Unclouded Perception – District

Bravi quando scelgono le strade del metal estremo melodico, i cinque tedeschi mettono sul piatto una melodia vincente ed un grande impatto, all’interno di un mix di generi ed influenze che crea un sound personale ed estremamente convincente.

Nati nel 2009, arrivano all’esordio su lunga distanza grazie alla Wormholedeath i tedeschi Unclouded Perception, band portata nel nostro paese e lasciata nelle sapienti mani di Wahoomi Corvi che, insieme a Cristian Coruzzi, ha registrato e mixato l’album ai Realsound Studio di Parma.

Scordatevi il solito gruppo modern metal, anche se il look della band potrebbe ingannarvi, perché come da tradizione della label anche gli Unclouded Perception hanno qualcosa che li distingue nel vasto panorama del metal odierno.
Infatti, ad un approccio melodico attuale la band unisce elementi classici e di stampo thrash, e ne esce così un lavoro vario e a suo modo originale, sempre in bilico tra tradizione e modernità.
Schegge impazzite di melodic death metal, ritmiche che passano dalle classiche ripartenze thrash a più moderni mid tempo, voce graffiante di matrice thrash old school e solos heavy compongono un sound prepotente, a tratti selvaggio, al quale il gran lavoro in consolle dona sfumature moderna, note cristalline ed un appeal sufficiente per spingere all’ascolto degli undici brani che compongono District.
Bravi quando scelgono le strade del metal estremo melodico, i cinque tedeschi mettono sul piatto una melodia vincente ed un grande impatto, all’interno di un mix di generi ed influenze che crea un sound personale ed estremamente convincente.
Tra le note di queste undici adrenaliniche tracce troverete di che sfamare la vostra voglia di metal, perché di questo alla fine si tratta.

Tracklist
1.Apocalypse
2.Kingdom of Blood
3.Rain
4.Sweet Maiden
5.Live 6.Rise
7.Never Ending Race
8.Circus
9.The Punisher
10.Turn the Tables
11.The Warming Cold

Line-up
Bernhard Huber – Vocals
Andreas Eder – Guitars
Martin Stadlmaier – Guitras
Josef Brettmeister – Bass
Martin Klose – Drums

UNCLOUDED PERCEPTION – Facebook

Shockin’ Head – Xxmiles

Unione di intenti e tanta attitudine per questo quartetto che risulterà una gradita sorpresa per gli amanti del metal, siano essi più legati alla tradizione che a suoni moderni e dall’impatto di un carro armato.

Nuova uscita targata Volcano Records, che licenzia il debutto di questa heavy/thrash band chiamata Shocking’Head, formata da vecchie conoscenze dell’underground metal del ponente ligure.

Chupacabras, R.A.V.E.D. ed Estremo Ponente sono i gruppi da cui provengono i musicisti che compongono la line up di questa nuova band che ci investe con tutta la sua carica metallica, attraverso otto brani (di cui uno cantato in dialetto sardo) aggressivi, graffianti, melodici e con puntate estreme che deflagrano in un sound esplosivo.
Unione di intenti e tanta attitudine per questo quartetto che risulterà una gradita sorpresa per gli amanti del metal, siano essi più legati alla tradizione che a suoni moderni e dall’impatto di un carro armato.
Orgoglio metallico nell’affrontare i problemi della vita di tutti i giorni, guerrieri che a denti stretti affrontano le dure prove che la vita ci impone, aiutati dalla forza che si trova dentro ognuno di noi, queste sono le tematiche delle fucilate heavy/thrash che compongono l’album.
Xxmiles contiene splendidi passaggi melodici, così come una notevole forza d’urto sprigionata in brani come All In, Falling In Reverse e la micidiale Soul Destruction, perfetta alchimia tra heavy metal, thrash e groove: un album prettamente metal che non risulta affatto old school e appare invece ben inserito per sonorità ed impatto in questo inizio millennio, oltre che suonato e cantato con mestiere e grinta da vendere.

Tracklist
1. All In
2. Falling in Reverse
3. Ejaaa!!!
4. Winners in the Desert
5. Soul Destruction
6. Trip in the Hell
7. Xxmiles
8. Blame Game

Line-up
Daniele Sedda – Vocals
Black Ale – Bass
Zac Vanders – Guitars
Frederic Volante – Drums

SHOCKIN’ HEAD – Facebook

Flotsam and Jetsam – The End of Chaos

Non giudichiamo l’opera dalla cover e lasciamoci attrarre e sedurre da un disco potente,viscerale,splendidamente suonato da musicisti dotati di classe cristallina.Spettacolare ritorno per una band storica ma purtroppo sottovalutata.

La storia è nota! I Flotsam and Jetsam, di Phoenix in Arizona, sono sempre stati sottovalutati e sono rimasti un patrimonio solo per veri intenditori che seguono la vera musica fregandosene delle mode e del riscontro commerciale.

Molti li ricordano per essere stata, agli albori (Doomsday for Deceiver, 1986), la band di Jason Newsted, ex bassista dei Metallica, ma credo che pochi se li ricordino per lo straordinario valore di alcuni loro dischi, il già citato Doomsday, ma anche No Place for Disgrace del 1988. Con una carriera di assoluto valore tra alti e bassi normali nell’arco di una storia più che trentennale, rinvigorita nel 2016 con l’omonimo e ottimo Flotsam and Jetsam, la band da sempre nelle mani del vocalist Erik A.K Knutson, ritorna con un disco di alto livello, fresco, coinvolgente, ottimamente prodotto e suonato; quasi cinquanta minuti con canzoni potenti, viscerali condotte da un grande interplay tra i due chitarristi, lo storico Michael Gilbert e Michael Conley entrato nel 2016. Non ci sono filler, sono dodici brani che hanno una capacità di coinvolgere con linee melodiche mai banali, ma sempre intriganti accompagnate da un preciso lavoro di basso, suonato da Michael Spencer, rientrato nel 2014, che struttura  le tracce in progressioni inarrestabili. Le chitarre sono precise e pulite negli assoli che impreziosiscono i vari brani, che sanciscono l’unione tra trash e metal più classico, ricorrendo anche ad armonizzazioni pregevoli all’interno dei vari episodi. Ulteriore valore aggiunto è la grande capacità espressiva di Eric Knutson, che anche dopo i 50 anni dimostra di avere elasticità ed estensione notevole, variando molto l’interpretazione in ogni frangente. Assalti furiosi e intricati come in Slowly Insane accendono i sensi, ascoltare le chitarre inarrestabili è pura adrenalina, cosi come lasciarsi trasportare da visioni voivodiane nella meravigliosa Architects of Hate, dove il buon Erik si lascia andare a una interpretazione ricca di pathos. Classe cristallina e songwriting che molte band si sognano portano l’eccitazione a livelli molto alti: ogni brano possiede linee melodiche facilmente riconoscibili pur all’interno di strutture per nulla banali o scontate. Demolition Man, di cui esiste anche un video, sorprende cosi come il riff selvaggio di Unwelcome Surprise costruisce un brano teso e tagliente come una lama di rasoio. Non so cosa porterà il 2019 ma l’inizio è decisamente con il botto!

