, nel quale la tradizione nord europea è presente così come il brutale sound made in U.S.A.

Sembra che nel metal estremo, per quanto riguarda le sonorità di stampo death, negli ultimi tempi ci sia la tendenza ad inglobare nello stesso sound elementi provenienti dalle due scene storiche: quella statunitense e quella scandinava.

Ovviamente parliamo di death metal old school, tornato a far sanguinare i lettori cd dei fans e tenuto a galla dalla scena underground, mai doma e sottomessa ai capricci del mercato.
Questa band finlandese. per esempio. amalgama le due correnti aggiungendo devastanti e violentissime sfumature brutal ed il risultato non può che essere un massacro sonoro di notevole intensità.
Loro sono i Sadistik Forest, sono attivi dal 2007 e  arrivano quest’anno al traguardo del terzo full length dopo aver dato alle stampe il debutto omonimo nel 2010 ed il secondo album (Death, Doom, Radiation) sei anni fa.
La band capitanata dal chitarrista Antti Heikkinen è protagonista, con Morbid Majesties, di un tornado di death metal old school violentissimo, nel quale la tradizione nord europea è presente così come il brutale sound made in U.S.A., per un oscuro e terribile armageddon senza soluzione di continuità.
Mid tempo pesantissimi, tagliati in due da riff che sono lame che affondano nella carne, lasciano il campo ad accelerazioni devastanti con l’uso sagace di growl e scream a conferire atmosfere dal death al brutal fino al black metal.
In questa terribile mezzora si viene travolti da uno tsunami di metal estremo che non lascia scampo tra le violente scudisciate di The Hour Of Dread, Destructive Art e i nove minuti di Bones Of A Giant, pezzo da novanta di questo lavoro, un mastodontico blocco di granito che conclude alla grande Morbid Majesties.

Tracklist
1.Morbidly Majestic
2.Decades Of Torment Then Death
3.The Hour Of Dread
4.Destructive Art
5.Zero Progress
6.Monsters Of Death
7.The Maelstrom Opens
8.Bones Of A Giant

Line-up
Vesa Mutka – Drums
Antti Heikkinen – Guitars
Markus Makkonen – Vocals, Bass
Matti Salo – Guitars

SADISTIK FOREST – Facebook

Dr.Gore – From The Deep Of Rotten

Pochi cambiamenti ma importanti, come una produzione più cristallina, portano ad un nuovo manifesto estremo targato Dr.Gore, sempre ai massimi livelli per esecuzione ed un songwriting che lascia trasparire una forma canzone ben delineata.

Torna il medico pazzo, il ferale serial killer con il camice verde che, a colpi di grind/brutal death metal, sevizia, seziona e tortura pazienti trasformati in vittime.

Con una storia lunga ormai sedici anni all’insegna del metal estremo, i Dr.Gore licenziano il loro terzo full length, From The Deep Of Rotten, nuova devastante opera di tortura e massacro che succede a Viscera, risalente ormai aquattro anni fa.
Pochi cambiamenti ma importanti, come una produzione più cristallina, portano ad un nuovo manifesto estremo targato Dr.Gore, sempre ai massimi livelli per esecuzione ed un songwriting che lascia trasparire una forma canzone ben delineata, su una struttura musicale violentissima e il perfetto connubio tra grind e brutal che, a mio avviso, è il marchio di fabbrica del gruppo romano.
Un sound quindi per niente scontato, alimentato da una ferocia senza pari ed una produzione all’altezza, fanno di queste nove efferatezze in musica un ottimo ritorno: il quartetto, attivo con gli stessi componenti di quattro anni fa (Alessio “Pacio” Pacifici al basso e voce, Luigi Longo e Marco Acorte alle chitarre e Massimo “Mastino” Romano alle pelli) risulta un mostro che fagocita orrore e lo risputa sotto forma di metal estremo da macelleria, devastante e sanguinolento.
Il bisturi taglia, le mani affondano nei ventri squarciati rovistando tra le budella mentre Brutal Carnage dà il via alle danze intorno ai cadaveri, lasciando che il rito del malatissimo dottore si concluda solo alle note finali di Reanimated Dead Corpse e passando per le mostruose Cannibal Grinder, la title track e Sound Of Your Screams.
Ormai considerati dei veterani della scena estrema tricolore, i Dr.Gore confermano il valore della propria proposta e lo stato di salute del metal estremo made in Italy.

Tracklist
1.Brutal Carnage
2.Cannibal Grinder
3.From The Deep Of Rotten
4.Necrodoctor
5.Apocalypse Of The Dead
6.Self Cannibalism
7.Sound Of Your Screams
8.Skinned Alive
9.Reanimated Dead Corpse

Line-up
Alessio Pacifici – Bass,Vocals
Luigi Longo – Guitars
Marco Acorte – Guitars/Vocals
Massimo Romano – Drums

DR.GORE – Facebook

Barren Earth – A Complex Of Cages

Progmetal, atmosfere estreme, sfumature progressive di ispirazione settantiana, suoni dilatati che guardano verso sud, variano e accrescono questo insieme di note che dal metal prendono la forza espressiva, in un crescendo emozionale che porta ad una armonia tra le parti raramente così riuscita.

Quello che per molti sembrava un progetto nato come semplice fuga dagli Amorphis, è diventato uno dei gruppi più geniali che il “nuovo” metallo progressivo può vantare, lontano anni luce dai meri intrecci ritmici fine a sè stessi della frangia moderna tanto cara alle nuove leve e rivolto a chi dalla musica chiede sempre e comunque emozioni.

