Aether Void – Curse Of Life

Curse Of Life è composto da undici brani suonato e prodotto benissimo, ai quali dove non manca un pizzico di groove e un gran lavoro chitarristico, seguendo strade tracciate dai gruppi storici del genere senza perdere quella personalità che nei debutti può fare la differenza.

Nati dalle ceneri dei No Way Out un paio d’anni fa, debuttano per Revalve Records i modenesi Aether Void con Curse Of Life, album che si colloca in ambito heavy/power tra ispirazioni classiche ed input più moderni.

Curse Of Life è composto da undici brani suonato e prodotto benissimo, ai quali dove non manca un pizzico di groove e un gran lavoro chitarristico, seguendo strade tracciate dai gruppi storici del genere senza perdere quella personalità che nei debutti può fare la differenza.
Ed infatti gli Aether Void manipolano la materia con buona padronanza di mezzi, accostando l’heavy classico di matrice Iron Maiden era Blaze Bayley al power e al metal di scuola statunitense (Iced Earth, ultimi Metal Church) per un risultato più che positivo.
La band nostrana ha una marcia in più quando lascia libere le sei corde, sul pezzo quando partono per cavalcate metalliche tagliando l’aria con fendenti potenti e melodici (Twisted Maze).
L’atmosfera di tensione palpabile che accomuna le opere del genere rimane in primo piano anche quando gli Aether Void depotenziano l’impatto di quel tanto per consentire alla parte melodica del sound di uscire in tutta le sue sfumature drammatiche ed in crescendo suggestivi (One Last Dawn).
Bellissima Misleading Promises, brano maideniano che offre un sunto del credo musicale del gruppo risultando il picco di Curse Of Life, album consigliatissimo a chi ama il metal classico del nuovo millennio.

Tracklist
1.Walking Down The Path (Intro)
2.Golden Blood
3.What You Reap And Deserve
4.Twisted Maze
5.One Last Down
6.Hoax
7.Faithless Crusade
8.Misleading Promises
9.Death Wish
10.The Eternal City
11.Angels Die Too

Line-up
Thore – Vocals
Bond – Lead Guitar
Erik – Rhythm Guitar
Bruso – Bass
Albi – Drum

AETHER VOID – Facebook

Dire Peril – The Extraterrestrial Compendium

The Extraterrestrial Compendium risulta un ottimo ascolto, risultando una raccolta di brani che non mancano di potenza e melodia, consigliati agli amanti di Iced earth e Blind Guardian e in generale agli ascoltatori delle sonorità power/thrash.

Per gli amanti del power/thrash metal arriva dagli States questo ottimo lavoro, il primo del duo formato dal chitarrista e bassista Jason Ashcraft e dal vocalist John Yelland con il monicker Dire Peril ed intitolato The Extraterrestrial Compendium.

Come suggeriscono il titolo e l’artwork, l’album è un concept fantascientifico che si sviluppa attraverso un power metal di matrice americana, potenziato da bordate thrash ma pervaso da una vena melodica che ne contraddistingue il piacevole ascolto.
Attivi come band da sei anni, i Dire Peril hanno dato alle stampe una manciata di ep e singoli prima di licenziare questa possente opera, composta da una dozzina di brani per oltre un’ora di metal classico, impreziosito da ritmiche schiacciasassi, un grande lavoro chitarristico, una buona prestazione vocale e buone canzoni.
Il genere è quello che ha fatto la fortuna degli Iced Earth, qui rivisitato in chiave power, quindi più “europeo” rispetto alla band di Jon Schaffer e con soluzioni corali che ricordano i Blind Guardian.
Paragoni scomodi? Non direi, anche perché i Dire Peril hanno fatto un gran bel disco, cercando di mantenere un buon livello nel corso dell’intero album che, pur sviluppandosi su di un minutaggio importante, si lascia ascoltare con attenzione.
Non c’è nulla di particolarmente originale tra le trame dei vari brani che, dall’opener Yautja (Hunter Culture), passando per Enemy-Mine, la thrashy Total Recall, il crescendo di Blood In The Ice e la splendida “Iced Guardian” Always-Right-Here, ci travolgono di suoni ben conosciuti ma ottimamente eseguiti dal duo.
The Extraterrestrial Compendium è un ottimo ascolto, rivelandosi una raccolta di brani che non mancano di potenza e melodia e consigliati agli amanti dei gruppi citati e, in generale, agli ascoltatori delle sonorità power/thrash.

Tracklist
1.Yautja (Hunter Culture)
2.Planet Preservation
3.Enemy Mine
4.The Visitor
5.Total Recall
6.Queen of the Galaxy
7.Roughnecks
8.Blood in the Ice
9.Heart of the Furyan
10.Altair IV: The Forbidden Planet
11.Always Right Here
12.Journey Beyond the Stars

Line-up
Jason Ashcraft – Guitars, Songwriting
John Yelland – Vocals, Lyrics

DIRE PERIL – Facebook

Flashback Of Anger – Shades

I Flashback Of Anger sono la band dal sound più tedesco che mi sia capitato di ascoltare in questo ultimo periodo tra quelle battente bandiera tricolore, e hanno dato vita ad un’opera imperdibile per gli amanti dei suoni melodic power.

Terzo album per i Flashback Of Anger, band toscana attiva dal 2003 e sotto contratto per una label tedesca che di questi suoni se ne intende, la IceWarrior Records.

L’album, uscito a dicembre dello scorso anno, si intitola Shades ed arriva a confermare l’ottima forma della scena power/progressive tricolore e la bravura del quartetto, protagonista di un lavoro piacevole e ricco di melodie dall’appeal altissimo.
Guidato dal singer Alessio Gori, anche tastierista e quinto importante elemento dei Gamma Ray di Kay Hansen nell’Hellish Rock Tour 2007/08, il gruppo dà alle stampe un album che non conosce battute d’arresto, ispirato ovviamente dalle icone del genere, ma con una sua forte connotazione.
Non stiamo parlando di una band alle prime armi, i Flashback Of Anger hanno esperienza da vendere, sia musicale che di vita e si riflette su di un sound potente e melodico, perfetto nel bilanciare la possente carica del power metal a sfumature pregne di raffinati passaggi e refrain che ricordano l’hard rock melodico ed il prog metal, anche se in generale l’atmosfera dei brani rimane ben salda nel miglior power metal della scuola di Amburgo. Pur non allontanandosi dalle coordinate stilistiche di Edguy, Helloween e Gamma Ray, i Flashback Of Anger convincono per un talento melodico sopra la media e, partendo dall’opener Ripped Off e passando per Numbers e Band Of Brothers non c’è nota che non abbia un forte appeal su chi ascolta.
I Flashback Of Anger sono la band dal sound più tedesco che mi sia capitato di ascoltare in questo ultimo periodo tra quelle battente bandiera tricolore, e hanno dato vita ad un’opera imperdibile per gli amanti dei suoni melodic power.