Tracklist
1. Prisoner of Time
2. Control
3. Recover
4. Prepare for Chaos
5. Slowly Insane
6. Architects of Hate
7. Demolition Man
8. Unwelcome Surprise
9. Snake Eye
10. Survive
11. Good or Bad
12. The End

Line-up
Michael Gilbert – Guitars
Eric A.K. – Vocals
Michael Spencer – Bass
Steve Conley – Guitars
Ken Mary – Drums

FLOTSAM AND JETSAM – Facebook

6th Counted Murder – Individual

Cinquanta minuti in compagnia dei 6th Counted Murder valgono l’acquisto di questo bellissimo secondo lavoro che, agognato, aspettato e voluto dalla band e dai suoi fans, rappresenta una conferma ed un ulteriore passo avanti.

Era l’autunno del 2013 quando una serie di omicidi seriali portarono il terrore nell’underground metallico milanese, terrorizzato da un assassino che con crudele ferocia uccideva le sue vittime a colpi di thrash/death metal dalle trame heavy e da un approccio melodico stupefacente per un debutto.

Dieci brani, dieci capitoli che mettevano in luce l’ottima preparazione tecnica dei musicisti coinvolti, un songwriting assolutamente maturo ed un impatto che non lasciava dubbi sulla voglia di far male dei 6th Counted Murder.
Dopo diciotto mesi di silenzio, dovuti all’abbandono del cantante, e l’arrivo del bravissimo Simone Dalamar Paga dietro al microfono, la band con i quattro pazzi assassini seriali (Gianluca D’andria alla batteria, Alessandro Ferraris al basso e la coppia di chitarre taglienti come lame nel buio composta da Marzio Corona e Andrea P. Moretti) al proprio posto, ha ricominciato a colpire con quell’arma micidiale che è il loro sound.
Dopo la firma con la piovra Sliptrick Records (label che si sta accaparrando il meglio del metal uscito negli ultimi anni a livello underground nel nostro paese) il gruppo milanese licenzia finalmente il secondo album intitolato Individual.
Registrato negli studi della band e poi affidato alle sapienti mani di Simone Mularoni per mix e mastering, avvenuti ai Domination Studios, Individual non deluderà chi in questi anni ha aspettato con pazienza il ritorno del serial killer, una mente malata, deviata e dedita all’uso di droghe che, in un delirio di onnipotenza, compie i più brutali ed assurdi delitti, fino all’induzione al suicidio di massa aiutato da una sua vittima manipolata (la prescelta).
L’album parte con due brani di una potenza devastante, Individual Born e Syncopate, che richiamano i Testament più estremi: schegge impazzite di death metal su strutture ritmiche di matrice thrash investono l’ascoltatore, ma è con il singolo Scent Of Despair che si torna a quel melodic death metal ricco di sfumature heavy che aveva fatto la fortuna dell’esordio.
Il nuovo cantante si muove su toni estremi variando molto la sua performance, passando dal classico growl allo scream, fino ad evocative e sentite parti in clean, mentre i suoi complici fanno capire d’essere tornati ancora più convincenti ed arrabbiati di prima.
Near Death Experience è un saliscendi su spartiti estremi, con urla terrificanti che ccompagnano un sound dalla violenza progressiva, tra solos che sparano melodie classiche con una facilità disarmante.
Ancora grande metal con She, brano che si potrebbe definire un mid tempo non fosse per le ritmiche intricate, che lasciano spazio ad atmosfere melanconiche a metà brano, mentre con Brutal Engaged Abuse si torna al thrash, prima che il trio composto da Cloud Nine, Apocalypse In Human Features e House Of Lies concluda questo mostruoso lavoro.
Cinquanta minuti in compagnia dei 6th Counted Murder valgono l’acquisto di questo bellissimo secondo lavoro che, agognato, aspettato e voluto dalla band e dai suoi fans, rappresenta una conferma ed un ulteriore passo avanti.

Tracklist
1.Individual Born
2.Syncopate
3.Scent Of Despair
4.Near Death Experience
5.Berserk
6.She
7.Brutal Engaged abuse
8.Cloud Nine
9. Apocalypse in Human Features
10.House Of Lies

Line-up
Andrea P.Moretti – Guitars
Marzio Corona – Guitars
Alessandro Ferraris – Bass
Gianluca D’Andria – Drums
Simone Dalamar Paga – Vocals

6TH COUNTED MURDER – Facebook

Heterogeneous Andead – Deus Ex Machina

Deus Ex Machina si rivela un gradita sorpresa per gli amanti del genere: a suo modo originale la band si allontana dai soliti cliché gotici per travolgere l’ascoltatore sotto valanghe di note thrash/death, risultando una macchina da guerra metallica

Gli Heterogeneous Andead sono una extreme metal band fondata da Yusuke Kiyama cinque anni fa e arrivata ora all’esordio su lunga distanza per Wormholedeath.

