Verikalpa – Taistelutahto

I Verikalpa sfornano un lavoro convincente nel quale si sopperisce ampiamente alla derivatività con il giusto grado di intensità, non facendo rimpiangere le opere dei più illustri connazionali.

Dopo il boom ottenuto qualche anno fa con l’esplosione di band come Finntroll e Korpiklaani, il folk metal finlandese è parzialmente rientrato nei ranghi e questo è in parte un bene, anche perché un genere di questo tipo, non lasciando molto spazio a variazioni sul tema, portava ad una moltiplicazione degli epigoni abbassando inevitabilmente la qualità media dell’offerta.

Bene hanno fatto, in tal senso, i Verikalpa ad attendere il momento più opportuno per dare alla luce il primo full length, proprio mentre le band guida sono silenti a livello di nuovo materiale da qualche tempo.
Taistelutahto è, per forza di cose, un lavoro che non aggiunge nulla ad un filone musicale del quale è già stato detto tutto o quasi e al quale si richiede, sostanzialmente, divertimento e ritmi indiavolati ad accompagnare solenni bevute e balli sfrenati.
I Verikalpa, dall’alto della buona esperienza comunque già maturata sui palchi nel corso di un decennio di attività, sfornano un lavoro convincente nel quale si sopperisce ampiamente alla derivatività con il giusto grado di intensità, non facendo rimpiangere le opere dei più illustri connazionali.
Un brano come la conclusiva Rautatammi dimostra, poi, che se i nostri volessero osare anche qualcosa di più avrebbero i numeri per andare oltre un’efficace riproposizione del già sentito, cosa che, come detto, quando si suona l’alcoolico folk metal di matrice finnica non deve essere necessariamente considerata un peccato.

Tracklist:
01. Viimiseen asti
02. Tyrmä
03. Neidonryöstäjä
04. Kuoppajaiset
05. Pahan Laulu
06. Verijuhula
07. Taistelutahto
08. Viinapiru
09. Kuoleman Suo
10. Rautatammi

Line-up:
Jani Ikonen – Vocals
Sami Knuutinen – Bass
Jussi Sauvola – Keys
Jussi Heikkilä – Guitars
Janne Niva – Guitars
Aleksi Heiskanen – Drums

VERIKALPA – Facebook

Celtachor – Fiannaíocht

Il disco è molto piacevole, ben composto e suonato: si rimane incollati ad ascoltare vicende sempre vive nel cuore degli uomini e il celtic black metal è un ottimo modo per continuare a tramandare queste tradizioni che sono sempre vive.

L’Irlanda è una terra di tenaci miti e leggende dove il cristianesimo è radicato, ma dietro a questa religione resistono molto bene figure e racconti che provengono da lontano, come quello messo in musica dal gruppo dublinese Celtachor, che qui mette in musica le gesta di Finn dei Fianna, una figura mitologica fra le più importanti nell’isola di smeraldo.

I Celtachor sono attivi dal 2010 e fanno un ottimo celtic black metal, con forti influenze folk e carico di momenti epici, con grandi prati macchiati di sangue. Rispetto ad altri gruppi connazionali i Celtachor non usano sempre il black metal, che rimane comunque nel loro carnet musicale, anche se non è l’unica peculiarità. La loro musica è una narrazione epica essa stessa, scandita da un cantato sia in chiaro che più raramente in growl, e da una forte sottotraccia doom metal, che regala maggior malinconia e forza al quadro generale. I Celtachor non sono assolutamente un gruppo scontato e riservano molte sorprese, ma soprattutto una narrazione possente e piena. Ascoltando Fiannaíocht sembra davvero di essere al fianco di Finn, il mitico guerriero cacciatore e della sua gente, i Fianna. Le sue gesta compongono il ciclo feniano che è uno dei corpus centrali della mitologia celtica ed irlandese. I Celtachor musicano perfettamente queste narrazioni archetipe, di una sapienza e di un folclore lontano nel tempo ma non nella sua essenza. Il disco, il secondo per la Trollzorn dopo Nuada Of The Silver Arm, è molto piacevole, ben composto e suonato: si rimane incollati ad ascoltare vicende sempre vive nel cuore degli uomini e il celtic black metal è un ottimo modo per continuare a tramandare queste tradizioni che sono sempre vive. L’Irlanda colpisce ancora con uno dei migliori gruppi di celtic black metal.

Tracklist
01. Sons Of Morna
02. King Of Tara
03. Tuiren
04. The Search For Sadbh
05. Caoilte
06. Great Ships Came From Over The Waves
07. The Battle On The Shore
08. Tears Of Aoife
09. Cauldron Of Plenty
10. Dubh, Dun Agus Liath

Line-up
Stephen Roche – Vocals/Whistles
David Quinn – Guitar/Backing Vocals
Anaïs Chareyre – Drums/Bodhran/Backing Vocals
Fionn Stafford – Guitar/Backing Vocals
Robert Macdomhnail – Bass/Bouzouki/Harp
Liam Henry – Violin/Harp

CELTACHOR – Facebook

Cabrakaan – Songs From Anahuac

Un ep molto originale e pieno di pathos, di vitalità messicana e di melodie ragionate, dove anche le durezze stanno bene nel contesto, dato che i Cabrakaan sono un gruppo molto particolare e lo fanno sentire molto bene.

Ep del 2014 per questo gruppo messicano che fa un buon folk metal con molte influenze che si potrebbero definire new age.

I Cabrakaan però non hanno molto di messicano, ma sono piuttosto un gruppo che va ad inserirsi in una maniera di fare folk metal che si potrebbe definire sinfonica. La loro musica non è segnata dalla durezza o dalla velocità, ma dalla costante ricerca del bilanciamento tra metal e folk, cercando sempre di trovare soluzioni sonore originali. La voce di Pat Cuikäni è molto bella e piena, carica di epicità e di possibilità canore, quasi come una guida in un mondo differente dal nostro. Le peculiarità di questo gruppo sono molte, e i ragazzi di Toluca hanno una forte personalità. Questo ep a volte sembra una colonna sonora di un manga o di un anime, come quelli di Miyazaki, dove la realtà è davvero sfumata e il sogno diventa tangibile. Anche il gioco fra aulica voce femminile e voce in growl è molto funzionale e ben fatto. La band trae una grossa ispirazione dalle tradizioni azteche e riesce a renderle molto bene anche dal vivo. Infatti, nonostante sia stato fondato solo nel 2012, il gruppo ha una solida reputazione internazionale, dato che ha partecipato a molti festival in giro per il mondo. I nostri si sono trasferiti da poco a Calgary in Canada, e da lì stanno preparando il nuovo disco che, ascoltato il loro primo ep, fa nascere una bella attesa. Un ep molto originale e pieno di pathos, di vitalità messicana e di melodie ragionate, dove anche le durezze stanno bene nel contesto, dato che i Cabrakaan sono un gruppo molto particolare e lo fanno sentire molto bene.

