Silenzio – Ep

I Silenzio sono un ottimo gruppo hardcore punk di Vicenza che attinge dalla splendida tradizione italiana del genere e al contempo innova fondendo vari sottogeneri.

I Silenzio sono un ottimo gruppo hardcore punk di Vicenza che attinge dalla splendida tradizione italiana del genere e al contempo innova fondendo vari sottogeneri.

I ragazzi sono di Vicenza e hanno ben chiara la loro missione, ovvero descrivere con la musica ed il sangue ciò che vediamo e viviamo tutti i giorni, con il supporto di una capacità musicale affatto comune. I Silenzio hanno il passo dei grandi gruppi hardcore punk, avendo la grande capacità di cambiare registro musicale a seconda delle emozioni che vogliono descrivere. Ascoltando questo ep si ha la confortevole sensazione di essere tornati vicino a delle ottime vibrazioni hardcore punk, ma il comfort finisce qui, perché oltre quella porta c’è solo dolore e smarrimento. Proprio quest’ultimo è uno dei sentimenti dominanti di questa nostra epoca, avvertiamo nettamente la sensazione di essere fuori posto, sopratutto se cerchiamo di vivere secondo i modelli dominanti, che sono chiaramente fallimentari, ma che più espletano il loro fallimento più ci vengono imposti. Ad esempio la conclusiva Merito è un bellissimo pezzo sulla meritocrazia, una cosa che in Italia non esiste nemmeno di sfuggita, e i Silenzio ne fanno una bellissima canzone mai ovvia. Tutto il disco è bello, è della lunghezza giusta, ci sono atomi che viaggiano velocissimi, e atomi che vanno più lenti, tutto è adeguato e molto ben fatto, e sopratutto è uno di quei dischi che ti fa ragionare e andare oltre le ombre. Musicalmente come composizione ed esecuzione sono molto oltre la media dei gruppi hardcore punk, che è un genere che fa giustamente esprimere anche chi non ha ottime capacità, ma che quando viene fatto da chi sa suonare lo si sente nettamente subito.
Un ottimo ep di esordio per un gruppo che ha tanto da dire e da suonare.

Tracklist:
1 Oro
2 Azione
3 Argento
4 Merito

Line-up
Maksymilian – Voice
Giordano – guitar
Samuele – bass
Francesco – drums

Blueside – Small Town, Good Wine & Sad People

I Blueside mostrano il dito medio in maniera molto intelligente, con testi in italiano ed in inglese: canzoni come Fuori e Notorietà sono geniali, ma tutto il disco è molto al di sopra della media, e soprattutto è un qualcosa finalmente di dissacrante, da parte di un gruppo che non ha pose ma molta sostanza, riuscendo inoltre a fare qualcosa di nuovo di un genere trito e ritrito.

Interessante progetto di punk rock e melodic hardcore da Sonnino, provincia di Latina.

La provenienza è molto importante perché il disco tratta appunto della vita in provincia, fucina di talenti e fornace creatrice di frustrazione e rabbia. Tutto ciò i Blueside lo vivono quotidianamente ma hanno fatto un qualcosa di molto punk, ovvero prendere il tutto con seria ironia. Là fuori onestamente è una merda, ma se almeno lo sottolineiamo pigliandovi e pigliandoci in giro forse ci salviamo. Ancora meglio se lo si fa con un gran bel punk rock che incontra l’hardcore melodico, con quella facilità che solo i gruppi che stanno bene assieme e che hanno uno scopo possiedono. Ai Blueside viene fuori questo disco di poco più di venti minuti in maniera molto naturale e scorrevole. La vita in una cittadina di provincia come la loro Sonnino, o in tutte quelle dove la maggior parte di noi è cresciuta, è descritta molto bene, ed il disco si presenta come un vero e proprio concept diviso in quattro parti, con ognuna dedicata a un qualcosa che abbiamo vissuto e che è dolorosamente vero. La musica supporta benissimo questo vivere, cercando di uscire da quel no future che in troppe parti della nostra penisola i giovani vivono, e non che a quelli più avanti con l’età vada poi meglio. Il disco dei Blueside, Small Town, Good Wine & Sad People, centra in pieno anche uno dei temi portanti del vivere in Italia, ovvero che il vino è buono, le città sono piccole e la gente è triste, perché la vita è mero sostentamento, ma ti frega il fatto che mangi e bevi bene. Di fronte a questo dilemma i Blueside mostrano il dito medio in maniera molto intelligente, con testi in italiano ed in inglese: canzoni come Fuori e Notorietà sono geniali, ma tutto il disco è molto al di sopra della media, e soprattutto è un qualcosa finalmente di dissacrante, da parte di un gruppo che non ha pose ma molta sostanza, riuscendo inoltre a fare qualcosa di nuovo di un genere trito e ritrito. Fare un album così non è da tutti, solo in provincia è possibile, perché tante cose buone vengono da lì dove si vive in una certa maniera, sta a voi dire se meglio o peggio che in città.

Tracklist
1. Project#1_SmallTown
2. Ci vomito su
3. Project#2_GoodWine
4. Il Moralista
5. I’m Paranoid
6. Project#3_SadPeople
7. Fuori
8. Project#4_WTF
9. Notorietà
10. Rain

Line-up
Simone Cecconi – Voices & Bass
Domenico Rufo – Guitar
Daniele Rufo – Guitar
Mario Talocco – Drum

BLUESIDE – Facebook

Kvinna – This is Türborock

Ascoltando i Kvinna non si compie una mera operazione nostalgica, ma si entra nel suono molto caldo di un gruppo che fa vedere come si può fare ottimo rock punk veloce e dalle diverse influenze.

Dalla Germania arriva un disco che si aspettava da anni, il cui spirito è perfettamente racchiuso nel titolo: This Is Turborock.

Il suono è dalle parti degli Zeke, dei Glucifer e degli Hellacopters, anche se il tutto è rielaborato in maniera molto personale. Il debutto dei tedeschi Kvinna è un qualcosa che mancava da tempo, ovvero un bel disco di rock contaminato dal punk, veloce e con venature stoner, e c’è anche una bella dose di affascinante pop. I Kvinna non sono un gruppo comune e lo dimostrano fin dalle prime note. Il loro suono non è un attacco sonoro alla Zeke, anche se riprende qualcosa del gruppo americano, così come estrae elementi dal suono degli Hellacopters senza però attenersi fedelmente. Il trio è molto ben bilanciato e il disco è una continua scoperta, suona al contempo molto americano ma anche europeo, con melodie inusuali e molto piacevoli. I Kvinna sono una di quelle band che sa stupire sempre, con la fondamentale caratteristica di non essere mai ovvia né scontata. Tutto l’album si fa ascoltare molto volentieri e anzi, si preme nuovamente play molto volentieri per rivivere il tutto. La chitarra compie un gran lavoro, la voce è molto particolare ed esce dai canoni di questo genere ibrido, mentre la sezione ritmica è assolutamente adeguata. Ascoltando i Kvinna non si compie una mera operazione nostalgica, ma si entra nel suono molto caldo di un gruppo che fa vedere come si può fare ottimo rock punk veloce e dalle diverse influenze. Il trio ha assorbito i molti e disparati ascolti e ne ha saputo trarre un buon disco, piacevole e con un certa profondità, senza essere fuori tempo massimo: anzi, può rivitalizzare un sottogenere molto piacevole, ma che negli ultimi anni ha mostrato un certo fiato corto. Non alzate il piede dall’acceleratore.