Il sound che poggia le sue fondamenta su un death/thrash veloce e devastante su cui la band inserisce parti sinfoniche ed elettroniche e l’uso della doppia voce (mezzo soprano e growl) ad opera della cantante Haruka.
Deus Ex Machina si rivela un gradita sorpresa per gli amanti del genere: a suo modo originale la band si allontana dai soliti cliché gotici per travolgere l’ascoltatore sotto valanghe di note thrash/death, risultando una macchina da guerra metallica.
Il growl risulta leggermente forzato invero, mentre il tono classico si erge sopra ritmiche indiavolate, solos taglienti come katane e sinfonie progressive a nobilitare un sound che risulta un vero massacro.
Non si lasciano intimorire dal debutto gli Heterogeneous Andead, ma con personalità affrontano il metal estremo con una serie di diavolerie compositive ed un bagaglio tecnico eccellente, così che devastanti ed intricati brani come l’opener Flash Of Calamity, Tentacles o la cavalcata di quasi dieci minuti intitolata Demise Of Reign diventano per l’ascoltatore una sorta di montagne russe metalliche, tra discese a velocità folle e paraboliche musicali spettacolari.
Originale quel tanto che basta per non esibire espliciti punti di riferimento, il gruppo nipponico risulta il solito colpo gobbo di un’etichetta sempre sul pezzo quando si tratta di proporre realtà interessanti reclutate in tutto il mondo.

Tracklist
1.Flash of Calamity
2.Denied
3.Hallucination
4.Tentacles
5.Automaton
6.Unleashed
7.Tyrant
8.Obfuscation
9.Demise of Reign
10.Fleeting Dawn

Line-up
Haruka – Vocals
Yusuke Kiyama – Guitars, Synth, Programming
Masaya Kondoh – Guitars
Takashi Onitake – Bass

HETEROGENEOUS ANDEAD – Facebook

S.R.L. – Hic Sunt Leones

Hic Sunt Leones si rivela un album pesantissimo ma valorizzato da passaggi strumentali che entrano nell’ascoltatore come lame affilatissime: premere nuovamente il tasto play alla fine dell’outro Omne Ignotum Pro Magnifico diventerà una consolidata abitudine.

Dopo la firma con Rockshots Records è giunto il momento per gli ormai storici thrashers S.R.L. di licenziare un nuovo lavoro, intitolato Hic Sunt Leones (motto usato nell’antica Roma e che indicava i luoghi inesplorati e non ancora conquistati).

Il gruppo umbro arriva così al quarto full length di una discografia iniziata nel 1995 con il primo demo e completata da una manciata di ep, sempre nel segno di un roccioso death/thrash cantato in lingua madre.
Anche per questo nuovo lavoro, la Società a Responsabilità Limitata (monicker che si rifà alle grandi prog rock band italiane degli anni ’70) ci va giù pesante con undici nuove scariche adrenaliniche di metal estremo ben prodotto, attraversato da un’attitudine heavy che permette al gruppo di ricamare le proprie cavalcate con grandi melodie che vivono in simbiosi con la parte più violenta del sound.
Ne esce una raccolta di brani interessanti, decifrabili nel loro impatto estremo grazie ad un lavoro chitarristico di prim’ordine, una sezione ritmica rocciosa e un ottimo uso delle linee vocali, dal growl più profondo allo scream.
Il Museo delle Cere, Rimarremo Da Soli, la tempesta thrash di Demoni, il riff del mid tempo Di Luna e Deserto, brano di stampo melodic death e il terremoto creato dalla devastante Vertigine sono i momenti topici di quest’opera che non ha un momento di pausa, investendoci con una serie micidiale di diretti, puntando a fare male pur mantenendo le redini di questo purosangue metallico ben salde.
Hic Sunt Leones si rivela così un album pesantissimo ma valorizzato da passaggi strumentali che entrano nell’ascoltatore come lame affilatissime: premere nuovamente il tasto play alla fine dell’outro Omne Ignotum Pro Magnifico diventerà una consolidata abitudine.

Tracklist
01. Il Culto
02. Il Museo delle Cere
03. Tenebre
04. Rimarremo da Soli
05. Demoni
06. Un Sasso nel Vuoto
07. Di Luna e Deserto
08. Vertigine
09. L’uomo Senza Volto
10. Mezzanotte
11. Omne Ignotum Pro Magnifico

Line-up
Jerico Biagiotti – Bass
Rodolfo “RawDeath” Ridolfi – Drums
Cristiano “Alcio” Alcini – Guitars
Stefano Clementini – Guitars
Francesco “Khaynn” Bacaro – Vocals

S.R.L. – Facebook

METEORE: VIOLENT FORCE

Unico disco, di una band storica. Per chi ama Sodom, Assassin, Darkness, Living Death, Tankard, Possessed, Razor, Slayer, Vendetta e Dark Angel.

Tra il 1984 ed il 1985, nella città tedesca di Velbert, sorsero i Violent Force.

Nel 1985 la formazione finalmente si stabilizzò e il gruppo apparve sulla compilation Teutonic Invasion. Il thrash dei quattro ragazzi tedeschi cominciò a mietere consensi in patria. Dopo ben cinque demo, nel 1987 uscì infine Malevolent Assault of Tomorrow, esordio ed unico lavoro dell’act germanico, per la Roadrunner. Le speranze riposte dal quartetto si tramutarono presto in delusione: il disco, benché valido ed ottima espressione del più puro ed incontrastato speed-thrash made in Germany, non riuscì a farsi notare e si perse tra le molte altre produzioni dello stesso genere, in Europa centrale. Anche i testi, malgrado in apparenza ingenui, non erano da poco e trattavano problemi sociali e rischi legati al nucleare. Ma non fu abbastanza e giunse, immeritato, lo split. Oggi, possiamo riapprezzare questa meteora grazie alla ristampa della HR, sempre attivissima e da seguire.