Tracklist
1. Cipactli
2. Citalmina
3. Obsidian
4. La Leyenda
5. La Llorona
6. Meshika

Line-up
Pat Cuikäni – Lead Vocals/Ocarinas
Marko Cipäktli – Drums/Harsh Vocals
Alex Navarro – Guitar
Paul Belmar – Guitar
Rex Darr – Bass

CABRAKAAN – Facebook

Kanseil – Fulìsche

Fulìsche è un affresco di quello che è stato nel suo profondo il Veneto, terra ricchissima e poverissima, di estrema povertà come di grande orgoglio, e che ora come tante altre terre ha perso la propria identità che però si può trovare in dischi come questi, che raccontano con dolcezza e durezza, usando il folk metal come dovrebbe essere impiegato, dato che è un ottimo mezzo per raccontare e per far assaporare storie.

I Kanseil sono un gruppo folk metal nato in Veneto, e più precisamente a Fregona in provincia di Treviso.

In poche parole questi ragazzi sanno rendere molto bene con la bella musica e testi molto interessanti l’affetto per un terra, la descrizione di vite difficili, e soprattutto il fortissimo amore per la vita in mezzo alle avversità. C’è una grande forza in mezzo a queste note, ora metalliche, ora fortemente folk, e sopratutto ci sono storie da raccontare, infatti Fulìsche è quasi come un libro da leggere, un resoconto fedele di storie, cuori e carni in tumulto, in un ambiente non certo facile. Ascoltando questo secondo loro disco sulla lunga distanza, uscito per Rockshots Records, ci si innamora facilmente della bellezza e della profondità di questo gruppo. Oltre all’ottimo folk metal, con intarsi death o black, ci sono canzoni totalmente folk nello spirito e nella musica, come Serravalle, che riportano indietro nel tempo, regalandoci il profumo di tempi lontani e ormai andati, e non so se fosse meglio o peggio, ma valgono la pena di essere cantati dai Kanseil. Per tutto il disco si ascolta un gruppo che va ad inserirsi tranquillamente nel novero dei migliori del folk metal italiano e non solo. Fulìsche è un affresco di quello che è stato nel suo profondo il Veneto, terra ricchissima e poverissima, di estrema povertà come di grande orgoglio, e che ora come tante altre terre ha perso la propria identità che però si può trovare in dischi come questi, che raccontano con dolcezza e durezza, usando il folk metal come dovrebbe essere impiegato, dato che è un ottimo mezzo per raccontare e per far assaporare storie.
La differenza la fa la classe musicale dei Kanseil, che sono tutto meno che la media folk metal band, in quanto hanno una profondità ed un livello di composizione davvero superiore, e rendono davvero molto all’ascoltatore. In alcuni momenti si può tranquillamente parlare di grande poesia, e si chiudono volentieri gli occhi per ritrovarsi in piccoli borghi al tramonto, o in mezzo a boschi che bruciano per le battaglie.
Un disco da sentire tutto più e più volte, che afferma ancora una volta il grande valore del folk metal italiano, e che porta alla ribalta ancora una volta il Veneto metallico, che sta davvero vivendo una grande stagione soprattutto in campo black e folk metal.

Tracklist
1. Ah, Canseja!
2. La Battaglia del Solstizio
3. Ander de le Mate
4. Pojat
5. Orcolat
6. Serravalle
7. Vallòrch
8. Il Lungo Viaggio
9. Densilòc

Line-up
Andrea Facchin – Lead Vocals
Federico Grillo – Guitars
Davide Mazzucco : Guitars, Bouzouki
Dimitri De Poli – Bass
Luca Rover – Drums
Luca Zanchettin – Bagpipes, Kantele
Stefano -Herian
Da Re – Whistles,Rauschpfeife

KANSEIL – Facebook

Duir – Obsidio Ep

L’ep è un’ottima prova di un gruppo che sta crescendo e che sviluppa un notevole pathos, rendendo davvero partecipe l’ascoltatore e facendolo diventare ben presto un loro fan sfegatato.

I Duir sono un gruppo di folk black death che conferma il valore della scena folk metal italiana.

Si sono formati nel 2013 e hanno avuto diversi problemi di formazione, soprattutto per quanto riguarda il batterista, ma finalmente con l’ingresso del nuovo picchiatore di pelli sono andati avanti ed è un bene per chi ama certe sonorità. Fin dal nome Duir, che significa quercia, per le popolazioni celtiche un albero di grande importanza, i ragazzi veronesi hanno dato una forte impronta folk alla loro musica, ed inizialmente hanno cominciato ad affiancarlo al death metal, salvo poi introdurre una seconda chitarra e quindi avvicinarsi maggiormente al black metal attuale. Obsidio è un ottimo lavoro in bilico tra folk metal, viking, black e momenti epici. Il gruppo ha un potenziale davvero notevole e lo si sente in pieno ascoltando l’ep che è un degno successore di Tribe, anzi va molto oltre rispetto al predecessore, essendo una tappa importante della maturazione del gruppo. I Duir hanno un talento raro per i gruppi folk metal, ovvero quello di saper cambiare registro più volte all’interno della stessa canzone, dando una nuova interpretazione al tutto. Questo loro avvicinamento al black metal ha donato maggiore potenza ed incisività alle  canzoni, e ha anche accentuato il valore delle parti folk, che sono davvero notevoli. L’ep è un’ottima prova di un gruppo che sta crescendo e che sviluppa un notevole pathos, rendendo davvero partecipe l’ascoltatore e facendolo diventare ben presto un loro fan sfegatato. Ci sono passaggi molto belli, e nel complesso tutto il disco sprigiona un sentimento forte che difficilmente vi lascerà indifferenti.

Tracklist
1.Inconscio
2.Destarsi
3.Rise Your Fear
4.Dies Alliensis
5.Insomnia Seed
6.Obsidio

Line-up
Giovanni De Francesco : Voci
Mirko Albanese : Chitarra
Pietro Devincenzi : Basso
Thomas Zonato : Cornamusa Scozzese
Matteo Polinari: Batteria

DUIR – Facebook

Cruachan – Nine Years Of Blood

La musica degli irlandesi è folk metal con elementi celtici, momenti vicini al power metal, sfuriate death ed un tocco di melodic black, ma l’ossatura è fortemente celtic folk.

E chi se non un gruppo irlandese poteva essere il padrino del celtic black folk metal? I Cruachan sono in giro dal 1992 e non accennano a lasciare il trono.

Con il loro ottavo album sulla lunga distanza chiudono la trilogia del sangue sulla guerra dei nove anni che si svolse dal 1593 al 1603, conclusasi con la definitiva sottomissione dei nobili irlandesi, e poi nel 1609 si darà vita alla colonizzazione vera e propria dell’Ulster, principale teatro di battaglia della guerra. I Cruachan ne hanno descritto le prime fasi nei due album precedenti della trilogia, Blood on the Black Robe su Candlelight Records, per poi passare sulla tedesca Trollzorn per Blood for the Blood God e il presente Nine Years Of Blood. La musica degli irlandesi è folk metal con elementi celtici, momenti vicini al power metal, sfuriate death ed un tocco di melodic black, ma l’ossatura è fortemente celtic folk. I Cruachan sono molto piacevoli e sono diventati più melodici e strutturati nelle composizioni. Nine Years Of Blood è un disco solido e con molte storie da raccontare con la ferma identità musicale e folclorica del gruppo. La storia narrata è amara, perché parla di una delle tante sconfitte irlandesi, forse la più brutta perché la vittoria era così vicina, ma è materia degli storici discutere sui motivi della sconfitta, ma soprattutto sulle davvero nefaste conseguenze, dato che la dominazione inglese dura ancora. I Cruachan dipingono un ottimo affresco musicale, una vivida lezione di storia e di pathos, e si perdona loro anche la poca inventiva di taluni passaggi musicali, perché qui quello che conta è l’effetto finale. Un’altra battaglia vittoriosa per il gruppo dell’isola verde.

