Danzig – Black Laden Crown

E’ apprezzabile da parte di Danzig la voglia di rimettersi in gioco con del materiale inedito, quando molti altri, alla sua stessa età, si limitano a vivacchiare sulle produzioni del passato, e qualche brano riuscito rende Black Laden Crown un album non del tutto superfluo, anche se purtroppo il confronto con i lavori composti nei primi anni novanta si rivela impietoso.

Glenn Danzig rappresenta un bel pezzo di storia del rock/metal contemporaneo e, in quanto tale, la gratitudine per quanto fatto con i Misfits prima e con la band che porta il suo nome in seguito, è doverosa ma non può influenzare le sensazioni derivanti dall’ascolto di questo nuovo album di inediti, pubblicato ben sette anni dopo l’ultimo Death Red Sabaoth.

Il tempo trascorre inesorabile per tutti, e se già un certo calo della voce di Danzig era emerso nei primi lavori del nuovo millennio, Black Laden Crown segna in questo senso un punto di probabile non ritorno.
Infatti, non sono stati pochi i vocalist che, ad un certo punto della loro carriera, non sembravano più in grado di ripetersi ai livelli del passato salvo poi riuscire a tornare su registri accettabili, ma questo non sembra proprio il caso del nostro che, quanto meno, pare accettare il tutto cercando di adeguare il sound alle sue attuali potenzialità, optando anche per una produzione ovattata che di certo, però, non aiuta a valorizzare il lavoro chitarristico del buon Tommy Victor.
Inevitabilmente tutto ciò finisce per penalizzare un album che a livello compositivo non dispiace nemmeno troppo, pur non avvicinandosi alle migliori opere del passato: la peculiare commistione tra heavy/doom metal e rock/blues che aveva reso sfolgoranti i primi quattro lavori usciti a nome Danzig, con due capolavori assoluti come Lucifuge e How The Gods Kill, ogni tanto fa capolino tra le atmosfere di Black Laden Crown, ma senza l’apporto decisivo di quella voce che riusciva ad essere sia profonda che stentorea.
Così qualche spunto brillante lo si riscontra ancora nella notevole But A Nightmare o nella blueseggiante Last Ride, mentre riguardo ad un brano come Devil On Hwy 9 non si può fare a meno di notare come il Danzig d’annata avrebbe potuto esaltarne al massimo il buon potenziale, anche commerciale, e lo stesso discorso lo si può fare anche per la conclusiva Pull the Sun.
Resta comunque apprezzabile, da parte del musicista americano, la voglia di rimettersi in gioco con del materiale inedito, quando molti altri, alla sua stessa età, si limitano a vivacchiare sulle produzioni del passato, ed i buoni episodi citati all’interno della tracklist rendono alla fine Black Laden Crown un album non del tutto superfluo, anche se purtroppo il confronto con i lavori composti nei primi anni novanta si rivela impietoso.

Tracklist:
1. Black Laden Crown
2. Eyes Ripping Fire
3. Devil On Hwy 9
4. Last Ride
5. The Witching Hour
6. But a Nightmare
7. Skulls & Daisies
8. Blackness Falls
9. Pull the Sun

Line-up:
Glenn Danzig – lead vocals, rhythm guitar
Tommy Victor – lead guitar, bass guitar
Joey Castillo – drums, percussion
Johnny Kelly – drums, percussion
Karl Rockfist – drums, percussion
Dirk Verbeuren – drums, percussion

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Alter Bridge – The Last Hero

Gli Alter Bridge sono candidati ad essere LA grande band Hard Rock / Heavy Metal del futuro che molti stavano aspettando.

Giunti al loro quinto lavoro gli Alter Bridge hanno dato vita a uno dei migliori album degli ultimi tempi, innalzando ulteriormente la già grande qualità dimostrata nei lavori precedenti.

Un monumentale e intenso assolo di Mark Tremonti introduce questo The Last Hero, e si comincia a viaggiare alla grande con Show Me a Leader, primo azzeccatissimo singolo. Introdotta da un ritmo militaresco The Writing on the Wall si abbatte sul mio apparato uditivo con tutta la sua pesantezza, e il muro di suono prodotto è deliziosamente devastante. La schiacciasassi The Other Side non dà tregua, la sezione ritmica tritura con gusto e grande perizia, il piacere e l’adrenalina si mantengono altissimi. Ascoltate il passaggio prima del finale, impressionante, cupo e… a questo punto sono già estaticamente frantumato. My Champion emoziona con l’interpretazione molto sentita, ed è semplicemente fantastica la modernissima Poison In Your Veins, che potrebbe far storcere il naso ai puristi, ma groove e melodia sono irresistibili. Un Tremonti killer e inesorabile sulle parti soliste, eseguite con estrema naturalezza, elettrizza questo rullo compressore accompagnato da una prestazione corale spaziale. Cradle to the Grave è una song un po’ tenebrosa, trasmette (sempre energicamente!) una sconsolata malinconia come a sottolineare la sensazione che il tempo a nostra disposizione stia trascorrendo invano. Losing Patience strizza l’occhio al Djent e come un mare possente scuote anima e corpo. This Side of Fate, 6 minuti e 47 secondi nei quali il mix oculatissimo di efficaci e melodici arpeggi intervallati alla parte centrale heavy-post-math. Una grande qualità degli AB è che sanno essere straripanti grazie a composizioni d’insieme, mai esasperando le comunque forti individualità. You Will Be Remembered mostra il lato più melodico e riflessivo del magico quartetto, poi ci travolge la valanga d’acciaio di Crows on a Wire con un Myles stellare che raggiunge vette incredibili, da vero acrobata delle corde vocali. I fraseggi chitarristici in Twilight hanno un taglio meno compatto, ma ancora un altro pezzo di ottima fattura. Il riff di apertura Island Of Fools è heavy-carneficina. The Last Hero si alterna tra la bellissima melodia portante e riff/solo cazzuti, e Myles che urla “Tell me, where are the heroes?”. Un altro gioiello incastonato nella storia della band statunitense.
Quest’album è un ulteriore passo in avanti, e personalmente ritengo che siano proprio gli AB gli ultimi (nostri) eroi giunti felicemente sulla scena. Disco orecchiabile, ma sempre heavy, moderno, dinamico, dove tecnica e feeling raggiungono vette altissime.
Sono stati definiti hard rock, prog metal, post-grunge, ecc… chi se ne fotte. Abbiamo a che fare con una delle più importanti band degli anni 2000 e credo fermamente che gli AB siano candidati ad essere LA grande band hardr ock / heavy metal del futuro che molti stavano aspettando. Goduria.

TRACKLIST
1. Show Me A Leader
2. The Writing on the Wall
3. The Other Side
4. My Champion
5. Poison In Your Veins
6. Cradle To The Grave
7. Losing Patience
8. This Side of Fate
9. You Will Be Remembered
10. Crows On A Wire
11. Twilight
12. Island of Fools
13. The Last Hero
14. Last of Our Kind (Bonus Track)

LINE-UP
Myles Kennedy – Lead Vocals / Guitar
Mark Tremonti – Lead Guitar / Back-up Vocals
Mark Kelly – Keyboards
Brian Marshall – Bass Guitar
Scott Phillips – Drums

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