Senza cercare di mettere in competizione due realtà che risultano un patrimonio musicale infinito in arrivo dalla terra dei mille laghi, come Amorphis e Barren Earth, si può sicuramente affermare, senza essere tacciati di troppo entusiasmo, che il nuovo album del gruppo dello storico bassista Olli-Pekka Laine abbia tutte le carte in regola per essere considerato un capolavoro.
Orfani del tastierista e co-fondatore Kasper Martenson e con un Jon Aldarà ormai stabilmente dietro al microfono e protagonista con il suo talento dell’ulteriore salto verso l’olimpo del genere, con A Complex Of Cages la band raggiunge vette emozionali altissime ed una qualità compositiva straordinaria.
D’altonde, che i Barren Earth possano essere considerati alla stregua di un supergruppo non è sicuramente un’eresia, parla il curriculum vitae di cui si possono fregiare i sei musicisti, provenienti da gruppi dalle più svariate forme musicali, dagli Amorphis ai Moonsorrow, passando per i Kreator e gli Hamferð.
A Complex Of Cages quindi vive di queste ispirazioni e del talento espressivo che la band sfrutta a dovere, e non me ne vogliano i fans di band più considerate e famose se sostengo che Jon Aldarà vince per distacco contro chiunque possa posizionasi dietro ad un microfono provando ad interpretare il metal progressivo odierno: infatti, le emozioni scaturite dall’ascolto della sua voce, sommata allo stato di grazia compositivo del gruppo, portano l’ascoltatore a vivere un’esperienza d’ascolto entusiasmante.
Progmetal, atmosfere estreme, sfumature progressive di ispirazione settantiana, suoni dilatati che guardano verso sud, variano e accrescono questo insieme di note che dal metal prendono la forza espressiva, in un crescendo emozionale che porta ad una armonia tra le parti raramente così riuscita.
Al centro di questo bellissimo lavoro c’è Solitude Pith, capolavoro progressivo che ingloba tutti gli elementi di cui si fregia A Complex Of Cages, ma sarebbe perlomeno ingiusto citare un brano rispetto ad un altro, perché la moltitudine di note e colori fanno dei brani pezzi pregiati di un puzzle musicale fuori dal comune.
Citare i Barren Earth come una delle massime espressioni del metal del nuovo millennio diventa quantomeno obbligatorio dopo questo splendido ultimo album.

Tracklist
1.The Living Fortress
2.The Ruby
3.Further Down
4.Zeal
5.Scatterprey
6.Solitude Pith
7.Dysphoria
8.Spire
9.Withdrawal

Line-up
Olli-Pekka Laine – Bass, B.vocals
Marko Tarvonen – Drums
Janne Perttila – Guitars, B.vocals
Sami-Yli Sirnio – Guitars, B.vocals
Jon Aldarà – Vocals
Antti Myllynen – Keyboards

BARREN EARTH – Facebook

Gigantomachia – Atlas

L’epicità sanguina dalle note di questa raccolta di brani che non lasciano trasparire facili melodie, ma all’unisono gli strumenti compongono una colonna sonora di morte e dolore che a tratti sfiora il lento incedere del doom, creando una sorta di muro invalicabile.

Ad Alatri, in provincia di Frosinone, i giganti si stanno organizzando per andare in battaglia contro gli dei dell’Olimpo e la colonna sonora di questo epico scontro non può che essere forgiata nel metallo più estremo, epico ed oscuro.

Atlas è il debutto di questa band che dal mito greco prende il nome (Gigantomachia), un gruppo di giganti in perenne battaglia a colpi di death metal guerresco, pregno di mid tempo pesantissimi e dall’incedere monolitico.
La band nasce nel 2015 da un’idea del bassista Lorenzo Barabba e dopo vari aggiustamenti della line up e un bel po’ di rodaggio in sede live, arrivano al 2017 e alla firma con la label nostrana Agoge Records di Gianmarco Bellumori, con cui hanno collaborato per la realizzazione di questa primo attacco agli dei.
Atlas è un macigno estremo che travolge tutto, con un passo medio ma inarrestabile che tutto ababtte e devasta senza fermarsi davanti a nulla; l’epicità sanguina dalle note di questa raccolta di brani che non lasciano trasparire facili melodie, ma all’unisono gli strumenti compongono una colonna sonora di morte e dolore che a tratti sfiora il lento incedere del doom, creando così una sorta di muro invalicabile.
Growl e recitati, mid tempo e solos che evocano lo scontro tra le lame nella battaglia, rendono l’atmosfera drammatica e pesante, con la musica che ne diviene la colonna sonora offrendo atmosfere suggestive sulle note di Liberate The Tytans, Immortal e della più estrema title track, seguita da una Scylla & Cariddi che conclude Atlas alternando violenza e melodia e aggiudicandosi la palma di miglior brano in scaletta.
I Bolt Thrower sono la band più accostabile al sound dei Gigantomachia, con parti che si avvicinano all’epic metal classico rendendo Atlas un buon debutto, lontano dal death epico e sinfonico di moda in questo periodo e più vicino ad un approccio vecchia scuola.

Tracklist
1 – Rise Of Cyclop (intro)
2 – Eye Of The Cyclop
3 – Liberate The Titans
4 – Immortal
5 – Aldebaran
6 – Abyss Leviathan (intro)
7 – Leviathan
8 – Atlas
9 – Scylla & Cariddi

Line-up
Barabba – Bass
Alessandro – Guitars
Nicola – Drums
Davide – Guitars, Vocals

GIGANTOMACHIA – Facebook

NIHILI LOCUS – Lyaeus Nebularum

Interessante retrospettiva sui Nihili Locus, band che si mise in una certa evidenza negli anni novanta con un death dagli influssi doom e, in parte, black.

La Terror From Hell pubblica questa interessante retrospettiva sui Nihili Locus, band italiana che si mise in una certa evidenza negli anni novanta.