Tracklist
01. I am Tuan
02. Hugh O’Neill – Earl of Tyrone
03. Blood and Victory
04. Queen of War
05. The Battle of the Yellow Ford
06. Cath na Brioscaí
07. The Harp, The Lion, The Dragon and The Sword
08. An Ale Before Battle
09. Nine Years of Blood
10. The Siege of Kinsale
11. Flight of the Earls
12. Back Home in Derry

Line-up
Keith Fay – Vocals, Electric Guitar, Acoustic Guitar
Keyboard, Tin-Whistle, Bouzouki, Mandolin, Bodhrán, Percussion
Kieran Ball – Electric Guitar, Acoustic Guitar
Eric Fletcher – Bass
John Ryan – Violin, Cello, Bowed Bass
Mauro Frison – Drums, Percussion

CRUACHAN – Facebook

HAEGEN – Immortal Lands

Gli Haegen fanno un folk metal epico cantato in inglese ed in italiano, con una propensione verso l’epic metal: le loro composizioni sono molto bilanciate e ben costruite, con una buona interazione fra potenza, velocità e melodia.

Tornano gli Haegen, gruppo folk metal di Osimo, provincia di Ancona.

Questo è il primo disco sulla lunga distanza per questo gruppo che si pone come una i migliori del genere in Italia. Gli Haegen fanno un folk metal epico cantato in inglese ed in italiano, con una propensione verso l’epic metal. Le loro composizioni sono molto bilanciate e ben costruite, con una buona interazione fa potenza, velocità e melodia. La parte folk è molto importante ed è eseguita davvero bene, il lavoro delle tastiere è molto ampio e da un importante valore aggiunto alle canzoni. Una menzione speciale va al flauto di Federico Padovano, che rende giustizia a questo nobile strumento, troppe volte usato a caso nel folk metal. Le canzoni in italiano, secondo un giudizio totalmente soggettivo, rendono molto meglio delle canzoni in inglese, che sono comunque di buon livello, ma il pathos delle canzoni cantate nella lingua madre è notevole. Ad esempio un pezzo come Incubo è molto notevole, con il suo andamento incalzante e il testo molto realistico. Tutta la musica del gruppo marchigiano è costruita per essere eseguita dal vivo, perché già in pratica il disco è alla stregua di un concerto. Come prima prova sulla lunga distanza, dopo l’ep Tales From Nowhere del 2015, questa è sicuramente buona, ci sono ampi margini di miglioramento, poiché ci sono solide basi ed un buon talento compositivo. Immortal Lands è un buon disco di folk metal di un gruppo mediterraneo, infatti si sente molto chiaramente l’influsso melodico differente rispetto alle band nordiche o slave. Un gruppo che fa ballare le anime baldanzose e che è da seguire con attenzione.

Tracklist
1. Stray Dog
2. Legends
3. Gioie Portuali
4. Fighting In The River
5. Incubo
6. Gran Galà
7. The Princess And The Barbarians
8. Bazar
9. The Tale
10. Terre Immortali
11. My Favourite Tobacco

Line-up
Leonardo Lasca: voce
Samuele Secchiaroli: chitarra
Nicholas Gubinelli: basso
Tommaso Sacco: batteria
Eugenio Cammoranesi: tastiera
Federico Padovano: flauto

HAEGEN – Facebook

Battlesoul – Sunward And Starward

La forza di questo nuovo album targato Battlesoul è quella di mantenere un approccio estremo, pur lasciando che le melodie e le armonie folk siano presenti, accompagnando il concept celtico/guerresco.

Come sempre nel meraviglioso mondo della musica underground è quando meno te lo aspetti che ti ritrovi al cospetto di un album che ti fa sussultare ed innamorare, magari travolto da tempeste estreme, oppure divertito dall’irriverenza del rock’n’roll o ancora cullato dal lento andamento di un blues.

In questo caso invece ci vestiamo di pellicce, ci armiamo di scuri e scendiamo verso il lago Ontario, al comando dei Battlesoul, quartetto canadese che arriva al terzo album in dieci anni di eroici scontri tra folk, death metal melodico e power/thrash.
Lay Down Thy Burdens, licenziato nel 2010, e Tir Na Nog, uscito ormai cinque anni fa, sono i precedenti lavori (oltre all’ep di debutto) dei Battlesoul prima che Sunward And Starward ci costringa a fuggire lungo le valli intorno al grande lago, inseguiti dai  guerrieri canadese.
Che scrivere di un album del genere se non che vi ritroverete nel bel mezzo di epiche atmosfere belliche, spazzati da tempeste estreme, inseguiti da cavalcate power/thrash devastanti, valorizzate da un gusto per le melodie di stampo classico da applausi, mentre nobili tastiere e sfumature folk esaltano un sound tellurico.
La band non fa sconti e l’album viaggia a velocità sostenuta per quasi l’intera durata, la forza bruta sprigionata dai Battlesoul è immane, e brani come Arrival, Break The Day, la mastodontica title track ed il mid tempo pesantissimo, epico e drammatico del capolavoro The Loss Of Sons, sfiorano le gesta delle icone nordiche del genere, in un deliro di sangue e fango, muscoli e gloria che non fa prigionieri.
La forza di questo nuovo album della band canadese è quella di mantenere un approccio estremo, pur lasciando che le melodie e le armonie folk siano presenti, accompagnando il concept celtico/guerresco: Amon Amarth, Moonsorrow, primi Blind Guardian ed In Flames, vengono digeriti e risputati sotto forma di un sound entusiasmante e 100% Battlesoul.
Imperdibile.

Tracklist
1.All I Understand
2.Arrival
3.Azure Skies
4.Bearing The Word
5.break The Day
6.So It Goes
7.Sunward And Starward
8.The Loss Of Sons
9.The watcher
10.Totem

Line-up
Thomas Ireland – Guitar, Programming
Jon Doyle – Vocals, Bass, Keyboard
Mike Grund – Guitar
Nich Ireland – Drums

BATTLESOUL – Facebook

Aorlhac – L’Esprit des Vents

Di questo lavoro va apprezzato soprattutto il risultato d’insieme, perché i brani si concatenano tra loro proprio per la continuità stilistica e per un’intensità che non si placa, travolgendo l’appassionato di turno per il suo impatto ritmico e melodico.

Il black metal proveniente dalla Francia non sempre è sinonimo di sonorità complesse e dalle venature sperimentali e dissonanti: in questi ultimi tempi ci stiamo imbattendo in diverse band che, al contrario, offrono un’interpretazione molto accattivante grazie all’inserimento di una pesante componente epica , ponendosi come obiettivo un coinvolgimento emotivo immediato dell’ascoltatore.