Tracklist
1- Dead City
2- Soulbursting
3- Vengeance and Venom
4- MAOT
5- What About the Time After
6- Sign of Evil
7- Violent Force
8- The Night
9- Destructed Life
10- SDI

Line up
Lemmy – Vocals / Guitars
Stachel – Guitars
Hille – Drums
Waldy – Bass

Mass Disorder – Conflagration

Il sound proposto dal gruppo di Almada è un thrash metal in bilico tra tradizione e modernismi estremi, ammantato da un’aura oscura che gli conferisce atmosfere e sfumature dark in un contesto progressivo e metallico.

Il thrash metal rispetto ha qualche anno fa ha trovato una nuova spinta, specialmente in ambito underground dove lo zoccolo duro dei gruppi dediti al genere si è rafforzato dopo le buone uscite dei gruppi storici e l’arrivo di una nuova generazione di band dedite al genere nelle sue diverse vesti.

Dal Portogallo arrivano i Mass Disorder, quintetto attivo da una manciata d’anni con un primo ep alle spalle ed ora pronti a conquistare i cuori dei thrashers con il primo lavoro su lunga distanza intitolato Conflagration.
Il sound proposto dal gruppo di Almada è un thrash metal in bilico tra tradizione e modernismi estremi, ammantato da un’aura oscura che gli conferisce atmosfere e sfumature dark in un contesto progressivo e metallico.
La voce profonda che si avvicina al growl, le devastanti accelerazioni e le canzoni dilatate fino a raggiungere minutaggi importanti, non inficiano la scorrevolezza di brani valorizzati da un ottimo songwriting: l’album offre mitragliate thrash metal, un assalto estremo che accentua la vena drammatica ed epica di tracce imponenti e distruttive come Death Vow , Violence e le monumentali Vicious Circle, Illegal Ambition.
Immaginate una jam metallica e potentissima suonata da Slayer e Machine Head ed avrete un esempio della potenza di fuoco del gruppo portoghese: Conflagration è un album che merita la dovuta attenzione.

Tracklist
1.Arson
2.Rats
3.Modus Operandi
4.Death Vow
5.Violence
6.Vicious Circle
7.Premonition
8.Illegal Ambition

Line-up
Bruno Evangelista – Vox
Nelson Carmo – Guitar
Valter Aguiar – Guitar
Paulo Ramos – Drums
André Gomes – Bass

MASS DIOSRDER – Facebook

Artas – Ora et Gomorrha

La provenienza del quintetto tradisce una marzialità di fondo tipica della scuola centro europea, ma gli Artas la contornano di melodie e veloci solos sulle scale di un metal roccioso e granitico.

Gli austriaci Artas sono una delle band più convincenti ascoltate ultimamente, autrici di questo ibrido che unisce le sfumature tradizionali del metal con quelle più moderne.

Dopo un silenzio durato sette anni eco il ritorno con questa terza opera su lunga distanza, Ora et Gomorrha, che ha tutti i crismi per non passare inosservata agli amanti del metal moderno.
Quasi settanta minuti, per molti sono un’enormità nel genere, ma non per gli Artas che ci investono con il loro modern/melodic/thrashcore, cantato in lingua madre ma dall’appeal notevole: ritmiche marziali si trasformano in veloci cavalcate al limite del death/thrash, melodie gotiche su tappeti di metallo alternano metallo classico e moderno, in modo quasi perfetto rendendo l’ascolto interessante ed assolutamente piacevole.
La provenienza del quintetto tradisce una marzialità di fondo tipica della scuola centro europea, ma gli Artas la contornano di melodie e veloci solos sulle scale di un metal roccioso e granitico.
Vale Madre, Der Sturm e la title track riassumono perfettamente quanto scritto, e formano un biglietto da visita perfetto per la band austriaca, che gioca con le proprie influenze che vedono Rammstein, Dark Tranquillity, Soilwork e Disturbed quali cardini dello sviluppo della propria proposta.

Tracklist
1.Intro
2.Gegen dich
3.Nick und brich
4.Wiener Verhältnisse
5.im Frieden der Nacht
6.Interlude #1
7.Vida Vale Madre
8.Ne Boltai
9.Black Piñata
10.Fuck This Band
11.Interlude #2
12.Der Sturm
13.Feindbild
14.Der Augenblick
15.Ora et Gomorrha
16.Outro

Line-up
Radek Karpienko – Bass
Christoph Grabner – Drums
Sahid Al Atmaah – Guitars
Massimo Maltese – Guitars
Hannes Koller – Guitars, Vocals
Obimahan Ismahil – Vocals

ARTAS – Facebook

Khali – Tones Of The Self Destroyer

Tones Of The Self Destroyer è composto da nove brani all’insegna di un potente thrash/hardcore in cui vengono immessi elementi death e di metal moderno, valorizzando il tutto con azzeccate parti rock dai rimandi progressivi.

Altra ottima proposta dalla nostrana Ghost Label Record, etichetta con un roster vario e dal buon spessore artistico.

La band in questione, i Khali, è un trio attivo nella capitale dal 2015 composto da Cristian Marchese (basso e voce), Paolo Nadissi (chitarra e voce) e Vincenzo Agovino (batteria), giunto al traguardo del debutto discografico con questo massiccio Tones Of The Self Destroyer, con i suoi nove brani all’insegna di un potente thrash/hardcore in cui vengono immessi elementi death e di metal moderno, valorizzando il tutto con azzeccate parti rock dai rimandi progressivi.
L’uso della doppia voce assolutamente perfetto è la ciliegina sulla torta di un debutto interessante e ben costruito: la band mantiene un livello di potenza estrema senza risultare monocorde e variando l’approccio aggressivo con un’innata predisposizione a sfumature post rock.
Il grande lavoro della parte ritmica (in Hypo Crisis sembra di ascoltare una versione death metal dei Primus), un muro ritmico impressionante, taglienti solos di scuola thrash nelle parti chitarristiche e, come scritto in precedenza, l’uso della doppia voce sono i tratti distintivi di questo lavoro che non conosce cedimenti e scorre aggressivo e maturo fino alla sua conclusione.
Dark Matter, Life, Vulture Gods e la conclusiva The Core sono i brani cardine di questo Tones Of The Self Destroyer, una vera sorpresa per gli amanti del metal dai rimandi hardcore e thrash.