La raccolta comprende tutti i brani pubblicato nella sua storia dal gruppo piemontese, comprendendo quindi il singolo Sub Hyerosolyma (1992), il demo …Advesperascit… (1994) e soprattutto l’ep …Ad Nihilum Recidunt Omnia (1996), più due brani inediti registrati nel 1997.
Sono proprio i tre brani contenuti in …Ad Nihilum Recidunt Omnia ad aprire la compilation, rappresentando quello che, all’epoca, pur con tutte le variabili di una produzione perfettibile, era parso un notevole primo approccio per una band che possedeva le potenzialità per diventare uno dei nomi di punta a livello nazionale in ambito death doom.
Questo non si è verificato, purtroppo, anche perché dopo diverse vicissitudini ed una lunga stasi la band si sciolse nel 2003 per poi riprendere vita cinque anni dopo con una formazione a tre che compose quello che sarebbe dovuto essere il primo full length, Mors, che di fatto però non vide mai la luce.
Come detto il fulcro dell’album sono Silvara e le due parti di Memoriam Tenere, brani nei quali il Nihili Locus dimostravano d’essere sulla strada giusta per giungere alla quadratura di un death/black doom ricco di spunti notevoli e piuttosto vario sotto diversi aspetti, incluso l’utilizzo della voce femminile; Lyaeus Nebularum non segue, come forse sarebbe stato più auspicabile, un ordine cronologico nella collocazione dei brani in tracklist, per cui dopo le tracce di …Ad Nihilum Recidunt Omnia troviamo le due che erano presenti in Sub Hyerosolyma, dove il sound viveva ancora di un’accentuata dicotomia tra le parti melodiche e quelle death tout cort, per poi giungere alla più compiuta scrittura di…Advesperascit… , dove un brano come Canto (of a Nightly Jewel) attirava fatalmente nel gorghi più profondi del death doom.
I due inediti, infine, sono evidentemente frutto di registrazioni approssimative e provvisorie, tali da rendere inopportuno ogni possibile giudizio; d’altro canto, anche se in misura decisamente meno accentuata, la produzione dei lavori dei Nihili Locus non è mai stata ottimale, impedendo peraltro di attenuare le sbavature a livello strumentale e, soprattutto, le stonature dei contributi vocali femminili (ma, d’altro canto, nei primi anni novanta non era facile trovare nel nostro paese qualcuno che fosse in grado di gestire al meglio tutto il processo di incisione e registrazione di un album metal).
L’operazione risulta nel complesso assolutamente utile e gradita: vediamo se il tutto possa essere propedeutico, magari, alla sospirata pubblicazione di Mors o ancora meglio di materiale di nuovo conio, visto che ufficialmente i Nihili Locus risultano ancora attivi, per cui sperare non costa nulla.

Tracklist:
1. Memoriam Tenere
2. Silvara
3. Memoriam Tenere (Rigor Mortis)
4. Ancient Beliefs Forgotten
5. Deathly Silence Nebulae
6. Gloomy Theatre of Ruins
7. Canto (of a Nightly Jewel)
8. Dance of the Crying Soul
9. …Advesperascit…
10. Buio/XII Touches
11. Tectum Nemoralibus Umbris
12. Lugubri Lai
13. La Notte Eterna
Tracks 1-2-3 taken from ‘…Ad Nihilum Recidunt Omnia’ MCD
Tracks 4-5 taken from ‘Sub Hyerosolyma’ EP
Tracks from 6 to 11 taken from ‘… Advesperascit…’ Demo
Tracks 12-13 never released before (recorded in 1997)

Line-up:
Bruno Blasi – vocals
Valeria De Benedictis – guitars, keyboards, vocals
Mauro Veronese – guitars, vocals
Massimo Currò – bass
Roberto Ripollino – drums, vocals
Simone Fanciotto – keyboards

NIHILI LOCUS – Facebook

Napalm Death – Coded Smears And More Uncommon Slurs

I Napalm Death fermano la nostra astinenza con un doppio disco di brani inediti, pezzi apparsi in split o raccolte, e canzoni rimaste fuori dagli album che vanno da The Code Is Red…Long Live The Code del 2004 fino all’ultimo Apex Predator – Easy Meat del 2014.

I Napalm Death fermano la nostra astinenza con un doppio disco di brani inediti, pezzi apparsi in split o raccolte, e canzoni rimaste fuori dagli album che vanno da The Code Is Red…Long Live The Code del 2004 fino all’ultimo Apex Predator – Easy Meat del 2014.

In questo intervallo di tempo molte cose sono cambiate, non lo schifo che fa il mondo e la rabbia di questi signori inglesi che più passano gli anni più sono incazzati. Chi li ha visti dal vivo sa che tornado possono essere i Napalm Death, un gruppo che lascia davvero un’impronta e che ha creato in pratica un genere musicale. L’ottimo livello dei pezzi presenti in questa raccolta conferma la bontà della produzione musicale del gruppo di Birmingham che, nonostante i numerosi album della loro discografia, ha quasi sempre colpito nel segno. Per intensità e discorso musicale questa raccolta può essere intessa come un disco vero e proprio più che un momento interlocutorio, dato che qui ci sono i Napalm Death seconda versione, ovvero quelli dal suono più attuale, non più lento, ma più precisi e chirurgici, ed in pratica tutto quello che hanno fatto per la Century Media. Ci sono momenti davvero notevoli come Outconditoned, cover dei Despair comparsa sulla raccolta Covering 20 Years Of Extremes. I Napalm Death sono un gruppo estremo composto da persone intelligenti e di cuore, e questo li ha sempre fatti amare tantissimo dal pubblico, che è rimasto fedele durante gli anni, e forse questa raccolta ne è la prova maggiore, poiché il gruppo inglese lascia canzoni di ottima qualità fuori dagli album ufficiali e ciò prova la qualità del materiale. Oltre novanta minuti di Napalm Death, una match di football senza intervallo in compagnia dei nostri estremisti musicali preferiti. I tafferugli sono consentiti.

Tracklist
CD1:
1. Standardization
LP-only bonus track from ‘Utilitarian’ album sessions 2011
2. Oh So Pseudo
Bonus track from ‘Apex Predator – Easy Meat’ album sessions 2014
3. It Failed To Explode
Japan-only bonus track from ‘Utilitarian’ album sessions 2011
4. Losers
Bonus track from ‘The Code Is Red…Long Live The Code’’ album sessions 2004
5. Call That An Option?
Bonus track from ‘Smear Campaign’ album sessions 2006
6. Caste As Waste
Japan-only bonus track from ‘Apex Predator – Easy Meat’ album sessions 2014
7. We Hunt In Packs
Japan-only bonus track from ‘Time Waits For No Slave’ album sessions 2008
8. Oxygen Of Duplicity
From Melvins Split EP, recorded 2013
9. Paracide
Gepopel cover / Japan-only bonus track from ‘Apex Predator – Easy Meat’ album sessions 2014
10. Critical Gluttonous Mass
Bonus track from ‘Apex Predator – Easy Meat’ album sessions 2014
11. Aim Without An Aim
Bonus track from ‘Utilitarian’ album sessions 2011
12. An Extract (Strip It Clean)
From Split EP with Heaven Shall Burn, recorded 2014
13. Phonetics For The Stupefied
From Split EP with Voivod, recorded 2014
14. Suppressed Hunger
Bonus track from ‘Time Waits For No Slave’ album sessions 2008
15. To Go Off And Things
Cardiacs cover / From Split EP with Melvins, recorded 2013