E’ questo il caso per esempio dei Nydvind (dei quali si parlerà tra qualche giorno) e degli Aorlhac, gruppo che nella sua decina d’anni di attività arriva al terzo full length, L’Esprit des Vents, a otto anni di distanza dal precedente, La cité des vents, e appunto a dieci dal quello d’esordio, À la croisée des vents.
Con il vento quale termine ricorrente nei titoli, la band di Aurillac omaggia la propria città utilizzandone il nome in occitano quale monicker, mentre musicalmente l’immaginario medioevale si traduce in una musica dal potente impatto evocativo, con sfumature che vanno dal pagan/epic al folk metal, il tutto eseguito con notevole maestria.
Di questo lavoro va apprezzato soprattutto il risultato d’insieme, perché i brani si concatenano tra loro proprio per la continuità stilistica e per un’intensità che non si placa, travolgendo l’appassionato di turno per il suo impatto ritmico e melodico.
L’Esprit des Vents è il classico lavoro il cui ascolto sicuramente tiene alla larga dalla noia: il piede batte furiosamente mentre Spellbound recita aspramente in lingua madre testi che raccontano di vicende del passato, facendoci realmente vivere in maniera credibile questi sbalzi temporali; all’interno del sound degli Aorlhac si trovano anche diversi passaggi che rimandano all’heavy metal, per cui non si disdegnano neppure ottimi assoli chitarristici (La révolte des tuchins), anche se la sei corde viene impiegata di norma in tremolo per tessere incessantemente linee melodiche bellissime (valgano per tutti brani magnifici come Ode à la croix cléchée e un’esaltante L’ora es venguda).
L’Esprit des Vents è un album che merita davvero il plauso di chiunque ami il metal, perché nonostante la sua base black possiede tutti i crismi per trovare favori anche in chi predilige di norma altri generi e, aggiungerei, è del tutto in linea con l’elevata qualità del materiale normalmente offerto dalla piccola ma attivissima etichetta transalpina Les Acteurs de L’Ombre Productions.

Tracklist:
1. Aldérica
2. La révolte des tuchins
3. Infâme Saurimonde
4. Ode à la croix cléchée
5. 1802-1869 | Les méfaits de Mornac
6. Mandrin, l’enfant perdu
7. La procession des trépassés
8. Une vie de reclus (quand les remparts ne protègent plus)
9. L’ora es venguda
10. L’esprit des vents

Line-up:
NKS – Guitars, Bass
Spellbound – Vocals
Lonn – Lead Guitars
Ardraos – Drums

AORLHAC – Facebook

Nordheim – Rapthor

I Nordheim usano con ottimi risultati l’ironia come un’arma che riesce a cambiare sempre gli equilibri e sono la dimostrazione che facendo un metal senza compromessi si possa essere molto divertenti.

Nuovo disco per i canadesi Nordheim, fautori del folk death metal più ironico e potente che ci sia.

Mettendo l’amicizia ed il divertimento in cima alla lista delle priorità, il gruppo del Quebec riesce a confezionare un disco veloce, potente e molto divertente. Non discostandosi molto dal solco tracciato con i precedenti lavori, i Nordheim esprimono tutto il loro potenziale con un disco suonato come un raptosauro che travolge tutto, con ottimi intarsi di tastiere ed un affiatamento notevole. Il loro suono è una miscela esplosiva di tastiere, chitarre lanciate a mille con una sezione ritmica notevole, un cantato molto ben strutturato per un risultato che non è nulla di nuovo, ma che è di alta qualità. Inoltre dal vivo questi canadesi riescono sempre a regalare la loro pubblico una festa metallica. I Nordheim usano con ottimi risultati l’ironia come un’arma che riesce a cambiare sempre gli equilibri e sono la dimostrazione che facendo un metal senza compromessi si possa essere molto divertenti. Sicuramente questo disco deve essere ascoltato facendo un uso abbastanza smodato di sostanze alcoliche per poter cantare a squarciagola i cori. I Nordheim negli anni sono riusciti a costruirsi un zoccolo duro e fedele di fans, e RapThor è la dimostrazione musicale del perché li amino in molti. Velocità, ironia, attitudine metal e tanto tanto divertimento per un gruppo che riesce a non essere mai scontato.

Tracklist
1. Troll Riding a Raptor
2. Boobs and Bacon
3. Scroll of Lightning Bolt
4. Black Witch Rises
5. I Wish you were Beer
6. Strength became the Storm
7. Blood’s Shade
8. DragonThorn

Line-up
Warraxe – Vocals and Rythm Guitars
Fred – Lead Guitars
BenFok – Bass and Back Vocals
Lucas – Drum

NORDHEIM – Facebook

Dirty Shirt – FolkCore DeTour

Una grande festa dal vivo di metal e di folk romeno, una gioia per le orecchie e per le gambe.

Un progetto musicale davvero interessante, già bello sulla carta, che poi diventa un qualcosa di bellissimo nella pratica, e soprattutto nella musica.

I Dirty Shirt sono un gruppo romeno di metal moderno molto fresco e conosciuto in patria, ma hanno anche girato fuori dalla loro nazione. Questo disco dal vivo è il risultato di una trionfale tournée in patria con l’Ansamblul Transilvania, un’orchestra di folclore della Transilvania, la splendida regione romena che è diventata famosa come patria del Conte Dracula, ma che è molto più di quello. L’unione dei due gruppi riesce benissimo, come si può ascoltare nel disco, che è un perfetto esempio di come due flussi di energia in apparente contraddizione abbiano invece tante cose in comune ed insieme ne escono entrambi potenziati. La forza dei Dirty Shirt sta nella loro capacità di creare groove metallici freschi e potenti, di grande forza dal vivo. L’orchestra transilvana porta nel loro suono una ventata di folclore romeno che è già molto metal di par suo. Il concerto vive di momenti anche molto differenti fra loro, con un pubblico trascinato dai gruppi e trascinante di per sé, che diventa esso stesso un’entità ben precisa che partecipa al concerto. Stupisce la nuova veste dei brani dei Dirty Shirt e gli arrangiamenti dell’Ansamblul Transilvania che sono molto azzeccati e calzano a pennello. Metal e folk verace vanno perfettamente a braccetto, e come in una osmosi si scambiano reciprocamente vita e fluidi, creando una nuova entità totalmente inedita e molto potente, che ha nella dimensione live la sua ragion d’essere. Da tempo non si ascoltava un disco così potente dal vivo, caldo ed interessante in ogni suo frangente. Questo lavoro è stato pianificato e preparato nei minimi dettagli, e ciò si evince nella cura riposta e nell’andare oltre i propri limiti. FolkCore DeTour è un disco che mostra un percorso mai battuto in precedenza dal metal romeno, e che lascia davvero una grande gioia dentro e dietro di sé. L’album è molto divertente e non si riesce a stare fermi mentre lo si ascolta: il progetto è perfettamente riuscito, anzi è andato oltre le più rosee aspettative.