Tracklist
1.Ripped Off
2.Numbers
3.Loaded Guns in Guitar Cases
4.Band of brothers
5.Holdout
6.Edge of dreams
7.Dawn of life
8.Lonely Road
9.Tropical Paradise
10.Marvels of the World

Line-up
Alessio Gori – Voice, Keyboards
Gianmarco Lotti – Guitars
Marco Moroni – Bass
Lorenzo Innocenti – Drums

FLASHBACK OF ANGER – Facebook

Seven Thorns – Symphony Of Shadows

L’album è composto da nove brani nei quali la potenza del power è accompagnata da un buon talento melodico e da atmosfere progressive che mettono in evidenza l’ottima tecnica dei musicisti, protagonisti di un lavoro a tratti avvincente.

I Seven Thorns sono un gruppo danese attivo da vent’anni, magari poco conosciuto fuori dai confini nazionali ma assolutamente in grado di solleticare i palati degli amanti del power metal dai gusti raffinati.

Symphony Of Shadows è il quarto lavoro del quintetto, non troppo produttivo nella sua carriera ma, a giudicare da quanto sentito in questo nuovo lavoro, capace di raggiungere un buon livello qualitativo in un genere che ultimamente è uscito dai primi posti nelle preferenze dei fans.
L’album è composto da nove brani in cui la potenza del power è accompagnata da un buon talento melodico e da atmosfere progressive che mettono in evidenza l’ottima tecnica dei musicisti, protagonisti di un lavoro a tratti avvincente.
Le caratteristiche principali del sound dei Seven Thorns rileva una forte connotazione power/prog, strutturata su ritmiche potenti, un uso assai melodico e progressivo delle orchestrazioni che ricordano non poco i conterranei Royal Hunt, band a mio avviso che ha ispirato il gruppo del singer Björn Asking, non lontano come interpretazione dal regale DC Cooper.
I Seven Thorns non nascondono certo le loro influenze, passando appunto dai Royal Hunt agli At Vance e ai Sonata Artica, peccando forse in originalità, ma restando ben saldi sui piani alti del genere con una raccolta di brani dall’appeal notevole, sempre caratterizzati da potenza e melodia e resi eleganti dal gran lavoro alle tastiere di Asger W. Nielsen.
Black Fortress, la cavalcata Last Goodbye, il deciso power/prog metal di Virtual Supremacy e la conclusiva, neoclassica title track sono i brani cardine di questo ottimo lavoro firmato Seven Thorns.

Tracklist
1. Evil Within
2. Black Fortress
3. Ethereal (I’m Still Possessed)
4. Beneath a Crescent Moon
5. Castaway
6. Last Goodbye
7.Virtual Supremacy
8. Shadows Prelude
9. Symphony of Shadows

Line-up
Björn Asking – Vocals
Gabriel Tuxen – Guitars
Asger W. Nielsen – Keys
Mads Mølbæk – Bass
Lars Borup – Drums

SEVEN THORNS – Facebook

Iron Fire – Beyond The Void

Descrizione Breve Gli Iron Fire hanno dato vita ad un ottimo esempio di power metal come non se ne sentiva da tempo e perderselo sarebbe un peccato mortale.

Tornano con un nuovo potentissimo lavoro i danesi Iron Fire, band che debuttò nell’anno zero del nuovo millennio.

Sorta di ventata di aria fresca in una scena che stenta a tornare a livelli di una ventina d’anni fa, l’ormai trio di Copenaghen licenzia un album possente di true power metal alla Rage, band che più si avvicina al sound che ha sempre contraddistinto i lavori targati Iron Fire. Dopo otto album con cui il gruppo ha attraversato vent’anni di storia metallica, Beyond The Void vede la band nella formazione a tre, con Martin Steene al basso e voce, Kirk Backarach alla chitarra e Gunnar Olsen alla batteria pronti a distribuire potente metal classico, dall’impatto di un elefante in mezzo ad una cristalliera. Spaccano tutto gli Iron Fire, diretti e rocciosi ma con brani che, quando vengono attraversati da input melodici, si trasformano in salmi scritti nella sacra bibbia dell’heavy/power metal. L’album è stato mixato e masterizzato da Tue Madsen (The Haunted, Dark Tranquillity) e licenziato dall’ottima Crime Records, una garanzia per i suoni classici, risultando un lavoro imperdibile per i defenders sparsi per l’Europa. Gli Iron Fire danno una lezione di come si suona il power metal, senza orpelli sinfonici o elucubrazioni progressive, ma spingendo sulla potenza in contesto heavy metal, epico, roccioso, oscuro e duro come l’acciaio. Martin Steene si conferma un singer di genere, maschio, ruvido ma melodico all’occorrenza, un po’ come Peavy Wagner (e si torna a parlare di Rage) e, grazie ad una sezione ritmica tellurica ed una raccolta di brani massicci, tra cui spiccano le bellissime Beyond The Void, Cold Chains Of The North e Old Habits Die Hard, il nuovo album risulta una mazzata power metal da non perdere. Gli Iron Fire hanno dato vita ad un ottimo esempio di power metal come non se ne sentiva da tempo e perderselo sarebbe un peccato mortale.

Tracklist
1. Intro
2. Beyond the Void
3. Final Warning
4. Cold Chains of the North
5. Wrong Turn
6. Bones and Gasoline
7. Old Habits Die Hard
8. Judgement Day
9. To Hell and Back
10. One More Bullet
11. The Devils Path
12. Out of Nowhere

Line-up
Martin Steene – Vocals & Bass
Kirk Backarach – Guitar
Gunnar Olsen – Drums

IRON FIRE – Facebook

Hell’s Guardian – As Above So Below

Anche questo nuovo lavoro è promosso a pieni voti, ora resta solo da supportare una band che nel genere suonato lancia il guanto di sfida alle realtà che giungono da oltre confine, vincendo per freschezza compositiva, impatto diretto e senza fronzoli ed una nuova vena orchestrale che rende raffinate atmosfere e sfumature.

Tornano gli Hell’s Guardian con il secondo lavoro sulla lunga distanza, successore di Follow Your Fate, debutto licenziato nel 2014.

