Earthless – From The West

La band californiana è un ensemble che affonda le sue radici e la sua ragion d’essere nella musica dal vivo, fatta per stare su un palco e volare alto.

Album dal vivo per i magnifici Earthless, che hanno la loro missione nello stare davanti ad un pubblico a suonare.

Il disco è stato registrato dal vivo a San Francisco il primo marzo 2018 e cattura alla perfezione tutta la potenza e la varietà musicale di questo grande gruppo. Si può affermare forse a sproposito che questa band potrebbe corrispondere ai Grateful Dead della psichedelia pesante, nel senso che dal vivo cambia tutto rispetto all’ascolto su supporto fonografico. Il tour del concerto qui presente era quello dell’ultima fatica, Black Heaven che è già un bel disco di per sé, che qui viene stravolto rimanendo un punto di partenza per ciò che saranno gli Earthless nel futuro, o forse già solo dal prossimo concerto. La band californiana è un ensemble che affonda le sue radici e la sua ragion d’essere nella musica dal vivo, fatta per stare su un palco e volare alto. La già ricca musica dal vivo si espande, raggiunge lo stato gassoso al più presto e viene inalata dagli spettatori. L’impianto è quello della jam, quasi fosse un’equazione da sviluppare dati gli elementi di partenza, e che nel suo sviluppo acquista vita propria. Per fare pezzi di dieci minuti, ed anche oltre, dal vivo bisogna avere un talento fuori dal comune, perché non è per nulla facile. Le trame sonore si fondono fra loro nel suono stesso, e il trio ha una potenza psichedelica notevole che si fonde con un tiro musicale che va bene oltre i generi o le classificazioni. Dentro ci si può sentire anche un po’ della grandezza dal vivo dei Grand Fuck Railroad, quel vivere per suonare e stare su di un palco che è una dote innata. Prendere il proprio disco e plasmarlo in una veste radicalmente diversa dal vivo, ecco cosa fanno gli Earthless, infatti questo è da considerare a tutti gli effetti una raccolta di inediti, perché sono davvero altro rispetto alla versione in studio. In From The West troviamo anche una cover di Communication Breakdown degli Zeppelin che da ben l’idea di cosa siano gli Earthless, ovvero un gruppo psicotropo più che psichedelico. Un disco dal vivo gigantesco e bellissimo.

Tracklist
01. Black Heaven
02. Electric Flame
03. Gifted By The Wind
04. Uluru Rock
05. Volt Rush
06. Communication Breakdown
07. Violence Of The Red Sea
08. Acid Crusher

Line-up
Mario Rubalcaba
Isaiah Mitchell
Mike Eginton

EARTHLESS – Facebook

The Fog Ensemble – Throbs

Throbs è un’opera che vive di emozioni e del gioco fra la poca luce e la molta oscurità e la nebbia ovviamente, quella coltre che spesso cala maggiormente dentro di noi piuttosto che fuori di noi, e che ci cela l’andamento della vita.

I The Fog Ensemble sono un gruppo greco forse fra i più originali al mondo, e non si sta esagerando.
La loro musica è una strana ed esplosiva miscela di shoegaze, post punk, minimalismo e psichedelia molto non convenzionale.

Throbs è un’opera che vive di emozioni e del gioco fra la poca luce e la molta oscurità e la nebbia ovviamente, quella coltre che spesso cala maggiormente dentro di noi piuttosto che fuori di noi, e che ci cela l’andamento della vita. Il gruppo greco usa tutti gli elementi in suo possesso per fare una musica che colpisce al cuore chi ama le distorsioni che portano la propria anima in un altro posto. Vi sono molte influenze e sono quasi tutte inglesi, perché si può dire quello che si vuole, ma la terra di Albione in quanto a distorsioni malinconiche è sempre al primo posto. I The Fog Ensemble hanno inciso il disco nello studio degli Shellac, e qualcosa anche del gruppo americano è rimasto all’interno del disco, ma la quasi totalità è opera loro. Il disco ha un andamento lento e dolcemente mortale, come un’incredibile dolcezza che ti possiede prima della fine, ci sono momenti ripetitivi e paranoici, e al contempo immense aperture melodiche che si schiudono quando meno te lo aspetti. I brani sono totalmente strumentali e ciò conferisce loro una forza che forse le parole avrebbero disperso, o forse no, ma ascoltando questi brani strumentali la meraviglia è comunque tanta. Raro è l’ascolto di un disco che non sai cosa ti possa riservare, e Throbs è una continua sorpresa, anche grazie ad un uso sapiente dell’elettronica che va a coadiuvare gli altri strumenti in maniera molto adeguata. Ogni canzone è un potenziale singolo per accompagnare dolci e tremendi momenti di smarrimento, e questo disco è un continuo perdersi dentro la musica, recuperando quel gusto antico di ascoltare un disco da capo a piedi, senza mai staccare, o solo per girare il lato. Un lavoro estremamente completo ed ipnotico, per gli amanti di varie sonorità, e soprattutto per chi apprezza la musica che scatena un vortice di emozioni.

Tracklist
01. Lighthouse
02. Droog Party
03. Fever Bliss
04. Weather Girl
05. False Moves
06. Throbs
07. Breathe

Line-up
Antonis Karakostas – Guitars,Loops,Programming
Nicholas Kondylis – Bass
George Nanopoulos – Drums

THE FOG ENSEMBLE – Facebook

Emphatica – Time

Progressive rock, ma non solo, è quel che si trova nello scrigno di sensazioni, paesaggi musicali dai mille colori che questa volta si muovono dalle ispirazioni psichedeliche degli anni 60/70 per arrivare ai giorni nostri in un’escalation di note.

Lo scorrere del tempo è la chiave di lettura di questi settanta minuti di musica totale, un viaggio scandito dalle innumerevoli ispirazioni e sensazioni che il polistrumentista Gerardo Sciacca immette nello spartito di Time, ultimo lavoro a firma Emphatica.

