Paolo Baltaro – The Day After the Night Before

The Day After the Night Before va scoperto piano, senza fretta, abbandonandosi tra le note di questi splendidi brani.

Certo che la scena underground nazionale non smette di regalare sorprese e così, lasciando per un attimo la frangia metallica ed estrema, ci facciamo travolgere dalla musica totale del polistrumentista Paolo Baltaro, al secondo album da solista dopo i trascorsi con varie band, tra le quali Arcansiel, Mhmm, Roulette Cinese, S.A.D.O. e Sorella Maldestra.

Questo nuovo lavoro segue il debutto licenziato per Musea nel 2011 (Low Fare Flight to the Earth) ed entusiasma per la varietà della musica proposta che, se può senz’altro essere considerata come rock progressivo, è composta da una moltitudine di anime musicali perfettamente amalgamate nel suo insieme.
Ogni brano è stato composto come una colonna sonora di film inesistenti, in cui Baltaro canta e suona tutti gli strumenti aiutato da molti altri musicisti, eccetto le due versioni di Do It Again, colonna sonora reale dell’ultimo film di Ricky Mastro, in preparazione questi giorni e in uscita prevista per la prima metà del 2017, e le due cover Bike (Syd Barrett) e It’s Alright With Me (Cole Porter).
Registrato a Londra al Pkmp Soho Studios e ad Amsterdam allo Studio 150, masterizzato da Cristian Milani al Rooftop Studio di Milano, l’album è un’opera affascinante dove la parola d’ordine è stupire.
Progressivo nel più puro senso del termine, The Day After the Night Before – Original Soundtracks for Imaginary Movies si compone di una dozzina di brani l’uno diverso dall’altro, l’uno più intrigante dell’altro, dove il musicista nostrano vola oltre i confini ed i muri costruiti per imprigionare i generi, per raccogliere il meglio che la musica rock può offrire donandolo all’ascoltatore.
Dagli anni settanta ai giorni nostri, si compie un viaggio su una nuvola di note che solca il cielo mentre progressive, jazz, rock e fusion compongono quella che risulta di fatto un’opera rock.
Preparatevi all’ascolto dell’album come se doveste incontrare in una quarantina di minuti tutti gli artisti e musicisti che hanno segnato la storia della nostra musica preferita, dai Pink Floyd, ai Beatles, da Jimi Hendrix a Frank Zappa: in totale libertà artistica e con una facilità disarmante Paolo ce li presenta tutti prima che il loro contributo, tradotto in ispirazione, lasci un segno indelebile su questo splendido album.
The Day After the Night Before va scoperto piano, senza fretta abbandonandosi tra le note di questi splendidi brani: l’opera è scaricabile dal sito del musicista (www.paolobaltaro.com), mentre è disponibile all’acquisto la versione in vinile più cd, quindi non ci sono scuse per perdersi un lavoro di questa portata.

TRACKLIST
1.Do It Again (Acoustic Version)
2.Postcard From Hell
3.Cole Porter At Frankz’s Birthday Party
4.Goodnight
5.Another Sunny Day
6.Bike
7.Nowhere Street Part II
8.Pills
9.Silent Song
10.It’s All Right With Me
11.Do It Again (Electric Version)
12.Revolution N.13-11 (Hidden Track)

LINE-UP
Paolo Baltaro – Vocals, all Instruments
Andrea Beccaro – Drums
Andrea Fontana – Drums
Alessandro De Crescenzo – Guitars
Paolo Sala – Guitars
Gabriele Ferro – Guitars
Gabriel Delta – Guitars
Simone Morandotti – Piano
Barbara Rubin – Chorus
Luca Donini – Sax, Flute
Sandro Marinoni – Sax, Flute
Alberto Mandarini – Tromba

PAOLO BALTARO – Facebook

Exoto – And Then You Die / The Fifth Season

Una ristampa interessante che rispecchia perfettamente l’aria che tirava nel centro Europa nei primi anni ’90.