La band bresciana si ripresenta sul mercato con un album che in parte riconferma la propria proposta, anche se nel nuovo As Above So Below trovano più spazio sfumature orchestrali che rendono più raffinato un sound rodato e dalle influenze che guardano come sempre alle terre del nord Europa.
Il gruppo, con il nuovo bassista Claudio Cor al basso ed una manciata di ospiti che danno il loro importante contributo su alcune tracce, come Marco Pastorino (Temperance, Light & Shade), Adrienne Cowan (Seven Spires, Winds of Plauge, Light & Shade), Ark Nattlig Ulv (Ulvedharr), Fabrizio Romani (Infinity) e Mirela Isaincu, convince con un album che porta qualche novità senza stravolgere la propria idea di metal melodico ed estremo, con un lavoro che non mancherà di trovare estimatori tra gli amanti del death metal melodico così come in quelli dai gusti classicamente power.
Ottimo il lavoro chitarristico di scuola Amorphis (Blood Must Have Blood, 90 Days), l’atmosfera symphonic power è presente ma non invadente come in altre realtà
e lo stesso vale per l’epica oscurità classica del death metal melodico, che ovviamente fa la differenza aiutata da un growl possente stemperato a tratti da evocativi interventi delle voci pulite (la title track, My Guide My Hunger).
Anche questo nuovo lavoro è promosso a pieni voti, ora resta solo da supportare una band che nel genere suonato lancia il guanto di sfida alle realtà che giungono da oltre confine, vincendo per freschezza compositiva, impatto diretto e senza fronzoli ed una nuova vena orchestrale che rende raffinate atmosfere e sfumature.

Tracklist
1.Over The Line
2.Crystal Door
3.As Above So Below
4.Blood Must Have Blood
5.Waiting… For Nothing
6.90 Days
7.Lake Of Blood
8.Jester Smile
9.My Guide My Hunger
10.I Rise Up
11.Colorful Dreams

Line-up
Cesare Damiolini – Vocals, Guitars
Freddie Formis – Guitars
Claudio Cor – Bass
Dylan Formis – Drums

HELL’S GUARDIAN – Facebook

Avantasia – Moonglow

Diventa difficile non ripetersi quando si parla di opere come queste: il songwriting sempre all’altezza, i tanti ospiti che offrono il loro fondamentale contributo alla riuscita dell’album, la grande immediatezza che accomuna i vari capitoli e che fanno della varietà compositiva il loro punto di forza, sono le qualità ampiamente espresse da questo geniale musicista tedesco.

Sono passati quasi vent’anni ormai da quando il giovane e talentuoso leader degli Edguy licenziava il suo primo album solista, The Metal Opera, con il monicker Avantasia, seguendo il trend che aveva segnato gli anni a cavallo del nuovo secolo in ambito metallico, con concept per lo più di ispirazione fantasy in cui la musica era una sorta di colonna sonora interpretata da una serie di ospiti che impreziosivano il gran lavoro di stesura e creazione.

Per Tobias Sammet quella che poteva essere solo una riuscita parentesi si è trasformata in una piacevole e puntuale abitudine, e il suo progetto Avantasia, in barba alle mode o ai capricci del mercato, arriva oggi alla sua ottava meraviglia intitolata Moonglow.
Diventa difficile non ripetersi quando si parla di opere come queste: il songwriting sempre all’altezza, i tanti ospiti che offrono il loro fondamentale contributo alla riuscita dell’album, la grande immediatezza che accomuna i vari capitoli e che fanno della varietà compositiva il loro punto di forza, sono le qualità ampiamente espresse da questo geniale musicista tedesco.
Sammet non ha paura di mettersi alla prova fin da subito e l’opener Ghost In The Moon, invece di esplodere in fuochi d’artificio power come tanti brani che aprono lavori del genere, si rivela in realtà una lunga suite dalle ispirazioni progressive, lasciando alla seguente Book Of Swallows il compito di agitare le acque grazie ad un Mille Petrozza di straordinaria intensità.
Gli ospiti al microfono sono ovviamente da olimpo del metal/rock mondiale: oltre a Petrozza, troviamo infatti Ronnie Atkins (Pretty Maids), Jørn Lande (Masterplan), Eric Martin (Mr. Big), Geoff Tate (ex Queensryche), Michael Kiske (Helloween), Bob Catley (Magnum), Candice Night (Blackmore’s Night), Hansi Kürsch (Blind Guardian), affiancati dalla band che vede oltre al mastermind, alle prese con voce, basso e tastiere, Sascha Paeth alla chitarra, basso e tastiere, Michael Roderberg alle orchestrazioni e tastiere e Felix Bohnke alla batteria.
Power metal, symphonic, folk, hard rock, progressive: come sempre il musicista tedesco non si pone limiti di genere, ma crea brani di varia natura, gradevoli sicuramente per una grossa fetta degli amanti dell’hard & heavy ma contraddistinti da un livello superiore alla media per quanto riguarda scrittura ed arrangiamenti.
The Raven Child, l’oscura Alchemy, la veloce ed helloweeniana Requiem For A Dream sono i brani più significativi di questo nuovo album targato Avantasia: per i fans e non solo l’ennesima, avvincente ed imperdibile opera firmata da Tobias Sammet.

Tracklist
01. Ghost In The Moon
02. Book Of Shallows
03. Moonglow
04. The Raven Child
05. Starlight
06. Invincible
07. Alchemy
08. The Piper At The Gates Of Dawn
09. Lavender
10. Requiem For A Dream
11. Maniac

Line-up
Tobias Sammet – Vocals, Bass & Keyboards
Sascha Paeth – Guitar, Bass & Keyboards
Michael Rodenberg – Orchestration & Keyboards
Felix Bohnke – Drums

AVANTASIA – Facebook

Mortanius – Till Death Do Us Part

I Mortanius danno vita ad un buon esempio di power/progressive metal.

Accompagnato da una copertina che ricorda più un vecchio album heavy/thrash trovato in qualche baule chiuso dagli anni ottanta piuttosto che il genere che si andrà effettivamente ad ascoltare, arriva il primo full length del duo statunitense Mortanius, composto dal chitarrista e cantante Lucas Fiocco (ex-Outlander) e dal bassista Jesse Shaw (ex-Beyond Black Skies).

I due musicisti della Pennsylvania, aiutati dai sessions Ollie Bernstein e AJ Larsen, danno vita ad un buon esempio di power/progressive metal che si sviluppa in appena quattro lunghi brani, più la cover di Last Christmas degli Wham.
Dream Theater, Rush, qualche accenno ai Symphony X e via verso un paradiso di scale neoclassiche, lunghe cavalcate dalle ritmiche power, ed atmosfere metalliche raffinate, con in primo piano un gran lavoro strumentale e la voce di Fiocco che si fa preferire nei toni leggermente più maschi.
Diciamo che avrei preferito un singer alla Russell Allen, ma sono dettagli, perché Till Death Do Us Part non mancherà di sorprendere gli amanti dei gruppi citati e del genere suonato, grazie ad una buona padronanza strumentale ed un songwriting che non stanca, anche nei diciassette minuti della title track, cuore pulsante di sangue progressivo dell’intero lavoro, un gioiellino che vale da solo l’acquisto di quest’opera.
Avvicinatevi a Till Death Do Us Part ma solo se siete fans del metal neoclassico e progressivo, un genere non facile da proporre in modo convincente come fanno i Mortanius.