CD2:
1. Clouds of Cancer / Victims Of Ignorance
G-ANX cover / Bonus track from ‘Apex Predator – Easy Meat’ album sessions 2014
2. What Is Past Is Prologue
Bonus track from ‘Apex Predator – Easy Meat’ album sessions 2014
3. Like Piss To A Sting
From Split EP with Melt Banana, recorded 2014
4. Where The Barren Is Fertile
From Split EP with Melt Banana, recorded 2014
5. Crash The Pose
Gauze cover / Japan-only bonus track from ‘The Code Is Red…Long Live The Code’’ album sessions 2004
6. Earthwire
Download only as DZI Foundation benefit following the 2015 Nepal earthquake, recorded 2014
7. Will By Mouth
From Split EP with Converge, recorded 2012
8. Everything In Mono
Bonus track from ‘Utilitarian’ album sessions 2011
9. Omnipresent Knife In Your Back
Bonus track from ‘Time Waits For No Slave’ album sessions 2008
10. Lifeline
Sacrilege cover / From ‘Respect Your Roots Worldwide’ compilation, recorded 2011
11. Youth Offender
B-Side from ‘Analysis Paralysis’ EP; recorded 2011
12. No Impediment To Triumph (Bhopal)
From Split EP with Converge, recorded 2012
13. Legacy Was Yesterday
From Decibel magazine Flexi EP, recorded 2010
14. Outconditioned
Despair cover / From ‘Covering 20 Years Of Extremes’ compilation, recorded 2008
15. Atheist Runt
Bonus track from ‘Smear Campaign’ album sessions 2006
16. Weltschmerz (Extended Apocalyptic Version)
Bonus track from ‘Smear Campaign’ album sessions 2006

Line-up
Mark “Barney” Greenway – Vocals
Shane Embury – Bass
Mitch Harris – Guitar, Vocals
Danny Herrera – Drums

NAPAKM DEATH – Facebook

Killing Addiction – Omega Factor

Tramite la Xtreem ritorna a devastare l’udito dei deathsters mondiali questo album, diventato di culto tra gli appassionati ed ora finalmente ripresentato con l’artwork originale rinnovato, un suono notevolmente migliorato e la chicca dei due demo che valorizzano ancora di più l’operazione.

9 Marzo 1993 / 9 Marzo 2018 a distanza di venticinque anni esatti torna sul mercato. tramite la Xtreem, Omega Factor, primo full length dglei statunitensi Killing Addiction, band vissuta per qualche anno all’ombra dei gruppi storici dalle parti della Florida.

La band iniziò la sua avventura nel mondo del metal estremo nel 1990 e, dopo due demo (Legacies Of Terror e Necrosphere) che troverete come bonus su questa ristampa, licenziò l’album in questione e dopo un altro paio di lavori minori interruppe l’attività dal 1998 al 2010, anno di uscita del secondo lavoro sulla lunga distanza (Fall of the Archetypes); ancora altri due ep e si arriva al 2016 e al lutto che ha colpito il gruppo, con la morte del chitarrista Chad Bailey, fratello del cantante e bassista Pat.
Tramite la Xtreem ritorna a devastare l’udito dei deathsters mondiali questo album, diventato di culto tra gli appassionati ed ora finalmente ripresentato con l’artwork originale rinnovato, un suono notevolmente migliorato e la chicca dei due demo che valorizzano ancora di più l’operazione.
Omega Factor è il classico album dell’epoca, quindi si parla di death metal old school di matrice statunitense che i Killing Addiction rendono ancora più estremo con soluzioni grind, mentre i tradizionali rallentamenti doom portano la musica del gruppo nel mondo abissale e maligno dei Morbid Angel.
Una buona varietà nel sound fa di Omega Factor un ascolto interessante, con la band che usa a suo piacimento tutti i cliché del genere, mentre il cantato passa come la musica da growl profondi a scream di natura grindcore.
Equating The Trinity, Altered At Birth e la conclusiva Impaled sono i brani migliori di un debutto sicuramente da rivalutare, soprattutto se siete fans incalliti del death metal tradizionale.
I due lavori minori vedono all’opera  invece una band ancora acerba, alle prese con un metal estremo che dal death passa al thrash di natura slayerana, sicuramente non imperdibile ma nel contesto del prodotto sicuramente affascinanti e che ben fotografano le gesta dei Killing Addiction nei primi anni di vita.

Tracklist
1.Omega Factor
2.Equating The Trinity
3.Nothing Remains
4.Dehumanized
5.Altered At Birth
6.Necrosphere
7.Global Freezing
8.Impaled
9.Necrosphere (7” EP)
10.Covenant Of Pain (7” EP)
11.Impaled (7” EP)
12.Nothing Remains (Demo)
13.Well Of Souls (Demo)
14.Condemned (Demo)
15.Necrosphere (Demo)

Line-up
Patrick Bailey – Bass, Vocals, Lyrics
Chris Wicklein – Guitars
Chad Bailey – Guitars
Chris York – Drums

KILLING ADDICTION – Facebook

Disembowel – Plagues And Ancient Rites

I Disembowel sono il classico combo che fa dell’attitudine old school la sua forza, quindi è inevitabile consigliarli solo ai fans del genere che avranno di che godere della nuvola di zolfo che si alzerà fin dalla prima nota di questo Plagues And Ancient Rites.

Non solo Brasile, ma l’intero Sudamerica è continente metallico e le realtà underground provenienti dagli altri paesi si sommano così alla consolidata tradizione verdeoro.

Se poi il nostro interesse va alla frangia estrema del metal, le sorprese non mancano, con Argentina e Cile a regalarci putridi esempi in tutte le sue abominevoli forme.
I Disembowel, per esempio, nascono in Cile nel 2012, arrivano all’esordio sulla lunga distanza dopo un ep (Act Of Invocation) e un demo (Form The Depths) uscito pochi mesi prima di questo marcissimo Plagues And Ancient Rites.
L’esordio conferma la natura old school del trio formato da Leviathan (voce, basso), Azathoth (chitarra) e Goat (batteria), e l’album sprigiona una carica maligna e morbosa: la band si rifà alle opere di H.P. Lovecraft e ad una attitudine anticristiana inglobata in un sound assolutamente datato, sotto forma di un death/thrash senza soluzione di continuità e dallo spirito underground che si evince anche da una produzione scarna e malata.
Plagues and Ancient Rites rivela la sua natura diabolica ed oscura fin dalla intro che sfocia nell’arrembante Lord Of Shadows, con ritmiche serrate e solos slayerani in un vortice estremo ed assolutamente evil; l’album ha comunque nella title track il suo momento migliore, anche se si rivela un macigno dall’anima corrotta dall’inizio alla fine.
I Disembowel sono il classico combo che fa dell’attitudine old school la sua forza, quindi è inevitabile consigliarli solo ai fans del genere che avranno di che godere della nuvola di zolfo che si alzerà fin dalla prima nota di questo Plagues And Ancient Rites.