Tracklist
1. Rapsodia Romana
2. Ciocarlia
3. Moneyocracy
4. Dulce-i Vinu’
5. Cobzar
6. Ride
7. Freak Show
8. UB
9. Balada
10. Manifest
11. Rocks Off
12. My Art
13. Dirtylicious
14. Hungarian Dance No.5
15. Mental Csardas
16. Hotii
17. Maramu’
18. Calusarii
19. Saraca Inima Me
20. Bad Apples

Line-up
Dan «Rini» Craciun : vocals
Robert Rusz : vocals
Mihai Tivadar : keys, guitars
Cristian Balanean : guitars
Dan Petean : guitars
Pal Novelli : bass
Vlad «X» Toca : drums
Cosmin Nechita : violin

DIRTY SHIRT – Facebook

Wolfhorde – The Great Old Ones

Gradevole ep offerto dai Wolfhorde, i quali omaggiano con un brano ciascuno Finntroll, Moonsorrow ed Amorphis, ovvero le più importanti tra le band che ne hanno influenzato il sound.

Anche se un ep contenente tre cover di norma non dovrebbe trovare cittadinanza su queste pagine, facciamo un eccezione visto l’ambito abbracciato  da questo lavoro.

La band che si cimenta con la riproposizione di un brano ciascuno di Finntroll, Moonsorrow e Amorphis si chiama Wolfhorde, è ovviamente finlandese e si lancia un questa operazione per omaggiare fin dal titolo  (The Great Old Ones)  quelli che sono stati i gruppi che hanno fornito un impronta al loro sound.
Indubbiamente qui troviamo tre maniere ben diverse nel maneggiare la materia folk all’interno del metal estremo, a partire dagli Amorphis per i quali tale elemento è sicuramente parte integrante del loro stile, ma certo in maniera meno esplicita di quanto non lo sia per i Moonsorrow e tanto meno per i Finntroll.
Il trio di Keuruu va comunque a pescare giustamente nelle prime opere dei propri numi tutelari offrendoci la loro versione della title track di Jaktens Tid dei campioni dell’humppa metal, Kylän Päässä da Voimasta ja kunniasta, secondo album di una delle più grandi band contemporanee (almeno per quanto mi riguarda ) e Sign from the North Side, tratta addirittura da The Karelian Isthmus, full length d’esordio per quello che diverrà poi una dei nomi di punta in assoluto nella terra dei “thousand lakes”.
Le versioni sono interessanti in quanto ben eseguite e comunque non risultano insipide fotocopie degli originali, nel senso che i Wolfhorde hanno cercato per quanto possibile di conferire una loro impronta a ciascun brano; ovviamente, al di là di questo gradevole passaggio interlocutorio, per la band non resta che trarre il meglio dalla lezione dei “great old ones” per cercare, nel prossimo futuro, se non di raggiungerne  il livello (molto difficile) almeno di avvicinarlo, e noi non possiamo che augurarcelo con loro.

Tracklist:
1. Jaktens Tid (Finntroll cover)
2. Kylän Päässä (Moonsorrow cover)
3. Sign from the North Side (Amorphis cover)

Line-up:
Nuoskajalka – Bass
Hukkapätkä – Vocals, Drums, Percussion
Werihukka – Guitar, Traditional instruments, Keyboards

WOLFHORDE – Facebook

Unshine – Astrala

Misticismo, ricordi di umanità diversa da quella attuale e con ben altre prerogative, ci fanno immergere dentro questo suono, ricercando qualcosa che possiamo far scaturire dal nostro interiore se lo vogliamo e se troviamo il giusto innesco: Astrala è perfetto per questo, oltre che essere un buon disco di metal.

Gli Unshine sono una band gothic metal a voce femminile proveniente dalla terra promessa del metal chiamata Finlandia.

Attivi dal 2000, Astrala è il loro quarto album sulla lunga distanza; gli Unshine possono essere definiti un gruppo gothic metal, ma c’è molto di più nella loro musica: il loro è uno spirito che parte dal gothic ma con una forte componente epica e fa capolino anche un po’ di folk. Gli Unshine fanno musica al cento per cento finlandese, guidati dalla bellissima voce di Susanna Vesilahti che riesce sempre a trovare il registro giusto per tutte le occasioni, in grande armonia con la parte strumentale. Gli Unshine sono un gruppo metal a tutto tondo, con le idee molto chiare e capaci di produrre dischi molto ben definiti e dalla forte personalità. Dentro Astrala ci sono momenti più veloci ed alcuni maggiormente lenti dalla grande epicità. La loro epica è di ricordo e narrazione di una Finlandia altra, diversa da quella attuale, facente parte di un mondo nel quale la magia e la spiritualità hanno un’importanza ben definita. Le storie degli Unshine sono vite di cose, persone ed entità, e la narrazione è giustamente epica anche grazie al sapiente uso delle tastiere che conferiscono un tono superiore alla musica. Gli Unshine non sono un gruppo prolifico, le loro uscite sono giustamente ben centellinate e diamo loro ragione perché la qualità di questi lavori è sempre alta ed appagante. Misticismo, ricordi di umanità diversa da quella attuale e con ben altre prerogative, ci fanno immergere dentro questo suono, ricercando qualcosa che possiamo far scaturire dal nostro interiore se lo vogliamo e se troviamo il giusto innesco: Astrala è perfetto per questo, oltre che essere un buon disco di metal.

Tracklist
01. Birch Of Fornjot
02. Kainun Kuningas
03. Jack’s Feast
04. The Masks Of Enchantment
05. Pan The One
06. Druids Are A-Coming
07. Slow Moving Creatures
08. Visionary’s Last Breath
09. Suo (Kantaa Ruumiit)
10. The Forest

Line-up
Susanna Vesilahti – vocals
Harri Hautala – guitar, synthesizer
Jari Hautala – guitar
Jukka “Stibe” Hantula – drums
Teemu “Teemal” Vähäkangas – bass

UNSHINE – Facebook

Under Siege – Under Siege

Gli Under Siege conoscono bene il genere e lo addomesticano a loro piacimento e a quello degli ascoltatori, alternando cavalcate cadenzate ed epiche a sfuriate estreme dove le melodie hanno la loro importanza.

Gli Under Siege sono una nuova realtà formatasi un paio di anni fa e che, con questo primo assalto sonoro, si presenta in tutta la sua natura guerresca.

Il quintetto di Palestrina aggiunge al genere un epico incedere ed ottime atmosfere folk con un’opera fornita della personalità necessaria per non farsi dimenticare dopo pochi ascolti.
Partiamo dunque per incontrare la morte o la gloria nei vari scontri che ci guideranno fino alla fine di questi quaranta minuti, dove il death metal melodico scandinavo incontra il power ed il folk: il gruppo si presenta con due brani che rispecchiano in toto il suo credo, Blàr Allt Nam Bànag, dall’intro lasciato alle note folk della cornamusa per poi trasformarsi in un veloce brano melodic death, mentre l’epico accordo iniziale di Warrior I Am si trasforma in una cavalcata death/power che centra il bersaglio e si rivela uno dei brani cardine dell’album.
Gli Under Siege conoscono bene il genere e lo addomesticano a loro piacimento e a quello degli ascoltatori, alternando cavalcate cadenzate ed epiche (Beyond The Mountains) a sfuriate estreme (Invaders) dove le melodie hanno la loro importanza, così come gli interventi della cornamusa che regala un tocco folk/fantasy a tracce come la superba One To Us.
L’album si chiude con le note della ballad d’altri tempi Bright Star Of Midnight, e a noi non rimane che consigliare l’ascolto agli amanti del genere e di gruppi come Amon Amarth ed Ensiferum, dei qiali gli Under Siege sono fieri eredi.