Ne avevamo già parlato quattro anni fa di questo musicista e songwriter nostrano il quale torna, dopo lo splendido Metamorphosis, con un altro mastodontico lavoro.
Progressive rock, ma non solo, è quel che si trova nello scrigno di sensazioni, paesaggi musicali dai mille colori che questa volta si muovono dalle ispirazioni psichedeliche degli anni 60/70 (Rising Moon) per arrivare ai giorni nostri in un’escalation di note che, parlando la lingua universale della musica moderna, lasciano poche briciole al loro passaggio come una sorta di pollicino musicale, per indicarci una via che ci conduca alla comprensione di questo nuovo lavoro.
Nel sound degli Emphatica vivono una moltitudine di anime: psichedeliche, rock, elettroniche, new wave, classiche che si scambiano continuamente il timone portando l’ascoltatore verso sensazioni diverse, creando un via vai di emozioni cangianti.
All’ascolto di Time ognuno prediligerà un capitolo rispetto ad un altro (splendide a mio avviso le note progressive settantiane di Echoes From The Past, quelle classiche di Fireplaces Tales, le liquide divagazioni di Echoes From The Future e il sunto compositivo dei quattordici lunghi minuti di Dying Sun), ma è nel suo complesso che l’album trova una precisa identità, trattandosi di un’opera strumentale che pretende un ascolto attento e scrupoloso per godere di ogni nota, passaggio e movimento.
Un’ altra perla musicale firmata Emphatica da non perdere assolutamente se siete ascoltatori attenti aldilà dei generi.

Tracklist
1.Rising Moon
2.Echoes From the Past
3.Wandering in the Desert
4.Our Sleeping Souls
5.Fireplace Tales
6.Mother (Once We Had a Dream)
7.Reversal
8.Shattered Lights
9.Echoes From the Future
10.Before We Grow Old
11.Deep Space Dissonance
12.Dying Sun

Line-up
Gerardo Sciacca

EMPHATICA – Facebook

Komatsu – A New Horizon

Fin dalle prime note del disco si sente che A New Horizon è un’opera molto bella ed affascinante, con un groove incredibile che macina tutto e tutti.

Terzo disco per gli olandesi Komatsu, uno dei gruppi europei che coniuga meglio pesantezza e melodia, per un risultato stupefacente.

Fin dalle prime note del disco si sente che A New Horizon è un’opera molto bella ed affascinante, con un groove incredibile che macina tutto e tutti. Nel corso delle canzoni le chitarre distorte si fondono con la voce per cambiare registro più volte all’interno della stessa traccia, per una mutazione continua che si evolve in melodie molto belle. Ascoltare i Komatsu è come salire su un vinile che gira, con il movimento che ti fa perdere le coordinate e vivi il momento. Le soluzioni sonore del gruppo di Eindhoven sono molte e non sono alla portata della maggior parte dei gruppi stoner o sludge, perché i Komatsu sono differenti e lo si può notare subito. Non è un fatto esclusivamente di talento ma soprattutto di gusto e di capacità compositiva, perché le loro canzoni hanno un retrogusto psichedelico che le valorizza maggiormente. Ci si perde nel turbine sonoro del disco, che è davvero una chicca per gli amanti dei suoni stoner sludge ma non solo, perché c’è anche una forte impronta psych e fuzz. Sinceramente è difficile assegnare un genere ben preciso ad un disco del genere, certamente al suo interno si possono ravvisare gli stilemi dei grandi classici come i Black Sabbath, Queens Of The Stone Age e Kyuss, ma il tutto è rielaborato in maniera davvero molto originale e particolare. Nel panorama mastodontico dei gruppi stoner e similari, i Komatsu spiccano per bellezza e compattezza della loro musica: certo, bisogna andare a scoprirli, ma se date loro una possibilità ne verrete ampiamente ripagati.

Tracklist
1. I Got Drive
2. Prophecy
3.10-4
4. Surfing A Landslide
5. Love Screams Cruelty
6. Komatsu
7. Infected
8. A New Horizon
9. Walk A Mile
10. This Ship Has Sailed

Line-up
Mo Truijens – Guitar + Lead vocals
Mathijs Bodt – Guitar + vocals
Martijn Mansvelders – Bass + vocals
Joris Lindner – Drums + vocals

KOMATSU – Facebook

Vanishing Kids – Vanishing Kids

La poetica musicale dei Vanishing Kids è composta da una psichedelia che ha la forza sognante dello shoegaze, ma va oltre, creando un muro di suono che non è fatto da distorsioni bensì da un gruppo odi strumenti e voce che punta tutto sul creare uno stato alterato di coscienza nell’ascoltatore.

I Vanishing Kids sono americani e fanno un doom metal molto psichedelico e sognante, che può facilmente indurre un dolce stato di trance.

Fondato da Jason Hartman (Jex Thoth) e Nikki Drohomyreky alla voce nei primi anni duemila, il gruppo ha fortemente risentito degli ascolti che i due hanno fatto in giovinezza, probabilmente tutti di grande valore visto il risultato finale.
Ascoltando questo nuovo lavoro, il primo da cinque anni a questa parte, si viene subito introdotti in una dimensione che non è quella quotidiana, bensì un qualcosa che muta sempre tenendo come sottofondo un sogno che si dipana lentamente, senza fretta, per spiegare le sue ali e volare. Dal 2013 è poi entrato nel gruppo Jerry Sofran, uno degli eroi dell’undeground del Midwest degli States con gruppi come Lethal Heathen e Mirrored Image, che ha dato un importante arricchimento al gruppo. Con questa formazione i Vanishing Kids sono al loro massimo, e questo disco ne è la bellissima dimostrazione. La loro poetica musicale è composta da una psichedelia che ha la forza sognante dello shoegaze, ma va oltre, creando un muro di suono che non è fatto da distorsioni bensì da un gruppo odi strumenti e voce che punta tutto sul creare uno stato alterato di coscienza nell’ascoltatore. Questa operazione non ha però nulla di violento o di coercitivo, mettere questo disco è come entrare nella tana del Bianconiglio, dove la realtà è felicemente distorta, non è paradisiaca ma è sicuramente lisergica. Il cantato è di rara bellezza, e tutto il resto del gruppo ha le idee molto chiare, sa sempre cosa fare e lo mette in pratica benissimo. Il suono è molto particolare, di una grandissima forza evocativa dai tratti immediatamente riconoscibili. I Vanishing Kids sono uno dei migliori gruppi di psichedelia altra che potete incontrare ed ascoltare, in quanto hanno anche una piccola percentuale di grunge che spiazza piacevolmente rendendo ogni canzone bellissima. Un disco prezioso per provare a sognare ancora attraverso la musica.

