Repulsione – Desecrating

I Repulsione picchiano e gridano come un’ora di primitivi hooligans, e fanno un suono old school che sarà amato da chi ascolta grind da parecchi anni.

Chiamatelo grindcore, powerviolence o come vi pare, gli emiliani Repulsione sono tornati con il loro terzo disco, il punto più alto della loro discografia.

I Repulsione picchiano e gridano come un’ora di primitivi hooligans, e fanno un suono old school che sarà amato da chi ascolta grind da parecchi anni. Le chitarre stridono e disegnano linee che partono dall’italico hardcore per arrivare ad essere qualcosa di devastante, la batteria martella tutto con la terroristica complicità di ben due bassi per portare ancora più vicino al vostro culo il loro suono, mentre la voce copre tutta la gamma del growl ed anche oltre. Desecrating non si ferma nei dintorni del grindcore, ma continua nella marcia strada verso il powerviolence, che è un genere molto vicino ad un certo tipo di grindcore. Potenza e brutalità, il tutto senza mai farlo per posa ma con una grande conoscenza del genere e delle proprie possibilità. Il grind è uno dei pochi generi davvero internazionalisti, ed ha un grande scambio fra le diverse nazioni, tanto che i Repulsione in alcuni momenti sembrano una band di grind americano, poi fanno passaggi molto vicini al meglio dell’hardcore nostrano, che è comunque fortemente alla base di questo suono. I Repulsione attualmente sono forse il miglior gruppo di grind powerviolence in Italia e Desecrating è un disco che è destinato a generare molti ascolti, grazie ad una grande potenza e a tanto amore per la materia trattata. Ribellione e violenza, almeno musicale, sono sempre un gran bel programma.

Tracklist
1. The Eternal Darkness of an Usefull Skull
2. Vomero
3. Desecrating
4. Sacrifice
5. Junkyard Dog
6. Resistance
7. An Infamous Beast
8. Last Man Standing
10.1985
11. Arbeit Macht Nicht Frei
12. Union
13. Selfish (Comrades)
14. Maggio Rosso Sangue
15. Emptiness

Line-up
J.J. – bass
Gioele – drums
Tex – bass
Mosh – throat

REPULSIONE – Facebook

Eye Of The Destroyer – Starved And Hanging

Quattro brani, quattro pallottole death/grind/hardcore sparate ad altezza d’uomo da questa macchina da guerra estrema per la quale la parola d’ordine è fare male, senza pietà.

E’ giunto anche per l’ep Starved and Hanging degli americani Eye Of The Destroyer il momento dell’uscita su supporto fisico in queste prime battute del nuovo anno.

Il gruppo proveniente dal New Jersey, nato nel 2013, ha un solo full length all’attivo (Methods Of Murder) ed un buon numero di ep di cui questo è l’ultimo arrivato: la band suona death metal, contaminato da furiose parti hardcore e grind, quindi una proposta musicale assolutamente estrema e senza compromessi.
Il mini cd in questione è composto da quattro tracce per soli dieci minuti di macello sonoro che si rifà alla scena d’oltreoceano, con echi di Dying Fetus e Cannibal Corpse che si ritrovano in un concept che unisce tradizione metal e frustate core per una pesantissima e quanto mai devastante proposta.
La durata del lavoro aiuta non poco l’ascolto, anche se la natura underground e violentissima del prodotto risulta materia solo per chi di questi suoni si nutre abitualmente.
Quattro brani, quattro pallottole death/grind/hardcore sparate ad altezza d’uomo da questa macchina da guerra estrema per la quale la parola d’ordine è fare male, senza pietà.

Tracklist
1.Obsessed with Death
2.Crushed Between Earth and Bone
3.Starved and Hanging
4.Mandatory Bludgeoning

Line-up
Joe Randazza – Drums
Chris Halpin – Guitars
Christopher Vlosky – Vocals
Dan Kaufman – Bass

EYE OF THE DESTROYER – Facebook

Shambles – Primitive Death Trance

Primitive Death Trance è un nuovo esempio della proposta malsana e senza compromessi dei thailandesi Shambles.

Nel 2016 ci eravamo uniti al corteo funebre che tra le strade thailandesi lasciava un putrido odore di marcio e di morte.

Il suono, che accompagnava il lento incedere verso l’abisso dominato da oscuri demoni torturatori, proveniva dal primo full length degli Shambles (Realm of Darkness Shrine), storici deathsters attivi addirittura dal 1998, anche se con una pausa temporale di dieci anni tra il 2003 ed il 2014.
Il gruppo torna a distanza di un anno con questo nuovo ep, Primitive Death Trance, venticinque minuti di death/doom/grind che equivale ad una morte lenta e dolorosissima, una decomposizione del corpo che lascia l’anima in balia delle maligne forze del male.
Gli Shambles non spostano di una virgola l’atmosfera creata con l’album precedente e, come se questo Primitive Death Trance fosse una sua appendice, continuano a marciare inesorabili verso la perdizione con quattro marcissimi brani nei quali l’odore acre e putrido cancella ogni velleità di bene, lasciando a poche ma intense accelerazioni dalle sfumature grind/death il compito di lavare con i fluidi corporali l’altare eretto per il maligno.
La lenta cattiveria di Daemon, l’atmosfera oscura che varia ritmo della massiccia Dismal Pantheons, il caos infernale di Illusion Of The Void ed il tragico finale della title track, pregna tra le sue note di spunti psichedelici, fanno di Primitive Death Trance un altro esempio di quanto malsana e senza compromessi risulti la proposta di questi cinque demoni thailandesi.

Tracklist
1.Daemon
2.Dismal Pantheons
3.Illusion of the Void
4.Primitive Death Trance

Line-up
Chainarong Meeprasert – Bass, Vocals
Thinnarat Poungmanee – Drums
Issara Panyang – Guitars
Thotsaphon Ayusuk – Guitars
Kairudin – Bass

SHAMBLES – Facebook

Ayat – Carry On, Carrion!

Dieci pallottole che deflagrano in faccia a chiunque abbia il coraggio di avvicinarsi a questo disco, frenetico, viscerale, urgente, incompromissorio.