Tracklist
1.Desert Wytch
2.War Machine
3.Nitefighter
4.Flat Tyre
5.Space Vampyres
6.She-Wolves on Fyre
7.The Angry 45
8.Demon Road
9.Gammal Kvinna
10.Full Moon Ryders

Line-up
Thünderwolf
Grïzzly
Spÿder

KVINNA – Facebook

Bad Religion – Age Of Unreason

Ciò che rimane dipende da voi, sicuramente Age Of Unreason è un buon disco e alla fine questa è la cosa più importante.

Tornano i Bad Religion, gruppo capostipite del punk rock americano che non conosce congedo permanente.

Questo loro nuovo lavoro è il numero diciassette e loro non hanno intenzione di fermarsi. Il disco è molto ben prodotto e mostra quell’incontro tra aggressività e melodia che ha sempre contraddistinto il gruppo californiano. I Bad Religion con Age Of Unreason dimostrano di poter dare ancora tantissimo, ma pongono anche un problema non da poco, anzi una serie di problemi. Ci sono tante domande che vengono a galla durante l’ascolto di questo buon disco, una delle quali è: come mai non esiste un gruppo punk rock successivo ai Bad Religion che abbia lo stesso carisma ed un impatto pressoché simile? Fare punk a cinquanta anni ha senso? Dopo di loro il nulla?
In tutte queste domande è sottintesa la più grande, ovvero cosa sia il punk rock o melodic hardcore. Un genere nato per scalciare che è presto diventato una zona di comfort per molta gente che cerca una ribellione molto semplice e sonora. Forse Age Of Unreason è un disco che diventerà un classico per ragazzi di quarant’anni invidiosi di quando andavano in skate fumando bong. L’album è buono e funziona molto bene, ma se lo prendiamo per quello che è non se ne vede il contorno, che è molto importante. Pochi gruppi attuali suonano come i Bad Religion, che hanno talento e naturalezza, ma che forse possiedono ancora ciò che manca a tanta gente che suona il loro stesso genere: l’incazzatura. Ai Bad Religion rode ancora il culo, Trump o non Trump, perché spiace dirlo ma il presidente americano è un toccasana per molti gruppi e solisti bolliti che lo tirano in mezzo per vendere di più, in quanto fa figo e ci si ritrova dalla parte giusta se lo si insulta. Invece il problema è il capitalismo e lo stato stesso, ma questa è un’altra storia. Ciò che rimane dipende da voi, sicuramente Age Of Unreason è un buon disco e alla fine questa è la cosa più importante.

Tracklist
1. Chaos from Within
2. My Sanity
3. Do the Paranoid Style
4. The Approach
5. Lose Your Head
6. End of History
7. Age of Unreason
8. Candidate
9. Faces of Grief
10. Old Regime
11. Big Black Dog
12. Downfall
13. Since Now
14. What Tomorrow Brings

Line-up
Greg Graffin – vocals
Brett Gurewitz – guitar, background vocals
Jay Bentley – bass, background vocals
Brian Baker – guitar
Jamie Miller – drums
Mike Dimkich – guitar

BAD RELIGION – Facebook

Mr.Woland – Kerigma

La band è alle prese con un sound carico di potenza live ma perfettamente in grado di alzare la temperatura fino a raggiungere temperature infernali anche su disco.

Mr.Woland (uno dei tanti nomi dati al Diavolo) non poteva che usare il rock’n’roll per diffondere il suo messaggio e in quel di Padova ha convocato cinque rockers dando loro il potere di creare rock’n’roll irresistibile, irriverente, diretto e sfrontato, un concentrato di energia che, liberata, cattura e fornisce anime al signore oscuro.

La band è alle prese con un sound carico di potenza live ma perfettamente in grado di alzare la temperatura fino a raggiungere temperature infernali anche su disco.
La Jetglow Recordings licenzia questa mezz’ora abbondante di musica intitolata Kerigma, una mitragliatrice che falcia senza pietà a colpi di hard rock e punk rock, il tutto mixato in un cocktail mortale a base di Turbonegro, Motorhead, Danko Jones ed altri tre quarti della scena scandinava a cavallo dei due secoli, dando vita ad una jam all’insegna di un power rock’n’roll che diverte, esalta, ipnotizza fino a che il signor Woland non si porterà via la nostra anima.
I due singoli fin qui estratti (Margarita e A Breakthrough) danno fin troppo bene l’idea di quello che si può trovare in questo adrenalinico debutto, anche se il consiglio è quello di ascoltarlo per intero lasciandosi catturare dal diavolo in persona.

Tracklist
1.Stay Tun (a)
2.The Ides of March
3.Mexico
4.Margarita
5.A Breakthrough
6.Not on Sale
7.Hatred
8.Flaming Roads
9.Sex O.S.
10.Rainproof
11.Father Pyo
12.Walk On

Line-up
Simov – Vocals
Il Pupilla – Guitars
GG Rock – Guitars
Millo – Bass
Tiz – Drums

MR.WOLAND – Facebook

Second Youth – Juvenile

I Second Youth hanno una marcia in più e lo dimostrano con questi quattro pezzi, potenti, melodici e precisi.

Secondo ep per il gruppo italiano di punk rock Second Youth.

Questi ragazzi fanno un punk rock molto melodico e ben prodotto, che guarda alla scuola californiana dei Rancid e dei gruppi Fat Wreck. Dopo il primo ep si sono imposti all’attenzione internazionale, infatti il presente lavoro è una co-proudzione internazionale fra varie etichette, l’italiana Indiebox Music , l’europea Epidemic Records , e l’americana Paper and Plastick Records. Il suono della band si presta molto a farsi conoscere ed apprezzare fuori dai confini nazionali, grazie ad un marcato respiro internazionale che si percepisce molto bene all’ascoltoo. I Second Youth hanno una marcia in più e lo dimostrano con questi quattro pezzi, potenti, melodici e precisi. Certamente nel loro sound è molto presente la componente anni novanta del punk rock, forse quella che ha segnato di più le cose migliori di questo genere negli ultimi anni, e i Second Youth sono fra queste. Questi ragazzi riescono a cogliere il meglio rielaborando molto bene il tutto secondo il loro gusto personale. Melodia che significa cuore, velocità quando serve e passo più cadenzato per cose più intime, ma sempre con il proprio passo e la propria personalità. La produzione è buona e riesce a far risaltare l’operato della band facendole compiere un ulteriore passo in avanti. Juvenile riesce benissimo ad essere ciò che vuole sembrare, un qualcosa che parla al cuore e alla pancia, come sanno fare solo i gruppi punk rock migliori. L’idea migliore ve la farete guardando ed ascoltando il singolo Zero qui sotto.