Tracklist
1.Intro – Innsmouth Evocation
2.Lord of Shadows
3.IA! IA! Nyarlathotep
4.The Pact with the Sect of the Sea
5.Los Antiguos Eran… Los Antiguos Son… Los Antiguos seránS
6.Plagues of the Ancient Rites
7.The Ancient Cult of Cthulhu
8.En el Abismo
9.Antra Gnomorum

Line-up
Goat – Drums
Azathoth – Guitars
Leviathan – Vocals, Bass

Teratoma – The Inside Reborn…The Flesh

Growl profondo, malato e animalesco, ritmiche forsennate e solos strappati con forza belluina dalle sei corde sono le caratteristiche principali del sound dei Teratoma, quindi niente di nuovo ed assolutamente per gli appassionati più devoti.

Nuovo ep per i brutali Teratoma, band estrema catalana dal monicker che ricorda un particolare tipo di tumore.

Il quartetto di Barcellona risulta attivo addirittura da più di vent’anni anche se la sua discografia si ferma a un demo del 1996, il debutto sulla lunga distanza uscito quattordici anni dopo (The Terato-Genus Reborn, 2000), un altro demo nel 2016 e questo In The Inside Reborn…The Flesh ep, composto da cinque brani più intro di brutal death metal sui generis.
Growl profondo, malato e animalesco, ritmiche forsennate e solos strappati con forza belluina dalle sei corde sono le caratteristiche principali del sound dei Teratoma, quindi niente di nuovo ed assolutamente per gli appassionati più devoti.
Il concept del gruppo si concentra sull’anatomia e la sofferenza, magari più portata da terribili malattie che dai soliti serial killers, anche se la copertina di questo lavoro ispira scenari horror/gore.
Il gruppo è da seguire se siete amanti del genere e vi piace curiosare tra il sottobosco delle varie scene in giro per il mondo: il suo sound segue le coordinate di Cannibal Corpse, Suffocation e Mortician, ma i Teratoma non hanno mai trovato la giusta costanza per non farsi dimenticare; magari questa è la volta buona.

Tracklist
1.In the Inside Reborn the Flesh
2.Taking over Brains
3.The Brundelfly Project
4.Zombies A.D
5.The Hidden Church
6.Suffering

Line-up
TITOPSY- Vocals
JUANMA- Guitars
JUANJO- Guitars
SERGI- Drums
JOXE- Bass

TERATOMA – Facebook

Škan – Death Crown

Come avrà modo di scoprire chi vorrà ascoltare Death Crown, l’idea di black metal negli Škan è ben più ampia e variegata in virtù di un sound in continua trasformazione ed evoluzione.

Per fortuna non sempre la musica segue percorsi predefiniti: per esempio non era per nulla prevedibile ascoltare sonorità di questo tipo da una band texana inserita nell’ampio calderone del black metal.

Gli Škan, in realtà, partono da quella base stilistica per diramare la loro proposta verso territori molti lontani anche per immaginario da quelli normalmente battuti da chi proviene da oltreoceano.
Non sono quindi impronte cascadiane quelle che risultano impresse in Death Crown, bensì meno visibili ma più profonde tracce di uno spirito inquieto che molto attinge in tal senso nella cultura dei nativi americani fin dal monicker: da questo ne deriva un sound che mostra diversi volti, da quelli più introspettivi (che sono la maggioranza) a quelli più robusti che sono sovente lanciati su ritmi medi e inframezzato da ottimi passaggi di chitarra solista.
Anche per questo la definizione di band dedita al black death sta un po’ stretta agli Škan, i cui intenti per volere del leader Joseph Merino sono ben più ampi sia dal punto di vista musicale che concettuale: se Death Crown può sembrare una canonica sfuriata black metal, sebbene arrivi dopo un intro che già promette sonorità poco convenzionali, la sua parte finale ci dice già che da ogni brano della band è lecito attendersi variazioni di ritmo e di atmosfere, tanto più che le diverse tracce sono collegate tra loro a creare una sorta di continuum sonoro, che sfocia poi in un brano magnifico come The Womb, dove predomina un suono di chitarra molto particolare inserito in un contesto dai tratti psichedelici.
La stessa Iron & Blood si muove su coordinate molto simili prima di sfociare nei due brani più lunghi dell’album, Father Qayin, per certi versi la canzone più ritmata e immediata del lotto, e For The Love Of Death, nella quale vengono ancora disegnate pennellate chitarristiche struggenti che conducono al termine di un disco bellissimo e sorprendente, non tanto per un suo insito carico innovativo quanto per la capacità di Merino e soci di mutare le carte in tavola senza perdere mai di vista la propria idea di metal; come avrà modo di scoprire chi vorrà ascoltare Death Crown, questa è infatti ben più ampia e variegata in virtù di un sound in continua trasformazione ed evoluzione nel corso dell’album.
Uno splendido lavoro, consigliato a prescindere dagli steccati di genere

Tracklist:
1. Initium
2. Death Wish
3. A Mort
4. The Womb
5. Au Dela
6. Iron & Blood
7. Father Qayin
8. For The Love Of Death

Line-up:
Joseph Merino – Guitars, Vocals
David Baxter – Drums
Rob Zim – Bass
Ron van Herpen – Guitars

SKAN – Facebook

The Grotesquery – The Lupine Anathema

Meno gotico del precedente lavoro, che viveva di atmosfere horror, The Lupine Anathema si attesta su un death metal tradizionale, più diretto che in passato anche non mancano se rallentamenti al limite del doom.