Dieci pallottole che deflagrano in faccia a chiunque abbia il coraggio di avvicinarsi a questo disco, frenetico, viscerale, urgente, incompromissorio: Ayat proviene dal Libano, terra instabile, è un duo che proclama di suonare “bulldozer heavy metal” e lo fa con una ferocia senza pari generando brani che si nutrono di black, grind, death con una attitudine punk-hardcore molto pronunciata.

Sono arrivati dopo nove anni a produrre il loro secondo album per la statunitense Moribund Records e il carico d’odio è rimasto invariato, loro rimangono contro ogni “religious establishment” compreso l’Islam e contro il genere umano in genere. La musica è potente, non da un attimo di respiro, è furiosa, i riff si inseguono su blast beat incessanti, che si impastano con le vocals in scream aspre, vomitate che talvolta rallentano in parti salmodiate ancora più sinistre. Brani lunghi che fanno della violenza il loro credo dove si corre a rotta di collo senza soluzione di continuità, qualche rallentamento in verità molto raro, titoli esplicativi e indicativi della rabbia viscerale che scorre nel sangue dei due musicisti. Già dall’opener Raw Power  le carte si svelano e si rimane inebetiti di fronte alla decisione e alla potenza di fuoco dei musicisti; il disco prosegue deciso erogando energia distruttrice e annichilente (I Think I Killed Her, Aysha, Closure Is Boring). Nel quinto brano i toni, pur rimanendo tesissimi, diventano più cadenzati e aprono al “piece de resistence” di Jerusalem, di quasi sedici minuti, diviso in due parti, dove nella prima su una base musicale lenta e quasi marziale sono introdotti samples di vari commentatori statunitensi sull’Islam, su Israele e Palestina, mentre la seconda parte rappresenta la risposta della band a tutti questi commenti e qui i toni tornano a infiammarsi: una volta di più la rabbia e l’odio prendono il sopravvento, spazzando qualsiasi minimo residuo di umanità. In definitiva un concentrato di tensione e violenza per una band come Ayat (in arabo segno o miracolo) che rende la propria arte una ragione di vita.

Tracklist
1. Raw War (Beirut Unveils Her Pussy Once More)
2. Every Time a Child Says “I Don’t Believe in Allah” There Is a Little Allah Somewhere That Falls Down Dead
3. I Think I Killed Her
4. Aisha
5. Fever in Tangiers, or to William
6. Closure Is Boring
7. The Pig Who Had Miraculously Been Spared Decomposition
8. Jerusalem I
9. Jerusalem II
10. The First Art of Arrogance, Part II (The Apocalypse Is but an Ejaculation)

Line-up
Reverend Filthy Fuck – Vocals
Mullah Sadogoat – Guitars, Bass

AYAT – Facebook

Galvanizer – Sanguine Vigil

Prodotto dalla band che conferisce un’atmosfera old school, oppressiva e soffocante, l’album alterna veri attimi di distruzione sonora a rallentamenti classici del death metal vecchia scuola per poi sorprendere con riff melodici di scuola nord europea.

Non è poi così scontato trovare band provenienti dalla Finlandia che al death metal aggiungono ancor più devastanti iniezioni grindcore.

Il nome della terra dei mille laghi è quasi sempre sinonimo di death metal melanconico, progressivo e old school, ma nell’underground più torbido e marcio vivono realtà spaventosamente estreme come i Galvanizer, trio di abominevoli musicisti dal sound feroce e distruttivo.
Putrido come una cantina dove vengono buttati i resti delle vittime di un serial killer, Sanguine Vigil è il primo full length, successore di due demo ed un ep licenziati in cinque anni di vita artistica, una mezz’ora di oscuro e mostruoso death metal scandinavo e grind che si alleano per arrivare ai padiglioni auricolari degli amanti dell’estremo in tutta la loro mostruosa e devastante natura.
Prodotto dalla band che conferisce un’atmosfera old school, oppressiva e soffocante, l’album alterna veri attimi di distruzione sonora a rallentamenti classici del death metal vecchia scuola per poi sorprendere con riff melodici di scuola nord europea, che sono il jolly giocato dai Galvanizer per rendere la propria proposta interessante.
Growl e scream death/grind accompagnano il passaggio di questo pezzo di granito estremo lasciando senza fiato, specialmente quando la band parte a tutto gas con devastanti cavalcate che del grindcore prendono l’impatto e la voglia di radere al suolo tutto senza pietà.
Si passa dunque dal death metal della title track, esempio perfetto di cosa si suona ancora in Scandinavia quando si parla del genere, e Gorefestation, classico brano grind.
Sanguine Vigil risulta un buon lavoro, ben orchestrato nei suoi cambi repentini di velocità ed attitudine, pur rimanendo soffocato da un’atmosfera oscura e malsana.

Tracklist
1.Mood for the Blade
2.Enjoyment of Annihilation
3.Deathbeat Deity
4.Sanguine Vigil
5.Grind Till… You’re Dead!
6.Domestic Mastication
7.Gorefestation
8.Premature Rot
9.Unfinished Autopsy
10.A Painful End for Curiosity

Line-up
Vili – Bass,Vocals
Aleksi – Guitar,Vocals
Nico – Drums

GALVANIZER – Facebook

Humanity Is A Curse – Raging For A Lighthouse

Alzano le barricate gli Humanity Is A Curse e su queste combattono la loro guerra, mitragliando e bombardando senza pietà per venticinque minuti di metal estremo dall’impatto brutale.

Nel mondo del metal le sorprese sono piacevoli ed inaspettate, ancor di più se si scava nell’underground estremo, universo mai totalmente esplorato anche per una webzine attenta come la nostra.