Tracklist
1 Creation
2 Heavy Dreamer
3 Without A Sun
4 Mockingbird
5 Eyes of Secrets
6 Reaper
7 Rainbows
8 Magnetic Magenta Blue

Line-up
Nikki Drohomyreky- Vocals, Organ, Synths, Percussion
Jason Hartman- Guitar
Jerry Sofran- Bass
Hart Allan Miller- Drums

VANISHING KIDS – Facebook

Necandi Homines – Black Hole

Mezz’ora di musica complessa, per molti probabilmente ostica, ma assolutamente da provare ad assimilare senza lasciare nulla di intentato nella ricerca della sua chiave d’accesso.

Raramente il titolo di un album si rivela più calzante al contenuto musicale di questo Black Hole, ep dei marchigiani Necandi Homines, intezionati a scaraventare l’ascoltatore in una voragine esistenziale dai confini indefiniti.

La band è reduce dall’ottimo full length Da’at, dello scorso anno, ma il nuovo patrocinio fornito dalla collaborazione tra due etichette come Third I Rex e Toten Schwan sembra aver acuito la vena sperimentale e psichedelica che già era visibilmente impressa in un black doom del tutto sui generis.
I tre brani contenuti in Black Hole mostrano altrettante sfaccettature dei Necandi Homines, dal cupo e inquieto incedere dall’impronta doom del primo, al più nervoso ed estremo snodarsi del secondo, riconducibile ad un black metal pur sempre di natura aliena, per arrivare al lungo e micidiale mantra dell’ultimo episodio, nel quale voci salmodianti si rincorrono poggiandosi su un tappeto psichedelico/rituale in grado di scavare solchi profondi.
Un lavoro come Black Hole è l’esemplificazione di quanto dovrebbe essere lo sperimentalismo in campo estremo, ovvero non un rumorismo sconnesso e fine a sé stesso, ma un susseguirsi di momenti e di intenzioni che scardinano quanto fatto in precedenza, fungendo allo stesso tempo da puntello per ciò che verrà dopo.
Mezz’ora di musica complessa, per molti probabilmente ostica, ma assolutamente da provare ad assimilare senza lasciare nulla di intentato nella ricerca della sua chiave d’accesso.

Tracklist:
1. .
2. ..
3. …

Line-up:
Discissus – Vocals
Oxide – Bass
Hagen – Drums
Apsychos – Guitars

NECANDI HOMINES – Facebook

Krakow – Minus

Difficile posizionare perfettamente la musica dei Krakow in un genere definito, forse psych/progressive metal/rock è la definizione più vicina a quello che suona il quartetto norvegese, bravo nel saper unire le varie atmosfere ed ispirazioni in un unico e suggestivo sound.

I Krakow danno alle stampe il loro quinto album, sterzando verso sonorità a metà strada tra psych rock, progressive e metal estremo e confezionando un piccolo gioiello di musica non così scontata come si potrebbe pensare, specialmente se si considera la band norvegese una gruppo progressive moderno.

Il quartetto di Bergen ha condensato il materiale in poco più di mezzora di musica evocativa, psichedelica e dai tratti progressivi, ma lascia spazio pure a sonorità più cool come lo stoner per un risultato interessante.
In Minus, quindi, non ci sono riempitivi, la musica scorre su un letto psichedelico, creando atmosfere fuori dal tempo sferzate da venti progressivamente metallici; la parte estrema, rilevante nella notevole The Stranger, si contrappone ai momenti evocativi ed atmosferici, mai dilatati ma tenuti in tensione da un songwriting essenziale.
Phil Campbell è ospite gradito nell’opener Black Wandering Sun, in From Fire From Stone nuvoloni sludge appaiono all’orizzonte portando perturbazioni di stampo Neurosis, mentre è il doom/progressive che rende la title track il brano più riuscito dell’intero lavoro.
Difficile posizionare perfettamente la musica dei Krakow in un genere definito, forse psych/progressive metal/rock è la definizione più vicina a quello che suona il quartetto norvegese, bravo nel saper unire le varie atmosfere ed ispirazioni in un unico e suggestivo sound.

Tracklist
1. Black Wandering Sun
2. Sirens
3. The Stranger
4. From Fire, From Stone
5. Minus
6. Tidlaus

Line-up
Frode Kilvik – Bass, Vocals
René Misje – Guitar,Vocals
Kjartan Grønhaug – Guitar
Ask Ty Arctander – Drums

KRAKOW – Facebook

Sherpa – Tigris & Euphrates

Sei brani di post folk rock e psichedelia occulta per la seconda fatica discografica degli abruzzesi Sherpa.

Sei brani di post folk rock e psichedelia occulta per la seconda fatica discografica dei Sherpa.

In origine, con la stessa formazione, gli abruzzesi si chiamavano Edith A.u.f.n. e facevano un folk rock a tinte americane, mentre ora è cambiato tutto. Il primo disco con la nuova denominazione è Tanzlide, che riceve un buon riscontro, e vengono invitati da Crisitna Donà a rifare la sua Tregua in Tregua 1997-2017 Stelle buone, disco per il ventennale dell’uscita. Gli Sherpa colpiscono subito l’ascoltatore con il loro suono mellifluo e minimale, eppure ricchissimo, che parte dal folk per abbracciare il post rock più visionario, riprendendo poi la psichedelia e facendola diventare un soffio occulto che parla la nostro cuore. Ciò che creano i pescaresi è un’atmosfera intima e calda, dove il tempo e lo spazio sono altre cose rispetto a quelli che viviamo normalmente. Come si può evincere dai titoli, la loro poetica abbraccia anche l’occulto, e specialmente per questo disco si è provato a tracciare la parabola dell’evoluzione del linguaggio e di come esso sia servito a cambiare i rapporti umani. Il linguaggio è la prima e forse più grande ricchezza che abbiamo e, nonostante ora sia svilito a favore di altri mezzi, è il respiro che ci porta a creare il nostro mondo, e qui gli Sherpa lo sottolineano molto bene. La produzione di Giuseppe Sericola e Fabio Cardone è adeguata, pulita e cristallina, perché non è un suono facile da catturare; etereo e bilanciato, dionisiaco e lascivo, quello degli Sherpa si adatta sempre molto bene a ciò che vogliono esprimere, per un disco che alle nostre latitudini non si è ascoltato spesso essendo un qualcosa maggiormente appannaggio di gruppi scandinavi o nordici. Un lavoro che cresce a poco nel nostro cervello e trova il suo meritato posto.