Tracklist
1.Facing the Truth
2.Disengage
3.Jaded
4.Till Death Do Us Part
5.Last Christmas (Wham! cover)

Line-up
Lucas Flocco – Vocals
Jesse Shaw – Bass

Ollie Bernstein – Lead Guitars
AJ Larsen – Rhythm Guitars

MORTANIUS – Facebook

Rhapsody Of Fire – The Eight Mountain

L’album è bellissimo, esaltante ed epico, del resto Staropoli questo tipo di sonorità le ha portate alla fama oltre vent’anni fa e si sente, con il sound 100% Rhapsody Of Fire che si sviluppa in un’ora di fughe velocissime, magniloquenti sinfonie epiche, atmosfere cinematografiche e cori che arrivano fino al cielo.

Una delle più importanti band italiane di sempre, e sicuramente la più conosciuta all’estero (se si parla di symphonic power metal), torna con un nuovo album a dare lustro a questo inizio anno, almeno per quanto riguarda il genere.

La storica band, accantonati i due assi Alex Turilli e Fabio Lione, si ripresenta con un Giacomo Voli in più, vero mattatore di questo ultimo lavoro, ed un songwriting che mantiene una buona qualità, anche se la formula è più che collaudata e il gruppo ne esce comunque alla grande, aiutato dal talento e dal mestiere dei protagonisti.
The Eight Mountain per i fans del gruppo nostrano risulta ancora una volta un’opera imperdibile: i Rhapsody Of Fire non deludono e chi li aspettava al varco si metta tranquillamente l’anima in pace perché Staropoli ed i suoi fidi scudieri sono ancora ben stabili sul trono del symphonic power metal.
La Bulgarian National Symphony Orchestra di Sofia, un coro con più di venti cantanti, l’uso di strumenti medievali, la produzione di Staropoli, più il mix e mastering lasciato a Sebastian “Seeb” Levermann (Orden Ogan) sono i dettagli che fanno di questo lavoro un nuovo importante tassello, nonché primo capitolo di una nuova saga (Nephilim’s Empire Saga) e sorta quindi di un nuovo inizio per la storica band tricolore.
Non riconoscere ai Rhapsody Of Fire l’importanza avuta sulla scena metal italiana e lo status di gruppo internazionale (alla pari con i Lacuna Coil) sarebbe ingiusto; la popolarità e, quindi, l’aspettativa creata da una nuova uscita della band è pari alla sua reputazione e la formula, anche se rimane pressoché inalterata, è assolutamente marchio di fabbrica del gruppo.
L’album è bellissimo, esaltante ed epico, del resto Staropoli questo tipo di sonorità le ha portate alla fama oltre vent’anni fa e si sente, con il sound 100% Rhapsody Of Fire che si sviluppa in un’ora di fughe velocissime, magniloquenti sinfonie epiche, atmosfere cinematografiche e cori che arrivano fino al cielo.
Voli fa il bello e cattivo tempo, risultando il perfetto cantore della nuova saga targata Rhapsody Of Fire, ed il consiglio è di lasciarvi conquistare da una tracklist che non trova ostacoli e che ha in Seven Heroic Deeds, nella folk ballad Warrior Heart, in March Against The Tyrant e nella conclusiva Tales Of A Hero’s Fate i brani più significativi.

Tracklist
01 – Abyss Of Pain
02 – Seven Heroic Deeds
03 – Master Of Peace
04 – Rain Of Fury
05 – White Wizard
06 – Warrior Heart
07 – The Courage To Forgive
08 – March Against The Tyrant
09 – Clash Of Times
10 – The Legend Goes On
11 -The Wind, The Rain And The Moon
12 – Tales Of A Hero’s Fate

Line-up
Giacomo Voli – Vocals
Alex Staropoli – Keyboards
Roby De Micheli – Guitars
Alessandro Sala – Bass
Manu Lottner – Drums

RHAPSODY OF FIRE – Facebook

Veonity – Legend Of The Starborn

La durata di questo Legend Of The Starborn è di quelle proibitive, ma la fluidità del sound proposto dal quartetto di Vänersborg aiuta non poco l’ascolto, specialmente se siete fans di un genere che con i Veonity trova nuova linfa.

Per gli amanti dei suoni power classici il ritorno degli svedesi Veonity, tramite la sempre più presente sul mercato Sliptrick Records, è sicuramente un appuntamento da non perdere.

La band, infatti, dopo i primi due riusciti lavori (il debutto The Gladiator’s Tale, uscito nel 2015, seguito da Into The Void l’anno dopo) arriva al terzo ambizioso full length, un’opera mastodontica di quasi un’ora e mezza composta dal solito buon power metal di estrazione tedesco/scandinava.
I Veonity sono il classico gruppo da cui si sa benissimo cosa aspettarsi: tanto metallo classico, ritmiche power alternate a potenti crescendo, chorus epici e valanghe di melodie.
La durata di questo Legend Of The Starborn è di quelle proibitive, ma la fluidità del sound proposto dal quartetto di Vänersborg aiuta non poco l’ascolto, specialmente se siete fans di un genere che con i Veonity trova nuova linfa.
Legend of the Starborn segue a livello lirico il concept del precedente album, con il protagonista tornato sulla Terra dopo essere fuggito nello spazio ed aver incontrato i guerrieri del tempo, dai quali viene rimandato all’era dei vichinghi per aiutare gli ultimi sopravvissuti nell’impresa di salvare l’umanità da una razza aliena che l’ha schiavizzata.
Gamma Ray, Freedom Call, Nocturnal Rites, Hammerfall, Edguy sono i gruppi che più ispirano la band svedese, aiutata da ospiti importanti come Tommy Johansson (Sabaton, Reinxeed) e Patrik Selleby (Bloodbound, Shadowquest) in questo enorme sforzo compositivo che troverà sicuramente molti defenders pronti a sguainare gli spadoni e lucidare gli scudi al suono di questi quattordici inni al true power metal.
I momenti esaltanti non sono pochi, a partire da Guiding Light fino a Warrior Of The North, passando per Freedom Vikings e To The Gods, ma è tutta la tracklist che convince facendo di Legend Of The Starborn una delle opere più riuscite quest’anno nel genere.

Tracklist
1.Rise Again
2.Starborn
3.Guiding Light
4.Winds of Asgard
5.Outcasts of Eden
6.Sail Away
7.The Prophecy
8.Warrior of the North
9.Gates of Hell
10.Freedom Vikings
11.Lament
12.To the Gods
13.United We Stand
14.Beyond the Horizon

Line-up
Anders Sköld – Vocals/Guitar
Samuel Lundström – Guitar
Joel Kollberg – Drums
Kristoffer Lidre – Bass

VEONITY – Facebook

Lovebites – Clockwork Immortality

Il sound di Clockwork Immortality sorprenderà più di un amante del metal classico di scuola power europea: saggiamente la band ha assorbito tutto il meglio del genere, trovando la perfetta alchimia tra le sue varie anime.

Se pensate che le Lovebites siano solo l’ennesimo fenomeno da baraccone giunto dal sol levante vi dovrete ricredere, perché Clockwork Immortality è un lavoro molto interessante ed assolutamente metallico che coccia con l’immagine glamour delle cinque ragazze, ma che all’ascolto procura momenti di auto esaltazione heavy/power.