Tracklist
1.Ordinary empty earth
2.Ashes of none
3.Dark Matter
4.Rage
5.Hypo crisis
6.Life
7.Vulture God
8.Marching ants won’t stop
9.The Core

Line-up
Cristian Marchese – Bass, Vocal
Paolo Nadissi – Guitar, Vocal
Vincenzo Agovino – Drums

KHALI – Facebook

Death Waltz – Born To Burn

I Death Waltz guardano avanti e, pur non nascondendo ispirazioni ed influenze, licenziano un buon lavoro provando a farsi spazio nella scena underground nostrana.

I bresciani Death Waltz si definiscono semplicemente una band “metal” e fanno bene, sarebbe forse troppo lungo etichettare il sound del loro primo lavoro come melodic death, thrash, heavy metal.

Nata ormai quattro anni fa, la band lombarda arriva a licenziare il primo lavoro dopo alcuni cambi di line up e la solita gavetta in giro per i locali della provincia bresciana, prima che questo roccioso, metallico e melodico Born To Burn veda la luce e venga promosso dalla Ad Noctem Records.
Questi undici brani che formano quaranta minuti di musica, vedono la band impegnata nel proporre metal che prende ispirazione tanto dal melodic death metal, quanto dall’heavy, potenziando a tratti l’atmosfera con sferzate thrash che velocizzano le ritmiche ed estremizzano il sound.
Ne esce un lavoro piacevole, grezzo e melodico, attraversato da armonie che richiamano i Sentenced di Down, i Maiden ed in generale il thrash metal, ma che trovano una loro strada, sicuramente ancora più da personalizzare in futuro.
Born To Burn risulta quindi un buon ascolto, un tocco moderno in qualche arrangiamento non manca e dona a brani come Blood Moon, Dream e Samarra quel che basta per essere inserito nel metal del nuovo millennio.
I Death Waltz guardano avanti e, pur non nascondendo ispirazioni ed influenze, licenziano un buon lavoro provando a farsi spazio nella scena underground nostrana.

Tracklist
1.Intro
2.Juliet
3.Blood Moon
4.Beast
5.Death Waltz
6.Dream
7.This Is War
8.Samarra
9.Born to Burn
10.Riot
11.Asylum

Line-up
Jacopo “Jack” Polonioli – Drums
Mirko “J” Scarpellini – Guitars
Diego Dangolini – Bass
Stefano “Stef” Comensoli – Guitars
Alberto Scolari – Vocals

DEATH WALTZ – Facebook

Phandemya – Deathatomized

Un sound ben radicato negli anni ottanta, quindi con Kreator, Sodom e Destruction come padrini e tanta sana attitudine, fa di questo debutto un buon biglietto da visita per quello che, nato come un side project dei due chitarristi, con il tempo si è trasformato in qualcosa di più solido.

Dall’underground estremo della capitale arrivano i Phandemya: Deathatomized è il primo mostruoso parto del combo, un ep composto da cinque brani più intro, registrati e prodotti al Defrag CheckRoom da Fabrizio Campomori, un breve ma intenso e letale tuffo nel thrash old school, feroce quanto basta per avere non poche similitudini con il sound creato e reso famoso dalla sacra triade made in Germany.

Un sound ben radicato negli anni ottanta, quindi con Kreator, Sodom e Destruction come padrini e tanta sana attitudine, fa di questo debutto un buon biglietto da visita per quello che, nato come un side project dei due chitarristi, con il tempo si è trasformato in qualcosa di più solido.
Apotheosys è l’intro epico orchestrale, marziale nella sua pur breve durata ma che, con la giusta tensione, prepara all’aggressione sonora che da Juggernaut Assault in poi diventa furiosa e letale.
La voce è un rantolo cartavetrato, la produzione in linea con il sound crea un alone old school che fa di Speed Kills, di Μολων λαβε [Molon Labe] o di Deathatomized esempi di thrash dall’impatto di un carro armato, distruttivo, veloce e senza compromessi.
Accenni alla scuola statunitense si rinvengono in qualche passaggio chitarristico in Juggernaut Assault e nella conclusiva Solar Eye-Hole Pt.1 : Sands Of The Damned e valorizzano ulteriormente il sound proposto dai Phandemya, nuova realtà da seguire nel panorama underground metallico made in Italy.

Tracklist
1.Apotheosys [Intro]
2.Juggernaut Assault
3.Speed Kills
4.Μολων λαβε [Molon Labe]
5.DeathAtomized
6.Solar Eye-Hole Pt.1 : Sands Of The Damned

Line-up
Jacopo – Vocalist and Bass
Matteo – Guitar and Backing Vocals
Francesco – Guitar and Backing Vocals
Alessandro – Drums

PHANDEMYA – Facebook

Sodom – Partisan

Passano gli anni ma i Sodom continuano il massacro a colpi di mitragliate thrash metal che non fanno prigionieri, con due rasoiate che solleticano l’appetito dei fans in procinto di essere sfamati a dovere con l’imminente full length.

Una nuova uscita dei Sodom è sempre motivo per scrivere due righe, non fosse altro per l’importanza che la band tedesca ha avuto nella storia del thrash metal europeo.

I Sodom tornano con una nuova formazione che vede, oltre al mastermind Tom Angelripper, Frank Blackfire e Yorck Segatz alle chitarre e Husky alla batteria, ed un ep di tre brani composto da due inediti (la title track e Conflagration) ed un brano live estratto dalla performance che il gruppo ha tenuto al Rock Hard Festival di quest’anno (Tired & Red).
Passano gli anni ma i Sodom continuano il massacro a colpi di mitragliate thrash metal che non fanno prigionieri, con due rasoiate che solleticano l’appetito dei fans in procinto di essere sfamati a dovere con l’imminente full length.
Il brano dal vivo risulta il classico bombardamento sonoro a cui la band ci ha abituato in tale sede da oltre trent’anni, anche se la proposta in verità appare un po’ striminzita, potendo al contrario essere più esaustiva con qualche minuto di live in più.
Quindi accontentiamoci ed aspettiamo il nuovo lavoro che si preannuncia come l’ennesima tellurica opera da parte di una band ancora capace di esaltare i suoi ammiratori.