Tracklist
1. Kim (((o)))
2. Creatures from Ur
3. Equiseto
4.Abscent to the Mother of Language
5.Overwhelmed
6.Descent of Inanna to the Underworld

Line-up
Matteo Dossena – voce, chitarra, synth, cori-Pierluca Michetti – batteria, percussioni
Axel DiLorenzo – chitarre-drone
Franz Cardone – basso, synth, cori

SHERPA – Facebook

A Forest of Stars – Grave Mounds And Grave Mistakes

Grave Mounds And Grave Mistakes porta ad un livello qualitativo ancora superiore l’idea musicale degli A Forest Of Stars, giungendo molto vicino alla perfezione.

Se l’esistenza di un musicista o di una band assume un proprio senso compiuto nel momento stesso in cui la sua proposta appare unica e facilmente riconoscibile, allora dobbiamo dare atto agli A Forest Of Stars d’essere riusciti pienamente in questa non facile impresa.

La pittoresca congrega di gentlemen vittoriani è in pista ormai da un decennio ed ha continuato ad offrirci album denotati da un costante crescendo qualitativo, rendendo via via sempre più fluida la commistione tra il black metal, che costituisce solidamente la base del sound, un folk tipicamente british ed atmosfere oscure e magnificamente avvolgenti.
Questo ultimo Grave Mounds And Grave Mistakes si porta ad un livello ancora superiore che avvicina di molto alla perfezione l’idea musicale del combo di Leeds: capita davvero di rado, infatti, che un disco di oltre un’ora di durata riesca a coinvolgere in maniera totale senza mostrare alcun segno di cedimento o perdersi in lungaggini interlocutorie.
Del resto, dopo l’intro Persistence Is All, un brano come Precipice Pirouette ci trasporta di peso e senza indugi in quell’epoca che, grazie agli A Forest of Stars, abbiamo imparato a conoscere un po’ meglio, coadiuvati dal racconto stentoreo e teatrale di Mr.Curse, fondamentale nell’economia di ogni lavoro della band, anche se a qualcuno potrà apparire un elemento alieno all’evocatività del sound.
L’afflato melodico di Precipice Pirouette, con il morbido controcanto di Katerine, viene spezzato da una repentina quanto caratteristica sfuriata, prima che il flauto introduca Premature Invocation, traccia che si apre in un finale di drammatica intensità.
E’ il black metal, furioso così come lo conosciamo nelle sue sembianze più canoniche, a connotare Children of the Night Soil, costituendo una parentesi decisamente meno ammaliante nella sua forma, andando a creare così un contrasto netto e deciso con la poesia più rarefatta di Taken by the Sea, interamente interpretata da Katerine.
Una parentesi più delicata e a suo modo eterea, che introduce gli ultimi venti minuti dell’album, prima con Scripturally Transmitted Disease, traccia che cambia connotati più volte prima di adagiarsi su un finale atmosferico e lasciare spazio alla chiusura della stupefacente Decomposing Deity Dance Hall, brano pazzesco nel quale il sentore folk della parte iniziale viene messo momentaneamente all’angolo per alcuni minuti nei quali sembra che i nostri, nel corso di una seduta medianica, vengano posseduti dallo spirito degli Alan Parson’s Project, prima che nuovamente sonorità black, ariose e solenni, conducano al termine di un album meraviglioso.
Bisogna essere musicisti di livello superiore per riuscire ad offrire un disco così denso, complesso, pieno eppure sempre fruibile; forse la loro imprevedibilità e la difficile collocazione stilistica li farà sempre restare un una confortevole nicchia di culto, fatto sta che oggi gli A Forest Of Stars sono una delle espressioni musicali più originali ed eccitanti dell’intera scena metal e non sarebbe male che se accorgessero molte più persone.

Tracklist:
1.Persistence Is All
2.Precipice Pirouette
3.Tombward Bound
4.Premature Invocation
5.Children of the Night Soil
6.Taken by the Sea
7.Scripturally Transmitted Disease
8.Decomposing Deity Dance Hall

Line-up:
Mr. T.S. Kettleburner – Bass, Vocals, Guitars
The Gentleman – Drums, Keyboards, Pianoforte, Percussion
Mister Curse – Vocals
Katheryne, Queen of the Ghosts – Vocals, Violin, Flute
Mr. John “The Resurrectionist” Bishop – Drums, Percussion
Mr. Titus Lungbutter – Bass
Mr William Wight-Barrow – Guitars

A FOREST OF STARS – Facebook

 

Dark Buddha Rising – The Black Trilogy

Per chi ama il metal psichedelico e rituale, un sottogenere apertamente esoterico e alienante, questa raccolta dei primi tre dischi dei finlandesi Dark Buddha Rising è un bellissimo regalo da parte della Svart Records.

Per chi ama il metal psichedelico e rituale, un sottogenere apertamente esoterico e alienante, questa raccolta dei primi tre dischi dei finlandesi Dark Buddha Rising è un bellissimo regalo da parte della Svart Records.