Tracklist
1. ZERO
2. JUVENILE
3. MORONS
4. BLUE

SECOND YOUTH – Facebook

Ferris Mc – Wahrscheinlich Nie Wieder Vielleicht

Ferris Mc confeziona un ottimo disco crossover, mischiando hip hop, punk, hardcore ed elettronica, il tutto in maniera orecchiabile ma con testi abrasivi, ironici e fuori dal comune.

Munitevi di traduttore, ancora meglio se sapete il tedesco, perché vale davvero la pena di capire i testi del disco di Ferris Mc, con un nuovo lavoro solista fuori dai Mongo Clikke, un collettivo hip hop che ha fatto scuola nella florida scena rap di lingua tedesca.

Ferris Mc confeziona un ottimo disco crossover, mischiando hip hop, punk, hardcore ed elettronica, il tutto in maniera orecchiabile ma con testi abrasivi, ironici e fuori dal comune. Per questo suo nuovo disco solista Ferris Mc è tornato alle origini, ripescando nella tradizione punk hc tedesca, con riferimenti ai Die Toten Hosen, Die Artze, e anche anglosassone come Exploited e Ramones. La decisione di fare cose diverse rispetto all’hip hop nasce dalla considerazione che con quel genere Ferris ha raggiunto la saturazione e quindi non riuscirebbe più a proporre cose interessanti come in questo disco in cui ripesca dal passato per proiettarsi nel futuro. Il lavoro è molto piacevole, con melodie gradevoli che sono alla base di ritornelli che rimangono impressi nella mente, tutto è al suo posto. Wahrscheinlich Nie Wieder Vielleicht è un disco che parla delle contraddizioni che sono nella nostra società, facendolo con una maturità assai rara, e soprattutto della Germania come in un pezzo come Fuer Deutschland Reicht’s, che analizza la pericolosa voglia di sovranismo in voga in Germania come altrove. Il disco è molto fresco, ben prodotto e ha la caratteristica molto importante di parlare ai giovani in maniera molto particolare, con una musica che piacerà a pubblici diversi, perché ha molte soluzioni sonore diverse. Molto importante è anche la questione del titolo, che significa Probabilmente Mai Più: anni fa si sarebbe detto solo “Mai Più”, e sappiamo tutti cosa non si vorrebbe accadesse mai più in Germania e non solo, ma visto come sta andando in tutto il mondo oggi si deve aggiungere il “probabilmente” e questo non è affatto una bel segnale. Un disco musicalmente molto potente e piacevole, con una marcia in più nei testi.

Tracklist
01. Allianz Der Außenseiter
02. Wahrscheinlich Nie Wieder Vielleicht
03. Was Ist Aus Mir Geworden
04. Die Normalen
05. Für Deutschland Reicht’s
06. Shitstorm
07. Der Teufel Tanzt weiter
08. Scherben Bringen Glück
09. Krank
10. Mein Herz Hat ‘Ne Knarre
11. Amok Amok Amok
12. Niemandsland
13. Friedhof Der Kuscheltiere
14. Fake News

FERRIS MC – Facebook

Tacobellas – Total 90

La musica delle Tacobellas è veloce e distorta, ma oltre alla velocità ed incisività riesce anche a creare situazioni surreali e psichedeliche che arricchiscono il tutto.

Le Tacobellas sono un power duo femminile dalla provincia di Modena che vi prenderà felicemente a calci nel sedere.

Le coordinate sono quelle del punk rock e dell’indie più corrosivo e bastardo, con molte influenze e soprattutto tante cose da dire. La loro musica è veloce e distorta, ma oltre alla velocità ed incisività riesce anche a creare situazioni surreali e psichedeliche che arricchiscono il tutto. Chitarra, batteria e voce per un attacco sonoro che in certi momenti lascia senza fiato, e non si può far riferimento all’insulsa storia delle rrriot girls. Il femmineo è uno degli elementi principali, e forse il più bello e perfettamente incompleto dell’universo, la sua rabbia è sacra e la sua furia si abbatte su di noi in maniera giusta ed equa, senza tirare fuori stupide parole in inglese. Questo femmineo e questa rabbia è ben rappresentata da Total 90, un disco che mancava alle nostre latitudini e che abbraccia molte situazioni notevoli e piacevoli. Le Tacobellas ripercorrono molto della storia dell’indie, ma lo fanno per ampliare il proprio bagaglio narrativo, e proprio quest’ultimo possiede un’ampiezza ed una profondità notevole. Otto tracce che vanno ben oltre le classificazioni per un debutto che riesce a meravigliare, cosa non facile di questi tempi. La struttura è minimale, eppure dentro ad essa ci sono moltissime cose. Alcune tracce sono concepite come furiose jam, ma non c’è solo la rabbia, perché il duo modenese riesce anche a lasciarci un po’ di speranza. Total 90 è anche un grande omaggio alla scena indie americana degli anni novanta, dove gruppi come i The Pavement o gli Sonic Youth, ma più per esteso ad una certa maniera di fare indie, con un piglio più abrasivo e moderno rispetto ad oggi. Insomma è un gran bel debutto, ascoltatelo perché sta nascendo qualcosa di molto bello.

Tracklist
1. Cut
02. Elephanttt
03. Hangover
04. Rays Gig
05. Honey
06. Spin
07. Total 90
08. TTF&F

Line-up
Valentina Gallini – Guitar and Voice
Greta Lodi – Drums

TACOBELLAS – Facebook

Millencolin – SOS

Racconti di giorni come tutti e quindi dove non tutto va bene anzi, ma con la ferma sicurezza che musica come contenuta quella in Nothing sia un qualcosa che ci accompagna da tanti anni e che lo farà ancora per molto.

Quando sei in giro dal 1992 e hai pubblicato otto dischi, hai creato un sottogenere del punk rock chiamato softcore, non è facile dire ancora qualcosa, invece i Millencolin riescono sempre a darci delle gioie in questi anni difficili.