Continua la missione della label olandese Vic Records nel riesumare opere dimenticate dal tempo, o album storici di quei gruppi facenti parte della scena death metal attivi nei primi anni novanta, periodo d’oro per il genere padre del metal estremo.

I belgi Exoto iniziarono la loro carriera proprio nel 1990 e in un paio d’anni diedero alle stampe tre demo, prima di consegnare ai posteri due full length: Carnival Of Souls nel 1994 e A Thousand Dreams Ago l’anno dopo.
Una serie di reunion e scioglimenti li hanno portati fino ai giorni nostri ed è di un paio d’anni fa l’ultimo parto Beyond the Depths of Hate.
And Then You Die/The Fifth Season è la ristampa del secondo e terzo demo, usciti in cassetta nel 1991 e nel 1992, che rispecchiano un’era ormai dimenticata non fosse per queste iniziative, che tanto sanno di passione.
Old school death metal e non potrebbe essere altrimenti, con una buona dose di thrash sparato in vena così da alternare veloci cavalcate e mid tempo.
Il suono è sufficiente per apprezzare la musica del combo, senza compromessi e devastante nelle ripartenze, capitanate dal drumming del compianto batterista Didier Mertens, scomparso nel 1994.
La seconda parte è quella più interessante, i brani tratti da The Fifth Season mostrano un miglioramento notevole da parte del gruppo, ed il death metal degli Exoto corre veloce, efferato e devastante con Art Of Butchery valorizzata da una prima parte gotica per poi esplodere in un death thrash che non manca di mettere in mostra la discreta tecnica dei nostri.
Notevole Ashes From The Past, aperta anch’essa da una parte oscura ed atmosferica, per poi partire a razzo in uno tsunami di metal estremo dai buoni cambi di tempo.
Una ristampa interessante che rispecchia perfettamente l’aria che tirava nel centro Europa in quegli anni.

TRACKLIST
1.Into the Ritual (Intro)
3.Waiting for the Maggots
4.Insomnia
5.After Death
6.Cannibalistic Killer
7.The Things That Were (And Shall Be Again)
8.Art of Butchery
9.Necromantic Love-Affair
10.Ashes from the Past
11.The Fifth Season

LINE-UP
New Line-up since 2016 :
Wim Melis – Guitar
Name in a few days – Guitar
Guy Vernelen – Drums
Kevin Schutters – Bass
Chris Meynen – Vocals

EXOTO – Facebook

50 ESSENTIALS LO-FI BLACK METAL ALBUMS

Un viaggio, per forza di cose appena introduttivo e con uno speciale occhio di riguardo verso l’attualità, che procede a ritroso nel tempo, una discesa verso le malevole origini.

Low-fidelity: come tutti sapranno, una produzione volontariamente o involontariamente a bassa fedeltà, registrazioni più o meno approssimative realizzate grazie a strumenti più o meno approssimativi.

Daniel Johnston, Beat Happening, e molti altri: il lo-fi nel suo senso moderno, filologicamente e storicamente, nasce in contesto indie sul finire degli anni ottanta, e il Black Metal si riscopre subito interessatissimo alla faccenda. Se a partire dagli anni ’90, se a partire da un certo punto in poi la bassa fedeltà divenne lo standard dell’élite oscura, se un (relativamente) buon numero di album ormai “classici” vennero registrati in totale scarsezza di mezzi ed equipaggiamenti, oggi il lo-fi – nella sua accezione più estrema e rigorosa – serve una non troppo vasta cerchia di produzioni, e quello che potremmo definire come “lo spirito originario” del metallo nero si riscopre un prodotto sovente di nicchia. Nonostante il BM sia probabilmente il genere che più di ogni altro ha mantenuto una certa attitudine verso i suoni sporchi, oggi certi estremismi sono per la maggior parte annegati in una relativa limpidezza sonora, un’accurata fase di produzione in cui fanno capolino qua e là contaminazioni tra generi, più o meno appropriate. Per quanto esso abbia, fin dalle origini, ricercato con particolare costanza e devozione i purismi al di là di ogni compromesso discografico, nel tempo ha dovuto prendere atto di essere anche tremendamente duttile. Volente o nolente, ha saputo rinvigorire contesti diversi e lontani tra loro (si pensi alla recentissima ondata blackgaze, alla quale fanno capo Alcest, Ghost Bath, Astronoid, Deafheaven & Co.).