In arrivo dalle umide notti berlinesi gli Humanity Is A Curse sono un trio italo/tedesco composto da M alla sei corde ed alla voce, xGx al basso e G, che i lettori di MetalEyes conoscono sotto altro nome quale picchiatore instancabile nei grindsters palermitani Cavernicular.
Con un simile monicker la band va esplicitamente contro un’umanità ormai allo sbando, devastata moralmente e distruttrice del mondo che le sta intorno, il tutto a colpi di grind/crust core, ricco di rallentamenti sludge e con un mai domo spirito hardcore, formando un sound violentissimo.
Alzano le barricate gli Humanity Is A Curse e su queste combattono la loro guerra mitragliando e bombardando senza pietà per venticinque minuti di metal estremo dall’impatto brutale, una furia che parte pesantissima con le prime mastodontiche note di Photic, per poi riversare sull’ascoltatore tutta la sua rabbiosa denuncia.
Un muro sonoro avanza e travolge senza fermarsi e si presenta nella sua parte più sludge, prima di mollare le briglie (Pelagic, Abyss, Hadal) ed abbattersi senza freni sull’audience.
I generi che compongono il sound di Raging For A Lighthouse sono i più estremi e senza compromessi del vasto mondo del metal, le ispirazioni pertanto vanno ricercate di conseguenza, alimentando una proposta inevitabilmente  indirizzata agli appassionati dalla consolidata familiarità con questi suoni.

Tracklist
1.Photic
2.Pelagic
3.Aphotic
4.Bathyal
5.Abyss
6.Demersal
7.Hadal
8.Benthic

Line-up
M – Guitar, vocals
xGx – Bass
G – Drums

HUMANITY IS A CURSE – Facebook

Dephosphorus – Impossible Orbits

La musica dei Dephosphorus accoglie gran parte dei generi di cui si compone il lato più violento del metal e lo scaglia nello spazio perfettamente assemblato in un sound siderale, mistico ed affascinante, rendendo l’ascolto un’esperienza da vivere, specialmente se siete amanti dei suoni estremi dal taglio grind.

Dallo spazio profondo tornano i greci Dephosphorus, entità aliena della scena grind europea.

Una carriera iniziata dieci anni fa ha portato il gruppo fino ad oggi, con tre album pubblicati ed una manciata di split ed ep a continuare un discorso musicale che, partendo da una base grindcore, immette nello spazio cosmico un sound formato da death, black metal e hardcore, ovvero un caos lucido e micidiale, freddo come il buio nel profondo dell’universo, risvegliato dallo scream urlante del vocalist Panos Agoros.
Impossible Orbits risulta così un navigare senza meta nello spazio astrale, mentre il silenzio è rotto dall’opener  Above The Threshold e dal black metal che si insinua come un virus extraterrestre di The Light Of Ancient Mistakes.
Metal estremo che ha la sua forza nell’originalità non solo concettuale, la musica dei Dephosphorus accoglie gran parte dei generi di cui si compone il lato più violento del metal e lo scaglia nello spazio perfettamente assemblato in un sound siderale, mistico ed affascinante, rendendo l’ascolto un’esperienza da vivere, specialmente se siete amanti dei suoni estremi dal taglio grind.

Tracklist
1.Above the Threshold
2.Micro-Aeons of Torment
3.Rational Reappraisal
4.Αστερόσκονη (Asteroskoni)
5.Impossible Orbits
6.Imagination Is Future History
7.The Light of Ancient Mistakes
8.Suspended in a Void Universe
9.Blessed in a Hail

Line-up
Thanos Mantas – Guitars
John Votsis – Drums
Panos Agoros – Vocals
Costas Ragiadakos – Bass

DEPHOSPHORUS – Facebook

Wojczech / Krupskaya – Wojczech / Krupskaya

La 7 Degrees Records ci presenta uno split in versione 12″ che vede alternarsi due band attive nella scena underground estrema: i tedeschi Wojczech e i britannici Krupskaya.

La 7 Degrees Records ci presenta uno split in versione 12″ che vede alternarsi due band attive nella scena underground estrema: i tedeschi Wojczech e i britannici Krupskaya.

I primi si possono ormai considerare dei veterani della scena death/grind:  la loro data di inizio delle belligeranze risulta il 1993 ed in tutti questi anni il quartetto non è stato certo a guardare, pubblicando una vagonata di split insieme ad altrettante band provenienti dai più svariati paesi e due full length, Sedimente, uscito nel 2005 e Pulsus Letalis, targato 2010.
Il loro sound è un massacrante e moderno death/grind supportato dalla doppia voce, e si spinge in territori vicini al black metal per una buona alternanza di ritmiche ed umori estremi che favoriscono l’ascolto.
Sickening Discretion sa di death metal scandinavo, portato alle estreme conseguenze da un massacro ritmico tipico del grind risultando un brano davvero interessante; una band da seguire e senz’altro da rivalutare per gli amanti del genere che avranno di che sorridere mentre la propria testa comincerà a sanguinare per i colpi inferti dai Krupskaya e dai loro quattro potentissimi brani.
Meno conosciuto e poco incline a lasciare informazioni è invece il gruppo proveniente da Stoke-on-Trent, attivo da una dozzina d’anni, con un curriculum fatto di un paio di lavori e varie compilation, più gli immancabili split da tradizione nel genere, che si rifà ai maestri inglesi Napalm Death.
Quindi eccoci di fronte ad un grind devastante e feroce, suonato da una macchina da guerra estrema che non fa prigionieri e che nella sua poca originalità ha nell’impatto la sua travolgente forza.
La band ci presenta quattro brani,tra i quali Frozen Bodies Against The Wire e Skin Of The Cruciform To Ash risultano devastanti esempio di grind, tra rallentamenti al limite dello sludge e ripartenze fulminee e letali.
Due gruppi molto diversi tra loro ma allo stesso tempo portatori di musica estrema senza compromessi.

Tracklist
1.Wojczech – Burning Solids
2.Wojczech – Sickening Discretion
3.Wojczech – Stunde des Wolfes
4.Krupskaya – Frozen Bodies Against the Wire
5.Krupskaya – A Dawn of Shattered Silence
6.Krupskaya – Theosophical Separation of Earth
7.Krupskaya – Skin of the Cruciform to Ash

Line-up
Krupskaya:
Alex – vocals
Tim – guitar
Ed – drums

Wojczech:
Stephan Gottwald – Drums
Stephan Kurth – Guitars, Vocals
Danilo Posselt – Vocals
Andy Colosser – Vocals, Bass

WOJCZECH – Facebook

KRUPSKAYA – Facebook

Marginal – Total Destruction

Total Destruction convince, il sound rimane ancorato al death metal anche se hardcore e grind lo violentano esaltandone la parte distruttiva, mentre i rallentamenti classici del genere si alternano a sfuriate devastanti come una pioggia di napalm.

