Author – Lopun Alku

Album che lascia poco all’ascoltatore se non la fatica di arrivare in fondo, Lopun Alku potrebbe trovare qualche estimatore solo tra gli appassionati più oltranzisti del black metal underground.

La terra dei mille laghi, tra i paesi nordici è quella che meno viene accostata al black metal, eppure nella storia della musica estrema la Finlandia non è certo meno importante delle vicine Svezia e Norvegia.

La tradizione vede la scena di questa terra più orientata verso il death metal o il viking ma non sono mai mancate le oscure realtà che mantengono alto il fuoco della fiamma nera della musica; in questi anni che ha visto il genere perdere popolarità, la scena underground è venuta in soccorso dei fans, supportando nuove band ed opere altrimenti perse negli oscuri inferi che si aprono come abissi su al nord.
Author è una one man band (il mastermind del gruppo è il polistrumentista J.V , aiutato dal vivo da una manciata di musicisti della scena) al primo full length, dopo un’ ep uscito sempre per Naturmacht Productions lo scorso anno del quale troviamo presenti due tracce, l’opener Kuolevaisen kirous e Olemme nähneet päivän päättyvän.
Lopun alku, dai testi rigorosamente in lingua madre, è un lavoro di black metal canonico, con scream maligno d’ordinanza ed un’atmosfera glaciale che pervade tutti i brani che compongono quest’ opera estrema, con il difetto non trascurabile di una piattezza di fondo che non dà modo ai brani di sollevarsi, con il ripetersi dello stesso riff per oltre mezz’ora di black metal scontato come il freddo dei mesi invernali nella città di Pori, città di prvenienza degli Author.
Album che lascia poco all’ascoltatore se non la fatica di arrivare in fondo, Lopun Alku potrebbe trovare qualche estimatore solo tra gli appassionati più oltranzisti del black metal underground.

TRACKLIST
1. Kuolevaisen kirous
2. Lopun alku
3. Olemme nähneet päivän päättyvän
4. Kadotus
5. Ei ikinä enää
6. Uusi aamunkoi

LINE-UP
J.V – Vocals, lyrics, guitars, bass, keyboards, all music :
J.W. – Studio Session drumming :

Live line up:
J.V. – Vocals
Chronos – Lead guitar
L.H. – Rhythm Guitar
J.H. – Bass
Enceladus – Drums

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daRKRam – Stone And Death

Il tessuto sonoro si trasforma in una spessa ragnatela dalla quale si viene irrimediabilmente avvolti e che rende incapaci di reagire, anche quando la ragione consiglierebbe una disperata ricerca di vie di fuga.

Sono sempre più numerosi gli album definibili, più o meno a buon titolo, di musica ambient che ci vengono sottoposti, sia direttamente dai loro autori sia da etichette lungimiranti come, in questo caso, la Club Inferno, sub label della più metallica My Kingdom.

daRKRam è il progetto solista di Ramon Moro, musicista torinese le cui radici vanno ricercate nel jazz e già questo, in partenza, costituisce per forza di cose un elemento distintivo: in Stone And Death infatti, troviamo più di un passaggio in cui a prendere la scena è la tromba, strumento d’elezione del nostro, che va a creare un inconsueto connubio con il sottofondo dronico di fondo.
Inutile dire che l’ambient di daRKRam è quanto di meno rassicurante sia dato ascoltare: dimentichiamo quindi le soluzioni cristalline e magari sorrette da valide intuizioni melodiche ed andiamo invece ad immergerci senza timore, ma con il doveroso rispetto, in questo caliginoso e terrificante territorio musicale.
Un approccio, quello di Moro, che si spinge lontano dalla music for “something” di Eno, per approdare ad un qualcosa di più avvicinabile alle uscite della Cold Meat Industry del secolo scorso: il tessuto sonoro si trasforma in una spessa ragnatela dalla quale si viene irrimediabilmente avvolti e che rende incapaci di reagire, anche quando la ragione consiglierebbe una disperata ricerca di vie di fuga. Senza neppure rendersene conto, infatti, dopo una decina di minuti ci si trova inermi e privi di difese nei confronti del flusso ronzante che scava incessantemente la nostra psiche e che, alla lunga produce danni meno visibili ma più profondi di qualsiasi espressione musicale che definiremmo convenzionalmente “pesante”.
Per oltre un’ora si viene annichiliti dall’ossessivo sgocciolio di suoni resi in maniera perfetta, solo sporadicamente screziati da improvvisi soprassalti prodotti dagli strumenti a fiato (in Connection, soprattutto), un altro elemento che innalza Stone And Death ad un livello superiore alla media degli ascolti ricadenti in quest’ambito: la speranza è che tale mirabile esempio di dark ambient riesca a raggiungere non solo chi si ritrova “obbligato” ad ascoltarlo (per fortuna aggiungerei, nel mio caso), trovando invece un’audience adeguata e, inutile dirlo, più che mai open minded.
In buona sostanza, trattasi di un lavoro a suo modo magnifico, che necessita ovviamente dell’ausilio di una ricettività all’ascolto superiore alla media o, quanto meno, della ferrea volontà di provare a farne propria la reale essenza.