Comunque, al di là delle molte e diverse suggestioni che dal Black Metal hanno attinto a piene mani, al di là delle fasi di produzioni recenti – sempre più accurate -, non si fa troppa fatica ad affermare che esso sia nato come il prodotto compiuto di una certa attitudine mentale: di uno spirito del “fai-da-te” in musica, in cui la penuria di apparecchiature e il disinteresse verso la perfezione formale divengono – in astratto – fondamentali alla riuscita di un disco. Diciamo quindi che, più che una classifica filologicamente ordinata sulla “bellezza” o sull’importanza sociologica, questa è una lista introduttiva di produzioni in cui la componente low-fidelity ha determinato in maniera importante la stessa particolare riuscita dell’album. Da alcuni progetti seminali e storici come Ulver, Beherit, Darkthrone fino a nomi ormai ignorati dai più – eppure in certi ambienti leggendari – come Satanize e Todesstoß. Da oggetti misteriosi che si approssimano al BM low-fidelity con una forte vena di sperimentazione, come Murmuüre e Black Magick SS, fino ai rumori allucinanti e purissimi di Créda Beaducwealm. Da Atvar, mastermind di Circle of Ouroborus e Rahu, fino alla scuola portoghese. Dagli inizi fino ai giorni nostri: ecco secondo noi 50 album essenziali registrati in bassissima fedeltà. Un viaggio – per forza di cose appena introduttivo e con uno speciale occhio di riguardo verso l’attualità, come consuetudine qui su Metal Eyes – che procede a ritroso nel tempo, una discesa verso le malevole origini.

Candelabrum – Necrotelepathy (2016)
Wóddréa Mylenstede – Créda Beaducwealm (2016)
Black Cilice – Mysteries (2015)
Axis of Light – L’appel Du Vide (2015)
Black Magick SS – The Black Abyss (2015)
Bekëth Nexëhmü – De Svarta Riterna (2014)
Volahn – Aq’Ab’Al (2014)
Akitsa / Ash Pool – Ripped From Death, Forced To Live, And Die Again (2013)
Clandestine Blaze – Harmony of Struggle (2013)
Black Cilice – Summoning the Night (2013)

Circle Of Ouroborus – Mullan Tuoksu (2012)
Rhinocervs – RH-12 (2012)
Irae – Seven Hatred Manifestos (2012)
Rahu – The Quest for the Vajra of Shadows (2012)
Xothist – Xothist (2011)
Bilskirnir / Barad Dûr – Lost Forever / Selbstmord (2011)
Murmuüre – Murmuüre (2010)
Wormsblood – Mastery of Creation (2009)
Satanize – Demonic Conquest in Jerusalem (2009)
Circle of Ouroborus – Night Radiance (2009)

Cripta Oculta – Sangue do Novo Amanhecer (2009)
One Master – The Quiet Eye of Eternity (2009)
Horrid Cross – Demo II (2009)
Bone Awl – Meaningless Leaning Mess (2007)
Arkhva Sva – Gloria Satanae (2007)
Benighted Leams – Obombrid Welkins (2006)
Furdidurke – Furdidurke (2006)
Mgła – Presence (2006)
Ash Pool – Genital Tombs (2006)
Satanic Warmaster – Black Metal Kommando / Gas Chamber (2005)

Threnos – By Blood and by Earth (2004)
Moloch – Чернее Чем Тьма (2004)
Todesstoß – Spiegel der Urängste (2004)
S.V.E.S.T. – Urfaust (2003)
Xasthur – Nocturnal Poisoning (2002)
Akitsa – Goétie (2001)
Grausamkeit – Christenschmähung (2000)
Mütiilation – Remains of A Ruined, Dead, Cursed Soul (1999)
Paysage d’Hiver – Paysage d’Hiver (1999)
Ulver – Nattens Madrigal (1997)