D’altronde la band ha lavorato in passato con Mikko Karmila e Mika Jussila (Children Of Bodom, Amorphis, Nightwish, tra gli altri) ed arriva con questo nuovo lavoro al secondo album su lunga distanza in una discografia che conta anche due ep licenziati in un paio d’anni.
Asami, Haruna, Midori, Miho e Miyako, oltre al loro fascino mettono in campo un heavy power metal che surclassa molti omaccioni tutti spade e scudi, vanno veloci come lampi nel cielo, abbondano di orchestrazioni ed arrangiamenti bombastici e scagliano frecce metalliche che si conficcano nel centro di un bersaglio commerciale altisonante.
Molto meno “truzzo” di quello esibito dalle Babymetal, il sound di Clockwork Immortality sorprenderà più di un amante del metal classico di scuola power europea: saggiamente la band ha assorbito tutto il meglio del genere, trovando la perfetta alchimia tra l’anima scandinava (Stratovarius), quella tedesca (Freedom Call) e quella mediterranea e sudamericana (Angra, Vision Divine).
L’album non ha un attimo di tregua, passando da vere bombe heavy/power a brani dal taglio più melodico ma dal grande appeal, formando una raccolta di potenziali hit tra le quali spiccano l’opener Addicted, la potentissima Mastermind 01, la veloce e thrashy M.D.O. e la spettacolare Final Collision.
Belle da vedere e brave da ascoltare, le Lovebites faranno innamorare più di un defender duro e puro, c’è da scommetterci.

Tracklist
01. Addicted
02. Pledge Of The Saviour
03. Rising
04. Empty Daydream
05. Mastermind 01
06. M.D.O
07. Journey To The Other Side
08. The Final Collision
09. We The United
10. Epilogue

Line-up
Asami – Vocals
Midori – Guitars
Miyako – Guitars, Keyboards
Miho – Bass
Haruna – Drums

LOVEBITES – Facebook

Autore
Alberto Centenari
Voto
8
Genere – Sottogeneri – Anno – Label
2018 Heavy/Power Metal 8

Hammerfall – Legacy Of Kings – 20 Year Anniversary Edition

Esaltante, melodico, spettacolare nelle ritmiche che sanno di heavy metal, ma che, con la forza del power, sbaragliano la concorrenza, Legacy Of Kings è un album magnifico, ovvero il metal nella sua espressione più semplice, diretta, epica e dall’appeal irresistibile.

Il tempo vola e, ultimamente, a scandire gli anni che passano ci pensa la Nuclear Blast, almeno per chi di metal vive da un po’, con le sue preziose ristampe e versioni deluxe per festeggiare anniversari di uscite importanti.

Tocca agli ormai storici Hammerfall ed al loro secondo splendido lavoro, Legacy Of Kings, ritornare in bella mostra nelle vetrine dei negozi specializzati, con questa nuova versione che celebra il ventesimo anno dall’uscita.
Era il 1998 e la band svedese capitanata dal vocalist Joacim Cans e dal chitarrista Oscar Dronjak doveva confermare la qualità espressa nel clamoroso Glory To The Brave, debutto con il botto e prima battaglia per il guerriero Hammerfall.
Legacy Of Kings forma, con il primo lavoro, una coppia stratosferica unita dalla stessa forza, potenza e melodia che contraddistinguerà il sound del gruppo anche se, a mio avviso, non più a questi livelli.
Ho sempre paragonato i primi due album degli Hammerfall alla stregua dei primi due Iron Maiden, tanto per ribadire il grande impatto con il quale il gruppo si affacciò sulla scena metal classica in anni in cui il nord Europa si riprendeva il trono del genere.
Esaltante, melodico, spettacolare nelle ritmiche che sanno di heavy metal, ma che, con la forza del power, sbaragliano la concorrenza, Legacy Of Kings è un album magnifico, ovvero il metal nella sua espressione più semplice, diretta, epica e dall’appeal irresistibile.
Non ci eravamo sbagliati vent’anni fa e il fatto che oggi siamo qui a parlare degli Hammerfall e di Legacy Of Kings lo dimostra, quindi per i collezionisti e per le nuove leve non rimane che consigliare questa ristampa sotto forma di due cd e di un dvd che comprendono la versione rimasterizzata dell’album, varie versioni demo e live …Let The Hammerfall!

Tracklist
1. Heeding The Call
2. Legacy Of Kings
3. Let The Hammer Fall
4. Dreamland
5. Remember Yesterday
6. At The End Of The Rainbow
7. Back To Back
8. Stronger Than All
9. Warriors Of Faith
10. The Fallen One
11. Eternal Dark
12. I Want Out
13. Man On The Silver Mountain
14. Legacy Of Kings (Live Medley 2018)
15. Heeding The Call (live)
16. Let The Hammer Fall (Live 2017)
17. Legacy Of Kings (live)
18. At The End Of The Rainbow (live)
19. Stronger Than All (live)
20. Heeding The Call (demo)
21. Let The Hammer Fall (demo)
22. Warriors Of Faith (demo)
23. Back To Back (demo)
24. At The End Of The Rainbow (demo)
25. Dreamland (demo)

Line-up
Patrik Räfling – Drums
Joacim Cans – Vocals
Oscar Dronjak – Guitars, Vocals (backing)
Stefan Elmgren – Guitars
Magnus Rosén – Bass

HAMMERFALL – Facebook

Ancient Bards – Origine – The Black Crystal Sword Saga Part 2

Il sound di questo nuova opera targata Ancient Bards è eccellente come ci hanno abituato questi guerrieri nostrani delle sette note, tra esplosioni di metal dal piglio cinematografico, cavalcate heavy power, sublimi canti e growl possenti in uno spettacolo di fuochi d’artificio metallico.

Il 2019 non poteva iniziare meglio, almeno per quanto riguarda il symphonic power metal, ed il merito di questa sfavillante partenza è degli Ancient Bards, probabilmente la migliore band nel genere battente bandiera tricolore ed una delle più convincenti in senso assoluto.

Siamo solo al quarto album ma non è un’eresia parlare del gruppo romagnolo come la punta di diamante di un stile musicale che nel nostro paese ha avuto grandi band ed artisti di spessore.
Sara Squadrani e soci hanno fatto passare cinque anni per dare un successore al bellissimo A New Dawn Ending e, grazie ad una campagna di crowdfunding, il nuovo lavoro, che prosegue nel concept iniziato nel 2010, vine licenziato tramite la Limb Music.
Origine – The Black Crystal Sword Saga Part 2, che presenta il nuovo membro ufficiale, il chitarrista Simone Bertozzi, è composto da dieci brani per quasi un’ora in un mondo magico persi tra le note che formano spettacolari scenari epic fantasy.
Il sound di questo nuova opera targata Ancient Bards è eccellente come ci hanno abituato questi guerrieri nostrani delle sette note, tra esplosioni di metal dal piglio cinematografico, cavalcate heavy power, sublimi canti e growl possenti in uno spettacolo di fuochi d’artificio metallico.
Il singolo Impious Dystophia, le meraviglie sinfoniche di Fantasy’s Wings, le fughe epico orchestrali di Titanism, la potenza sinfonica della seriosa ed oscura Hollow e la splendida chiusura con la suite The Great Divide, quattordici minuti di Ancient Bards al massimo del loro splendore, sono alcuni dei validi motivi per non perdere questo ennesimo bellissimo lavoro.