Il mondo gira sempre peggio ma loro ci sono sempre, e dopo quattro anni dal precedente True Brew ci regalano un altro grande disco. Non aspettatevi grandi stravolgimenti o innovazioni incredibili, ma qualcosa di ancora più profondo e difficile, ovvero la capacità di reinventarsi e di continuare ad essere interessanti e piacevoli, portando avanti dei temi ben precisi. I Millencolin hanno una declinazione unica di un suono comune e diffuso come il punk rock tendente all’hardcore melodico, hanno attraversato molte epoche, fin dai loro inizi sulla mitica etichetta svedese Burning Heart, in un momento di grande visibilità per quel suono e quelle tematiche. Nel 2019 questi svedesi ci sono ancora, sono cresciuti con noi e fanno sempre musica piena di qualità e di grande melodia, e ci parlano di vite che sono le nostre. Canzoni come quella che dà il titolo al disco rendono ben chiaro cosa sia il gruppo svedese, ovvero qualcosa che quando ci metti il cuore sopra non ti delude mai. SOS è tra l’altro uno dei loro episodi migliori in una discografia che non ha mai conosciuto grandi cadute, ma solo qualche momento di stanca con dischi magari non troppo convinti, cosa che ci sta per un gruppo che ha sempre dimostrato la giusta insofferenza verso l’inumana industria discografica che ti porta a stare anni lontano dalla tua famiglia (infatti i Millencolin si presero una pausa di due anni fra il 1997 ed il 1999). Qui c’è tutto quello che un loro fan accanito si aspetta da loro, melodie gentili che esplodono e non ti lasciano più, softcore al cento per cento. Il softcore non è qualche pratica porno per impiegati o donne educate, ma un modo di fare punk rock adeguato alla propria vita e al proprio modo di essere, non tutti siamo skinhead che vanno all’assalto dei mods sulla spiaggia di Brighton. Vite che sembrano normali, ma fatte di pezzi che necessitano di grande maestria per tenerli assieme senza far crollare il tutto. Racconti di giorni come tutti e quindi dove non tutto va bene anzi, ma con la ferma sicurezza che musica come contenuta quella in SOS sia un qualcosa che ci accompagna da tanti anni e che lo farà ancora per molto. Non è un tornare indietro a tempi ormai andati, ma è andare avanti con suoni, parole e visi che invecchiano senza che la trama cambi. Grazie Millencolin, come sempre, c’eravate al mio esame di maturità e ci siete oggi che vi ascolto con mia figlia.

Tracklist
01. SOS
02. For Yesterday
03. Nothing
04. Sour Days
05. Yanny & Laurel
06. Reach You
07. Do You Want War
08. Trumpets & Poutine
09. Let It Be
10. Dramatic Planet
11. Caveman’s Land
12. Carry On

Line-up
Nikola Sarcevic – Vocals & bass
Mathias Färm – Guitar
Erik Ohlsson – Guitar
Fredrik Larzon – Drums

MILLENCOLIN – Facebook

CardiaC – Mañana No Será Otro Día Igual

Dischi come questo sono sempre i benvenuti perché riportano la musica ad un divertimento semplice ma non scontato, inserendosi in un genere le cui uscite sono rare ma di una qualità migliore rispetto al passato, forse a causa di una selezione naturale.

A chi piace l’hardcore punk selvaggio e molto vicino al metal, con un importante tocco di anni novanta, eccovi servito il disco degli svizzeri CardiaC.

Giunti al settimo disco, i CardiaC si confermano come uno dei pochi gruppi che portano avanti la bandiera dell’hardcore punk anni novanta, quello più aperto alle influenze esterne, tanto da ospitare nel disco nientemeno che Sen Dog dei Cypress Hill. Mañana No Será Otro Día Igual non è però un disco di mera nostalgia, un cercare di riprodurre tempi ormai irrimediabilmente andati, ma è anzi la riproposizione moderna di un suono che ha mietuto molte vittime negli anni passati e che continua ad esistere grazie a band come i CardiaC. Questi ultimi hanno le idee molto chiare, non si discostano molto dal loro canovaccio, ma questo è ciò che ci aspetta. Chitarre veloci al limite del thrash metal, che rimane comunque uno dei loro riferimenti stilistici, sezione ritmica che non arretra di un centimetro e ben distorta, la voce di Ricardo Chimichanga che canta in spagnolo dando un qualcosa in più di molto particolare e che rende unico il suono. La missione dei CardiaC è quella di divertirsi e di far divertire il proprio pubblico, tramite una poderosa distribuzione di adrenalina e potenza. L’immaginario di questo suono vive di tuffi dal palco, headbanging casalingo e tanto testosterone, e qui dentro c’è tutto ciò e anche di più. Dischi come questo sono sempre i benvenuti perché riportano la musica ad un divertimento semplice ma non scontato, inserendosi in un genere le cui uscite sono rare ma di una qualità migliore rispetto al passato, forse a causa di una selezione naturale. Ottimi gli ospiti presenti, sia il suddetto Sen Dog dei Cypress Hill, sia Billy Graziadei dei mammasantissima Biohazard, gli alfieri di questo genere, e dai Samael Drop. Un disco davvero divertente e che vi farà volare spalla contro spalla contro il muro di casa vostra o contro qualcun’altro come voi.

Tracklist
1.La Vanguardia
2.Diapositivas y negativos
3.La Resurrección del Antihéroe
4.Imparable (feat. Billy Graziadei)
5.M.O.J.I.T.O
6.Al filo de lo Imposible (feat. Scott Middleton)
7.En L.A. de me decían (feat. Sen Dog)
8.Nadie nace odiando
9.Una vida extraordinaria

Line-up
Julien – Electric & acoustic guitar
Mariano – Electric guitar
Ricardo – Voice & screams
Bastien – Drums
Cedric – Bass
Joelle – Cello
Fabien – Acoustic guitar
Quentin- Bass
Cesar- Harmonica

CARDIAC – Facebook

Othismos – Separazione

La caduta è molto dolorosa e qui il dolore suppura da tutte le ferite, messo in evidenza con un black hardcore intelligente e suonato come lo hanno immaginato, con un grande lavoro in studio.

Secondo disco per questo grande gruppo di blackened hardcore punk, o semplicemente black punk come si definiscono loro, ed è forse la migliore definizione della loro musica.

