LANCER

Esce il live video di ‘Dead Raising Towers’!

Esce il live video di ‘Dead Raising Towers’!

Gli heavy metallers LANCER hanno pubblicato il loro album “Mastery”, il 13 Gennaio su Nuclear Blast. Dopo la sua uscita, gli Svedesi hanno portato i loro nuovi pezzi sui palchi di tutta Europa con un lungo tour insieme a HAMMERFALL e GLORYHAMMER. Un team di videomakers della Ward Records Japan ha filmato lo show della band al Große Freiheit 36 di Amburgo, Germania il 7 Febbraio. Da quelle riprese, i LANCER sono orgogliosi di presentare oggi il live clip di ‘Dead Raising Towers’. Guardalo subito qui:

Il chitarrista Fredrik Kelemen commenta:

“Dal concerto di Amburgo, ultima data in Germania del tour europeo di inizio anno, arrivano le riprese di questo clip di ‘Dead Raising Towers’, la opening track tratta dal nostro ultimo album »Mastery«. Non perdetevela!”

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Altro su »Mastery«:
‘Follow Azrael’ OFFICIAL MUSIC VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=2Hm7mN7NPjM
‘Mastery’ OFFICIAL MUSIC VIDEO:
https://www.youtube.com/watch?v=k9B_SS8WNDw
‘Future Millenia’ OFFICIAL TRACK:
https://www.youtube.com/watch?v=KXdqzWfb4P8
‘Iscariot’ OFFICIAL TRACK & LYRICS:
https://www.youtube.com/watch?v=waQweOfrv8Y

LANCER live:

19.08. S Falun – Sabaton Open Air

I LANCER sono:
Isak Stenvall | voce
Ewo Solvelius | chitarra
Fredrik Kelemen | chitarra
Emil Öberg | basso
Sebastian Pedernera | batteria


Maggiori info:
www.lancermetal.com
www.facebook.com/lancermetal
www.nuclearblast.de/lancer

Devil – To The Gallows

Riffoni pesanti, ritmiche che si mantengono robuste e regolate su mid tempo grondanti lava vulcanica ed almeno la metà dei brani di altissima qualità, fanno di To The Gallows un lavoro imperdibile per i fans dell’heavy doom tradizionale.

Chi ama l’heavy doom difficilmente potrà privarsi di un album come To The Gallows, monumento hard rock/heavy metal dalle influenze doom settantiane.

Certo, la proposta dei norvegesi Devil abbraccia un genere che di questi tempi sta tornando ad infiammare cuori e spiattellare cervelli, sotto il bombardamento di watts con gli strumenti che, ribassati, intonano danze e rituali forieri di magia occulta.
Non solo, quindi, musica per rockers nostalgici e magari avanti con gli anni, ma giovani kids con la mania per i jeans a zampa di elefante e sacchetti di pelle a tracolla dove si costudiscono i pochi averi sotto forma di tabacco ed erbe medicinali.
Il quintetto scandinavo, attivo dal 2009, arriva al terzo album sotto l’ala della Soulseller e riporta gli amanti del genere indietro nel tempo partendo come già fatto nei precedenti (Time To Repent, debutto sulla lunga distanza del 2011 e Gather The Sinner, precedente opera targata 2013), dai primi anni del periodo settantiano con l’imronta dei Black Sabbath, per avvicinarsi al nuovo millennio con influenze che vanno dai Pentagram ai Trouble, passando per gli anni ottanta e facendosi stregare dalla New Wave Of British Heavy Metal.
Un gruppo di nicchia, né più né meno, quindi da amare incondizionatamente e a prescindere dall’anno in cui lo si ascolta: per i Devil, come per molte band del genere, non credo possa valere un giudizio condizionato dal tipo di musica suonata che, ricordo, è assolutamente old school.
Ed il bello sta proprio nel loro talento per un genere che, come dovrebbe essere per tutta la musica metal, si trova al di fuori del tempo e dello spazio, una rito metallico che prende vita dalle note della title track, posta all’inizio dell’album, mettendo subito le cose in chiaro sulla qualità della musica prodotta dal gruppo.
Riffoni pesanti, ma solo a tratti ciondolanti, ritmiche che si mantengono robuste e regolate su mid tempo grondanti lava vulcanica ed almeno la metà dei brani di altissima qualità (Trenches, Reaper’s Shadows e David & Golitah, oltre alla già citata title track), fanno di To The Gallows un lavoro imperdibile per i fans dell’heavy doom tradizionale.