Prima di accasarsi alla stessa Svart e incidere per la Neurot, gli sciamani finnici avevano rilasciato tre doppi dischi, Ritual IX del 2008, Entheomorphosis del 2009 e Abyssolute Transfinite datato 2011, sulla loro etichetta Post -RBMM con un bassa tiratura, diventando ben presto un feticcio per i collezionisti. Ora sono disponibili rimasterizzati e con una nuova veste, in doppio vinile, cd e download digitale. Inoltre c’è anche una bellissima edizione limitata in sette vinili che oltre a contenete i succitati lp ha anche al suo interno l’introvabile demo del 2007.
Definire la loro musica è molto difficile, diventa arduo anche decidere se sia musica, poiché qui gli strumenti musicali, inclusa la voce umana, sono usati per compiete rituali che aprono la mente a dimensione diverse a quella in cui viviamo. Infiniti giri di chitarra basso e batteria, che con frequenze diverse dal normale entrano nella nostra mente e grattano via le nostre idee mentali per aprirci delle porte. Ad esempio il rituale chiamato Ennethean, dal primo disco Ritual IX, ha una frequenza talmente bassa che farà vibrare tutto il vostro corpo, membra incluse. Ovviamente questa non può essere una proposta musicale per tutti: qualche curioso potrà essere un nuovo adepto di questo grandissimo gruppo, ma chi non ha la mente aperta non entri neppure qui. I Dark Buddha Rising sono uno dei pochi gruppi al mondo, inclusi i Nibiru da Torino, che fanno davvero musica rituale, ovvero un qualcosa che ci metta in contatto con mondi diversi, dentro e fuori da noi. Le coordinate spazio temporali qui perdono di significato, si viaggia per l’universo come la pallina di un flipper, oppure molto lentamente, con il terrore di incontrare gli Antichi di Lovecraft. Magia, arcaici archetipi che si fondono dentro di noi, perché ci sono sempre stati e questa musica rituale dei finlandesi li porta fuori o ce li fa semplicemente rivivere.
Un’operazione doverosa e ben condotta dalla Svart Records per riportare a galla delle gemme che si erano perse e per espandere le nostre coscienze.

Tracklist
– Ritual IX –

1.Enneargy
2.Enneanacatl
3.Enneathan
4.Enneathan

– Entheomorphosis –

1.Transperson I
2.Transperson II
3.Transcent
4.Nog Uash’Tem

– Abyssolute Transfinite –

1.Ashtakra I
2.Ashtakra II
3.Chonyidt 45
4.Sol’Yata

Line-up
V. Ajomo
M. Neuman
P. Rämänen
J. Rämänen
J. Saarivuori

DARK BUDDHA RISING – Facebook

Ayahuasca Dark Trip – Upaya

Upaya è un’opera che piacerà a chi vuole qualcosa di più dalla musica e dalle sensazioni che essa genera, grazie anche ad elementi sonori che intrigheranno chi ama gruppi come gli Yob o i Neurosis.

Upaya è un disco uscito originariamente nel 2017, per essere poi ristampato nel 2018 dall’italiana Argonauta Records.

Gli Ayahuasca Dark Trip sono una bestia che nasce e prolifera in diverse nazioni, come il Perù con Brayan Anthony, negli Usa con Indrayudh Shome dei Queen Elephantine (anche loro su Argonauta Records), Pedro Ivo Araújo dei Necro dal Brasile, la colonia olandese formata da Buddy van Nieuwenhoven dei Cosmic Nod, Floris Moerkamp e Robin van Rooij, e infine la Grecia con Sifis Karadakis. La loro proposta va ben oltre la musica, essendo un rituale vero e proprio, dove la sonorizzazione è solo uno degli aspetti coinvolti. Molti gli stili che qui trovano un rifugio sicuro, a partire da suoni provenienti da diverse zone del mondo e dei loro strumenti, dalla musica per meditazione per poi arrivare ad una psichedelia poco convenzionale, come dovrebbe essere questo genere. Decisamente difficile riuscire a descrivere questa musica usando solo le parole invece che le note: ascoltando Upaya si viaggia moltissimo, partendo dai nostri esordi primordiali, quando la musica era pienamente catartica e non mero intrattenimento, e serviva quale portale per accedere a dimensioni sconosciute e precluse a chi non voleva vedere oltre. Gli Ayahausca Dark Trip sono proprio come l’infuso da cui il gruppo prende il nome, che è un potente sostanza psicotropa e anche un purgante, perché il corpo umano fa entrare ed uscire molte cose: questo disco non può essere infatti ascoltato come si fa di solito con le musiche alle quali siamo abituati, ma deve essere potenziato usando sostanze o semplicemente mettendosi le cuffie ed estraniandosi. Il gruppo entra direttamente nel limitatissimo novero di gruppi che fa realmente musica rituale come i Nibiru (tanto per rimanere in casa Argonauta Records), pur se su piani differenti. Upaya è un’opera che piacerà a chi vuole qualcosa di più dalla musica e dalle sensazioni che essa genera, grazie anche ad elementi sonori che intrigheranno chi ama gruppi come gli Yob o i Neurosis.
Un rituale davvero riuscito, dedicato alla memoria di Robin Van Rooij, il 27enne batterista del gruppo, scomparso poco prima dell’uscita del disco.

Tracklist
1.Rhythm of the Caapi
2.Water from Above, Water from Below
3.The Vine
4.Eternal Return
5.Drowning in the Godhead
6.Gathering Psychotria

Line-up
Indrayudh Shome
Floris Moerkamp
Buddy Van Nieuwenhoven
Sifis Karadakis
Thijs Meindertsma
Pedro Ivo Araujo
Brayan Anthony
Robin Van Rooij

AYAHUASCA DARK TRIP – Facebook

Somali Yacht Club – The Sun + 1

The Sun + 1 è composto da post rock, stoner, psichedelia, post metal e addirittura da momenti dub, insomma quasi si fosse dalle parti degli Ozric Tentacles visti da un’ariosa prospettiva post rock.

Ristampa in cd, cassetta e digitale per il debutto del trio ucraino Somali Yacht Club, originariamente uscito nel 2014, e ora riedito dalla loro nuova etichetta Robustfellow Prods., per la quale quest’anno è uscita anche la loro seconda fatica The Sea.