L’attivissima Transcending Obscurity ci presenta i Marginal, gruppo belga la cui proposta estrema è un grindcore/crust davvero ben fatto, distruttivo e senza compromessi.

Il quintetto, nato quattro anni fa rilascia questo devastante lavoro composto da mezzora scarsa di metal estremo old school, influenzato dall’hardcore e considerato dal gruppo come la colonna sonora della distruzione totale.
Testi di denuncia contro il sistema corrotto che, come un virus, infetta i governi mondiali e un approccio altamente esplosivo fanno di questo massacro in musica un’ottima sorpresa per i fans del genere, attirati dall’artwork che ricorda non poco i Discharge, idoli incontrastati dei musicisti della scena grindcore (Napalm Death, Extreme Noise Terror).
Total Destruction convince, il sound rimane ancorato al death metal anche se hardcore e grind lo violentano esaltandone la parte distruttiva, mentre i rallentamenti classici del genere si alternano a sfuriate devastanti come una pioggia di napalm.
Il growl è tipico del metallo di morte, profondo e abissale, niente a che vedere con i grugniti a cui ci hanno abituato molte delle band nate negli ultimi tempi, e i brani mantengono una perfetta forma canzone così da essere apprezzati anche dagli amanti del death metal old school.
I dodici brani superano a stento i due minuti, a parte Red Kebab, che per metà della sua durata viaggia nel lento incedere del doom/death per poi cambiare marcia e, come un vento atomico, spazzare via tutto.
Total Destruction, nel genere, è un lavoro riuscito e perfettamente in grado di reggere il confronto con le opere dei colleghi più famosi, sta a voi dargli una chance.

Tracklist
1. Barbarians
2.Delirium Tremens
3.Ruination
4.Impaled
5.Useless Scum
6.I Used to be Intelligent
7.Rat Kebab
8.The Violent Way
9.Leech Invader
10.Fucked Up Society
11.Atom Sapiens
12.Total Destruction

Line-up
Johan – Vocals
Timmy – Guitar
Martin – Guitar/Vocals
Steven – Drums
Rui – Bass

MARGINAL – Facebook

Antigama – Depressant

Pensate ai Brutal Truth di Need To Control sconvolti da venti apocalittici provenienti da Ministry e Devin Townsend, e poi immergetevi tra le note estreme e futuriste, letali e impietose di Depressant.

I polacchi Antigama non sono certo un nome nuovo nel panorama death/grind europeo.

Nato all’alba del nuovo millennio, il quartetto originario della capitale Varsavia può contare su una discografia numericamente importante con sette lavori sulla lunga distanza, una marea di split e lavori minori ed un passato con la gloriosa Relapse, etichetta che è sempre stata un punto di riferimento per queste sonorità.
La proposta degli Antigama risulta un metal estremo e violentissimo, contaminato da fredde digressioni industriali, per niente caotico nel suo tsunami di watt, ma chirurgico quel tanto che basta per annoverarlo tra i meandri dell’ala moderna del genere: venti minuti di devastazione sonora senza soluzione di continuità, continui passaggi parlati che introducono alla violenza industriale e core che si  sprigiona da questi sette brani, che nulla tolgono e nulla aggiungono alla tradizione musicale del quartetto polacco.
Pensate ai Brutal Truth di Need To Control sconvolti da venti apocalittici provenienti da Ministry e Devin Townsend, e poi immergetevi tra le note estreme e futuriste, letali e impietose di Depressant, così che l’esperienza con il sound del gruppo sia totalmente spiazzante.
Gli Antigama sono una band che negli anni ha mantenuto una sua precisa identità, confermata da queste sette scariche nucleari.

Tracklist
1.Empty Paths
2.Anchors
3.Division of Lonely Crows
4.Now
5.Room 7
6.Depressant
7.Shut Up

Line-up
Łukasz Myszkowski – vocals, electronics
Sebastian Rokicki – guitars
Sebastian Kucharski – bass
Paweł ‘Pavulon’ Jaroszewicz – drums, percussions

ANTIGAMA – Facebook

Rabid Dogs – Italian Mysteries

Questo senso carnale, un morso sulla vita, è trasmesso molto bene dai Rabid Dogs, che partiti da territori più pesanti hanno sviluppato un discorso musicale tutto loro, pieno di contenuti e di metallica ricchezza.

Gli abruzzesi Rabid Dogs stanno diventando grandi, spingendosi in territori ancora inesplorati sia per loro che per molti degli ascoltatori. Nati nel 2009 ispirandosi al cinema popolare italiano, e al famoso ventre molle dell’Italia, i nostri sono arrivati con Italian Mysteries al quarto disco, e questo lavoro è la loro fatica più convincente.

I Rabid Dogs fanno un genere unico, un misto di stoner, metal, punk e puntate nel grindcore. Ci sono giri di chitarra che danno pugni in faccia, la batteria che picchia incessante, ma si può trovare anche l’armonica, o qualcosa di southern, e anche tanto altro, infatti ci sono anche momenti che esulano dal metal. Italian Mysteries è una discesa dentro il nostro paese, una spirale di merda e diamanti, dove tutto è apparenza, ma anche il suo contrario è falso. Questo senso carnale, un morso sulla vita, è trasmesso molto bene dai Rabid Dogs, che partiti da territori più pesanti hanno sviluppato un discorso musicale tutto loro, pieno di contenuti e di metallica ricchezza. I Rabid Dogs sono un gruppo che appartiene a quella schiera di band e musicisti come i Southern Drinkstruction, che affrontano il metal con passione ed ironia. Il disco è un concentrato di tante cose, ma soprattutto di durezza e bravura nel rendere certe situazioni che a noi italiani sembrano scontate solo perché le viviamo tutte i giorni, ma che in realtà sono tragicomiche. Rimane nel sottobosco del loro suono una forte attitudine punk hardcore, ed è forse questa la loro spinta in più: il risultato è buono e finalmente divertente, cosa che per un disco di questi tempi non è affatto facile o scontata.