Ildjarn – Forest Poetry (1996)
Burzum – Filosofem (1996)
Moonblood – Blut und Krieg (1996)
Vlad Tepes / Belkètre – March to the Black Holocaust (1995)
Graveland – Carpathian Wolves (1994)
Fimbulwinter – Servants of Sorcery (1994)
Darkthrone – Transilvanian Hunger (1994)
Beherit – Drawing Down The Moon (1993)
Darkthrone – A Blaze in the Northern Sky (1992)
Blasphemy – Fallen Angel Of Doom (1990)

Carnal Decay – You Owe You Pay

Metal estremo confezionato a dovere, per niente noioso e sviluppato su di una forma canzone che rende adatto l’ascolto anche a chi ama generi estremi più moderni o non legati per forza alla tradizione brutal.

Ottimo lavoro questo You Owe You Pay dei Carnal Decay, gruppo svizzero dedito ad un convincente e vario brutal death metal.

Per chi non conoscesse il quartetto di Hütten ricordo che la band è attiva fin dall’alba del nuovo millennio (2002) e che, con questo lavoro, arriva al quarto full length di una discografia iniziata nel 2003 con il classico primo demo e proseguita con uno split ed il primo album targato 2006 (Carnal Pleasures) a segnare l’inizio delle vere e proprie ostilità, segnate dalla costante uscite ogni due/tre anni.
Per Rising Nemesis Records esce dunque questo nuovo lavoro che, come da tradizione per il gruppo svizzero, si contraddistingue per un brutal death segnato da accelerazioni e potentissimi mid tempo, dove vengono aggiunte dosi massicce di hardcore e metalcore.
In particolare nei cori i Carnal Decay abbondano di sfumature prese dai generi sopracitati ed il sound se ne giova, trovando nei cambi repentini tra le voci e in molte delle ritmiche il suo punto di forza.
Poco più di mezz’ora alle prese con un assalto sonoro dalle ritmiche che prendono per il collo e ci strattonano, ma non mancano a tratti di farci battere il piede, prima che l’anima brutale torni a farci scapocciare sulle note di Until You Die, Not Worth a Bullet e le loro compagne di carneficina.
You Owe You Pay risulta così un devastante esempio di metal estremo confezionato a dovere, per niente noioso e sviluppato su di una forma canzone che rende adatto l’ascolto anche a chi ama generi estremi più moderni o non legati per forza alla tradizione brutal.

TRACKLIST
1.No Sequel
2.Until You Die
3.Decimating the Living
4.Show Your Fucking Face
5.Murder a la carte
6.Not Worth a Bullet
7.Your Guts My Glory
8.Freed from the Leash
9.I Crush Your Dreams
10.Trick or Treat

LINE-UP
Michael Kern – Bass, Vocals
Isa Iten – Guitars
Nasar Skripitskij – Bass
Markus Röthlisberger – Drums

CARNAL DECAY – Facebook

Thrownness – The Passage And The Presence

I Thrownness hanno piazzato un primo colpo da ko, e spero ne seguano tanti altri che ci lasceranno sanguinanti e barcollanti come questo.

Totale massacro hardcore per questo giovane gruppo milanese: Thrownness è un concetto filosofico introdotto dal filosofo tedesco Heidegger, che viene dai più additato come pessimista e catastrofico, ma che invece aveva ragionato molto profondamente sulle gesta umane e ne aveva ricavato una giusta consapevolezza.