Tracklist:
1. VIII [Inner Need]
2. XXII [Equilibrium]
3. VI [Male Role]
4. II [Reaction to Conflict]
5. X [Connection]
6. XII [Conflict]
7. III [Evolution]
8. XVI [Work]
9. V [Inner Essence]

Line up:
daRKRam: trumpet, flugelhorn, music, ambience

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Scalpture – Panzerdoktrin

Stirate la divisa e tirate fuori l’elmetto, si parte per la guerra e la colonna sonora che vi porterà alla gloria o alla morte non può che essere Panzerdoktrin.

Torniamo nei marci meandri del death metal old school con questa band tedesca, al secolo Scalpture, quintetto proveniente da Bielefeld, nato otto anni fa e con un paio di lavori alle spalle (un demo ed un ep) prima dell’avvento di questo belligerante Panzerdoktrin.

Un sound che molto deve al death metal scandinavo anche se, per l’atmosfera guerresca che si respira a pieni polmoni tra le polveri delle macerie, la mente torna ai Bolt Thrower, signori e padroni del death metal a sfondo bellico.
Ed oltre all’odore di morte, quello che si sente tra i solchi di Panzerdoktrin è un’ insana epicità, mentre il carro armato impazzito fa scempio di corpi schiacciati dalla potenza estrema del sound del gruppo tedesco, che risulta una macchina ben oliata.
Un bel lavoro, concepito per far male, servo del death metal old school, ed impreziosito da un songwriting ottimo che non lascia spazio a cedimenti ma va dritto per la sua strada, tra devastanti cavalcate alla Dismember, mid tempo dai rimandi al già citato storico gruppo inglese e rallentamenti alla Asphyx, il tutto in poco più di mezz’ora che passa veloce come un vento atomico, sotto il bombardamento causato dalle devastanti ...Panzer Hooray!, No Rest, No Sleep, No Peace e Not a Single Step Back, tre esempi dello stato di grazia del gruppo tedesco.
Una bella sorpresa, un album imperdibile per gli amanti del death metal old school, stirate la divisa e tirate fuori l’elmetto si parte per la guerra e la colonna sonora che vi porterà alla gloria o alla morte non può che essere Panzerdoktrin.

TRACKLIST
01. Forward March…
02. …Panzer Hooray!
03. Lead From Ahead
04. Dam Busters
05. Flattened Horizons (Pounding Howitzers)
06. No Rest, No Sleep, No Peace
07. Incursion
08. Not a Single Step Back
09. Embrace the Afterglow

LINE-UP
Thorsten – Vocals
Felix – Guitar
Tobias – Guitar
Anselm – Bass

SCALPTURE – Facebook

Duel – Witchbanger

Ascoltando Witchbanger si potrà tornare integralmente tornare indietro nel tempo, o anche solo vivere una grande esperienza sonora, degustando un hard rock puro, con melodie incredibili.

Tornano i texani Duel, uno dei migliori gruppi di rock doom occulto che ci siano in circolazione.

Il loro suono è un affascinante rielaborazione di quel suono anni settanta tra hard rock e doom, aggiungendoci molto di personale. I Duel catturano l’ascoltatore con un impasto sonoro ben composto, con la giusta miscela di durezza e melodia. Nella composizione del disco i texani non fanno giustamente eccedere nessuna componente, anzi lasciano il giusto spazio a tutto, lavorando come un vero collettivo sonoro, ed il risultato è eccellente. Il gruppo può annoverare un fedele e numeroso seguito, coltivato sia grazie ai dischi che con i loro concerti. Certamente gli anni settanta fanno la parte del leone in questo suono, ma vi sono anche apprezzabili elementi moderni. I Duel vi avvicinano con il loro suono sinuoso e sensuale, per portarvi in una dimensione magica e occulta, perché qui si parla anche di questo, e siamo in un universo ben diverso dal nostro. Qui il piacere scorre benigno, attraverso riff di chitarra ed accelerazioni sinceramente seventies che sembravano essere ormai perdute nell’orgia musicale odierna. Ascoltando Witchbanger si potrà tornare integralmente tornare indietro nel tempo, o anche solo vivere una grande esperienza sonora, degustando un hard rock puro, con melodie incredibili. Rimane notevole il fatto che questo sia solo il secondo disco del gruppo, anche se non si tratta certo di musicisti esordienti, dato che due membri erano negli Scorpion Child. Occultismo, sangue, e tanto hard rock puro e senza compromessi. Gran disco.