Il gruppo di Montepulciano in provincia di Siena, dopo l’ottimo debutto L’Odio Necessario, arriva al secondo disco forte di una maturazione che sta raggiungendo ottimi livelli. Il percorso musicale parte dall’hardcore punk per poi mutare, alimentato da un forte e necessario odio, verso qualcosa di molto pesante e veloce, che spazia nella tradizione hardcore italiana, andando anche oltre, abbracciando momenti di new wave, ma una classificazione è davvero e per fortuna molto difficile. Una delle cose che attrae l’orecchio di chi ama certe sonorità è che ci sono momenti che devono molto al la tradizione hardcore italiana, ma più come spirito che come aderenza musicale. Il tiro degli Othismos è efficace e non lascia tregua, con canzoni cantate in italiano ed in inglese. La rabbia trasuda dai veloci passaggi musicali, con una produzione arricchita dal master fatto da Brad Boatright a Portland presso gli Audiosiege Studios, e l’aggressività e la potenza di questo disco ti danno un calcio in faccia. Come detto dal gruppo stesso, Separazione è la loro colonna sonora alla caduta della razza umana, che preannuncia una nostra auspicabile estinzione. La caduta è molto dolorosa e qui il dolore suppura da tutte le ferite, messo in evidenza con un black hardcore intelligente e suonato come lo hanno immaginato, con un grande lavoro in studio. Questo disco non appartiene a qualche genere bene preciso, ma ad una gamma di sentimenti e di emozioni, al racconto di ciò che ci accade e che succede intorno a noi, dove la morte ride e la vita è morta. Giri di basso ipnotici e che preannunciano la tempesta, chitarre che tagliano come rasoi, batteria che in doppia cassa dà il meglio e una voce che non ci permette di far finta di nulla.
La rabbia assume sempre nuove forme, in questa interminabile caduta.

Tracklist
01. Canto dell’Estinzione
02. Black Star
03. Hymn of Victory
04. Madre
05. The Fangless Beast
06. 100 Years Demise
07. The Plague
08. Tale of a Righteous Man

Line-up
Filippo “Caino” Masina – bass, vocals
Luca Migliorucci – guitars
Tommaso Dringoli – guitars, moral support
Shmulik Froilich – drums

OTHISMOS – Facebook

F.U.A. – Socially Transmitted Disease

Socially Transmitted Disease è una bomba sonora di punk rock/metal composta da quattordici diretti in pieno volto, travolgente e perfetto per non fare prigionieri dall’alto di un palco.

Quando si ha a che fare con la Wormholedeath non si sa mai dove si andrà a parare (musicalmente parlando).

Ecco che tra rock alternativo, metal classico, death metal, tormenti gotici e sinfonie spuntano gli olandesi F.U.A. a confermare l’assoluta varietà stilistica del roster della label.
Il quartetto orange, infatti, ci presenta il primo full length, Socially Transmitted Disease, una bomba sonora di punk rock/metal composta da quattordici diretti in pieno volto, travolgente e perfetto per non fare prigionieri dall’alto di un palco.
Capitanati dalla cantante Daphne Detleij, il gruppo è volato ai Real Sound Studio e con Wahoomi Corvi e la supervisione del boss dell’etichetta hanno dato vita a questa esplosione di suoni ispirati dal punk rock anni ottanta, ma che lascia spazio ad influenze alternative e potenza metal, per un risultato che accontenterà vari tipi di ascoltatori.
Una raccolta di brani, quindi, in cui si evidenzia questo ibrido stilistico, convincente in ogni sua parte, rock nella sua anima più ribelle e sguaiata che guarda al passato ma lascia aperte le porte a moderni input stilistici, tra impatto potente e metallico ed approccio punk rock.
L’album parte con l’opener Cheers, passa per la clamorosa Blame It On The Weed (con tanto di stacchetto reggae, che tanto sa di Clash o di Rancid) e non trova ostacoli lungo tutta la sua durata: it’s only rock ‘n’ roll direbbe qualcuno, e sicuramente tra lo spartito di Fake, I Want To It You In The Face e Make Punk Great Again troverete ottime scuse per ridurvi la fronte in un ammasso di poltiglia sanguinolenta, spaccata contro la parete a colpi di punk/rock/metal/core dei F.U.A.

Tracklist
1. Cheers
2. Blind
3. M.O.U.S.
4. Blame it on the weed
5. Fake
6. Make Punk Great Again
7. Hey, Hello!
8. Love You
9. Riot
10. I Want To Hit You In The Face
11. Fuck You Anyway
12. S.T.D.
13. Wankers in Blue
14. Psychotic

Line-up
Daphne Detleij – Vocals
Sander Pietersen – Drums
Robbert Vanderbijl (Bakkie) – Bass
Mitchell Verschoor – Guitars

F.U.A. – Facebook

Hank Von Hell – Egomania

Non ci sono in giro dischi come questo che divertono e fanno riflettere, ma la cosa più importante e bella è vedere una persona che ha visto la morte tante volte rialzarsi e fare un disco che spacca i culi, senza pose o imitazioni, con un gran lavoro e con la sicurezza di essere Hank Von Hell, e non è poco: come dice nell’ultima traccia …il mio oceano è il futuro…

Riuscire a vincere i propri demoni, cadere più e più volte, rialzarsi sempre e tornare più forte di prima non è una cosa affatto facile, ma Hank Von Hell ci è riuscito alla grande.

Hans Erik Dyvik Husby, dalla Norvegia, ha una traiettoria di vita non comune a molti: in principio fu il cantante della prima formazione dei Turbonegro, la loro incarnazione che ha dato il meglio, e a causa dei suoi problemi con l’eroina il gruppo si sciolse nel 1998, per poi riformarsi, ma Hank lo abbandonò perché aveva cambiato vita. Il nostro norvegese andò in riabilitazione presso un centro Narconon, la struttura riabilitativa di Scientology, per poi riapparire nel 2009 con un singolo in coppia con Maria Solheim che raggiunse il numero uno in Norvegia, avendo un gran successo. E ora è il momento del vero ritorno con questo Egomania, e per togliere subito i dubbi, è un gran disco, sincero, veloce e molto divertente anche quando parla di argomenti non certo leggeri. Hank è una delle poche persone al mondo in grado di fare un disco punk rock in maniera mai ovvia e con un quoziente musicale più alto della media, e lo ha fatto con questo lavoro che esce per Century Media Records. Il suono è fresco e solare, un punk rock o rock punk a seconda dei momenti, con la voce di Hank in gran spolvero. Ottima anche la scelta del gruppo che lo accompagna, tutti musicisti di buon livello. Il suono non è assolutamente riconducibile ai Turbonegro dei tempi che furono, ma è un punk con forti tendenze al glam, ed è un disco molto piacevole e ben strutturato, una vera sorpresa, perché Hank aveva sempre risposto picche a chi chiedeva un ritorno sulle scene. Doveva essere lui a scegliere il momento, perché con la sua storia alle spalle e il suo carisma un flop sarebbe stato duro da digerire, invece il disco è ottimo e per tutta la sua durata l’ascoltatore viene portato in un mondo di corpse painting, glam punk e con una forte carica di sincerità e di ironia che è sempre stata una delle doti di Hank. Il disco parla della sua vita come di cose più frivole, il tutto con uno sguardo assai poco convenzionale, come la sua musica. Non ci sono in giro dischi come questo che divertono e fanno riflettere, ma la cosa più importante e bella è vedere una persona che ha visto la morte tante volte rialzarsi e fare un disco che spacca i culi, senza pose o imitazioni, con un gran lavoro e con la sicurezza di essere Hank Von Hell, e non è poco: come dice nell’ultima traccia …il mio oceano è il futuro…

Tracklist
1. Egomania
2. Pretty Decent Exposure
3. Blood
4. Dirty Money
5. Bum To Bum
6. Never Again
7. Bombwalk Chic
8. Wild Boy Blues
9. Too High
10. Adios (Where’s My Sombrero?)