Tracklist
01. Origine
02. Impious Dystopia
03. Fantasy’s Wings
04. Aureum Legacy
05. Light
06. Oscurità
07. Titanism
08. The Hollow
09. Home Of The Rejects
10. The Great Divide Part 1 – Farewell Father Part 2 – Teardrop Part 3 – Il Grande E Forte Impero
11. Eredità Aurea (CD only Bonus Track)

Line-up
Daniele Mazza – keyboards & orchestrations
Claudio Pietronik – guitars
Sara Squadrani – vocals
Federico Gatti – drums
Martino Garattoni – bass
Simone Bertozzi – guitars & growls

ANCIENT BARDS – Facebook

Heidra – The Blackening Tide

Gli Heidra non si limitano alla spettacolarizzazione del genere ma offrono una cinquantina di minuti di metal che, alle non poche ispirazioni classiche, aggiunge tutti gli ingredienti necessari per coinvolgere, tra puntate estreme e splendide melodie che evocano guerrieri e dei, altopiani innevati e gelidi venti.

Ottimo lavoro questo The Blackening Tide, secondo capitolo dal taglio viking power metal dei danesi Heidra, che già avevano ben figurato con l’esordio Awaiting Dawn ma che superano le aspettative con questa raccolta di brani pregni di melodie epico guerresche, atmosfere viking ed irruenza power metal.

Al growl, sempre presente nelle parti più cattive del sound, si affianca una voce pulita evocativa e dalle sfumature epiche che, sommata alle caratteristiche principali del sound, completa una proposta assolutamente convincente.
La band danese accontenta e soddisfa gli amanti di questo tipo di sonorità con una serie di tracce molto suggestive e varie, alternando sfuriate power, mid tempo epici e guerreschi e quel tocco folk di matrice scandinava che non dispiace mai.
Gli Heidra non si limitano alla spettacolarizzazione del genere ma offrono una cinquantina di minuti di metal che, alle non poche ispirazioni classiche, aggiunge tutti gli ingredienti necessari per coinvolgere, tra puntate estreme e splendide melodie che evocano guerrieri e dei, altopiani innevati e gelidi venti, che da nord portano influenze melodic death nei momenti più estremi.
The Blackening Tide è un album che si ascolta tutto d’un fiato, uno splendido esempio di metal nordico nobile, glorioso, epico ed avvincente, mai al sotto una qualità che rimane ottima in tutti i brani presenti, trovando in The Price Is Blood, A Crown Of Five Fingers e la title track i propri picchi.

Tracklist
1.Dawn
2.The Price in Blood
3.Rain of Embers
4.Lady of the Shade
5.A Crown of Five Fingers
6.The Blackening Tide
7.Corrupted Shores
8.Hell’s Depths

Line-up
Martin W. Jensen – Guitars (lead), Vocals
Morten Bryld – Vocals
Carlos G.R. – Guitars
Dennis Stockmarr – Drums
James Atkin – Bass

HEIDRA – Facebook

Hollow – Between Eternities of Darkness

Echi di Nevermore, Queensryche, Morgana Lefay e Tad Morose sono presenti in questo splendido ritorno firmato Hollow, un lavoro che mette in primo piano sentimenti, emozioni, dubbi e paure e le trasforma in musica, tragicamente metallica, potente ma dall’impatto melodico straordinario.

Sono passati vent’anni da quando gli Hollow del polistrumentista Andreas Stoltz licenziarono Architect Of The Mind, bellissimo lavoro che vedeva la band svedese alle prese con un power progressive metal potente e melodico, sulla scia di Nevermore e Morgana Lefay.

La Rockshots Records non si è fatta scappare l’opportunità di mettere il suo marchio su questo inaspettato ritorno intitolato Between Eternities of Darkness, scritto, cantato e suonato da Stoltz con l’aiuto del batterista Stalder Zantos.
Mixato e masterizzato da Ronnie Björnström ai Enhanced Audio Productions in Svezia, l’album racconta il periodo difficile e drammatico di una famiglia normale, un periodo oscuro che non cancella il ricordo di tempi migliori, raccontato per mezzo di un emozionante viaggio nel metal progressivo che, come da tradizione del combo, si divide tra il concetto melodico ricco di tensione, oscuro e drammatico del metal statunitense e quello potente, roccioso e power suonato in Scandinavia a cavallo dei due secoli.
Echi di Nevermore, Queensryche, Morgana Lefay e Tad Morose sono presenti in questo splendido ritorno firmato Hollow, un lavoro che mette in primo piano sentimenti, emozioni, dubbi e paure e le trasforma in musica, tragicamente metallica, potente ma dall’impatto melodico straordinario.
La bravura tecnica del mastermind svedese non si discute, ma è la parte compositiva che lascia senza fiato, trasformando Between Eternities of Darkness, in una raccolta di brani drammatici, spettacolari nelle parti progressivamente ritmiche e da brividi nelle parti cantate.
Fate Of The Jester, Pull Of The Undertow, le splendide Hidden e Calling regalano insieme a tutta la tracklist grande musica metal, di livello superiore alla media per maturità artistica e songwriting: il ritorno degli Hollow è qualcosa più di una gradita sorpresa.

Tracklist
1.Travel Far
2.Fate of the Jester
3.Down
4.Pull of the Undertow
5.Shadow World
6.Hidden
7.Calling
8.The Road I’m on
9.Death of Her Dream
10.Say Farewell

Line-up
Andreas Stoltz – Vocals and Guitar
Stalder Zantos – Drums

HOLLOW – Facebook

Sabaton – Carolus Rex Platinum Edition

Un lavoro ispirato e bellissimo, heavy power metal orchestrale ed epico alla sua massima potenza, questo è Carolus Rex, sesto album dei Sabaton uscito nel 2012 e ristampato per l’occasione.

La storia della Svezia ha toccato il suo massimo splendore storico tra il XVII e il XVIII secolo, periodo che vide la nazione scandinava trasformarsi in una potenza imperante nelle coste del mar Baltico, dalla Finlandia fino all’Estonia e alla Livonia.