TRACKLIST
1.Devil
2.Witchbanger
3.The Snake Queen
4.Astro Gypsy
5.Heart Of The Sun
6.Bed Of Nails
7.Cat’s Eye
8.Tigers And Rainbows

LINE-UP
Tom Frank – guitar,vocals
Shaun Avants – bass, vocals
JD Shadowz – drums
Jeff Henson – guitar

DUEL – Facebook

Bellathrix – Orion

Orion farà battere all’impazzata cuori metallici di vecchia data e sorprenderà i giovani più legati al power e poco avvezzi alle cavalcate heavy metal, tipiche degli anni d’oro del genere.

Con ancora nelle orecchie le splendide note dell’ultimo album degli Athlantis, mi ritrovo con in mano un’altra opera che coinvolge un gruppo di talenti musicali proveniente dalla provincia di Genova.

Pier Gonella e Steve Vawamas, chitarra e basso di Mastercastle e Athlantis, e poi separatamente in altre importanti realtà metalliche quali i Necrodeath per il primo e i Ruxt per il secondo, si ritrovano ancora una volta insieme in un ennesimo progetto, questa volta più orientato all’heavy metal tradizionale, ma non per questo meno riuscito.
I due, non contenti degli applausi a scena aperta conquistati nell’ultimo periodo, tornano con i Bellathrix, gruppo formato appena due anni fa e dal nucleo portante a trazione femminile (Lally Cretella alla chitarra, Stefy Prian alla voce ed Elisa Pilotti alla batteria), al primo passo discografico con questo ottimo esempio di heavy metal, al giorno d’oggi definito old school, ma che poi altro non è che hard & heavy di stampo classico e dai buoni spunti progressivi e folk.
Licenziato dalla storica label genovese Black Widow, Orion non mancherà di far battere all’impazzata cuori metallici di vecchia data, o di sorprendere giovani metallari legati al power e poco avvezzi alle cavalcate caratteristiche degli anni ruggenti.
Ogni volta che ho a che fare con Pier Gonella, mi ritrovo a lodare le gesta di questo numero uno della sei corde, sempre perfettamente a suo agio in ogni contesto: nei Bellathrix, assieme all’ottima Lally Cretella, va a costituire il fulcro del sound di Orion, con il sostegno della potente e precisa sezione ritmica e della voce assolutamente perfetta per il genere di Stefy Prian (dimenticatevi gorgheggi di stampo operistico, qui si fa heavy metal), personale e convincente.
Non poteva certo mancare una manciata di graditi ospiti e allora i Bellathrix lasciano a Tommy Massara il solo su The Ritual, cover della Strana Officina, e si avvalgono delle tastiere di Dave Garbarino, del violino di Federica Pelizzetti e del flauto del sempreverde Martin Grice, storico componente dei Delirium.
E come ormai ci hanno abituato questi bravissimi stakanovisti del metal nostrano, l’album convince a più riprese, risultando perfetto nel dosaggio tra l’irruenza tipica dell’heavy metal, le melodie di un hard rock evocato spesso dalle linee vocali della Prian (Fly In The Sky e le ritmiche funkizzate di My Revenge) e con l’asso calato a pulire il tavolo rappresentato dalle parti progressive e folk nella semiballad I Don’t Believe A Word; le reminiscenze space rock della pur grintosa title track ed il tuffo nel rock progressivo della bellissima King Of Camelot chiudono come meglio non si potrebbe questa prima uscita targata Bellathrix.
In attesa che (sicuramente tra non molto) si ripresenti l’opportunità di ascoltare altra musica prodotta o suonata da questi inesauribili musicisti, non rimane che consigliare caldamente di fare proprio quest’album.

TRACKLIST
1. The Road in the Night
2. Before the Storm
3. Fly in the Sky
4. My Revenge
5. I Don’t Believe a Word
6. The Ritual (Strana Officina cover)
7. Orion
8. King of Camelot

LINE-UP
Stefy Prian – Vocals
Elisa Pilotti – Drums
Steve Vawamas – Bass Guitar
Lally Cretella – Guitar
Pier Gonella – Guitar

BELLATHRIX – Facebook