Tracklist
1. Blu Notte
2. King Midas
3. John Philip Forsythe
4. Straight To Jail!
5. Total Clan War
6. The Black Mind
7. The Lodge
8. Alfa 146
9. Milk Of Mother-In-Law
10. What If You’re Right And They’re Wrong
11. Flower Of Bad

Line-up
Doc – Guitar & Vocals;
Blade – Bass & Vocals;
32 – Drums & Vocals

RABID DOGS – Facebook

https://www.youtube.com/watch?v=SVZagHlr6BU

Blood – Mental Conflict

Grind e death metal sono le armi con cui i Blood portano l’assalto al genere umano, uno sconquassante sound estremo ed oscuro che amalgama Napalm Death, Bolt Thrower e hardcore in uno tsunami di note violentissime.

Tornano con la riedizione del classico Mental Conflict (uscito originariamente nel 1994) gli storici grinders tedeschi Blood, nati nella seconda metà degli anni ottanta e con una discografia che arriva al non full length e che in tutti questi anni tramite demo, live, split ed ep non si è mai arrestata.

Solo qualche pausa ad inframezzare le uscite, specialmente nel nuovo millennio, ma anche tante carne al fuoco per i fans del gruppo, da sempre portatori del verbo satanico con l’ausilio del grind core.
Grind e death metal sono appunto le armi con cui i Blood portano l’assalto al genere umano, un sconquassante sound estremo ed oscuro che amalgama Napalm Death, Bolt Thrower e hardcore in uno tsunami di note violentissime: growl efferato, attitudine da vendere e brani che non superano i tre minuti, esplosioni di metallo terremotante con l’inserimento di camei musicali presi da musichette natalizie, colonne sonore e pubblicità.
Avranno anche molte primavere sulle spalle ma i Blood attaccano al muro e stringono la manona intorno alla gola, penetranti e profondi come un abisso infernale, animaleschi come i migliori act grindcore e dall’impatto disumano come la più efferata delle band brutal.

Tracklist
1. Intro (Tentacles)
2. Insomnia
3. Toothache
4. Master’s Clemency
5. Secrets Of Blood
6. Mental Conflict
7. Bleed For Me
8. Spreading The Thoughts
9. Blood
10. Stretched
11. Away Is Away
12. For Auld Lang Syne
13. Crown Court
14. Inflame
15. Texas Chainsaw Massacre
16. Naked Frozen
17. Blood Price
18. The Favour Of Ecstasy
19. Morpheus
20. I Dream Dead

Line-up
Taki – Bass
Eisen – Guitars
Ventilator – Drums
Clausi – Vocals

BLOOD – Facebook

Putrid Offal – Anatomy

I Putrid Offal sono una delle realtà underground più estreme e devastanti, il loro sound è pari ad una apocalisse metallica dalle ritmiche da bombardamento a tappeto e assoli chirurgici.

Torna quel muro estremo transalpino che sono i Putrid Offal, gruppo che seguiamo da quando il quartetto è tornato sul mercato in occasione dell’ep Suffering, licenziato tre anni fa.

Dieci anni di silenzio dividevano gli inizi della carriera dei Putrid Offal dal ritorno nel 2014, seguito da una costanza nelle uscite sorprendente.
Infatti dopo l’ep il gruppo francese ha licenziato una compilation con i vecchi brani scritti nei primi anni novanta e soprattutto il full length Mature Necropsy del 2015.
Tornano dunque con questo ep intitolato Anatomy, composto da due brani inediti (Anatomy e Didactic Exploration), due ri-registrazioni (Rotted Flesh e Gurgling Prey, presenti nel primo demo, con il primo anche nel full length) e due brani live, tanto basta per sconvolgere l’ascoltatore con il loro devastante death/grind.
Niente di nuovo, solo la conferma che i Putrid Offal sono una delle realtà underground più estreme e devastanti, il loro sound è pari ad una apocalisse metallica dalle ritmiche da bombardamento a tappeto e assoli chirurgici per mandare in tilt il vostro lettore cd.
Come da tradizione, gran lavoro delle due voci (growl e scream) che continuano imperterrite a darsi battaglia tra accelerazioni, pochi rallentamenti e potenza inaudita espressa come se non ci fosse un domani.
I Putrid Offal non lasciano scampo, se vi prendono siete fottuti…

Tracklist
1. Anatomy
2. Didactic Exploration
3. Rotted Flesh
4. Gurgling Prey
5. Requiem for a Corpse
6.Purulent Cold

Line-up
Franck Peiffer – Vocals
Phil Reinhalter- Guitars
Frédéric Houriez – Bass
Laye Louhenapessy – Drums

PUTRID OFFAL – Facebook

Haemorrhage – We Are The Gore

Un bombardamento sonoro imperdibile per gli amanti di un genere che, quando è suonato a questi livelli, non lascia scampo.

E se l’album dell’anno, parlando di death metal estremo dai rimandi grind, arrivasse dalla vecchia Europa?