Archiviata la Coffin Born Trilogy con la quale i The Grotesquery si sono lanciati sul mercato estremo, era ora che Rogga Johansson e Kam Lee tornassero a raccontare di storie dell’orrore ispirate dal mondo dell’occulto, del paranormale e da due leggende della letteratura di genere come H.P Lovecraft ed Edgar Allan Poe.

Il primo capitolo di quella che dovrebbe diventare anch’essa una trilogia si intitola The Lupine Anathema e racconta di licantropia ed altre bestialità.
Squadra che vince non si cambia, così dopo la firma con la Xtreem Music, Johansson e Lee, accompagnati dalla coppia Grand Master J. Berglund al basso e Notorious B. Helgetun alle pell,i tornano con il loro death metal old school che amalgama spunti di scuola americana con chitarre marcatamente scandinave per uno dei più riusciti esempi di genere in circolazione.
Meno gotico del precedente lavoro, che viveva di atmosfere horror, The Lupine Anathema si attesta su un death tradizionale, più diretto che in passato anche se con rallentamenti al limite del doom, ululati bestiali e terrore primitivo ad animare la raccolta di brani che da Under the Curse of the Full Moon non smette un attimo di regalare metal di spessore.
Advent of the Werewolves, Dark Cry Of The Wolf, Ithaqua the Wind Walker, dall’atmosfera intrisa di sangue, richiamano vecchi film in bianco e nero, mentre Lee è il licantropo che sfida la Luna prima dell’inesorabile trasformazione.
La band continua a non fare prigionieri e il suo death metal classico, pregno di atmosfere decadenti e orrorifiche non perde un colpo, lasciando alla conclusiva Bloodcurdling Tales il compito di darci appuntamento al prossimo capitolo della nuova saga targata The Grotesquery, da non perdere per nessun motivo.

Tracklist
1.Under the Curse of the Full Moon
2.By Feral Ways
3.Wrath of the Garvulves (By the Eyes of Moonlight)
4.Advent of the Werewolves
5.The Faceless God
6.As Death Dies
7.The Beast of the Bayou (Night of the Rougarou)
8.Dark Cry of the Wolf
9.Ithaqua the Wind Walker
10.Bloodcurdling Tales

Line-up
Herr R. Johansson – Guitars
Master K. Lee – Vocals
Grand Master J. Berglund – Bass
Notorious B. Helgetun – Drums

THE GROTESQUERY – Facebook

Throneum / Necrosadist / Empheris / Witchfuck – Night of Terror

La resa audio del live è terribilmente deficitaria e di sicuro questo non rende giustizia all’impegno delle band coinvolte, trattandosi di una registrazione men che amatoriale.

La Unpure Records pubblica questo split in formato cassetta che immortala dal vivo quattro band estreme della scena polacca, registrando parte dello show tenutosi durante il Night of Terror tenutosi a Chorzów lo scorso 21 ottobre.

Di per sé l’operazione non sarebbe affatto male, visto che in un colpo solo ci sarebbe la possibilità di ascoltare due brani ciascuno di gruppi dalla storia già abbastanza lunga come Throneum, Empheris e Necrosadist, o più recente come i Witchfuck, tutte comunque dedite ad un black/thrash piuttosto diretto e genuino.
Il grosso problema è che la resa audio del live è terribilmente deficitaria, nel senso che siamo al livello di un bootleg di scarsa qualità , anche se è possibile che il nastro restituisca un minimo di profondità in più rispetto al formato mp3 in mio possesso: di sicuro questo non rende giustizia all’impegno delle band coinvolte, trattandosi di una registrazione men che amatoriale.
Personalmente provo massima stima e rispetto per chi sta cercando di riportare in auge le musicassette e di chi se ne strafotte della perfezione sonora privilegiando l’impatto sonoro ed i contenuti, però in questo caso si scende al di sotto di un’ipotetica soglia di tollerabilità. In definitiva, ritengo che Night of Terror possa essere un prodotto appetibile solo per chi si trovava quel giorno al concerto, avendo così la possibilità di conservarne un ricordo “fisico”, mentre chi volesse approfondire la conoscenza di queste quattro band è meglio che si rivolga ad uscite più canoniche.

Tracklist:
Side A
1. Throneum – Exhibition of Abomination
2. Throneum – Godless Antihuman Evil
3. Empheris – Black Mirror of Unknown
4. Empheris – The Return of Derelict Gods Pt. IV
Side B
5. Necrosadist – Night of Sodomy
6. Necrosadist – Infernal Ritual
7. Witchfuck – Disgusting Rock’N”Roll
8. Witchfuck – Unholy Cunt

Line-up:
Throneum
Armagog – Bass
The Great Executor – Guitars, Vocals
Diabolizer – Drums

Necrosadist
Necroführer – Guitars, Vocals (backing)
Thot – Drums
Morbid G. – Bass, Vocals (backing)
Cuntreaper – Vocals

Empheris
Bonif – Bass
Adrian – Vocals
Tomasz Dobrzeniecki – Guitars
Giorgi Tchutchulashvli – Guitars
Szymon Żbikowski – Drums

Witchfuck
BeerTerror – Guitars
Hellscreamaross – Vocals, Lyrics
Count W. – Bass
M.D. – Drums

Battlesoul – Sunward And Starward

La forza di questo nuovo album targato Battlesoul è quella di mantenere un approccio estremo, pur lasciando che le melodie e le armonie folk siano presenti, accompagnando il concept celtico/guerresco.

Come sempre nel meraviglioso mondo della musica underground è quando meno te lo aspetti che ti ritrovi al cospetto di un album che ti fa sussultare ed innamorare, magari travolto da tempeste estreme, oppure divertito dall’irriverenza del rock’n’roll o ancora cullato dal lento andamento di un blues.