La ristampa ha anche una canzone in più rispetto al disco originario, Sun’s Eyes, che doveva originariamente entrare a far parte del disco registrato in un’unica sessione. Il gruppo di Lviv, l’antica Leopoli, è uno degli ensemble maggiormente interessanti usciti negli ultimi tempi, e ascoltando questa ristampa il piacere inonderà i vostri canali auditivi. I tre ucraini fondono insieme vari registri musicali per raggiungere un risultato che è allo stesso tempo notevole e assai piacevole. The Sun + 1 è composto da post rock, stoner, psichedelia, post metal e addirittura da momenti dub, insomma quasi si fosse dalle parti degli Ozric Tentacles visti da un’ariosa prospettiva post rock. Infatti la struttura sonora dei Somali Yacht Club è simile al suddetto genere, nel senso che le canzono si dilatano naturalmente, viaggiando come una nave che pesca molto, e che viaggia però leggera e sinuosa. L’impianto sonoro è minimale, ma non lo è altrettanto il risultato, perché grazie al suo talento e al grande affiatamento il trio regala un disco dolce e sognante, che fa andare lontano e che parla al cuore con diversi linguaggi, volendo fare del bene a chi lo ascolta.
Tutto scorre perfettamente, e potrebbe durare lo spazio di un bellissimo tramonto, basta chiudere gli occhi e lasciarsi prendere.

Tracklist
1. Loom
2. Sightwaster
3. Up In The Sky
4. Signals
5. Sun
6. Sun’s Eyes (bonus track)

Line-up
Mez – guitar, vocals
Artur – bass
Lesyk – drums

SOMALI YACHT CLUB – Facebook

Fvzz Popvli – Magna Fvzz

I Fvzz Popvli possiedono molte ottime idee sonore che permettono di non annoiare mai l’ascoltatore, introducendolo ad una lascivia sonora, e non solo, sconosciuta ai più in questa epoca distopica e senza godimento.

Tornano i romani Fvzz Popvli, il power trio romano che attraverso distorsioni suonate ad ampio volume tanta meraviglia hanno destato in Europa e non solo.

Nati nella capitale nel 2016, i nostri esordiscono l’anno seguente con l’ep dal titolo omonimo e grazie ad esso cominciano a suonare in giro. La loro miscela sonora è composta in primis dal fuzz rock di matrice fortemente psichedelica, ma c’è molto di più. Il gruppo riesce a spaziare in generi diversi, ma soprattutto ha un suo stile molto personale, e anche se il fuzz psych è la componente principale si può trovare nella loro musica un qualcosa di oscuro e di tenebroso, che ne arricchisce ulteriormente il suono e l’immaginario. Nello stesso 2017 entrano a far parte del prestigioso roster della Heavy Psych Sounds e pubblicano il loro debutto su lunga distanza, Fvzz Dei, che è accolto molto bene sia dalla critica che dal pubblico, portandoli ad una ancora più intensa attività dal vivo, dato che il loro habitat naturale è il palco.
Entrare nel loro suono distorto e acido è come entrare in un vortice psichedelico che distorce la realtà e ci fa vivere sensazioni chimiche, ed è proprio questo che vogliamo. La musica proposta dal trio romano è assai credibile, ed è un’evoluzione di un suono che nasce tanti anni fa, ma che nella musica sotterranea non è mai morto e genera ancora oggi molte piacevoli deviazioni. La regina è la chitarra che fa girare intorno a sé gli altri strumenti, ma è solo dall’unione del tutto che si ricava la perfetta fusione sonora, e anche la fusione cerebrale. I Fvzz Popvli possiedono molte ottime idee sonore che permettono di non annoiare mai l’ascoltatore, introducendolo ad una lascivia sonora, e non solo, sconosciuta ai più in questa epoca distopica e senza godimento. Pienezza ed ampia soddisfazione di molti palati sonori è ciò che provoca Magna Fvzz, e la fuzz qui è davvero grande.

Tracklist
1. Let It Die…
2. Napoleon
3. The Deal
4. Get Me
5. Rvmpeltum
6. Cherry Bowl
7. Magnafvzz

FVZZ POPVLI – Facebook

Ether – Seek Through Control

Gli Ether dimostrano, con questa decina di minuti di musica senz’altro validi, di possedere le caratteristiche per interessare una certa fascia di ascoltatori trasversale ai generi, anche se per forza di cose le conclusioni si potranno trarre solo quando il duo britannico sarà in grado di offrire un’uscita dal minutaggio più consistente.

Via Loneravn ci giunge questa uscita degli inglesi Ether, contenente due brani brevi ma interessanti il giusto per far sì che la loro proposta non venga subito dimenticata.

I giovani Zak ed Imogen, fin dal look esibito nelle foto promozionali, ci rimandano ad un immaginario ottantiano e, in effetti, il loro sound si rivela un intrigante ibrido di psichedelia, post punk, shoegaze e doom (quest’ultimo soprattutto nella seconda delle due tracce).
Pur essendo in attività da qualche anno, la produzione degli Ether è stata finora piuttosto centellinata, sotto forma di qualche singolo, anche se l’ascolto di queste due buone canzoni brani rende comprensibile la scelta di non voler fare le cose con troppa fretta.
I’ll Laugh When They’re Crashing Down si snoda su ritmi piuttosto sostenuti , con la voce di Zak che sembra provenire di peso dalle band psichedeliche che imperversavano una trentina d’anni fa (gente tipo i Loop, per intenderci), mentre Seek Through Control, come detto, si sposta decisamente su territori doom, pur mantenendo quell’aura lisergica conferita anche dall’indolente incedere del cantato.
Gli Ether dimostrano, con questa decina di minuti di musica senz’altro validi, di possedere le caratteristiche per interessare una certa fascia di ascoltatori trasversale ai generi, anche se per forza di cose le conclusioni si potranno trarre solo quando il duo britannico sarà in grado di offrire un’uscita dal minutaggio più consistente.

Tracklist:
1.Seek Through Control
2.I’ll laugh When They’re Crashing Down

Line-Up:
Zak Mullard – guitar, vocals and drum machines
Imogen Shurey – bass

ETHER – Facebook

Moto Toscana – Moto Toscana

Moto Toscana è un progetto che parte da qualcosa di conosciuto per andare lontano, generando diverse sensazioni ed invitando ad ascolti ripetuti.

Album di debutto per il trio tedesco Moto Toscana, che partendo dai canoni dello stoner rock riescono a creare un unicum che comprende un basso molto funk, una chitarra fuzz, una batteria che segue il tutto ed una voce che cambia spesso modulo.