Forse molti non avevano fatto i conti con gli storici gore grinders spagnoli Haemorrhage che, sul finire dell’anno e quasi in zona Cesarini, mettono la palla in fondo al sacco con un colpo da maestro, mettendo una seria ipoteca sulla palma delle migliori torture in musica di questo 2017.
Infermieri e medici di un ospedale dove la gente non guarisce, ma lascia questo mondo sotto atroci sofferenze, fanno la ola all’ascolto di questa bomba sonora dal titolo We Are The Gore: una dichiarazione di intenti, un devastante tributo ai primi Carcass, valorizzato da una produzione esplosiva e da un songwriting che nel genere lascia di sale.
Sotto i ferri finiscono povere vittime inconsapevoli del sadico rito Haemorrhage, dal 1992 a sezionare corpi umani (vivi ovviamente) nell’ospedale più macabro del mondo dove le sale operatorie non sono altro che asettici covi dove i nostri massacrano a colpi di grind death metal dalla forza brutale, suonato divinamente e pregno di tutta la sadica malignità di un gruppo di serial killer sotto le mentite spogli di paramedici.
Mastering curato da Brad Boatright (Obituary, Nails, Skinless) e via con la lezione di anatomia firmata Haemorrhage, tra velocità al limite, cambi di tempo, blast beat e solos che tagliano la carne come affilati bisturi, o lacerano come seghetti per amputare, mentre il sangue abbonda, le urla sono puro e disperato dolore e la mezzora passa esaltante tra trombe d’aria brutali che devastano senza pietà.
Il singolo e video della title track anticipa questo bombardamento sonoro imperdibile per gli amanti di un genere che, quando è suonato a questi livelli, non lascia scampo.

Tracklist
1.Nauseating Employments
2.Gore Gourmet
3.We Are the Gore
4.Transporting Cadavers
5.Bathed in Bile
6.The Cremator’s Song
7.Medical Maniacs
8.Forensick Squad
9.Gynecrologist
10.Miss Phlebotomy
11.C.S.C. (Crime Scene Cleaners)
12.Prosector’s Revenge
13.Organ Trader
14.Intravenous Molestation of the Obstructionist Arteries (O-Pus VII)
15.Artifacts of the Autopsy

Line-up
Luisma – guitar, vocals
Ana – guitar
Lugubrious – vocals
Ramon – bass
Erik – drums

HAEMORRHAGE – Facebook

Widowmaker – Widowmaker

La cifra stilistica del disco è quella del migliore deathcore in circolazione, e al momento pochi hanno la compattezza e la potenza di questi ragazzi, che devono essere ascoltatori attenti ed onnivori perché dietro questo suono c’è moltissimo lavoro ed altrettanta cultura metallica.

Nella scena deathcore o metalcore qualsivoglia, è molto difficile riuscire a farsi notare per qualcosa che sia più del mero compitino, e i Widowmaker si fanno notare molto.

I ragazzi provengono dall’Alabama, sono molto giovani, e questa loro freschezza fa la differenza insieme ad una potenza di fuoco fuori dal comune. I Widowmaker confezionano un disco di debutto con un suono saturato al massimo, molto claustrofobico in molti passaggi, che ricorda quelle sensazioni che si ebbero ai tempi degli inizi del deathcore, quando c’erano in giro ottime band, delle quali il loro suono è certamente debitore, ma con un contributo originale è assai elevato. Ascoltando il disco ci si trova immersi nel fuoco e nelle fiamme, poiché qui tutto brucia, e la melodia si palesa andandosi a congiungere carnalmente con un suono durissimo. La produzione mette in risalto i punti forti, senza seppellire il loro suono dietro una cortina fumogena di tecnologia. I Widowmaker sfociano tranquillamente anche nel death metal tout court e anche in momenti grindcore notevoli; la cifra stilistica del disco è quella del migliore deathcore in circolazione, e al momento pochi hanno la compattezza e la potenza di questi ragazzi, che devono essere ascoltatori attenti ed onnivori perché dietro questo suono c’è moltissimo lavoro ed altrettanta cultura metallica. Inoltre questo non è un disco che vuole per forza piacere al pubblico deathcore, ma anzi è un’apertura a tutti quelli che amano un suono potente e cattivo: ascoltate senza pregiudizi, Widowmaker (che uscirà per Sharptone Records, una sussidiaria della Nuclear Blast che sta reclutando un ottimo vivaio di musica cattiva) merita molto e vi lascerà alquanto soddisfatti.

Tracklist
1. The Nihilist
2. Paragon
3. Spineless
4. Regression
5. Dissonance
6. Quarantine
7. The Illusionist

Line-up
Matt Childers : Vocals
Tyler Stansell : Guitar
Hagan Dickerson : Guitar
Sean Landman : Bass
Kurtis Stoneking : Drums

WIDOWMAKER – Facebook

Heathen Beast – $cam

Tornano gli agitatori sonori Heathen Beast, voce musicale del dissenso anti governativo in un paese come l’India, nel quale il livello della corruzione e dell’asservimento dei politici ai ai poteri forti e a quelli religiosi riesce persino a superare quello della nostra povera Italia.

L’urgenza compositiva che ha fatto scaturire questo nuovo ep da parte del misterioso trio, sempre alle prese con la propria rischiosa missione di denuncia, nasce dalla delirante decisione presa dal primo ministro Modi quando, nello scorso autunno, senza alcun preavviso, ha comunicato alla popolazione che sarebbero state messe fuori corso da subito tutte le banconote da 500 e da 1000 rupie (l’85% dei tagli in circolazione) allo scopo di stanare gli evasori fiscali. Non era necessario essere dei grandi economisti per capire che tali misure avrebbero avuto il solo effetto immediato di ridurre alla fame le fasce più deboli della popolazione, costrette a file oceaniche per le operazioni di cambio delle banconote/carta straccia presso banche incapaci di fare fronte alla situazione. Così i più ricchi continuano a prosperare, visto che i grandi evasori, per lo più, non detengono i loro beni in contanti, mentre la low-middle class si ritrova depauperata di gran parte dei propri beni, causa l’impossibilità di cambiare nei termini previsti il proprio denaro per finire, nella migliore delle ipotesi,  nella rete  del mercato nero.
Di fronte a tutto questo resta solo rabbia, da parte di chi almeno riesce a svincolarsi dall’ideologia religiosa, che rende gran parte degli indiani convinti che anche la misura più impopolare faccia parte di un «bisogno collettivo di sofferenza per la nazione, sicuri che la sofferenza li renda liberi, e che sia la strada per la salvezza personale e collettiva»
Gli Heathen Beast interpretano il rifiuto nei confronti di questo stato delle cose con tutta la furia e la convinzione che in questi anni hanno messo nella loro musica, stavolta utilizzando uno stile ancora più estremo del solito, sostituendo il black death relativamente più accessibile e contaminato dalla musica tradizionale indiana con nove granate di grind/black inframmezzate da numerosi voci campionate, mantenendo qualche sfumatura etnica per lo più nel particolare uso delle percussioni.
Ancor più che nelle precedenti occasioni, l’operato musicale degli Heathen Beast corre il rischio di passare in secondo piano rispetto al potente impatto della denuncia sociale che ritengo sia, comunque, il loro obiettivo primario. Ma è da sempre questo il destino di chi ritiene la musica non solo una forma d’arte ma anche lo strumento ideale per scuotere le coscienze, specialmente in paesi in cui le forme di dissenso vengono sopite da un controllo pressoché totale degli organi di informazione da parte delle classi dominanti (ci siamo di mezzo anche noi, non crediate, andare a vedere dove è collocata l’Italia nella graduatoria mondiale relativa al livello di libertà di stampa).
Resta il fatto che il trio indiano è una delle realtà più fresche e, a suo modo, innovative della scena metal mondiale, peccato solo che si manifesti con poca frequenza e con lavori per lo più dal minutaggio ridotto, ma si tratta ovviamente di un fatto contingente alla condizione di una band non convenzionale ed ad una vita artistica irta di ostacoli.