In questo caso invece ci vestiamo di pellicce, ci armiamo di scuri e scendiamo verso il lago Ontario, al comando dei Battlesoul, quartetto canadese che arriva al terzo album in dieci anni di eroici scontri tra folk, death metal melodico e power/thrash.
Lay Down Thy Burdens, licenziato nel 2010, e Tir Na Nog, uscito ormai cinque anni fa, sono i precedenti lavori (oltre all’ep di debutto) dei Battlesoul prima che Sunward And Starward ci costringa a fuggire lungo le valli intorno al grande lago, inseguiti dai  guerrieri canadese.
Che scrivere di un album del genere se non che vi ritroverete nel bel mezzo di epiche atmosfere belliche, spazzati da tempeste estreme, inseguiti da cavalcate power/thrash devastanti, valorizzate da un gusto per le melodie di stampo classico da applausi, mentre nobili tastiere e sfumature folk esaltano un sound tellurico.
La band non fa sconti e l’album viaggia a velocità sostenuta per quasi l’intera durata, la forza bruta sprigionata dai Battlesoul è immane, e brani come Arrival, Break The Day, la mastodontica title track ed il mid tempo pesantissimo, epico e drammatico del capolavoro The Loss Of Sons, sfiorano le gesta delle icone nordiche del genere, in un deliro di sangue e fango, muscoli e gloria che non fa prigionieri.
La forza di questo nuovo album della band canadese è quella di mantenere un approccio estremo, pur lasciando che le melodie e le armonie folk siano presenti, accompagnando il concept celtico/guerresco: Amon Amarth, Moonsorrow, primi Blind Guardian ed In Flames, vengono digeriti e risputati sotto forma di un sound entusiasmante e 100% Battlesoul.
Imperdibile.

Tracklist
1.All I Understand
2.Arrival
3.Azure Skies
4.Bearing The Word
5.break The Day
6.So It Goes
7.Sunward And Starward
8.The Loss Of Sons
9.The watcher
10.Totem

Line-up
Thomas Ireland – Guitar, Programming
Jon Doyle – Vocals, Bass, Keyboard
Mike Grund – Guitar
Nich Ireland – Drums

BATTLESOUL – Facebook

Thy Feeble Saviour – And Darkness Fell

Il black offerto dal duo statunitense è crudo ed essenziale, con sconfinamenti nel grind testimoniati anche dalla brevità dei quattordici brani inseriti nella tracklist il cui fatturato in termini di durata supera di poco la mezz’ora.

Dopo una storia iniziata quasi quindici anni fa, i Thy Feeble Saviour approdano al full length d’esordio, dopo gli accenni mostrati a metà dello scorso decennio nella configurazione di progetto solista di Francisco Pulido ed una ripresa dell’attività nel 2015 con l’ingresso in formazione del drummer Matt Hefner.

Il black offerto dal duo statunitense è crudo ed essenziale, con sconfinamenti nel grind testimoniati anche dalla brevità
dei quattordici brani inseriti nella tracklist il cui fatturato in termini di durata supera di poco la mezz’ora.
Pulido, in spregio al suo cognome, esprime la sua idea di metal estremo con sonorità ruvide e tutt’altro che limpide, vomitando le proprie blasfemie con un growl animalesco che riesce comunque a sovrastare l’apocalisse strumentale che viene riversata nella quasi totalità di And Darkness Fell.
L’album non è ovviamente roba per palati fini, e tutto sommato lo ritengo più adatto a chi ascolta grind piuttosto che black, pur essendo quest’ultima di base la matrice sonora, proprio per l’urgenza e la sintesi espressiva che sono tratto comune dell’intero lavoro, fatto salvo qualche morboso quanto efficace rallentamento (a tratti in Obscenity of the Cross e nella title track).
Ad emblema dell’album proviamo ad estrapolare Procession to Calvary, leggermente meno parossistica nel suo incedere ma ugualmente devastante, con il tentacolare Hefner che mette costantemente a rischio l’integrità del suo strumento.
Un lavoro come questo, intriso di un sound quanto mai primitivo e diretto, difficilmente porterà in auge il nome dei Thy Feeble Saviour, ma il solo sapere che ci sono ancora in giro figuri come questi mi provoca uno strano senso di benessere …

Tracklist:
1. Corpse of the Crucified
2. Engulfed in Abhorrence
3. Torture Stake
4. And Darkness Fell
5. Provoked Crucifixion
6. Procession to Calvary
7. Destruction of the Holy Sepulchre
8. Scourge Him
9. Obscenity of the Cross
10. Carrion for Beasts
11. Disgrace the Throne
12. Darkest Path to Death
13. Crurifracture (The End)
14. Mocked and Despised

Line-up:
Francisco Pulido – Guitars, Bass, Vocals
Matt Heffner – Drums

THY FEEBLE SAVIOUR – Facebook

Mors Subita – Into The Pitch Black

Dimenticate urletti in clean e ritmiche stoppate, i Mors Subita schiacciano sull’acceleratore, ci travolgono con un impatto death/thrash e ci deliziano con solos melodici di scuola heavy come si faceva una volta.

Il death metal melodico continua a mietere vittime, anche se sono lontani i primi capolavori usciti negli anni novanta e la linea che divide il genere con le pulsioni statunitensi di stampo core è sempre più sottile.

Fortunatamente, chi suona il genere nella sua forma più pura e primitiva non manca, e l’incontro con piccole gemme estreme è sempre dietro l’angolo, specialmente se si volge lo sguardo verso nord.
E dalla terra dei mille laghi arrivano i Mors Subita, quartetto attivo addirittura dalla fine del secolo scorso e con all’attivo un paio di ep e due full length, prima che Into The Pitch Black arrivi e faccia venire il sorriso agli amanti del death metal melodico che chiameremo classico.
Si perché già dal singolo As Humanity Weeps, la band finlandese ci va giù duro, pur mantenendo un approccio melodico ben definito e strappandoci qualche applauso per il gran lavoro chitarristico, sia in fase ritmica che solistica.
Dimenticate urletti in clean e ritmiche stoppate, i Mors Subita schiacciano sull’acceleratore, ci travolgono con un impatto death/thrash e ci deliziano con solos melodici di scuola heavy come si faceva una volta.
Non c’è tregua nè riposo, tra le trame di brani diretti come la title track, Just The Beginning, Shadows e The Void, la band si lancia in fughe metalliche che sferzano e frustano l’ascoltatore, con i primi Soilwork e Darkane a fare da padrini a questo nuovo lavoro targato Mors Subita.

Tracklist
1.Path to the Abyss
2.As Humanity Weeps
3.Dead Sun
4.Defeat
5.Into the Pitch Black
6.Alas
7.I, God
8.Vultures
9.Fear is Just the Beginning
10.Shadows
11.The Void

Line-up
Eemeli Bodde – Vocals
Mika Lammassaari – Lead Gtr, additional vocals
Mika Junttila – Bass
Ville Miinala – Drums

MORS SUBITA – Facebook

Purest Of Pain – Solipsis

La band non abbonda certamente in personalità anche se l’album nella sua interezza si fa apprezzare, specialmente nel gran lavoro delle due chitarre, ispirate sia in fase ritmica che negli assoli che grondano melodie.