Tracklist
1.Blàr Allt nam Bànag
2.Warrior I Am
3.Time for Revenge
4.Beyond the Mountains
5.Invaders
6.Sotto assedio
7.One to Us
8.Bright Star of Midnight

Line-up
Paolo Giuliani – Vocals, Bagpipes
Daniele Mosca – Guitars, Backing Vocals
GianLuca Fiorentini – Guitars, Backing Vocals
Livio Calabresi – Bass, Backing Vocals
Marzio Monticelli – Drums

UNDER SIEGE – Facebook

Incursed – Amalur

Il racconto epico degli Incursed è qualcosa che rimane nelle orecchie e nei cuori, figlio di un tempo passato che può tornare solo grazie a queste narrazioni.

I baschi Incursed sono fautori di un folk metal non convenzionale, molto veloce e potente dai forti accenti epici.

Attivi dal 2007, questi ragazzi suonano un folk metal con una base pagan, costruendo canzoni molto ben strutturate e frutto di una visione potente. Questo disco è la loro quarta uscita, il loro suono è in costante miglioramento e Amalur è un lavoro con molte sfumature, eppure organico nel suo essere una narrazione epica e mitica, incentrata sulle nostre antiche tradizioni andate perse a causa dall’allontanamento dal nostro baricentro naturale. Gli Incursed usano diversi registri musicali per rendere tutto ciò, avendo molte possibili soluzioni anche grazie al loro talento e alla loro capacità creatival. L’incedere è molto epico, le canzoni sono piccole sinfonie con base metallica, ma con escursioni in altri territori, come gli intarsi con strumenti antichi. Sono notevoli anche i pezzi meno veloci, carichi di una forza notevole data dal loro pathos. Il racconto degli Incursed è qualcosa che rimane nelle orecchie e nei cuori, figlio di un tempo passato che può tornare solo grazie a queste narrazioni. Il gruppo è capace di dosare sempre l’emozione, rendendosi comprensibile in tutti i suoi passaggi, riuscendo a non essere mai noioso. Molto di tutto ciò è dovuto sicuramente alle ottime frequentazioni che la band ha avuto sui palchi, con gruppi come Eluveitie ed Ensiferum, tra gli altri. Rispetto a questi due gruppi gli Incursed hanno una personalità molto spiccata ed una maniera di interpretare li folk metal che è radicato nella penisola iberica, con grande epicità e con una maniera di comporre molto diversa per esempio dai loro colleghi scandinavi. Un buon disco che porta il gruppo ad essere fra i migliori del genere.

Tracklist
1.Lurramets [intro]
2.Cryhavoc!
3.Psalm of the Accursed
4.Akelarre
5.The Awakening
6.Amalur
7.The Slavic Covenant
8.A Crownless King
9.The Hardest of Harvests
10.Zombeer Alcoholocaust
11.Brothers in Arms
12.Fear a’ Bhàta [bonus]

Line-up
Asier Amo – drums
Asier Fernandez – guitars
Jon Koldo Tera – harsh and clean vocals, keyboards
Lander Lourido – clean vocals, guitars
Mikel Llona – bass

INCURSED – Facebook

Descrizione Breve

Autore
Massimo Argo

Voto
7

Genere – Sottogeneri – Anno – Label
Folk Metal

Pagan Metal

Viking Metal

2017

Isle of Avalon – Of Tulgey Wood and the Table Rounde

Con gli Isle Of Avalon ci tuffiamo nelle atmosfere leggendarie dei cavalieri della tavola rotonda e di re Artù, con la colonna sonora che non può che essere un power metal dai rimandi folk, epico, sognante e battagliero, ma poco incisivo.

Con gli Isle Of Avalon ci tuffiamo nelle atmosfere leggendarie dei cavalieri della tavola rotonda e di re Artù, con la colonna sonora che non può che essere un power metal dai rimandi folk, epico, sognante e battagliero, ma poco incisivo.

La band, attiva da una dozzina d’anni, è al secondo lavoro sulla lunga distanza, che segue il debutto omonimo ed una manciata di lavori minori, e  il sound di questo concept fantasy segue le orme dei nostrani Rhapsody (quelli di inizio carriera) per poi toccare lidi folk metal alla Skyclad.
Of Tulgey Wood and the Table Rounde non è un brutto lavoro, ma ha il difetto di girare intorno ad uno stile ormai collaudato con poca personalità, lasciando che il tutto si trascini verso la conclusione senza grossi picchi.
Le parti prettamente folk e tradizionali sono i momenti migliori dell’album, pregne di quel poco di drammatica epicità che indurisce le atmosfere dell’opera, purtroppo poco valorizzate da un power metal scolastico esibito quando la band parte all’attacco con cavalcate che, solo con molta fantasia, ricordano le valli che danno vita una delle leggende più famose del mondo.
Diciamo che, se siete amanti del genere fantasy, gli Isle Of Avalon provano a proporre un genere che molte band hanno nobilitato in passato, riuscendovi solo in parte e raggiungendo la sufficienza, come detto, grazie alle parti folk metal.
L’album non è aiutato neppure dalle prestazioni vocali, essendo appena sufficiente quella principale di Fædon Diamantopoulos e non all’altezza quella femminile.
In un genere come il power folk metal dalle tematiche fantasy, l’importanza dei mezzi a disposizione, purtroppo non sfruttati dal gruppo britannico, è vitale per la riuscita di un lavoro come Of Tulgey Wood and the Table Rounde.

Tracklist
1.Questing Beast
2.Tulgey Wood
3.Tirra Lirra
4.Lyre of Lyonesse
5.Kingsword
6.Queen of Two Kingdoms
7.A Sword, a Horse, a Shield
8.True Born
9.Avalon
10.The Castle Argent

Line-up
Fædon Diamantopoulos – Vocals
Alexander Wyld – Guitars
Aimée Wyld – Keyboards

ISLE OF AVALON – Facebook

Folkstone – Ossidiana

Ossidiana è uno scrigno colmo di gioie e grande musica, per un gruppo che è decisamente una delle cose migliori che abbiamo in Italia, poiché riesce a rendere in musica e nelle parole una grande gamma di sensazioni e cose perse nei tempi andati.

Riesce davvero difficile definire folk metal i Folkstone, perché questo gruppo è molto più.