Tracklist
1. Partisan
2. Conflagration
3. Tired & Red (Live at the Rock Hard Festival 2018)

Line-up
Tom Angelripper – bass, vocals
Frank Blackfire – guitars
Yorck Segatz – guitars
Husky – drums

SODOM – Facebook

Eleim – Freak

Freak è un album davvero ben costruito, una sorpresa per gli amanti del genere, con la lingua italiana che ben si adatta al sound del gruppo e composto da una tracklist senza punti deboli

Gli Eleim sono un quartetto toscano attivo dal 2010 ed arrivato tramite la Buil2kill Records al terzo lavoro.

Si ripresentano sul mercato metallico underground con una nuova formazione e questo ottimo lavoro dal titolo Freak, un potentissimo concentrato di thrash/groove metal, tra tradizione e modernità cantato in lingua madre.
Freak è un album davvero ben costruito, una sorpresa per gli amanti del genere, con la lingua italiana che ben si adatta al sound del gruppo e composto da una tracklist senza punti deboli.
Bordate metalliche moderne si alternano a sfuriate thrash metal, l’uso della voce è in linea con le nuove tendenze, aggressivo e graffiante ma perfettamente leggibile tra le tonnellate di riff con cui la band travolge l’ascoltatore.
L’impatto notevole di Freak si palesa già dall’opener I Nuovi Mostri, con la quale gli Eleim, precisi, potenti e melodici, esibiscono ritmiche dal groove poderoso, citazioni di nobile metallo (l’inizio di Fate di Confine ricorda Flesh Of The Blade dei Maiden) e brutali sfumature core.
Registrato, mixato e masterizzato da Tai Fronzaroli al Tai Sevenstudio di Calenzano vicino a Firenze, Freak è un ottimo prodotto 100% italiano, studiato in ogni minimo dettaglio, con un sound che trova le proprie ispirazioni in gruppi come Pantera e Gojira, ma plasmandoli ad uso e consumo della varie Danza Macabra e A Cuore Aperto.
L’invito all’ascolto di Freak è d’obbligo così come i complimenti alla band toscana per il riuscito connubio tra metal dal taglio internazionale e l’uso della lingua italiana,

Tracklist
1. I Nuovi Mostri
2. Fate Di Confine
3. Erotica
4. Ali di Carta
5. Piccolo Mio
6. Mari
7. Danza Macabra
8. Marrick
9. A Cuore Aperto
10. Edward Mondrake

Line-up
Joe Eleim – Voce
Niko wylde – Chitarra
Taralane – Basso
Damian Pierucci – Batteria

ELEIM – Facebook

Sacral Rage – Beyond Celestial Echoes

Dimenticate gli assalti all’arma bianca tipici dello speed metal. in Beyond Celestial Echoes l’attitudine progressiva la fa da padrona regalando ai vari brani un’anima nobile in un sound che, di solito, si arma di ignoranza per correre veloce ed attaccare senza pietà.

Troppo superficialmente considerati una speed metal band, i Sacral Rage danno alle stampe, tramite la Cruz Der Sur Music, il loro nuovo lavoro, Beyond Celestial Echoes.

L’album prosegue nel racconto delle avventure la storia di UL, un androide alieno proveniente da un’antica razza che detiene la conoscenza dell’alta tecnologia e viaggia attraverso lo spazio e il tempo per trovare le giuste quantità di energia necessarie al raggiungimento della vita eterna.
La band di Atene, formatasi nel 2011, giunge così al secondo lavoro sulla lunga distanza, dopo aver dato alle stampe un paio di demo ed un ep, prima del fortunato Illusions in Infinite Void, esordio licenziato tre anni fa e che ha fruttato una valanga di giudizi positivi dalla stampa musicale europea.
Con un concept alla Voivod, in un clima thrash/speed/heavy progressivo, il sound dei quattro eroi spaziali riflette in primis l’ottima tecnica in loro possesso ed un approccio al genere assolutamente maturo.
Va da sé che l’album si avvale di un’anima progressiva che fuoriesce da brani comunque dal grande impatto metallico, con ritmiche intricate e mai banali, chitarre dal suono che rimanda alla band canadese ed il cantato che si esprime per la maggior parte in un falsetto di matrice King Diamond.
Dimenticate dunque gli assalti all’arma bianca tipici dello speed metal. in Beyond Celestial Echoes l’attitudine progressiva la fa da padrona regalando ai vari brani un’anima nobile in un sound che, di solito, si arma di ignoranza per correre veloce ed attaccare senza pietà.
I quattordici minuti della conclusiva The Glass ben riassumono il sound di questo bravissimo gruppo proveniente dalla capitale ellenica, un saliscendi di emozionante heavy metal valorizzato dalle varianti creative descritte.
Immaginate una jam tra Mercyful Fate, Voivod e Coroner ed avrete un quadro abbastanza esauriente delle potenzialità espresse dai Sacral Rage.

Tracklist
1. Progenitor
2. Eternal Solstice
3. Vaguely Decoded
4. Suspended Privileges
5. Samsara (L.C.E.)
6. Necropia
7. Onwards to Nucleus
8. The Glass

Line-up
Dimitris K – Vocals
Vagelis F – Drums
Spyros S – Bass
Marios P – Guitars

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Madvice – Everything Comes To An End

Il sound non ha nulla a che vedere con quello dei Nameless Crime, ma rimane una sagacia compositiva che si respira nello spartito di queste devastanti nove esplosioni metalliche che racchiudono un impatto tradizionale, con un approccio moderno e progressivo e assolutamente diretto.

Quattro anni fa affrontavamo lo straordinario, ultimo lavoro dei Nameless Crime (il bellissimo Stone The Fool), un album metal che inglobava nel proprio sound una marea di intuizioni provenienti dai generi più disparati risultando un lavoro originale e sopra le righe.