HANK VON HELL – Facebook

Red Riot – Seek! Kill! Burn!

Seek! Kill! Burn! è una raccolta di brani travolgenti, grazie ad una forza senza pari in un genere che nell’underground trova in questi anni nuova e potente linfa e in cui i Red Riot, assieme ai finlandesi Tornado, si dimostrano una delle più convincenti realtà.

Il primo ep Fight, uscito un paio di anni fa, la diceva lunga sull’attitudine dei Red Riot e sull’impatto del loro sound, con tre brani di esplosivo street metal dalla forte connotazione glam e dall’impatto di un thrash/punk scagliato sulla scena metal underground.

Il tutto viene confermato da Seek! Kill! Burn!, debutto sulla lunga distanza che miete vittime come un mitragliatore sul campo di battaglia, una raccolta di brani senza respiro, sguaiati come d’ordinanza nel genere, diretti e con quell’anima rock ‘n’ roll che è il motore di ogni band sleazy/street metal che si rispetti.
Se poi, come nel caso di J.J. Riot, Lexy Riot e compagni, aggiungiamo scariche thrash/punk a ribadire che con i Red Riot non si scherza e ci si può fare male, allora va da se che Seek! Kill! Burn! risulta un deflagrante esempio di Thrashin’ Sleaze Metal (come lo chiamano loro).
Attitude, oltre che l’opener, è una convincente dichiarazione d’intenti, una partenza che avviene sgommando sullo spartito toccando picchi di indiavolato rock ‘n’ roll che, se continua ad ispirarsi a ormai vecchi capolavori persi nella storia del genere (il primo L.A.Guns su tutti), non manca di quella attuale predisposizione al genere che lascia aperte finestre dalle quali entrano note di Beautiful Creatures e Backyard Babies, il tutto in salsa thrash/punk.
Squealers e Who We Are sono i due brani già apparsi sul primo ep e formano con tutti gli altri una raccolta di brani travolgenti, grazie ad una forza senza pari in un genere che nell’underground trova in questi anni nuova e potente linfa e in cui i Red Riot, assieme ai finlandesi Tornado, si dimostrano una delle più convincenti realtà.

Tracklist
1. Attitude
2. H.I.P.S.T.E.R.
3. Rise Or Fall
4. Rippin’ Money
5. Child Of Steel
6. Bang Your Head
7. Squealers
8. BlowTill’ You Drop
9. Sleazy Life
10. Who We Are

Line-up
Fred Riot – Vocals
Max Power – Guitars
J.J. Riot – Guitars
Lexy Riot – Bass
ScaR – Drums

RED RIOT – Facebook

Siege of Power – Warning Blast

Il disco di crust punk dell’anno, un perfetto e feroce incrocio di hardcore anglo-americano e di death metal old school, eseguito da musicisti che sono autentici e noti maestri.

A volte da un progetto nato quasi per gioco o per semplice divertimento estemporaneo, può nascere bella musica.

Così è stato per Schmier dei Destruction con i suoi Panzer (già due dischi), così è per i Siege of Power, creati da musicisti americani (Chris Reifert degli Autopsy) ed olandesi (l’ex Asphyx Bob Bagchius), di chiara fama ed apprezzate qualità. I Siege of Power non fanno, peraltro, death – a parte le linee vocali, simili, nello stile, ai Morbid Angel di Abomination of Desolations (1986) – ma uno strepitoso crust-core con venti canzoni al fulmicotone, che si assestano più o meno tutte intorno ai due minuti, ad eccezione della più elaborata (e con qualche rallentamento doom) The Cold Room, sul finire del lavoro. E i suoni e lo stile sono pertanto molto anni Ottanta, ovviamente aggiornati dal quartetto in maniera attenta ed implacabile. Non vi è infatti un attimo di tregua nei solchi laser delle songs che vanno a comporre questo magistrale Storming Blast, quasi un omaggio alla tradizione di New York (leggasi Carnivore e SOD) e soprattutto anglo-britannica (i seminali Discharge ed anche gli indimenticati Amebix, dello storico capolavoro Arise, targato 1985), con opportuni inserti speed di classica matrice venomiana. Il disco è formidabile, tra i migliori dell’anno: non soltanto – si badi bene – un tributo al passato, ma un omaggio sincero quanto sentitissimo ad un approccio musicale e ad una visione della vita che non si estingueranno mai.

Tracklist
1- Conquest For What?
2- For the Pain
3- Bulldozing Skulls
4- Born Into Hate
5- Torture Lab
6- Uglification
7- Trapped and Blinded
8- Diatribe
9- Wraning Blast
10- Mushroom Cloud Altar
11- Lost and Insane
12- Bleeding For the Cause
13- Escalation ‘til Extermination
14- Privileged Prick
15- Short Fuse
16- Violence in the Air
17- It Will Never Happen
18- The Cold Room
19- Servant of Nothing
20- Mushroom Cloud Altar (bonus version)

Line-up
Chris Reifert – Vocals
Bob Bagchius – Drums
Paul Baayens – Guitars
Theo Van Eekelen – Bass

SIEGE OF POWER – Facebook

Anti-Flag – American Reckoning

Passano gli anni e l’acqua sotto i ponti, ma gli Anti-Flag rimangono uno dei migliori gruppi punk in giro.

Passano gli anni e l’acqua sotto i ponti, ma gli Anti-Flag rimangono uno dei migliori gruppi punk in giro.

Provenienti da Pittsburgh, i nostri vantano una carriera più che ventennale, senza mai uno cedimento od un arretramento, portando avanti sempre un discorso musicale e politico di grande intelligenza e sensibilità.
Questo nuovo episodio è un disco acustico con inediti e reinterpretazioni di canzoni che hanno apprezzato o che li hanno ispirati. Nella poetica musicale degli Anti-Flag è sempre stata presente una buona dose di melodia, che è uno dei loro innegabili punti di forza, e qui la melodia diventa l’elemento principale. L’ossatura acustica e minimale di queste canzoni mostra in maniera ancora maggiore la forza e la versatilità di un gruppo unico nel suo genere, per talento ed inventiva, ma anche per la capacità di interpretare canzoni alla sua maniera, con un impronta ben riconoscibile. Questo disco è davvero ben composto, e anche le tracce scritte da altri si inseriscono molto bene nel contesto. Senza usare una sola volta la parola Trump, gli Anti-Flag riescono a fare musica di protesta utilizzando anche canzoni pop e mainstream, mostrando anche la via ad altri gruppi che sfruttano malamente l’attuale panorama politico. La scelta di fare l’intero disco solo con strumenti acustici dona maggiore potenza al tutto, e anche una grande eleganza, cosa che gli Anti-Flag hanno sempre posseduto senza perdere un’oncia di vis polemica. Come altri gruppi punk di qualità, arrivati ad un certo punto della loro carriera, gli americani hanno sentito il bisogno di fare qualcosa di simile, cosa che comunque avevano già provato a fare sporadicamente all’interno di altri dischi della loro grande discografia. Il risultato è un disco molto piacevole e dalla grande carica emotiva e partecipativa, con delle cover eseguite in maniera molto intelligente e calzante.