Tracklist:
1. Surgical Strike (De-modi-tisation)
2. It’s Only A Minor Inconvenience
3. Fuck Poor People, I Have Paytm
4. Reliance Is The Secret Of My Energy, Jio Mere Lal!
5. If The Army Can Do It, So Can You
6. Bailing Out The Banks
7. If You Disagree You Are Anti-national, Go To Pakistan
8. My Note Has GPS
9. Chutiya Banaya Bada Maza Aaya

Line up:
Carvaka – Vocals/Guitars
Samkhya – Bass
Mimamsa – Drums

HEATHEN BEAST – Facebook

Buckshot Facelift – Ulcer Island

Un album estremo ed alternativo (nel suo genere) che, partendo da una struttura grindcore, esplora diversi modi di suonare musica al limite.

Eccoci a presentavi una band grindcore proveniente da New York, i devastanti Buckshot Facelift.

Un grindcore dal piglio punk, alternato a devastanti e potentissimi tratti brutal death metal, sono le principali caratteristiche di questo famigerato quartetto nato qualche anno fa nella grande mela e che arriva oggi al quarto album dopo Universal Goat Tilt del 2007, Anchors of the Armless Gods licenziato nel 2009 ed il precedente Elder’s Rasp, uscito quattro anni fa.
Ulcer Island viaggia con una potenza lasciata libera di imperversare, mentre un songwriting molto vario riesce ad inchiodare alle cuffie anche se non si è fans accaniti del genere.
Sfuriate velocissime e frenate improvvise, attimi di quiete acustica, prima di riprendere il massacro, con un lotto di canzoni che trovano sicuramente apprezzamento da parte di chi ascolta grindcore, hardcore e metal estremo, mentre ad ogni passo la velocità aumenta, la potenza si fa pesante e monolitica ed i Buckshot Facelift escono vincitori dallo scontro con i nostri padiglioni auricolari.
I brani passano dalle tipiche sfuriate da un minuto di massacro, a tracce più articolate ed in linea con il death più sperimentale (Delusions Of A New Age, A Trophy Cup Intoxicant).
Un album estremo ed alternativo (nel suo genere) che, partendo da una struttura grindcore, esplora diversi modi di suonare musica al limite.

TRACKLIST
1.Ulcer Island
2.Czech Yourself
3.Afterbirth Puzzle 2016
4.Ascend to Descend
5.Burn the Baby Raper
6.OxyDocs
7.Sundress Skeletor
8.Comptroller Cult
9.What Does Fergus Dream Of?
10.Hell Eats Repetition (Goodbye)
11.Don’t Hang From the Pipes
12.Weathered Mask of Autumn (Unearthing the Armless)
13.Delusions of a New Age
14.Dustification (End Times version)
15.A Trophy Cup Intoxicant

LINE-UP
W. Smith – Vocals
Tom Anderer – Bass, Vocals
Sal Gregory – Drums
Rick Habeeb – Guitar, Vocals
Terrell Grannum – Guitar, Vocals

BUCKSHOT FACELIFT – Facebook

Grog – Ablutionary Rituals

I Grog tornano con un nuovo massacro, una tortura ai padiglioni auricolari sotto forma di brutal death metal e grindcore.

Assolutamente devastante la proposta di questa storica band portoghese, attiva dai primi anni novanta.

I Grog tornano con un nuovo massacro, una tortura ai padiglioni auricolari sotto forma di brutal death metal e grindcore, ed un concept che rispecchia la musica prodotta con testi che parlano di morte, torture sessuali varie, porno e gore a manetta.
Quarto full length, più una manciata abbondante di demo compongono la discografia di questi quattro pazzi musicisti lusitani che, nel corso degli anni, hanno dovuto prendersi alcune pause anche relativamente lunghe dopo un decennio più prolifico come l’ultimo dello scorso secolo.
Per gli amanti del genere Ablutionary Rituals risulta il classico massacro, abituale di un genere che non trova grandi sbocchi creativi ma che punta tutto sull’impatto ed ovviamente sull’aggressione fatta di violenza senza compromessi, una serie di sevizie musicali che hanno nei blast beat l’arma micidiale, nelle chitarre che si distorcono in vortici di note maleodoranti e nel growl che, nel cliché del genere, racconta le nefandezze sulle quali la band innalza un muro sonoro di brutal death.
Hanno girato in lungo ed in largo suonando con i migliori gruppi del mondo estremo e si sente, l’esperienza è l’arma in più dei Grog, che come un serial killer sevizia ed uccide, chirurgico e freddo a colpi delle putride Revelation Pen Wound, intro claustrofobica che cede il passo alla devastante Uterine Casket e all’abisso brutale che si apre all’ascolto delle seguenti tracce.
Un’album assolutamente per fans del genere ma che sa come farsi apprezzare.