Maddalena Bellini e Raffaele Lanzuise, rispettivamente chitarrista e bassista di quella band, tornano oggi con il nome Madvice: con Asator al microfono e Marco Moretti alla batteria, il gruppo debutta con Everything Comes To An End, licenziato dalla Time To Kill Records.
Nove brani, compresa la cover di Everybody Wants to Rule the World dei Tears For Fears, compongono questo notevole esempio di metal estremo, dai rimandi death/thrash.
Il sound non ha nulla a che vedere con quello dei Nameless Crime, ma rimane una sagacia compositiva che si respira nello spartito di queste devastanti nove esplosioni metalliche che racchiudono un impatto tradizionale, con un approccio moderno e progressivo e assolutamente diretto.
Tra le note di brani pesantissimi come Vengeance, il potente mid tempo di A Day To Fight, A Day To Suffer o Master Of Doom si trova la chiave per entrare nel mood di questo lavoro che vive di sonorità estreme, ma che non rinuncia a qualche geniale digressione progressiva in una perfetta simbiosi tra At the Gates, Soilwork e il Devin Townsend più diretto.
Un ottimo lavoro che da il via alla carriera dei Madvice, band da seguire con molta attenzione, anche perché i musicisti coinvolti lo meritano.

Tracklist
1. Vengeance
2. Everything Comes To An End
3. A Day To Fight, A Day To Suffer
4. The Gate
5. Nothingness
6. Master Of Doom
7. Everybody Wants to Rule the World
8. Rebirth
9. Hopeless

Line-up
Asator – Vocals
Maddalena Bellini – Guitars
Raffaele Lanzuise – Bass
Marco Moretti – Drums

MADVICE – Facebook

METEORE: EXORCIST

Primo ed unico disco di una band misteriosissima, dietro la quale si celano in realtà gli statunitensi Virgin Steele (i nomi dei componenti degli Exorcist sono del resto palesi pseudonimi).

ExorcistNightmare Theatre

L’uscita di questo disco nel 1986 venne subito accompagnata dalla voce secondo la quale dietro alla band degli Exorcist (che in effetti nessuno aveva visto in faccia e che non si esibivano dal vivo), si celassero in realtà i newyorkesi Virgin Steele, campioni dell’epic metal e dell’hard rock più cromato di gran classe desiderosi di misurarsi con un album thrash, allora al culmine della popolarità, specie in America. La biografia ufficiale degli Exorcist affermava soltanto che il quartetto proveniva dalle terre canadesi. Da parte sua, il vocalist dei Virgin Steele, il cantante e tastierista David De Feis, non fece altro che negare ogni forma di coinvolgimento suo e dei suoi compagni d’arme. Tutti, peraltro, si convinsero della cosa, che oggi viene in buona sostanza data per assodata. Le coincidenze, d’altra parte, non erano poche: ambedue le band appartenevano alla scuderia della Cobra, erano prodotte da De Feis stesso e impiegavano il medesimo studio di registrazione, il Sonic Sound. Inoltre, dopo che Nightmare Theatre fu stampato, gli Exorcist scomparvero nel nulla: una vera meteora, insomma. Lo sfogo thrash dei Virgin Steele, ristampato giusto un anno fa dalla HR Records in edizione doppia, è da riascoltare: un thrash assai oscuro e tetro, non distante da certo horror metal di qualità, intriso di atmosfere dark e con una gran dose di occulta ferocia sonora. Detto altrimenti: un classico, con titoli e testi degni delle evil stories di King Diamond.

Track list
1- Black Mass
2- The Invocation
3- Burnt Offerings
4- The Hex
5- Possessed
6- Call For the Exorcist
7- Death By Bewitchment
8- The Trial
9- Execution of the Witches
10- Consuming Flames of Redemption
11- Megawatt Mayhem
12- Riding to Hell
13- Queen of the Dead
14- Lucifer’s Lament
15- The Banishment

Line up
Damian Rath – Vocals
Marc Dorian – Guitars
Geoff Fontaine – Drums
Jamie Locke – Bass

Athrox – Through The Mirror

La band, dotata di una personalità debordante, ci travolge con la sua raffinata e drammatica potenza, i brani si susseguono, storie e problematiche di tutti i giorni vengono raccontate attraverso uno specchio, mentre la musica segue la narrazione tra spettacolari e cangianti momenti di metal dall’alta potenze espressiva.

Dopo due anni dal bellissimo esordio Are You Alive?, puntualmente recensito da MetalEyes, tornano tramite Revalve Records gli Athrox, band toscana che suona heavy/thrash metal dai molti ricami progressivi e dalle ispirazioni che trovano le proprie radici nel nobile e raffinato metallo statunitense.

La band, fondata dal chitarrista Sandro Seravalle e del batterista Alessandro Brandi quattro anni fa, alza il tiro con questo secondo lavoro dal titolo Through the Mirror, registrato, mixato e masterizzato presso gli studio Outer Sound Studio di Giuseppe Orlando, presentandoci dieci perle metalliche che alternano atmosfere drammatiche, sferzate di rabbioso thrash metal e splendidi momenti di raffinata musica dure progressiva.
Assolutamente all’altezza è la prova dei musicisti su cui si staglia la voce del cantante Giancarlo Picchianti, migliorato in modo esponenziale rispetto alla comunque ottima performance sul primo lavoro, che risultava più classicamente heavy rispetto a questo secondo gioiellino heavy/thrash/prog metal.
La band, dotata di una personalità debordante, ci travolge con la sua raffinata e drammatica potenza, i brani si susseguono, storie e problematiche di tutti i giorni vengono raccontate attraverso uno specchio, mentre la musica segue la narrazione tra spettacolari e cangianti momenti di metal dall’alta potenze espressiva.
Gli Athrox si fanno preferire quando l’irruenza thrash prende il comando delle operazioni, mantenendo comunque un tocco progressivo che non inficia l’ascolto anche di chi, senza tanti fronzoli, preferisce in impatto diretto (Ashes Of Warsaw, Decide Or Die), anche se l’album risulta vario ed assolutamente difficile da catalogare in un solo genere.
Meritano una menzione la progressiva opener Waters Of The Acheron, la potente Sadness n’ Tears e la conclusiva Fallen Apart, ma è l’ascolto in toto di questo lavoro che vi porterà a segnarvi la band toscana come uno dei gruppi più convincenti di questo ultimo periodo dell’anno in corso.