Tracklist

1 The Debate Is Over (If You Want It)
2 Trouble Follows Me
3 American Attraction
4 When The Wall Falls
5 Racists
6 Set Yourself On Fire
7 Brandenburg Gate
8 Gimme Some Truth (John Lennon cover)
9 For What It’s Worth (Buffalo Springfield cover)
10 Surrender (Cheap Trick cover)

Line-up
Justin Sane – Guitar/Vocals
Pat Thetic – Drums
Chris #2 – Bass/Vocals
Chris Head – Guitar

ANTI-FLAG – Facebook

Lantern – Ancòra

Qui troviamo molta sostanza e attenzione per la musica e le parole, descrivendo chi e cosa non è più con noi con molta eleganza e forza.

I Lantern sono uno dei gruppi più bravi e particolari della bella scena screamo italiana che ha regalato ottima musica.

Negli ultimi tempi la suddetta scena è un po’ in ritirata, perché tutto muta e allora si cambia un po’ stile. Non i Lantern, che a tre anni dall’ultima uscita tornano con un disco solido e che lascia il segno. Il loro è un insieme di emo primi anni duemila, screamo e soprattutto tanto pop fatto con gran classe. Infatti uno dei più grandi pregi del gruppo è quello di avere una grande predisposizione a scrivere canzoni molto ritmate e potenti, ma che hanno una grandissima anima pop. La composizione dei brani dei Lantern è molto più stratificata rispetto a quella della maggioranza dei gruppi dello stesso genere. Una canzone come A 14 Blues, per esempio, è notevole sia per originalità che per profondità. Tutto il disco è permeato dalla memoria e dalla perdita, si ricorda e si cerca di non perdersi nelle perdite. Come si può fare altrimenti ? Non regniamo su nessun regno, siamo tutti dei sopravvissuti e si ha l’esigenza di raccontarsi, come fanno benissimo i Lantern. Questo disco, con un rebus in copertina e anche dentro, ha uno spessore molto forte e ridà fiato all’asfittico panorama indie rock italiano. Un lavoro simile, così forte nella sua diversità, serviva come il pane per far vedere che il talento è soprattutto capacità compositiva e non soltanto apparire o fare gli strani. Qui troviamo molta sostanza e attenzione per la musica e le parole, descrivendo chi e cosa non è più con noi con molta eleganza e forza. Un disco che ti fa pensare, rivelandosi una delle migliori tra le ultime uscite alternative italiane.

Tracklist
1 In cambio di una pistola parte 1
2 In cambio di una pistola parte 2
3 Cimitero
4 Nube purpurea
5 Semaforo blu segnale per altre partenze
6 Dalla parte sbagliata di un telescopio
7 E. Fermi tutti!
8 A14 blues

Line-up
Daniele
Sergio
Michael
Marco
Sorbo

LANTERN – Facebook

Terror – Total Retaliation

Difficilmente in questo genere si raggiungono le altezze dei Terror, che nel loro suono sono profondamente americani e fanno musica per suonare dal vivo, perché ascoltando il disco ti rendi conto di quanto bene funzionerà davanti ad un pubblico che sarà un magma incandescente pronto a bruciare tutto.

Dal 2002 i losangelini Terror hanno cominciato la loro scala alla montagna dell’hardcore e da qualche anno ne hanno raggiunto la vetta, tenendola molto bene grazie a lavori come questo.

Total Retaliation è la loro nuova uscita su Nuclear Blast Records e ha tutte le caratteristiche che li hanno resi famosi ed amati: hardcore americano violento e ruggente con molte somiglianze con il metal ed il crossover degli anni migliori, una grandissima intensità e tanta cattiveria. Questa volta alla produzione troviamo il chitarrista degli ottimi Fit For An Autopsy, Will Putney, che dà al suono dei Terror una maggiore modernità, rendendo il tutto ancora più potente, a volte ai confini del beatdown. Non ci sono compromessi in questo album, i tempi sono serrati ed incalzanti, e questo loro settimo disco suona benissimo e li proietta ad un livello superiore. Chi ascolta hardcore lo fa perché questo suono ha una violenza positiva, o negativa se la si fraintende, che permette di vivere le brutture del mondo a testa alta, e qui c’è tutto ciò. Non è aggressività fine a se stessa, ma è un qualcosa che lega le persone, porta dei valori attraverso dei suoni rabbiosi ma sempre in veste positiva. Total Retaliation è una classica opera di hardcore americano ma ha effettivamente qualcosa in più sia in termini di suono che di composizione. In un genere così inflazionato non è facile avere la propria impronta ben riconoscibile, i Terror la hanno e hanno addirittura aperto nuove strade nell’hardcore con il loro suono, venendo presto riconosciuti come uno dei migliori gruppi del genere. Difficilmente in questo genere si raggiungono le altezze dei Terror, che nel loro suono sono profondamente americani e fanno musica per suonare dal vivo, perché ascoltando il disco ti rendi conto di quanto bene funzionerà davanti ad un pubblico che sarà un magma incandescente pronto a bruciare tutto. Grande spirito e grande musica per un disco di hardcore di qualità superiore.

Tracklist
1. This World Never Wanted Me
2. Mental Demolition
3. Get Off My Back
4. One More Enemy
5. Break The Lock
6. In Spite Of These Times
7. Total Retaliation
8. Post Armageddon Interlude
9. Spirit of Sacrifice
10. I Don’t Know You
11. Behind The Bars
12. Suffer The Edge Of The Lies
13. Resistant To The Changes

Line-up
Scott Vogel – Vocals
Nick Jett – Drums
Jordan Posner – Guitar
Martin Stewart – Guitar
David Wood – Bass

TERROR – Facebook

R.A.I.V.A. – R.A.I.V.A.

Il disco si inserisce nella tradizione hardcore punk della penisola iberica, ed infatti il gruppo lusitano in qualche passaggio ricorda i Soziedad Alkoholika, con quella chitarra distorta che si accompagna ad una sezione ritmica ben cadenzata e con la voce bella ruvida e potente.

Esordio discografico per questo gruppo hardcore punk dalla sfumature metal che si chiama R.A.I.V.A. e di cui non si sa granché.