Il loro sesto album è molto maturo e completo e segna un ulteriore avanzamento nel viaggio che hanno intrapreso i Folkstone. Il gruppo sentiva il bisogno di una nuova fusione tra musica e parole, e l’hanno trovata progredendo ulteriormente, e Ossidiana è un disco di musica completa e di grande sostanza. Nel 2014, in Oltre L’Abisso, i Folkstone fecero una cover di Tex dei Litfiba, e con il gruppo fiorentino di quel tempo condividono quella maniera così efficace di unire immagini e parole, formando una narrazione che trasporta davvero lontano: non sono mai stati un gruppo ovvio e scontato, ma in questo disco raggiungono un livello superiore, mai toccato in Italia. Troppo spesso il folk metal viene bollato come genere vuoto, mentre ascoltando questo disco si capisce la ricchezza di questo linguaggio musicale quando finisce nelle mani giuste. I Folkstone fanno un’epica delle nostre vite, hanno testi profondi ed introspettivi e la musica è splendida, quasi come se ci trovassimo davvero in un’altra era, forse più vicina alla nostra anima. Tutto qui è curato nel minimo particolare, la registrazione a Zurigo ha giovato molto, e si sente un continuo miglioramento del loro livello. L’album è musicalmente molto ricco e tutte le canzoni entrano nel cuore e nella mente, aprendo entrambi ad emozioni notevoli. I Folkstone ci portano in giro per il mondo, abbattendo barriere che non hanno davvero senso, contano solo i sentimenti e qui ce ne sono davvero molti. Ossidiana è uno scrigno colmo di gioie e grande musica, per un gruppo che è decisamente una delle cose migliori che abbiamo in Italia, poiché riesce a rendere in musica e nelle parole una grande gamma di sensazione e cose perse nei tempi andati.

Tracklist
01. Pelle Nera e Rum
02. Scintilla
03. Anna
04. Psicopatia
05. Asia
06. Scacco al Re
07. Mare Dentro
08. E Vado Via
09. Istantanea
10. Supernova
11. Dritto al Petto
12. Sabbia Nera
13. Ossidiana

Line-up
Lorenzo Marchesi: Vocals
Roberta Rota: Pipes, Vocals, Rauschpf
Matteo Frigeni: Pipes, Hurdy Gurdy, Rauschpf
Maurizio Cardullo: Pipes, Woodwinds, Cittern
Andrea Locatelli: Pipes, Percussions, Rauschpf
Federico Maffei: Bass
Luca Bonometti: Guitars
Edoardo Sala: Drums

FOLKSTONE – Facebook

Black Messiah – Walls of Vanaheim

Walls of Vanaheim è un’opera di buono spessore in un genere in cui non è così semplice lasciare il segno, ma purtroppo non riesce a raggiungere l’eccellenza a causa dell’eccessiva e ridondante verbosità che rischia di tenere lontani gli ascoltatori meno avvezzi a questo tipo di sonorità.

I tedeschi Black Messiah sono una band dallo stato di servizio ultraventennale e, grazie ad un’attività piuttosto regolare, soprattutto nel nuovo secolo, giungono con Walls of Vanaheim al loro settimo full length.

Il combo di Gelsenkirchen in tutti questi anni ha distribuito la propria competente interpretazione di un pagan black sinfonico e dalle ampie sfumarture folk, che si è con il tempo stemperato in qualcosa di più vicino all’heavy metal; Walls of Vanaheim è un album che mantiene ben salde le coordinate stilistiche e liriche della band, capace di regalare un lavoro convincente ma che, con qualche accorgimento in più, avrebbe potuto risultare di livello ancor più elevato.
I nostri hanno la capacità di creare con disinvoltura atmosfere epiche di grande evocatività ed immediatezza, ma pensano bene di appesantire il tutto con ben sei tracce contenenti una voce narrante che sarà anche funzionale alla comprensione del concept (visto che diversi brani sono cantati in lingua madre) ma che, allo stesso tempo, affievolisce all’ennesima potenza la tensione di un lavoro sul cui aspetto musicale c’è invece davvero poco da eccepire.
Un peccato neppure troppo veniale, questo, se pensiamo che al netto delle parti recitate resta comunque un’ora abbondante di musica, che rappresenta pur sempre un fatturato impegnativo in un epoca nella quale la fretta e la necessità della sintesi paiono aver preso il sopravvento; detto questo, però, i Black Messiah regalano una prova bella e convincente, trasportandoci nel loro epico immaginario la cui colonna sonora abbraccia il viking black come il folk, fornendo un risultato complessivo gratificante per chi ama tali sonorità.
La parte del leone in Walls of Vanaheim la fa Zagan, vocalist espressivo e abile violinista, che imprime il proprio marchio in ottimi brani come Mimir’s Head, The Walls of Vanaheim e A Feast of Unity, che sono poi quelli meno folkeggianti e maggiormente orientati ad esaltare la vena epica, anche con bellissimi progressioni chitarristiche, oltre alla notevole chiusura offerta con Epilogue: Farewell, che dopo due minuti di chiosa narrativa si trasforma in uno splendido strumentale che rappresenta idealmente la summa stilistica della band tedesca.
Walls of Vanaheim è un’opera di buono spessore in un genere in cui non è così semplice lasciare il segno, ma purtroppo non riesce a raggiungere l’eccellenza a causa dell’eccessiva e ridondante verbosità che rischia di tenere lontani gli ascoltatori meno avvezzi a questo tipo di sonorità.

Tracklist:
1. Prologue – A New Threat
2. Mimir’s Head
3. Father’s Magic
4. Mime’s Tod
5. Call to Battle
6. Die Bürde des Njörd
7. Satisfaction and Revenge
8. The March
9. The Walls of Vanaheim
10. Decisions
11. Mit Blitz und Donner
12. The Ritual
13. Kvasir
14. A Feast of Unity
15. Epilogue: Farewell

Line up:
Zagan – Vocals, Guitars, Violin
Garm – Bass
Donar – Guitars (lead), Vocals (backing)
Surtr – Drums
Pete – Guitars (rhythm), Vocals (backing)
Ask – Keyboards

Tom Zahner – Narrator

BLACK MESSIAH – Facebook

Korpiklaani – Live at Masters Of Rock

In alto i calici e onore ai Korpiklaani …

Dopo un storia iniziata nei primi anni del secolo (ancora prima se consideriamo il periodo contrassegnato dal monicker Shaman) e nove full length che li hanno portati ad ottenere una successo di notevoli proporzioni, i Korpiklaani si autocelebrano con questo mastodontico Cd/Dvd che li immortala al Masters Of Rock di Vizovice, in Repubblica Ceca, durante due concerti tenutisi, rispettivamente, nel 2014 e nel 2016.

Gli alfieri del folk metal nordico più alcoolico sono per loro natura una band nata per le esibizioni dal vivo, nelle quali di sicuro il divertimento è garantito, a patto di avere una certa propensione per queste sonorità che, se non sono nelle proprie corde, alla lunga possono anche risultare stucchevoli.
Fatta questa doverosa premessa, è evidente che un’opera del genere può risultare appetibile particolarmente per chi è preso da un’irrefrenabile desiderio di danzare ai ritmi della humppa proposta da Jarvela e soci, anche perché, in caso contrario, l’ascolto (o la visione, nel caso del DVD/BluRay) di 38 brani piuttosto uniformi dal punto di vista ritmico, 7 dei quali peraltro eseguiti in entrambi i concerti, potrebbe risultare difficilmente digeribile senza un’assunzione alle giuste dosi.
Già, perché il problema, non di tutto il folk metal ma sicuramente di quello più caciarone (detto in senso benevolo), del quale i Korpiklaani sono fieramente tra i capiscuola, è quello di provocare nell’ascoltatore medio un’esaltazione che dura giusto per i primi due ascolti, prima di stabilizzarsi in un moderato apprezzamento, esattamente ciò che accadde quando mi imbattei per la prima volta nei nostri, in coincidenza con l’uscita del notevole Tervaskanto.
A proposito, se la scaletta è tutto sommato ben distribuita tra tutti i nove album, proprio Tervaskanto è stranamente il meno rappresentato (solo con la bellissima Viima), mentre se non altro si è ampiamente attinto ai lavori più datati ed efficaci che racchiudono, tra gli altri, brani anthemici come Journey Man o Happy Little Boozer.
Ma non so neppure se sia il caso di scendere nei dettagli e fare le pulci all’operato, presente e passato, dei Korpiklaani: Live at Masters Of Rock equivale, in fondo, al fissaggio su supporto audio visivo di una festa campestre nella quale un’ottima band si diverte ed il pubblico assiepato sotto il palco fa altrettanto (oltre a bere molto…): che piaccia o meno il genere, qui viene ampiamente raggiunto un obiettivo comune che non è mai scontato. Onore ai Korpiklaani quindi, e in alto i calici.