I Sabaton nel 2012 licenziarono questo bellissimo lavoro, che è stato quello di maggior successo del gruppo, alle prese con una fetta importante della storia del proprio paese.
Carolus Rex, infatti, è un lavoro incentrato sull’intervento della Svezia nella guerra dei trent’anni (1618-1648) e sul regno di re Carlo XII (1697-1718) del quale si commemorano i trecento anni dalla morte.
Un lavoro ispirato e bellissimo, heavy power metal orchestrale ed epico alla sua massima potenza, questo è Carolus Rex, di fatto il sesto album dei Sabaton ed apice di una discografia che ha regalato altri due full length dopo questo notevole lavoro, Heroes e The Last Stand, licenziati rispettivamente nel 2014 e nel 2016.
Senza entrare troppo dentro alle vicende storiche, c’è un grande album di power heavy metal da godersi con il pugno alzato e lo scudo a proteggere i colpi che i Sabaton senza pietà scaricano sull’ascoltatore, immerso in questa raccolta di racconti storici accompagnati da uno degli esempi più fulgidi di metallo glorioso, epico, orchestrale e potente.
Mid tempo e debordanti orchestrazioni ci avvolgono come in una colonna sonora di una pellicola che sulla parete fa scorrere immagini di battaglie, eroi, vincitori e vinti in un delirio epico davvero entusiasmante, con la chicca della versione svedese ad accentuare l’atmosfera di celebrazione di uno dei personaggi più importanti della storia della nazione.
Questa spettacolare versione Platinum Edition si arricchisce di quattro bonus track e viene licenziata dalla Nuclear Blast in ben cinque versioni: 2cd digi, 2LP, 3cd+2blu-ray-earbook, award edition e digital, a seconda dei gusti tutte imperdibili.

Tracklist
1. Dominium Maris Baltici
2. The Lion From the North
3. Gott Mit Uns
4. A Lifetime of War
5. 1 6 4 8
6. The Carolean’s Prayer
7. Carolus Rex
8. Killing Ground
9. Poltava
10. Long Live the King
11. Ruina Imperii
12. Twilight Of The Thundergod
13. In The Army Now
14. Feuer Frei
15. Harley From Hell

Line-up
Joakim Brodén – Vocals, Keyboard
Pär Sundström – Bass
Chris Rörland – Guitars
Tommy Johansson – Guitars
Hannes Van Dahl – Drums

SABATON – Facebook

Manam – Rebirth Of Consciousness

Rebirth Of Consciousness è un album affascinante, nel quale death, power e progressive metal sono l’impalcatura di un sound personale e studiato nei minimi dettagli, nonché ennesimo gioiello di una scena che si dimostra sempre più uno scrigno colmo di opere di valore.

Un concept che segue un viaggio spirituale è quello che ci propongono i Manam, giovane band fondata dal chitarrista e cantante Marco Salvador, al debutto con Rebirth Of Consciousness.

Melodic death metal, power ed ispirazioni progressive compongono questa raccolta di brani, molto vari ma legati dal concept e dall’approccio al genere che rimane assolutamente estremo e melodico.
Suonato e composto dalla band con l’ambizione di ottenere un prodotto originale senza snaturarsi troppo, l’album alterna tracce estreme, alcune delle quali potenziate da classiche ritmiche power, ad altre più orientate verso un mood progressivo e melodico che nobilita in modo importante brani come Atman Denied, che arriva subito dopo quello che era un classico episodio melodic death metal come Supernova.
Le parti in clean sono ottime, non così scontate come in altre realtà, il growl è potente mentre ineccepibile è la parte tecnica, che permette al gruppo di regalare brani di spessore come l’evocativa Revelation.
Total War è una traccia heavy metal tradizionale potenziata dall’attitudine estrema dei Manam, A Raw Awakening parte come una power ballad e si sviluppa in un crescendo estremo notevole, mentre la parola fine a questo lavoro la mette la progressiva, melodica e splendida Sahara.
Rebirth Of Consciousness è un album affascinante, nel quale death, power e progressive metal sono l’impalcatura di un sound personale e studiato nei minimi dettagli, nonché ennesimo gioiello di una scena che si dimostra sempre più uno scrigno colmo di opere di valore.

Tracklist
1. Fallen Leaves
2. Supernova
3. Atman Denied
4. Innerdemon
5. Revelation
6. Total War
7. A Raw Awakening
8. Anam
9. Sahara

Line-up
Marco Savador – Lead Guitar, Vocals
Fabiola Sheena Bellomo – Rhythm Guitar
Marco Montipò – Bass, Backing Vocals
Nicola Nik De Cesero – Drums

MANAM – Facebook

Accept – Symphonic Terror

Anche gli inossidabili Accept hanno ceduto alle lusinghe del supporto orchestrale: l’esperimento è senz’altro riuscito, con gli strumenti classici a donare quel tocco di raffinata epicità al sound di una delle più importanti metal band nate nel vecchio continente.

Negli anni settanta le grandi band, dal successo dei Deep Purple con Made in Japan in poi, presero l’abitudine di immortalare il loro album di maggior successo o un’intera carriera con l’uscita di un live nella terra del Sol Levante, moda che fecero propria i anche gruppi metal degli anni ottanta.

Di questi tempi è il Wacken Open Air il festival in cui le band fotografano il loro momento magico o l’evento, se possibile con il supporto dell’orchestra.
Tanti ormai sono i gruppi che hanno sfruttato l’immensa distesa di appassionati che, ogni agosto, si danno appuntamento vicino al paesino più famoso della storia del metal, nel 2017 è stata la volta degli storici ed arcigni Accept, dieci anni dopo la reunion.
Symphonic Terror – Live At Wacken 2017 vede il gruppo di Wolf Hoffmann alle prese con i suoi maggiori successi con un concerto che suddiviso in tre parti.
Nella prima la band esegue una manciata di brani tratti da due classici intramontabili come Restless And Wild e Final Journey, accompagnati da altri presi dall’ultimo lavoro intitolato The Rise Of Chaos.
Nella seconda parte il palco è tutto per Wolf Hoffman che, accompagnato dalla sola chitarra e dall’orchestra filarmonica esegue dei brani presi dal suo lavoro solista (Headbangers Symphony), sicuramente affascinante nel contesto di Wacken, ma è con la terza parte che i cuori dei fans si incendiano.
La band torna al completo ed uno dopo l’altro dà in pasto al pubblico quegli inni che hanno fatto la storia della band e del metal, da Princess Of The Dawn a Fast As The Shark, passando per le leggendarie Metal Heart e Balls To The Walls.
E così anche gli inossidabili Accept hanno ceduto alle lusinghe del supporto orchestrale: l’esperimento è senz’altro riuscito, con gli strumenti classici a donare quel tocco di raffinata epicità al sound di una delle più importanti metal band nate nel vecchio continente.
Licenziato dalla Nuclear Blast in vari supporti, Symphonic Terror si rivela quindi la celebrazione di uno dei gruppi più amati nella sempre suggestiva atmosfera del Wacken Open Air.