Tracklist
1.Waters of the Acheron
2.Ashes of Warsaw
3.Empty Soul
4.Through the Mirror
5.Imagine the Day
6.Decide or Die
7.Sadness n’ Tears
8.Fragments
9.Dreams of Freedom
10.Fallen Apart

Line-up
Giancarlo “IAN” Picchianti – Lead Vocals
Sandro “SYRO” Seravalle – Guitars
Francesco “FRANK” Capitoni – Guitars
Andrea “LOBO” Capitani – Bass Guitars
Alessandro “AROON” Brandi – Drums

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Homicide Hagridden – Effect Lucifero

Effect Lucifero è una raccolta di brani di thrash metal senza compromessi che esplode fin dal momento in cui l’opener 4Letters dà il via alla mattanza.

Album da maneggiare con molta cura questo Effect Lucifero, ultimo lavoro dei nostrani Homicide Hagridden, uscito in origine nel 2016 e ristampato con l’aggiunta di una bonus track.

La thrash band piemontese non è certo di primo pelo, i suoi natali si perdono nella prima metà degli anni novanta, la sua storia annovera un buon numero di cambi nella formazione e concerti in compagnia di nomi altisonanti del metal mondiale (Samael, Vader, Keep of Kalessin, Napalm Death, Kreator, Behemoth e Decapitated, tra gli altri) e la propria discografia, ferma al 2016 ed all’uscita di Effect Lucifero, si compone anche di una manciata di demo e di altri due full length, Death Black Sun (2004) e Us (2002).
Capitanati da Stefano (batteria) e Massimo Moda (chitarra e voce), la band annovera tra le proprie fila anche Valerio Possetto (basso) e Fabio Insalaco (chitarra), per quella che si rivela una macchina da guerra thrash metal devastante.
Effect Lucifero è una raccolta di brani di thrash metal senza compromessi che esplode fin dal momento in cui l’opener 4letters dà il via alla mattanza: una sezione ritmica mostruosamente efficiente, chitarre che sfoderano rasoiate estreme e una voce dall’impatto rabbioso di una belva ferita (una via di mezzo tra Tom Araya e Mille Petrozza) ed il gioco (pericolosissimo) è fatto, per uno degli album più estremi e convincenti che mi sia capitato di ascoltare ultimamente in campo thrash metal negli ultimi tempi.
Un’autentica sorpresa per chi non conosceva la band ed una conferma per chi invece ha seguito le sorti degli Homicide Hagridden in tutti questi anni: questa ristampa si spera sia propedeutica ad un nuovo lavoro vista la travolgente resa di bordate sonore come Regime, Lie To An Angel, Lethal Agreement (con tanto di accordi spagnoleggianti a metà brano) e lo spettacolare crescendo conclusivo di The Unsaid.
Slayer, Kreator, Exodus, The Haunted sono i punti di riferimento utili ad inquadrare il tutto, ma le similitudini lasciano il tempo che trovano, semplicemente non perdetevi questa nuova possibilità di ascoltare Effect Lucifero.

Tracklist
1.4Letters
2.Remembrance of Me
3.Regime
4.Raped
5.Lie to an Angel
6.Lethal Agreement
7.Purify
8.The Unsaid
9.Black As War-Bonus Track

Line-up
Stefano Moda – Drums
Massimo Moda – Guitar/Vocals
Valerio Possetto – Bass guitar
Fabio Insalaco – Guitar

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Sarinvomit – Malignant Thermonuclear Supremacy

Chi ama il metal più genuino e diretto non dovrebbe farsi sfuggire l’occasione di farsi maltrattare da questi tre quarti d’ora di black thrash impetuoso, suonato bene, prodotto discretamente e dotato di quella percentuale di freschezza in più che spesso hanno in dotazione le band che provengono da scene, per così dire, non convenzionali.

I turchi Sarinvomit con questo lo primo full length non si perdono certo in preamboli, partendo subito sparati con il proprio nucleare black metal ed arrestando la corsa solo al termine dell’ultima nota di Malignant Thermonuclear Supremacy.

Se tutto questo può far pensare ad un’interpretazione minimale e semplicistica del genere c’è, però, il rischio di cadere in errore: in realtà questo quartetto di Istanbul tratta la materia con notevole competenza e pur senza svincolarsi dagli stilemi di base o mostrare tratti particolarmente personali, offre tre quarti d’ora di black la cui corposa componente thrash si rivela determinante per amplificarne l’impatto.
Il sound dei Sarinvomit è piacevolmente antico per approccio, nel senso che ogni idea di sperimentazione viene totalmente bandita a favore di un incedere diretto, incalzante e che non lascia spazio ad indugi o passaggi più riflessivi.
Preso atto di tutto questo, chi ama il metal più genuino e diretto non dovrebbe farsi sfuggire l’occasione di farsi maltrattare da questi tre quarti d’ora di black thrash impetuoso (con menzione di merito per il brano auotointitolato, ma il tiro delle altre tracce non è affatto da meno) , suonato bene, prodotto discretamente e dotato di quella percentuale di freschezza in più che spesso hanno in dotazione le band che provengono da scene, per così dire, non convenzionali.

Tracklist:
1 – Perishing In Eternal Void
2 – One Trillion Megaton
3 – Mass Grave Planet
4 – Evaporation In Mushroom Cloud
5 – Splendid Radioactive Particles
6 – Sarinvomit
7 – Destructive Solar Flare

Line-up:
Godslayer – Guitarsg
Tyrannic Profanatör – Vocals
Fiend – Bass, Vocals (backing)
K.C. – Drums