TRACKLIST
1. To The Gallows
2. Trenches
3. Dead Body Arise
4. Regulators
5. Reaper’s Shadow
6. Peasants & Pitchforks
7. Jumping Off The Edge Of Time
8. David & Goliath
9. Cemetary Still

LINE-UP
Stian Fossum – guitar
Ronny Østli – drums
Thomas Ljosaak – bass
Kai Wanderås – guitar
Joakim Trangsrud – vocals

DEVIL – Facebook

http://www.facebook.com/Devilband

Morast – Ancestral Void

Ancestral Void conferma quanto di buono esibito precedentemente dai Morast, senza che però avvenga il salto di qualità sensibile che forse era lecito attendersi.

Come preannunciato in occasione dell’articolo scritto per commentare la riedizione in vinile del primo demo dei Morast, è arrivato il momento dell’uscita del primo full length per la band tedesca.

Ancestral Void conferma le sensazioni avute qualche mese fa, ovvero quelle di trovarci al cospetto di una band dal sound solido e compatto, con il solo neo d’essere poco vario, pur nel suo apparire ugualmente incisivo.
Il death doom sporcato di sludge del gruppo teutonico è l’emblema di un approccio molto lineare, che non si perde in preamboli e non disperde energie nella ricerca di particolari divagazioni, puntando essenzialmente su un impatto granitico.
Crescent, brano d’apertura del lavoro, è il manifesto ideale delle caratteristiche sopra descritte, con il suo riffing oscuro, dai ritmi non eccessivamente rallentati ed una voce aspra che rifugge ogni tentazione melodica: è la rabbia, per lo più, a prevalere sulla tristezza, rappresentando una forma di reazione al passivo ripiegarsi su stesso di chi è schiacciato dal peso dell’esistenza.
Così, mentre in Sakkryfyced appaiono parvenze melodiche che rendono il brano quello relativamente più accessibile del lotto, Loss spinge maggiormente sul versante dell’incomunicabilità, con un andamento dalla lentezza molto più accentuata.
Ancestral Void è un’opera breve che si dimostra efficace per quasi tutta la sua durata, con Compulsion e la citata Loss forse meno incisive e dirette rispetto alle altre quattro tracce, e l’ossessiva title track a suggellare una prova di buon spessore ma dall’aspetto monotematico, specie per chi ha meno familiarità con il genere: viene confermato, pertanto, quanto di buono esibito precedentemente dai Morast, senza che però avvenga il salto di qualità sensibile che forse era lecito attendersi. Detto ciò, Ancestral Void è un album il cui monolitico incedere esprime ugualmente un suo certo fascino.

Tracklist:
1. Crescent
2. Forlorn
3. Sakkryfyced
4. Compulsion
5. Loss
6. Ancestral Void

Line-up:
L. – drums
F. – vocals
R. – bass
J. – guitar

MORAST – Facebook

Vitja – Digital Love

Digital Love si compone di undici brani per soli quaranta minuti di musica diretta, melodica, potentissima e sapientemente elettronica

La domanda è: cosa hanno i Vitja che le altre band che suonano metalcore non hanno?