Tracklist:
CD1 (2016)
01. Intro (Tanhuvaara)
02. A Man With A Plan
03. Journey Man
04. Pilli on pajusta tehty
05. Erämaan ärjyt
06. Lempo
07. Sahti
08. Ruumiinmultaa
09. Vaarinpolkka
10. Viima
11. Metsämies
12. Kultanainen
13. Kipumylly
14. Ämmänhauta
15. Rauta
16. Kylästä keväinen kehto
17. Wooden Pints
18. Vodka
19. Beer Beer

CD2 (2014)
01. Intro (Tanhuvaara)
02. Tuonelan tuvilla
03. Ruumiinmultaa
04. Metsämies
05. Kantaiso
06. Juodaan viinaa
07. Petoeläimen kuola
08. Sumussa hämärän aamun
09. Vaarinpolkka
10. Kultanainen
11. Uniaika
12. Louhen yhdeksäs poika
13. Uni
14. Vodka
15. Ievan polkka
16. Rauta
17. Wooden Pints
18. Pellonpekko
19. Happy Little Boozer

Blu-ray/DVD
2016:
01. Intro (Tanhuvaara)
02. A Man With A Plan
03. Journey Man
04. Pilli on pajusta tehty
05. Erämaan ärjyt
06. Lempo
07. Sahti
08. Ruumiinmultaa
09. Vaarinpolkka
10. Viima
11. Metsämies
12. Kultanainen
13. Kipumylly
14. Ämmänhauta
15. Rauta
16. Kylästä keväinen kehto
17. Wooden Pints
18. Vodka
19. Beer Beer
2014:
01. Intro (Tanhuvaara)
02. Tuonelan tuvilla
03. Ruumiinmultaa
04. Metsämies
05. Kantaiso
06. Juodaan viinaa
07. Petoeläimen kuola
08. Sumussa hämärän aamun
09. Vaarinpolkka
10. Kultanainen
11. Uniaika
12. Louhen yhdeksäs poika
13. Uni
14. Vodka
15. Ievan polkka
16. Rauta
17. Wooden Pints
18. Pellonpekko
19. Happy Little Boozer

Line-up:
Jonne Järvelä – vocals, guitar, hurdy-gurdy & percussion
Tuomas Rounakari – fiddle
Sami Perttula – accordion
Jarkko Aaltonen – bass
Cane Savijärvi – guitars
Matson Johansson – drums

KORPIKLAANI – Facebook

Eluveitie – Evocation II-Pantheon

Continua con immutato vigore la grande ricerca storica e stilistica che gli svizzeri hanno sempre compiuto per i loro dischi. Evocation II : Pantheon è in pratica un viaggio nel cuore degli dei celtici e non solo, uno scoprire l’anima nascosta dell’Europa occidentale.

Tornano i maggiori interpreti svizzeri del folk metal, con l’atteso seguito di Evocation I : The Arcane Dominion, riprendendo il discorso interrotto nel 2009, anche se poi continuato con altri dischi.

La creatura di Chrigel Glanzmann ha ben quattro nuovi membri e non sono state poche le difficoltà da Origins del 2014, ma ora il gruppo è tornato più forte che mai. Ascoltando questo disco non si può fare a meno di essere rapiti dalla bellezza della loro musica, accompagnata dal dolcissimo canto della nuova cantante Fabienne Erni, davvero una scelta azzeccata. Continua con immutato vigore la grande ricerca storica e stilistica che gli Eluveitie hanno sempre compiuto per i loro dischi: Evocation II : Pantheon è in pratica un viaggio nel cuore degli dei celtici e non solo, uno scoprire l’anima nascosta dell’Europa occidentale. Ci sono credenze e riti molto antichi che hanno accompagnato i nostri avi, che erano comuni ad un insieme di popoli, accompagnati da una grande ricerca esoterica spazzata via dal cristianesimo, che essendo un culto monoteistico molto aggressivo mal tollerava le divergenze, ed infatti gran parte delle chiese sono state edificate su luoghi di precedenti templi pagani. Grazie a persone come gli Eluveitie si è però riusciti a tramandare la vera tradizione delle nostre terre, il pantheon delle divinità legate alla natura, come Cerunnos, il dio cervo proveniente da un’eredità spirituale ben più antica dei celti, da un trapassato remoto che abbiamo dimenticato. La musica è quanto di meglio possa offrire il vero folk metal, sempre volto a ricreare suoni e musiche antiche con una grande ricerca filologica. La lingua utilizzata dagli svizzeri è il gallico, con testi scritti grazie a consultazioni con insigni linguisti. Ciò che colpisce maggiormente è come questa musica riesca a colpire al cuore menti considerate moderne, perché qui si parla ad una parte della nostra anima che è sopita dentro di noi, ma che è ben viva e presente. Non so se si possa parlare di migliore prova in generale per il gruppo elvetico, poiché la sua qualità è sempre stata alta, ma questa è una prova molto convincente e magica, che va ben oltre la musica. Ascoltando ad occhi chiusi pezzi come Artio la mente vola lontana, a prati ancora vergini, risate di donne e uomini, sudore di vita dura, boschi brulicanti di vita e portali tra una dimensione e l’altra, e quando entra il flauto la magia aumenta. Una grande prova per uno dei migliori gruppi di musica folk.

Tracklist
1.Dvressu
2.Epona
3.Svcellos II (Sequel)
4.Nantosvelta
5.Tovtatis
6.Lvgvs
7.Grannos
8.Cernvnnos
9.Catvrix
10.Artio
11.Aventia
12.Ogmios
13.Esvs
14.Antvmnos
15.Tarvos II (Sequel)
16.Belenos
17. Taranis
18.Nemeton

Line-up
Alain Ackermann – Drums
Chrigel Glanzmann – Vocals, Mandola & Mandolin, Tin & Low Whistles, Bagpipes, Bodhràn
Michalina Malisz -Session Hurdygurdy
Jonas Wolf – Guitars
Rafael Salzmann – Guitars
Matteo Sisti – Tin & Low Whistles, Bagpipe, Mandola
Kay Brem – Bass
Nicole Anspenger- Fiddle
Fabienne Erni – Vocals, Harp, Mandola

ELUVEITIE – Facebook