Il debito nei confronti dei Kyuss e di quella genia è molto importante, ma è solo il punto di partenza per sviluppare un discorso musicale affatto ovvio, dove il desert rock devia in molte direzioni, ed anche il pop ed il grunge hanno la loro importanza. Il timbro è lascivo e sensuale, l’andamento è sinuoso e minimale. Il gruppo ha registrato il tutto in una sola sessione e si sente l’approccio molto analogico, fatto di passione, ma anche di competenza ed originalità. Il basso è forse l’elemento singolo più innovativo, dato che segue partiture tutte sue, dalla forte impronta funk ed addirittura vicino ad un certo tipo di math rock. La musica dei Moto Toscana è molto introspettiva, minimale ma potente, con un qualcosa che sale ascolto dopo ascolto, e il disco è adatto a molti usi, anche solo per lasciarlo in sottofondo mentre ci si bevono due birre con gli amici, poiché può essere molte cose. Moto Toscana è un progetto che parte da qualcosa di conosciuto per andare lontano, generando diverse sensazioni ed invitando ad ascolti ripetuti. Il contenuto di questo lavoro si discosta enormemente dalla media dei lavori stoner rock attuali, ha un’anima che si potrebbe definire new wave per come riformula l’approccio al genere. Da sentire e risentire.

Tracklist
1. Sickandtwisted
2. Sweet Demise
3. Craving
4. Dolorous
5. Never Over
6. All Of It
7. Ride
8. Exclusive
9. Among The Dead

Line-up
Andy – Vocals
Michi – Bass
Chrisch – Drums

MOTO TOSCANA – Facebook

Teksti-TV 666 – Aidattu tulevaisuus

Il disco è frutto di una rara ispirazione, nel senso che questi ragazzi sono un amalgama difficilmente ripetibile: la loro musica genera un terremoto di meraviglia, con tanti generi che si fondono con l’obiettivo comune di portare l’ascoltatore in un altro luogo.

I finlandesi Teksti-TV 666 sono uno dei gruppi più interessanti e validi del panorama mondiale, e dovete sentirli per crederci.

Non fanno un genere ben preciso, a meno che non si trovi un nome per lo shoegaze che si fonde con il punk ed il garage, o per la psichedelia che diventa hardcore. Tutto ciò lo si era già sentito nel loro magnifico debutto del 2016, che li ha poi portati in giro con i Kvertelak, un altro gruppo eccellente e dalla difficile classificazione, e qui nella seconda opera raggiungono un livello ancora maggiore, se possibile. Questo disco non è un lp né un ep, ma un qualcosa che è atterrato sul nostro pianeta e che è un oggetto musicale non identificato. Dentro possiamo trovarci di tutto, dallo shoegaze pesante al surf che si dilata in un trip di dieci minuti, alla new wave che entra in territori nuovi ed inesplorati, il tutto distorto e suonato in una maniera inedita. I Teksti-TV 666 riescono a portare le contraddizioni in musica, ed in maniera assolutamente felice. Il disco è davvero difficile da descrivere, perché genera sensazioni molto forti che ognuno interpreterà in maniera diversa, ed è frutto di una rara ispirazione, nel senso che questi ragazzi sono un amalgama difficilmente ripetibile: la loro musica genera un terremoto di meraviglia, con tanti generi che si fondono con l’obiettivo comune di portare l’ascoltatore in un altro luogo. Non bisogna pensare tanto, ma lasciarsi trasportare da questo disco lasciandolo scorrere e, come un’esperienza sciamanica, lui verrà da voi e vi condurrà dove vorrà.

Tracklist
1 Turbo-Mondeo
2 Aidattu tulevaisuus
3 Rauhankone
4 Serverny
5 Katko

TEKSTI TV 666 – Facebook

Black Space Riders – Amoretum Vol.2

Nel suo complesso, anche questa seconda parte si porta a casa un giudizio positivo: anche se di difficile assimilazione il sound prodotto dai Black Space Riders troverà estimatori tra i fruitori del rock vintage.

Come avevano promesso, i rockers tedeschi Black Space Riders tornano, a distanza di pochi mesi dal primo capitolo, con Amoretum Vol.2.

Si continua a parlare di amore, oscurità e luce in un mastodontico lavoro di settanta minuti che è un viaggio nell’hard rock vintage, o se preferite nella New Wave of Heavy Psychedelic Spacerock, come la band definisce il proprio suono.
L’album è perfettamente in linea con il primo capitolo, con tutti i pregi e i difetti riscontrati qualche mese fa, quindi nulla cambia da Amoretum Vol.1, continuando la tradizione del gruppo (giunto al sesto album) nell’unire hard rock, space e psych rock e post punk.
Unendo i due album si parla di più di due ore di musica, un’opera monumentale che risulta a tratti prolissa e con soluzioni ripetute all’infinito, un difetto non marginale se consideriamo la natura rock’n’roll del sound creato dai Black Space Riders.
Come nel primo album, anche questa seconda parte vive così di alti e bassi con brani che si animano di un’urgenza punk rock come Assimilating Love, e altri nei quali le influenze tornano a far parlare di Pink Floyd e del David Bowie versione starman (Take Me To The Stars).
Comunque ricca di melodia, l’opera offre sicuramente una panoramica esaustiva sulle ispirazioni e sul credo musicale della band tedesca, assolutamente coraggiosa nel proporre un album di questa lunghezza in un genere e in anni nei quali il tempo per assimilare musica è ridotto all’osso dall’urgenza di un mercato schizofrenico.
Nel suo complesso, anche questa seconda parte si porta a casa un giudizio positivo: anche se di difficile assimilazione il sound prodotto dai Black Space Riders troverà estimatori tra i fruitori del rock vintage.

Tracklist
Chapter Three:
1. Before my eyes
2. LoveLoveLoveLoveLoveLoveLoveLove Love (Break the pattern of fear)
3. Walls away
4. Slaínte (Salud, dinero, amor)
5. Assimilating love

Chapter Four:
1. In our garden
2. Leaves of life (Falling down)
3. Body move

Chapter Five:
1. Take me to the stars
2. Ch Ch Ch Ch pt. I (The ugly corruptor)
3. Ch Ch Ch Ch pt. II (Living in my dream)

Chapter Six:
1. Chain reaction
2. No way
3. The wait is never over

Line-up
JE – lead vocals, guitars, keys, electronics
SEB – lead vocals, keys, percussion, electronics
C.RIP – drums, percussion, digeridoo
SLI – guitars
MEI – bass guitar

BLACK SPACE RIDERS – Facebook

Mr. Bison – Holy Oak

Tante influenze mescolate benissimo, un suono molto personale, un giro continuo, un disco solidissimo che fa viaggiare.