Beh, intanto incidono per Century Media e se la potentissima label ha deciso di puntare sul gruppo di Colonia un motivo ci sarà.
E allora andiamo a scoprire il segreto di questo quartetto tedesco, nato nel 2013, anno in cui esce il primo full length (Echoes), tornato nel 2015 con l’ep Your Kingdom, ed ora pronto per fare sfracelli nei locali del centro Europa con il nuovo Digital Love, in uscita appunto per Century Media.
L’album si compone di undici brani per soli quaranta minuti di musica diretta, melodica, potentissima e sapientemente elettronica, il giusto per entrare nella track list dei dj sparsi nelle metropoli in giro per il vecchio continente, anche se giurerei che un pensierino anche agli Stati Uniti band ed etichetta lo hanno fatto.
Un metal che ha nell’urgenza del core, nelle atmosfere nu metal conferite dalla parte elettronica e l’appeal fornito da melodie sempre azzeccate, la ricetta per sfondare e davanti a mazzate violentissime come l’opener Scum o la seguente D(e)ad non si può che ripararsi da tanto fervore aspettando che melodie dal piglio dark e note di tappeti elettronici invitino l’ascoltatore a far sue le molteplici sfumature di questo lavoro, dove ha la sua importanza il cantato, vario e per niente scontato di David Beule, che non risparmia toni cangianti, dallo scream al rabbioso urlo hardcore, per finire con una clean che spalanca cuori femminei come farebbe una tempesta con le porte di un cascinale.
Roses, la devastante title track, la potenza melodica e l’appeal di Six Six Sick, l’ enorme lavoro sulla darkcore Heavy Rain sono mattoni di un muro sonoro difficile da scalfire ma clamorosamente pregno di melodie tragiche, mature al confronto con le facili altalene atmosferiche di tanti gruppi del genere.
Le ritmiche solo a tratti si contraggono parti sincopate, la parte nu metal della musica dei Vitja esce allo scoperto e fa male (Find What You Love And Kill It), mentre la sei corde mantiene un atteggiamento metallico alla Disturbed ,se mi si lascia passare il paragone scomodo.
Album che farà parlare, gruppo pronto per il salto che da promessa lo porterà ad una sufficiente notorietà per regalare ancora buone soddisfazioni.

TRACKLIST
1. SCUM
2. D(e)ad
3. No One As Master No One As Slave
4. Roses
5. Digital Love
6. Six Six Sick
7. The Golden Shot
8. Heavy Rain
9. Find What You Love And Kill It
10. In Pieces
11. The Flood
Additional tracks on Special Edition CD Digipak, LP+CD, Digital Album:
12. I’m Sorry
13. New Breed

LINE-UP
David Beule – vocals
Mario Metzler – bass
Vladimir Dontschenko – guitar
Daniel Pampuch – drums

VITJA – Facebook

Alessio Secondini Morelli’s – Hyper-Urania

Se con questo lavoro il chitarrista voleva ribadire l’immortalità della musica heavy metal e la sua ottima salute anche nel nuovo millennio, direi che la missione è andata decisamente a buon fine.

Nuovo progetto per il chitarrista Alessio Secondini Morelli (Anno Mundi, Freddy & The Kruegers) volto a reinterpretare a suo modo le sonorità classiche dell’heavy metal.

Hyper-Urania è un ep di sei brani dove il chitarrista nostrano, aiutato da numerosi ospiti tra cui Francesco Lattes (New Disorder), Freddy Rising (Acting Out, Martiria, Bible Black) e Federica Garenna (Sailing To Nowhere, She Devil) alla voce, Daniele Zangara alla batteria, Emiliano Laglia (Aibhill Striga, Invaders, Blackened, Youthanasia) al basso, rivisita il metal classico e lo consegna ai giovani ascoltatori del nuovo millennio.
Sonorità ottantiane dunque, prendendo ispirazione sia dalla corrente britannica dei primissimi anni del decennio d’oro per la musica hard & heavy, sia da quella statunitense, con i primi Savatage, ad irrobustire un sound che pesca tanto dai Saxon quanto dai Judas Priest, lasciando in disparte, almeno per una volta, gli Iron Maiden.
Ottima prova dei cantanti, a loro agio anche con brani sicuramente più classici di quelli proposti con le loro band, e grande apertura con il riff di Arkam, notevole brano dove, oltre ad un’ottima performance di Federica Garenna al microfono, si evince la bravura tecnica di Alessio Secondini Morelli e la sanguigna passione che trabocca dall’assolo graffiante a metà brano.
Da segnalare anche la bellissima cover dal taglio progressivo di Veteran Of The Psychic Wars dei Blue Blue Öyster Cult; se con questo lavoro il chitarrista voleva ribadire l’immortalità della musica heavy metal e la sua ottima salute anche nel nuovo millennio, direi che la missione è andata a buon fine.