I Purest Of Pain sono la band del chitarrista e compositore Merel Bechtold (Mayan, Delain) e Solipsis è il loro nuovo lavoro, il primo sulla lunga distanza.

Il gruppo, che festeggia il decimo anno di attività licenzia questo buon esempio di death metal melodico moderno, non lontano dal sound che si è sviluppato negli ultimi tempi tra gli adepti del death metal, tra melodie scandinave e reminiscenze core.
Solipsis, quindi, si muove con disinvoltura tra queste due correnti portate al successo in tempi diversi dalla frangia melodica del death metal, rinunciando totalmente a qualsiasi forma di vecchia scuola.
Poco da dire dunque, la band non abbonda certamente in personalità anche se l’album nella sua interezza si fa apprezzare, specialmente nel gran lavoro delle due chitarre, ispirate sia in fase ritmica che nei solos che grondano melodie.
La componente thrash è presente così da rendere i brani a tratti devastanti (Trial & Error), supportati da uno scream aggressivo, ma che ci risparmia coretti puliti da school band.
In un contesto leggermente monocorde sulle lunga distanza, i brani di Solipsis tendono ad assomigliarsi, così l’attenzione cade inevitabilmente sulla performance delle due chitarre, ispiratissime e sincronizzate perfettamente.
I Purest Of Pain, eseguono il loro compito con disinvoltura, destreggiandosi tra uno dei generi più inflazionati del metal estremo con buona padronanza di mezzi, anche se Crown Of Worms, Momentum e Terra Nil dimostrano la loro totale devozione al sound di primi In Flames, Soilwork e Dark Tranquillity, solcati da tagli modern metal.

Tracklist
1.The Pragmatic
2.Truth-seeker
3.Vessels
4.Crown of Worms
5.Momentum
6.The Sleep of Reason
7.Tidebreaker
8.Trial & Error
9.Terra Nil
10.Noctambulist
11.E.M.D.R.
12.Phantom Limb
13.The Solipsist
14.The End

Line-up
J.D. Kaye – Vocals
Merel Bechtold – Guitar
Michael van Eck – Guitar
Frank van Leeuwen – Bass
Joey de Boer – Drums

PUREST OF PAIN – Facebook

Will’O’Wisp – Mot

Se qualcuno necessitasse di un’opera da esibire quale esempio di death metal “progressivo ” nell’accezione più autentica del termine, Mot ne sarebbe l’ideale e più fedele istantanea.

I liguri Will’O’Wisp sono una tra le molte band la cui attività è iniziata nel secolo scorso e che, dopo una lunga interruzione, ha ritrovato impulso in questo decennio segnalandosi di nuovo all’attenzione delle frange di ascoltatori più attenti alle forme di metal estremo ed obliquo.

La ripartenza, avvenuta nel 2012, ha visto il fondatore Paolo Puppo radunare attorno a sé musicisti di comprovato spessore, a partire da Jacopo Rossi (Nerve, Antropofagus ed attuale spalla compositiva di Mike nei Dark Lunacy) al basso, Oinos (ex-Sadist e Node) alla batteria e alle tastiere, ed Emanuele “Deimos” Biggi (Mortuary Drape) alla voce.
Mot è quindi il terzo full length (dopo Kosmo ed Inusto) pubblicato da questa nuova incarnazione dei Will’o’Wisp, ed il quinto se consideriamo i primi due risalenti rispettivamente al 1997 (Enchiridion) e al 2001 (Unseen): a giudicare dal contenuto del lavoro si può tranquillamente affermare che oggi la band è una delle migliori espressioni in circolazione del death metal dalle sembianze technical/progressive, soprattutto perché l’abilità strumentale dei singoli viene messa al servizio di un songwriting pirotecnico, ma sempre focalizzato sull’imprescindibile forma canzone, unico antidoto al tecnicismo fine a sé stesso.
Gli undici brani contenuti nell’album sono sferzate brevi, violente ed imprevedibili, con l’apporto di “armi” non convenzionali come archi, fiati, percussioni e voci liriche offerte da una lunga serie di ospiti provenienti dalla scena genovese, incluso il più illustre di tutti,Tommy Talamanca, che ha offerto da par suo alcuni pregevoli passaggi di chitarra solista, oltre ad essersi occupato della produzione di Mot presso i suoi Nadir Studios.
E’ proprio grazie a tutto questo che ogni singola traccia possiede una vita propria e risulta funzionale alla riuscita di un album che non conosce punti deboli, regalando una serie di episodi micidiali come Throne of Mekal, Rephaim, Descending to Sheol e Rain of Fire, nei quali la base estrema viene messa costantemente in discussione dalle incursioni degli elementi sopracitati, con l’effetto di rendere il tutto irresistibile anziché frammentario, come si poteva paventare.
Un merito questo, da attribuirsi in toto a questo gruppo di musicisti capace di lasciare il segno con un lavoro snello per durata, ma sferzante e tagliente per effetto: se qualcuno necessitasse di un’opera da esibire quale esempio di death metal “progressivo ” nell’accezione più autentica del termine, Mot ne sarebbe l’ideale e più fedele istantanea.

Tracklist:
1. I Am Pestilence
2. Throne of Mekal
3. The Seven
4. Rephaim
5. Hall of Dead Kings
6. Banquet of Eternity
7. Descending to Sheol
8. Those of the Annihilation
9. Kavod
10. Rain of Fire
11. MLKM

Line-up:
Paolo Puppo – Guitar
Jacopo Rossi – Bass
Oinos – Drums, Keyboards
Deimos – Vocals

Guests:
Elisabetta Boschi – Flute
Micol Picchioni – Harp
Gabriele Boschi – Violin
Tommaso Sansonetti – Timpani
Gigi Magnozzi – Viola
Lorenzo Bergamino – Marimba
Benedetta Torre – Vocals (soprano)
Daniele Barbarossa – Vocals (additional)
Tommy Talamanca – Guitar
Andy Marchini – Bass

WILL’O’WISP – Facebook