Riassumendo in breve il concetto di Thrownness, lo si può descrivere come un disagio derivante dal fatto di essere stati buttati nel mondo senza averlo potuto scegliere, e che abbiamo un disagio atavico nato per la differenza tra la vita che viviamo e quella che vorremmo vivere, quindi frustrazioni, deliri, etc. Insomma Thrownness è disagio, e il gruppo milanese col supporto del disagio fa un disco di hardcore metal clamoroso, velocissimo, molto potente e suonato con un piglio da consumati veterani, a conferma del fatto che non conta tanto la sapienza nell’hardcore ma l’importante è avere la futta, la rabbia e se la razionalizzi musicalmente ne viene fuori un disco come The Passage And The Distance. Il disco, in download libero sul bandcamp della Drown Within Records (date un’occhiata anche alle loro altre produzioni che sono tutte ottime), è un continuo fluire di lava metallicamente hardcore, con molti riferimenti a gruppi e situazioni anni novanta e anche al meglio dei duemila. No, non è metalcore, che non è un genere totalmente disprezzabile, ma qui è hardcore metal, che è un’altra roba, anche se i generi come sempre sono etichette pressoché inutili. In alcuni momenti si arriva addirittura a congiungere l’hardcore con cose come i Dillinger Escape Plan, o avvicinarsi alle dinamiche del crossover. Ciò che davvero conta è che questi ragazzi hanno fatto un grandissimo disco, trascinante e coinvolgente dal primo all’ultimo secondo, con una potenza davvero unica e un grande produzione a supportarli. I Thrownness hanno piazzato un primo colpo da ko, e spero ne seguano tanti altri che ci lasceranno sanguinanti e barcollanti come questo.

TRACKLIST
1.Verfall
2.Unclean Lips
3.The Fertile Abyss
4.Olympus of Appearance
5.Error Sewer
6.Servant and Supplicant
7.Thalassic Regression
8.Fragment of a Crucifixion, 1950

THROWNNESS – Facebook

The Ossuary – Post Mortem Blues

Bellissimo album di hard rock/doom sulla scia dei maestri settantiani da parte dei The Ossuary, band formata da musicisti della scena estrema e metallica nazionale.

Non è la prima volta che dei musicisti attivi nella scena death metal lasciano i suoni estremi per tornare indietro nel tempo, fino alla fine degli anni settanta per ricreare l’atmosfera ipnotica ed occulta di molte delle opere hard rock uscite in quel periodo, magari perse tra le nebbie di fumi illegali, basti pensare agli Spiritual Beggars ed ai trascorsi estremi dei suoi componenti.

Questa nuova band pugliese è formata da tre musicisti che facevano parte degli storici Natron, più Stefano Fiore dei Twilight Gates alla voce, si chiama The Ossuary ed è attiva da un paio d’anni.
Nell’ossario troviamo uno straordinario esempio di hard rock/doom metal dal titolo Post Mortem Blues, una messianica opera dove il blues è più concettuale che suonato, mentre aumenta la voglia di farci travolgere da questo sabba settantiano, in compagnia di un sound che, da frangia dell’hard rock, si trasformò in qualcosa di più pesante.
Post Mortem Blues è un bellissimo lavoro, il suo compito non è quello di stupirci, ma di farci vivere ancora una volta le atmosfere dei primi lavori di Black Sabbath e Pentagram, aggiungendo dosi massicce di Rainbow e Deep Purple, interpretando in maniera straordinaria i suoni rock a cavallo tra gli anni settanta ed il decennio successivo, divenuto poi il periodo d’oro dell’heavy metal che stava nascendo.
Un enciclopedia rock; questo possiamo definire l’album, con la voce di Fiore che richiama il Dio alla corte di Iommi ed il Gillan più introspettivo, mentre si passa da brani hard rock come l’opener The Curse o la melodica title track a molossi doom metal come Graves Underwater ed Evil Churns.
Band già da culto, grazie ad un album da conservare tra gli altri gioielli di un prolifico underground tricolore.

TRACKLIST
01. Black Curse
02. Witch Fire
03. Blood On The Hill
04. Graves Underwater
05. Post Mortem Blues
06. The Crowning Stone
07. Evil Churns
08. The Great Beyond

LINE-UP
Stefano “Stiv” Fiore – vocals
Domenico Mele – guitars
Dario “Captain” De Falco – bass
Max Marzocca – drums

THE OSSUARY – Facebook