TRACKLIST
1.Arkam
2.Lord Of The Flies
3.Fuga In Mi Minore “Del Canto Delle Valchirie”
4.Scarlet Queen
5.Veteran Of The Psychic Wars
6.Steven Shark

LINE-UP
Alessio Secondini Morelli – Guitars
Daniele Zangara – Drums
Emiliano Laglia – Bass
Freddy Rising – Vocals
Federica Garenna – Vocals
Francesco Lattes – Vocals

ALESSIO SECONDINI MORELLI – Facebook

Pallbearer – Heartless

Ascoltare Heartless è un’esperienza che ti fa essere grato di non essere morto prima di poter sentire un disco così.

Heartless è talmente bello che a volte fa paura ascoltarlo, si rimane intimoriti da cotanta grazia.

Il terzo disco dei Pallberear è qualcosa di magnifico e stordente. Questo disco contiene tutto, dal post metal al rock, dall’heavy metal più illuminato alla canzone epica, dal dark al non cosa, ma qui dentro c’è. Probabilmente i Pallbearer sono un medium attraverso i quali chissà quale entità fa scorrere la propria musica da un altro punto dell’universo. Ascoltare Lie Of Survival è un’esperienza che ti fa essere grato di non essere morto prima di poter sentire una canzone così. Heartless è ciò che è illustrato in copertina, una montagna antropomorfa che riposa inquieta. I Pallbearer prima di questa prova erano un gran gruppo, molto promettente e fautore di un’ottima musica pesante virata al doom, e di grande efficacia dal vivo. Dimenticatevi di tutto ciò. Certamente qualcosa è rimasto, sicuramente i pregi di quanto fatto prima, ma qui è un altro piano cosmico, è l’iperuranio. Questo disco lo sentirete con le orecchie ma va dritto verso i ventuno grammi che forse compongono la nostra anima. Il tempo si dilata, e i Pallbearer ci sussurrano all’orecchio di incredibili mondi che sono dentro e fuori di noi, e mentre lo fanno scorrono le vite di quello che siamo stati prima e di quello che saremo dopo, in una maliconia fatta del contrario di ciò di cui è fatta la carne. Heartless è forse un sogno, forse non esiste, ma almeno lo avremo sentito. Gli oltre undici minuti di Dancing In Madness si vorrebbe che non finissero mai, tanta è la dolcezza. Si potrebbero nominare molti riferimenti, ma non avrebbe senso, bisogna tornare a sentire la musica per amarla senza etichette, Questo disco non ha confini, si espande come l’aria fresca, dolcezza e durezza, chitarre che completano l’etere e confini abbattuti. Tra Cure, Pink Floyd, qualcosa dei Black Sabbath, e tantissimo Pallberear. Cambi di melodia, superamento di mondi lontani, abbracci fra demoni diversamente divini, tutto.
Uno dei miei dischi preferiti di sempre, immenso.

TRACKLIST
1. I Saw The End
2. Thorns
3. Lie Of Survival
4. Dancing In Madness
5. Cruel Road
6. Heartless
7. A Plea For Understanding

LINE-UP
Joseph D. Rowland – Bass
Devin Holt – Guitars
Brett Campbell – Guitars, Vocals
Mark Lierly – Drums

PALLBEARER -Facebook