TRACKLIST
1.Revelation – Open Wound
2.Uterine Casket
3.Savagery
4.Sterile Hermaphrodite
5.Sarco-Eso-Paghus
6.Vortex of Bowelism
7.Cardiaxe
8.A Scalpel Affair
9.Gore Genome
10.Gut Throne
11….of Leeches Vultures and Zombies
12.Flesh Beating Continuum
13.From Disease to Decease
14.Katharsis – The Cortex of Doom and Left Hand Moon

LINE-UP
Alexandre Ribeiro – Bass
Rolando Barros – Drums
Ivo Martins – Guitars
Pedro Pedra “Aion” – Vocals

GROG – Facebook

Bolesno Grinje – Grd

I titoli esprimono ovviamente la scelta di utilizzare testi in lingua croata, ma sinceramente è consigliato schiacciare il tasto play e farsi travolgere da questa mezz’ora di carneficina ininterrotta.

Tornano sul mercato i Bolesno Grinje, una vecchia conoscenza della scena estrema croata e nome storico se si parla di grind core.

Nato infatti con l’avvento del nuovo millennio, il gruppo di Pula ha dato alle stampe un buon numero di lavori tra cui otto full length, di cui Grd è l’ultimo devastante parto a base di un grindcore che regala ottimi passaggi vicini al classico death metal e all’hardcore, rendendo il lavoro vario e dalla presa immediata, cosa non facile se si suona questo genere.
Troviamo così doppia voce, testi in lingua madre, una carica violentissima ma con in mano il segreto per fare di questa raccolta di esplosioni e mitragliate estreme un album godibilissimo, non solo per  i fans del grind.
Orecchiabile e composto da un lotto di brani illuminati da un songwriting che nel genere è da considerarsi di livello superiore, Grd è un bombardamento a cui è difficile rinunciare: i Bolesno Grinje modellano la materia con una padronanza fuori dal comune e i brani, pur formando un massacro sonoro di notevole potenza, hanno nella varietà di stili ed influenze (si parla di generi ovviamente) l’arma per vincere la sfida con molte altre realtà dell’underground estremo.
I titoli esprimono ovviamente la scelta di utilizzare testi in lingua croata, ma sinceramente è consigliato schiacciare il tasto play e farsi travolgere da questa mezz’ora di carneficina ininterrotta, con un effetto deflagrante assolutamente garantito.

TRACKLIST
1.Rstrgn
2.Ne vjerujem nikome
3.Autobiografija propasti
4.Genijalci
5.Asimilacija
6.Abortus SS
7.Reakcija
8.Vratite mi mozak
9.Kurve establišmenta
10.Pseudo-grobar
11.Umjetnost je goli kurac
12.Dodimi mi ruku

LINE-UP
Hoc – bass
Jule – guitar
Luze – drums
Angeri – vocal

BOLESNO GRINJE – Facebook

Buffalo Grillz – Martin Burger King

Senza perdersi in cose e pose cervellotiche, i Buffalo Grillz sfornano un disco di grindcore come non si sentiva da tempo, diretto ben prodotto e con quel suono pieno e ben bilanciato tra i bassi e gli alti, che dovrebbe essere la pietra fondante di ogni buon gruppo grind.

I romani Buffalo Grillz danno alle stampe un geniale album di grind con un po’ di thrash qui e là.

Fondati nel 2009 da Enrico Giannone, voce degli Undertakers, e Max Marzocca batterista dei Natron, dopo varie vicissitudini relative alla formazione vedono passare Cinghio, bassista dei meravigliosi Orange Man Theory, dal basso alla chitarra. Questo disco è il terzo nella carriera di quello che si può tranquillamente definire come uno fra i migliori gruppi grind italiani, sia per la potenza espressa che per la grande ironia. I Buffalo Grillz, oltre a rifarsi al nome di una nota catena di ristoranti canadesi, fanno un grind molto potente, debitore della vecchia scuola ma con un suono assai moderno. Nei testi riversano tutta la loro grande cultura italiana e non solo, riuscendo a dare un significato più ampio loro di molti altri gruppi che si prendono molto di più sul serio. Ciò che muove i Buffalo Grillz è la stessa leva che muove noi che scriviamo queste righe, il disagio, quel vecchio e caro amico che ci fa sempre sentire a casa non facendoci mai sentire adeguati a nulla. Che poi, se il mondo è questo, come descritto mirabilmente in questo disco, forse è più normale sentirsi a disagio che a proprio agio. L’ironia dei Buffalo Grillz ha come secondo livello un’analisi impietosa della nostra società ma il tutto è fatto dai romani con un suono potentissimo, molta ironia e un grande stile. Senza perdersi in cose e pose cervellotiche, i Buffalo Grillz sfornano un disco di grindcore come non si sentiva da tempo, diretto ben prodotto e con quel suono pieno e ben bilanciato tra i bassi e gli alti, che dovrebbe essere la pietra fondante di ogni buon gruppo grind. Infatti, per dare una coordinata musicale, possiamo citare Nasum e Napalm Death, fautori di quanto appena descritto.
Si passa da un’incredibile intro a trattati di sodomia e campari, affrontando il clou della cultura italiana con un piglio da pugna al bar, con un suono che riesce sempre ad essere il protagonista assoluto, e non c’è nemmeno un secondo nel disco che non valga la pena ascoltare. Un perfetto connubio di grindcore, ironia e disagio, tanto disagio e questo disco ci piace tantissimo.

TRACKLIST
1. GG AULIN
2. LENNY GRINDVIZT
3. 66SEITAN
4. MARTIN BURGER KING
5. BEVERLY GRILLZ 90666
6. CARNE DIEM
7. FIAT FACTORY
8. CREADLE OF FINDUS
9. SCOOBY DOOM
10. FIORELLA MANNAIA
11. PONZIO PILATES
12. CAMPARI SODOM
13. PUS SPRENGSTEEN
14. LE BESTIE DI SANTANA (OUTRO)

LINE-UP
Tombinor: Insults
Cinghio: Hi Noise
Pacio: Low Noise
Mizio: Blast

BUFFALO GRILLZ – Facebook

DESCRIZIONE SEO / RIASSUNTO