Tracklist
Part 1: Accept
01. Die By The Sword
02. Restless And Wild
03. Koolaid
04. Pandemic
05. Final Journey

Part 2: Headbanger’s Symphony
06. Night On Bald Mountain
07. Scherzo
08. Romeo And Juliet
09. Pathétique
10. Double Cello Concerto in G Minor
11. Symphony No. 40 in G Minor

Part 3: Accept with Orchestra
12. Princess Of The Dawn
13. Stalingrad
14. Dark Side Of My Heart
15. Breaker
16. Shadow Soldiers
17. Dying Breed
18. Fast As A Shark
19. Metal Heart
20. Teutonic Terror
21. Balls To The Wall

Line-up
Mark Tornillo – Vocals
Wolf Hoffmann – Guitar
Peter Baltes – Bass
Uwe Lulis – Guitar
Christopher Williams – Drums

ACCEPT – Facebook

Infinita Symphonia – Liberation

Liberation è uno splendido esempio di musica metal a cavallo tra tradizione e modernità, quello che deve essere il genere nel nuovo millennio, un compendio di potenza e melodia, con arrangiamenti attuali ad arricchire un sound che guarda al passato con i piedi ben saldi nel presente.

La terza opera dei romani Infinita Symphonia, Liberation è l’ennesimo ottimo lavoro in arrivo dalla scena power metal tricolore, un’ora di metal dalle atmosfere classiche valorizzato da ritmiche di trascinante power, ed una vena epico progressiva dall’alto tasso melodico.

Licenziato dalla My Kingdom Music, l’album vede la partecipazione di una manciata di ospiti nazionali ed internazionali come le due “star” Ralph Scheepers e Blaze Bayley, Alessandro Conti, Julia Elenoir, Daniela Gualano, Gaetano Amodio e Alberto De Felice.
Ma il sound di Liberation non si ferma al solito power metal suonato a meraviglia, perché il gruppo raccoglie ispirazioni anche dalla frangia più moderna del metal e lascia che l’anima classica venga contaminata da queste pulsioni, rendendo l’ascolto altamente vario e particolarmente interessante proprio quando queste si fanno più sentire (splendida in questo senso la potentissima Coma).
E’ un susseguirsi di sorprese questo lavoro che passa dal metal classico al power valorizzato da spunti ritmici e refrain prog metal di scuola italiana (Labyrinth, Vision Divine), fino a soluzioni moderne che rasentano il thrash/groove (Be Wise Or Be Fool).
Tecnicamente ineccepibile e con il solito gran lavoro di Simone Mularoni che mette la sua firma su registrazione e masterizzazione (il mix è stato lasciato nelle mani di Claudio e Flavio Zampa), Liberation è uno splendido esempio di musica metal a cavallo tra tradizione e modernità, quello che deve essere il genere nel nuovo millennio, un compendio di potenza e melodia, con arrangiamenti attuali ad arricchire un sound che guarda al passato con i piedi ben saldi nel presente.
Lo spettacolare strumentale che conclude l’album (Q&A), un saliscendi tra le due anime del sound in un’atmosfera altamente progressiva, è la perfetta sintesi del credo musicale degli Infinita Symphonia, con i suoi undici minuti di metallo potente e nobile da non perdere.

Tracklist
1. Hope
2. The Time Has Come
3. Never Forget (feat. Ralf Sheepers)
4. How Do You Feel?
5. Coma
6. A Silent Hero (feat. Blaze Bayley)
7. Be Wise Or Be Fool (feat. Alessandro Conti)
8. A New One
9. Don’t Fall Asleep Again
10. Liberation
11. Q & A

Line-up
Luca Micioni – Lead and backing vocals
Gianmarco Ricasoli – Guitars, bass, backing vocals & orchestral arrangements
Ivan Daniele – Drums

Guests:
Blaze Bayley: vocals on song 6 *
Ralf Sheepers: vocals on song 3
Julia Elenoir and Daniela Gualano: vocals on song 8
Alessandro Conti: vocals on song 7
Gaetano Amodio: bass on song 3 *
Alberto De Felice: bass on song 7

INFINITA SYMPHONIA – Facebook

Them – Manor Of The Se7en Gables

Manor Of The Se7en Gables risulta un ottimo lavoro che questa volta è consigliato non solo agli amanti del re diamante ma più in generale ai fans dell’heavy/power statunitense.

Sulle potenzialità elevate di questa band ci avevamo creduto già dal precedente lavoro, il debutto Sweet Hollow, licenziato un paio di anni fa e che presentava musicisti di provata esperienza alle prese con un sound che risultava un efficace tributo a King Diamond.

D’altronde con un monicker come Them ed un cantante come Troy Norr che viaggia sulle stesse tonalità del leggendario singer danese, era assolutamente in linea con le attese l’ascolto di un album valido ma derivativo.
Sono passati due anni e la band torna con un nuovo lavoro intitolato Manor Of The Se7en Gables, un concept che rivede non poco le carte in tavola, lasciando sorpreso chi credeva in un altro album tributo.
Invece il nuovo lavoro dei Them è uno splendido esempio di power/heavy metal americano, chiaramente ispirato dal mondo musicale e visivo di King Diamond ma molto più personale, tanto che solo al singolo Witchfinder si può attribuire una accentuata somiglianza con la musica di uno dei personaggi più influenti del metal, anche per l’uso del falsetto, mentre il resto dell’opera è frutto di un approccio sicuramente più personale.
I Them suonano horror metal teatrale e dai risvolti inquietanti, quindi rimangono quelle atmosfere oscure e terrificanti ispirate ad album come Them, Abigail e compagnia, ma è innegabile che Troy Norr e compagni si siano superati regalando ai fans del genere un gioiellino metallico, nel quale si passa dal thrash/speed metal al power, alternando canzoni potenti, dirette e trascinanti e dalle linee melodiche esaltanti, a cupi ed oscuri scenari di metallico terrore, il tutto curato in ogni dettaglio.
Quasi un’ora di durata non è certamente poco, eppure i Them riescono a tenere l’ascoltatore inchiodato alla poltrona con una serie di ottimi brani che hanno nelle bellissime Circuitois, Refuge In The Manor, The Secret Stairs e Maleficium i picchi dell’intero lavoro.
Manor Of The Se7en Gables risulta un ottimo lavoro che questa volta è consigliato non solo agli amanti del Re Diamante ma più in generale ai fans dell’heavy/power statunitense.

Tracklist
01. Residuum
02. Circuitous
03. Refuge in the Manor
04. Witchfinder
05. A Scullery Maid
06. Ravna
07. As the Sage Burns
08. The Secret Stairs
09. Peine Forte Et Dure
10. Maleficium
11. Seven Gables to Ash
12. Punishment By Fire

Line-up
Troy “KK Fossor” Norr – Vocals
Markus Johansson – Guitars
Markus Ullrich – Guitars
Richie Seibel – Keyboards
Alexander Palma – Bass
Angel Cotte – Drums

THEM – Facebook