Il disco si inserisce nella tradizione hardcore punk della penisola iberica, ed infatti il gruppo lusitano in qualche passaggio ricorda i Soziedad Alkoholika, con quella chitarra distorta che si accompagna ad una sezione ritmica ben cadenzata e con la voce bella ruvida e potente. Le liriche sono di rabbia piena, infatti in portoghese Raiva vuol dire rabbia e qui ce n’è davvero tanta. Il Portogallo è un paese che è stato colpito duramente dalla crisi scatenata da lor signori ma, a differenza dell’Italia e della Grecia, è forse quello che si è ripreso meglio, soprattutto a livello politico, riprendendo a lottare invece di odiare il più debole. Tutto ciò si riflette nella musica e nelle parole del gruppo, che riesce a caricare molto l’ascoltatore, e a proporre una musica dura e con buoni contenuti. Ci sono stacchi, stop and go, sfuriate e momenti di maggiore melodia, e tutto è bene bilanciato con una grande fedeltà alla scuola portoghese, che non lascia molto spazio ai fronzoli e dà molta importanza alla sostanza. Raiva non è forse un disco originale, ma era da tempo che non si ascoltava un qualcosa che va nel passato musicale per attualizzarlo e proporre una nuova formula. Il disco si fa ascoltare molto bene e ha anche dei momenti prettamente metal, ora con un pizzico di Iron Maiden, ora con assoli come i gruppi metal iberici che sono ben bilanciati in questo aspetto. Un lavoro che viene da persone giustamente rabbiose per altre che li sanno ascoltare: musicalmente è una sorpresa e soprattutto non è scontato.

Tracklist
1. O Bom Aluno
2. A Vida é dos Que Acreditam
3. Eu Não Vivo, Eu Sobrevivo
4. Sou o Resultado Desse Mal Profundo
5. Filho da Maldade
6. Partidos & Quebrados
7. Ponham as Cartas na Mesa
8. Medo de Falhar
9. Pago Impostos com a Vida
10. A Revolta do Mundo
11. O Mais FRaco Não Tem Nada
12. Raiva Dessa Raiva
13. O Herdeiro da Parada

Line-up
Ricardo Mendonça – Guitar
Renato Lourenço – Bass
Ricardo Pinto – Drums
Fernando Girão – Vocals

ETHEREAL SOUND WORKS – Facebook

VV.AA. – Demolition Derby

Lo split della Retro Vox Records di Parma è un gran bel Demolition Derby nel quale, per una volta, in una gara di questo tipo non c’è un vincitore se non il suono che questi gruppo esprimono e che da troppi anni è stato messo in panchina perché non di moda, mentre invece grazie a band come queste può dare ancora enorme soddisfazione all’ascoltatore.

Split su vinile dieci pollici con due tracce a testa per quattro band, gli italiani King Mastino e Black Gremlins, e dalla Svezia “Demons” e Scumbag Millionaire.

Il disco è stato concepito e realizzato dalla Retro Vox Records. Il disco è venuto bene e mostra quattro sfaccettature diverse del punk rock. Innanzitutto i gruppi lo fanno in una maniera molto virata verso il rock and roll ad alto numero di ottani, alla maniera di Hellacopters ed affini, in un maniera che purtroppo si è andata a perdere negli ultimi tempi.
Aprono le danze gli svedesi Scumbag Millionaire nati nel 2014 e che esordiranno a breve per la Suburban Records con il loro debutto che, se si rivelerà all’altezza come i due pezzi qui presenti, entrerà nella scia della bellissima scena hard rock punk scandinava degli anni novanta visto che anche qui troviamo tanta melodia e chitarre che viaggiano veloci. A ruota degli svedesi arrivano gli interessantissimi parmigiani Black Gremlins, che annoverano musicisti da band come i Caronte, gli Shinin’ Shade e i Calendula. Il loro punk rock è molto veloce e tirato, sporco e di gran classe, di quella genia che parte dai Motörhead per arrivare fino ai giorni nostri, sudore e voglia di suonare a tutto volume. I parmigiani hanno già prodotto due dischi per la Retro Vox Records e sono un gruppo davvero molto interessante ed appagante. Continuano lo split le due canzoni dei King Mastino, band spezzina nata nel 2007 in una terra dove i Manges e i Pea Wees hanno fatto la storia del genere. Anche loro sono molto influenzati dalla scena scandinava, hanno grandi melodie ed un tiro micidiale e molto coinvolgente. Chiudono il Demolition Derby gli svedesi “Demons” che anche nel 1995 facevano parte dell’originale scena svedese del rock and punk, e si sente, grazie a quel suono che fece innamorare tante persone un po’ di anni fa, dimostrando d’essere ancora in forma nonostante siano stati fermi per qualche anno. Lo split della Retro Vox Records di Parma è un gran bel Demolition Derby nel quale, per una volta, in una gara di questo tipo non c’è un vincitore se non il suono che questi gruppo esprimono e che da troppi anni è stato messo in panchina perché non di moda, mentre invece grazie a band come queste può dare ancora enorme soddisfazione all’ascoltatore.

Tracklist
1.Time After Time – Scumbag Millionaire
2.Ride It Out – Scumbag Millionaire
3.Alpha People – Black Gremlin
4.Turn Your Head Around – Black Gremlin
5.Cheap Souls For Nothing – King Mastino
6.Another Kind Of Love – King Mastino
7.Hemisexual – “Demons”
8.Amen – “Demons ”

Line-up
Scumbag Millionaire are:

Brickan Nilsson – Bass guitar, Max Fiasko – Guitar and Vocals, Adde – Drums, Dr. Weber – Guitar.
“Ride it out” and “Time after time” written and performed by Scumbag Millionaire.
Recorded and mixed by Micke Nilsson. Produced by Micke Nilsson and Scumbag Millionaire.

Black Gremlin are:

Cobra ChristôFory – Vocals and Guitar, Simple Matt – Drums, Mek Spazio – Guitar and Vocals, Narco Maynard – Bass guitar and Vocals.
“Alpha people” written by Black gremlin. “Turn your head around” written by Algy Ward/Mark Brabbs/Peter Brabbs , originally performed by Tank.
Recorded and Mixed by Gregory Manzo at Big Pine Creek Studio , Parma.

King Mastino are:

Alessio – Guitars and vocals, Massi – Bass guitar and Backing vocals, Holly -guitars, Jimmy – drums.
“Cheap souls for nothing” and “Another kind of love” written and performed by King Mastino Organ&Piano played by Manuel Apice.
Mixed and recorded at Bulls Recordz Studio by Davide Gallo

“DEMONS” are:

Matt – guitar and vocals, Micke – drums, Tomo – bass and backing vocals.
“Hemisexual” written by M. Carlsson. “Amen” written by Ahlgren/Lång/Klemensberger/Wawrzeniuk ,originally performed by The Robots.
Special appearance from Odd d’Cologne on “Amen”.

RETRO VOX RECORDS – Facebook