I Mr. Bison sono uno dei migliori gruppi italiani di musica pesante con innesti psichedelici.

Provenienti da Cecina sono al quarto disco, e ad ogni uscita si può notare un miglioramento rispetto a quella precedente. Holy Oak è un disco che suona benissimo, potente, bilanciato e con ottime scelte sonore. La loro musica è uno stoner di livello superiore, con intarsi desert e sconfinamenti negli anni settanta, perché la loro musica ha fortissime radici in quegli anni. Il groove generato da questi signori toscani è un qualcosa che vi conquisterà, come ha già conquistato molti, soprattutto coloro che hanno avuto l’occasione di vederli dal vivo. Cosa li differenzia dagli altri gruppi? I Mr. Bison hanno una maniera differente di trattare la musica, la fanno sgorgare libera e fresca dagli ampli, hanno un tocco southern senza esserlo strettamente, hanno gli anni settanta dentro, ma senza essere derivativi, e riescono sempre ad essere piacevoli usando la musica pesante. Nel loro contesto si muovono moltissimi gruppi, la media qualitativa, soprattutto in Italia, è cresciuta molto, ma gruppi come i Mr. Bison ce ne sono pochi. E questo è un fatto oggettivo, non soggettivo, basta ascoltare Holy Oak, o i dischi precedenti, per capire che qui c’è qualcosa in più: sarà talento o gusto, ma esiste ed è tangibile. Tante influenze mescolate benissimo, un suono molto personale, un giro continuo, un disco solidissimo che fa viaggiare.

Tracklist
1.Roots
2.Sacred Deal
3.Heavy Rain
4.Earth Breath
5.Holy Oak
6.The Bark
7.The Wave
8.Red Sun
9.Beyond the Edge

Line-up
Matteo Barsacchi – Guitar, Vocals
Matteo Sciocchetto – Guitar Vocals
Matteo D’Ignazi – Drums, Sounds

MR.BISON – Facebook

Flynotes – Child in the Woods

C’è ben poco da eccepire su un lavoro che scorre piacevolmente ma, per il quale, la natura esclusivamente strumentale diviene il limite che impedisce una più immediata assimilazione nonché una più duratura permanenza della musica dei Flynotes nella nostra memoria.

Sempre dalla grande madre Russia eccoci altre prese con i Flynotes, terzetto alle prese con un progressive strumentale che porta con sé pregi e difetti derivanti dalla rinuncia alle parti vocali.

Diciamo che gli aspetti positivi, almeno in questo caso, superano di gran lunga quelli negativi, in quanto questi ragazzi ci sanno fare e, soprattutto, non abusano delle loro capacità tecniche bensì le veicolano al meglio per esplorare i diversi territori che vanno a comporre il mondo rock e metal.
Il sound si appoggia molto sul lavoro della chitarra solista, alla quale viene affidato il compito di trasportare l’ascoltatore in un piacevole viaggio che vede i suoi momenti migliori allorché è una psichedelia in quota Ozric Tentacles a prendere il sopravvento (Green Rodeo), ma anche quando vengono messe in evidenza pulsioni più metalliche (Marble) le cose non vanno affatto male.
Per il resto c’è ben poco da eccepire su un lavoro che scorre piacevolmente ma, per il quale, la natura esclusivamente strumentale diviene, come detto, il limite che impedisce una più immediata assimilazione nonché una più duratura permanenza della musica dei Flynotes nella nostra memoria.

Tracklist:
1. Dark Floyd
2. Wolf
3. Green Rodeo
4. Witch
5. Flower Machine
6. Marble
7. Harvest Time
8. Child in the Woods

Line up:
Ilya Rytov – Bass
Natalia Bogulyan – Drums
Roman Komarov – Guitars, Keyboards

FLYNOTES – Facebook

La Morte Viene Dallo Spazio – Sky Over Giza

Sky Over Giza è un lavoro che non mancherà di affascinare gli amanti dello space rock e delle colonne sonore, un lungo rituale che dallo spazio ci giunge come avvertimento: la morte sta arrivando e non riuscirete a salvarvi.

La label genovese BloodRock Records, da anni attiva nella scena underground italiana ed internazionale, ci presenta questa misteriosa realtà space rock, dalle forti ispirazioni psichedeliche ed influenzata dalle colonne sonore dei film di fantascienza italiani usciti qualche decennio fa.

Quattro musicisti dei quali non si conoscono le generalità hanno unito le loro forze, prima con l’incontro tra La Morte (flauto) e Lo Spazio (chitarra) ed in seguito raggiunte dalle due sacerdotesse al basso ed al synth/moog, per creare musica rituale, per lo più strumentale ed estremamente affascinante.
Sky Over Giza è un ep composto da quattro brani che formano una lunga jam psichedelica, illegale come un trip, acida e liquida nel suo incedere, mentre dallo spazio la morte, sotto svariate forme, si avvicina a noi accompagnata dai suoni e dalle atmosfere cosmiche che la musica del combo milanese disegna nella nostra mente.
La title track è una lunga intro che prepara l’ascoltatore all’arrivo degli zombie dalla stratosfera e il brano (Zombie Of The Stratosphere, appunto) dà il via all’invasione, con la voce in sottofondo che recita su un tappeto di suoni space rock.
Sigu Tolo è strutturata come un brano che segue delle immagini  sfocate dal fumo del rituale che ormai è giunto al culmine, mentre la conclusiva Fever torna a muoversi tra i pianeti gassosi in attesa che la morte inizi la sua discesa sulla terra.
Sky Over Giza è un lavoro che non mancherà di affascinare gli amanti dello space rock e delle colonne sonore, un lungo rituale che dallo spazio ci giunge come avvertimento: la morte sta arrivando e non riuscirete a salvarvi.

Tracklist
1.Sky over Giza
2.Zombies Of The Stratosphere
3.Sigu Tolo
4.Fever (Bonus Track)

LA MORTE VIENE DALLO SPAZIO – Facebook